giovedì 30 agosto 2012

Il Colle al telefono secondo Panorama: “Insulti a B, Di Pietro e pm di Palermo”.


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Silvio Berlusconi è preoccupato per la sentenza Ruby e preme per le elezioni anticipate a novembre. E il settimanale di famiglia pubblica una "ricostruzione esclusiva" senza virgolettati delle intercettazioni tra Giorgio Napolitano e Nicola Mancino. Per Ingroia "è un ricatto al Presidente della Repubblica".
Si tratterebbe di una “ricostruzione esclusiva” delle telefonate tra il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino intercettate nell’inchiesta della Procura di Palermo sulla presunta trattativa Stato-mafia. Il settimanale Panorama in edicola oggi pubblica le “indiscrezioni sul contenuto delle conversazioni tra Napolitano e Mancino” nelle quali, sempre secondo il giornale della famiglia B, sarebbero stati espressi “giudizi e commenti taglienti su Silvio BerlusconiAntonio Di Pietro e parte della magistratura inquirente di Palermo”. Nella ricostruzione non ci sono virgolettati (“avventurarsi nei virgolettati è un esercizio pericoloso e soggetto a facile smentita, dal momento che non esistono tracce di questi colloqui nelle carte processuali” scrive l’autore dell’articolo Giovanni Fasanella), ma nel sommario del pezzo dedicato alla vicenda si legge: “Nel tentativo di delegittimare il presidente della Repubblica, alcuni giornali fingono di avanzare ‘ipotesi di scuola’ che tanto somigliano alla verità. Ma finiscono per dare concretezza a un tentativo di ricatto”. Il riferimento va in particolare al Fatto Quotidiano e a Repubblica, e nell’articolo la ricostruzione parte dagli interventi di Ezio MauroMarco Travaglio e Adriano Sofri che nei giorni scorsi hanno alimentato il dibattito politico, specie sul conflitto di attribuzioni sollevato dal Colle in merito all’intercettabilità del Capo dello Stato. Per il pm Antonio Ingroia quello di Panorama (giornale che in passato “ha tirato a indovinare” ha detto il magistrato di Palermo) è “un ricatto” ai danni del Presidente della Repubblica.
Fatto sta, che la ricostruzione dal settimanale arriva in un momento delicato per il Cavaliere, preoccupato per la sentenza sul caso Ruby. La prossima udienza è fissata per il 5 ottobre ed entro Natale ne sono previste altre dieci. Rimangono da sentire 99 testimoni “pro Berlusconi”, come ricorda oggi Repubblica, per cui basterebbero “cinque udienze”. In tutto, quaranta ore. Quindi significa che “la sentenza potrebbe arrivare tranquillamente entro l’anno”. Da qui l’urgenza dell’ex premier di spingere per le elezioni anticipate a novembre, che potrebbero metterlo al riparo da un’eventuale condanna. L’urgenza delle urne è stata ribadita anche qualche giorno fa dal segretario del Pdl Angelino Alfano che al Corriere della Sera ha dichiarato: “Silvio Berlusconi che guida una campagna elettorale che punta al pareggio? Noi corriamo per vincere e governare”.
Nell’articolo sulle presunte “ricostruzioni”, il settimanale oggi in edicola aggiunge: “Diverse fonti hanno confermato a Panorama nei giorni che hanno preceduto gli interventi di Mauro, Travaglio e Sofri che il contesto da loro delineato, e abilmente dissimulato, è molto prossimo alla verità. Per essere ancora più espliciti: le telefonate dirette tra il capo dello Stato e Mancino risalirebbero al periodo dell’ultima crisi di governo (siamo agli sgoccioli del 2011) con corollario di giudizi su diversi protagonisti di quella fase, alcuni dei quali molto ruvidi e ovviamente impossibili da rintracciare nelle dichiarazioni ufficiali dell’epoca o successive”. Ma delle telefonate non c’è traccia e l’articolo prosegue con le ipotesi e la convinzione che “la pubblicazione di robusti giudizi su leader politici finirebbe per collocare le parole del Capo dello Stato fuori dal contesto in cui sono pronunciate”. E se invece venissero pubblicate? “Finirebbero inevitabilmente per aumentare un clima già rovente, con effetti destabilizzanti non solo per la tenuta e il ruolo terzo del Quirinale, ma anche per l’attuale governo”.
Sulla vicenda interviene anche il procuratore di Palermo Francesco Messineo che puntualizza: ”Valuteremo, quando avremo acquisito tutti gli elementi utili, se aprire un’inchiesta sulla fuga di notizie perchè è evidente che c’è stata una rivelazione di cose coperte dal segreto istruttorio”. Se debbano indagare Palermo o Caltanissetta,  dal momento che, in via teorica, non può escludersi che il presunto responsabile della fuga di notizie possa essere stato un pm palermitano Messineo considera “prematuro interrogarsi ora su chi sia competente a indagare” e smentisce comunque che la ricostruzione delle telefonate fatta da Panorama corrisponda al loro reale contenuto.
Parla di “regole del diritto calpestate” l’ex ministro degli Esteri Franco Frattini perché “in questo caso le intercettazioni indebitamente raccolte e poi pubblicate riguardano addirittura conversazioni del Capo dello Stato”. Eppure Panorama non ha pubblicato nessuna intercettazione. Nonostante questo Frattini prosegue: “Intercettazioni – aggiunge – che si dovevano distruggere subito, e non raccogliere per ulteriori valutazioni, e che – come in molti altri casi, anzitutto nei confronti di Berlusconi premier – sono finite sui giornali”. Secondo l’ex ministro con le “ricostruzioni esclusive” del settimanale “si vuole colpire la funzione e la persona del presidente Napolitano per destabilizzarne il ruolo sinora esercitato – prosegue Frattini – e che nei prossimi mesi dovrà ancora esercitare, per la gestione della difficile crisi italiana. Occorre tenere giù le mani dalla istituzione (e dalla persona) che presidia al massimo livello in questa fase complessa per l’Italia le garanzie costituzionali per tutti i cittadini”. 
Le ‘rivelazioni’ del settimanale Panorama sono utili, secondo il senatore del Pdl Sandro Bondi, perché “confermano tre punti indiscutibili: in primo luogo che nessuna autorità istituzionale nel nostro Paese ha saputo mantenere un profilo completamente indipendente dalle battaglie politiche; in secondo luogo le azioni internazionali e nazionali esercitate allo scopo di giungere alla formazione di un governo presieduto dal prof. Monti sono approdate, come nel 1994, con il rovesciamento della volontà popolare; infine la necessità ormai indifferibile di una legge che tuteli la riservatezza delle comunicazioni personali, dal Presidente della Repubblica fino al più semplice cittadino”. 
Anche Repubblica sottolinea che lo ‘scoop’ di Panorama “non cita tra virgolette il testo delle intercettazioni. Si limita a ipotizzare per sommi capi gli argomenti e precisa come mai spunti anche il nome di Berlusconi nei colloqui: le conversazioni si riferirebbero al periodo novembre-dicembre 2011, cioè al momento delle dimissioni del Cavaliere e all’insediamento del governo Monti. Inoltre il direttore di Panorama Giorgio Mulè, nell’editoriale, “spiega che è proprio il clima di allusioni alimentato dai pm a prefigurare un tentativo di condizionamento del capo dello Stato. Per questo, scrive, “basta giochetti, le ipocrisie fanno solo il gioco dei ricattatori”. 
Per il quotidiano Il Tempo, invece, si tratta di “un piatto avvelenato” o di “una bomba che farà un gran rumore”. E domanda: “Da dove sono uscite le intercettazioni pubblicate da Panorama? Antonio Ingroia, prudentemente, mette le mani avanti: ‘Qualcuno sapeva, a partire dagli stessi indagati, di aver parlato con varie persone, anche con il Capo dello Stato. Lo sapeva non solo chi indagava, ma anche chi aveva parlato al telefono. Sapeva con chi e cosa aveva detto, non escludiamo anche questo’”. Inoltre per il pm “qualora le intercettazioni che sono pubblicate fossero corrispondenti al contenuto e questo va accertato, bisognerà capire anche da chi sono uscite. Sarebbe un gravissimo illecito, e la Procura di Caltanissetta dovrebbe accertare responsabilità, visto che fra i sospettati ci sarebbero anche magistrati di Palermo. Ma noi abbiamo la coscienza a posto, non abbiamo messo in giro le intercettazioni”.

«Il Colle spinse Boccassini» - Ulisse Spinnato Vega


Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.


La telefonata di Napolitano a Caltanissetta.
Si aggiunge un nuovo capitolo sulla presunta ingerenza del Colle nella gestione delle indagini sulla trattativa Stato-mafia e sui fatti del '92-'93. Questa volta sotto la lente non è la procura di Palermo, ma quella di Caltanissetta a cui il presidente Giorgio Napolitano telefonò per perorare l'applicazione all'inchiesta su via D'Amelio di Ilda Boccassini. Operazione ideata dal procuratore nazionale antimafia Piero Grasso.
La polemica sollevata intorno al capo dello Stato non accenna quindi a placarsi. E continua a dividere stampa e opinione pubblica.
IL RUOLO DELLA PROCURA NISSENA.Esiste infatti un precedente finora inedito e un po’ più datato rispetto agli eventi del 2012.
Da quanto risulta a Lettera43.it, si tratta di una telefonata fatta tre anni fa dal presidente della Repubblica in persona al procuratore capo nisseno, Sergio Lari (che ha smentito l'indiscrezione), in relazione alle nuove indagini su via D’Amelio.
Un evento che se paragonato alle mosse di Mancino e del consigliere del Quirinale, Loris D’Ambrosio, poteva avere effetti ben più clamorosi  per le inchieste sui fatti del ’92-’93.

La nuova inchiesta e le presunte pressioni del Colle

Nel 2009, stando alla ricostruzione fornita dalle fonti, la procura di Caltanissetta riaprì i faldoni sulla strage di Via D’Amelio dopo che le dichiarazioni del pentito Gaspare Spatuzza avevano mandato in frantumi l’impianto di tre processi con tanto di sentenze definitive.
GRASSO PUNTA SU BOCCASSINI. Il procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, accarezzò a quel punto l’idea (in nome del coordinamento tanto evocato anche tre anni dopo da Mancino al telefono con D’Ambrosio) di applicare alla nuova indagine il giudice Ilda Boccassini, spostandola così da Milano a Caltanissetta. E in maggio lo comunicò ai magistrati nisseni.
L’esperta toga napoletana era stata infatti tra i primi, verso la fine del 1994, a intuire il bluff del falso pentito Vincenzo Scarantino intorno al quale erano state costruite le vecchie inchieste sulla strage di Via D’Amelio e, secondo Grasso, avrebbe potuto dare, ancora una volta, un contributo importante alla nuova indagine basata sulla fonte Spatuzza.
LA TELEFONATA A LARI. Alte cariche istituzionali appoggiarono la manovra del procuratore antimafia e, nella primavera del 2009, elemento finora mai trapelato, Napolitano in persona si mosse: il capo dello Stato chiamò infatti almeno una volta il procuratore Lari per perorare presso i magistrati nisseni la soluzione Boccassini. E fornì, dunque, un’altissima copertura istituzionale all’operazione voluta da Grasso.

Il cavillo che poteva compromettere l'intera indagine

Operazione che tuttavia spiazzò, irritò e preoccupò non poco le toghe di Caltanissetta. Infatti Boccassini, avendo già partecipato all’inchiesta sulla morte di Borsellino e dei suoi uomini incardinata sul depistaggio Scarantino-Candura, era testimone dei fatti in oggetto e non poteva certo occuparsene di nuovo.
Si trattava di un dettaglio, un vizio di forma che poteva generare delle incompatibilità e al quale un qualunque azzeccagarbugli avrebbe potuto aggrapparsi per far saltare l’intera indagine.
MANOVRA SVENTATA. L’incauta manovra Grasso, che sarebbe stata appoggiata (c’è da supporre in assoluta buona fede) da Napolitano in persona, venne per fortuna sventata dallo stesso pool di Caltanissetta che passò al contrattacco e nel giugno 2009 decise di interrogare Boccassini come persona informata dei fatti.
Quelle otto pagine scarse di verbale salvarono al tempo l’inchiesta perché crearono una condizione ostativa formale, facendo sì che Boccassini non potesse essere applicata alla nuova indagine su via D’Amelio.

Trattativa, ricostruzioni ‘esclusive’ di Panorama. Ingroia: “Ricatto”.


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Anche il leader Idv d'accordo con il pm della procura siciliana. Per settimanale della famiglia Berlusconi nelle telefonate tra Mancino e Napolitano ci sarebbero "giudizi e commenti taglienti su Silvio Berlusconi, Antonio Di Pietro e parte della magistratura inquirente di Palermo".

“Se così fosse sarebbe un grave illecito”. Di più: “Un ricatto”. Ha reagito così il procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia, interpellato sulleanticipazioni del settimanale Panorama, che oggi in edicola ha pubblicato “una ricostruzione esclusiva” delle telefonate tra il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, e l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino. Quelle telefonate sono diventate caso politico e oggetto di un ricorso che lo stesso Napolitano ha promosso di fronte alla Consulta contro i pm di Palermo che indagano sulla presunta trattativa Stato-mafia. Per ora il Quirinale ha preferito non commentare le indiscrezioni giornalistiche.
Il settimanale ha pubblicato una sua “ricostruzione delle telefonate”, aggiungendo quali sono gli argomenti trattati nelle conversazioni. Scrive che si tratta di “giudizi e commenti taglienti su Silvio Berlusconi, Antonio Di Pietro e parte della magistratura inquirente di Palermo”. Proprio Antonio Di Pietro, tra l’altro, alla notizia dell’anticipazione è nuovamente tornato sulla vicenda: “Probabilmente – ha detto il leader dell’Idv – Napolitano si sarà lasciato scappare qualche parolaccia di troppo nei confronti dei magistrati di Palermo e questo, detto dal presidente del Csm, non appare opportuno”. Secondo il leader Idv “lo avrà fatto per delle ragioni sue personali”, e ha invitato il Capo dello Stato a ritirare il ricorso. E si è detto d’accordo con Ingroia, parlando anche lui di “ricatto”
In serata Ingroia ha però sottolineato come “in passato Panorama ha tirato ad indovinare”. Le indiscrezioni sulle intercettazioni – dice il magistrato, che ha anche ricordato come il presidente Scalfaro nel 1997, intercettato, non sollevò alcun conflitto – sono iniziate ad uscire sul settimanale già da tempo. “Qualcuno sapeva, a partire dagli stessi indagati, di aver parlato con varie persone, anche con il Capo dello Stato. Lo sapeva non solo chi indagava, ma anche chi aveva parlato al telefono”. Duro contro il pm della procura di Palermo il capogruppo Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto, secondo cui”Ingroia sta mettendo le mani avanti rispetto al disastro politico e istituzionale che lui ed altri della procura di Palermo hanno combinato”, aggiungendo che “c’é qualcuno che ha giocato in modo irresponsabile ad un attacco alle istituzioni e adesso cerca goffamente di cancellare le impronte”.
Un’ulteriore indiscrezione è circolata su “Lettera 43″. Il quotidiano online riferisce di una presunta telefonata di Napolitano al procuratore di Caltanissetta, Sergio Lari, nel 2009 per “spingere” l’applicazione del pm di Milano Ilda Boccassini alla procura nissena che indaga sulla strage di via D’Amelio in cui morì Borsellino. Ma Lari ha smentito “categoricamente” qualsiasi “pressione dal Quirinale” sulla Boccassini e “in generale sulle indagini relative alla trattativa condotte dal mio ufficio”. Un anno dopo l’inizio della collaborazione del pentito Gaspare Spatuzza, ha spiegato Lari, “il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso mi propose l’applicazione della Boccassini alle indagini sulla strage di via D’Amelio. Io risposi dicendo che, pur riconoscendo le grandi doti della collega, ritenevo inopportuna l’applicazione in quanto si era occupata già dell’inchiesta (Boccassini ha lavorato a Caltanissetta tra il ’92 e il ’94, ndr) e avremmo dovuto sentirla come testimone. La cosa finì lì. Ma ci tengo a ribadire che né Napolitano né il suo staff si è mai occupato della vicenda”.

Speriamo!



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I miracoli esistono.



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Falsi invalidi: nel 2010 revocate 9801 pensioni, dati shock su alcune regioni.



Ecco i dati diffusi dal Ministero del Lavoro: è evidente come la media sia più elevata nel mezzogiorno rispetto al nord: ma anche dal "centro" arrivano dati allarmanti: in Umbria revocate 415 pensioni su 2.036 pari al 20,4% dei soggetti controllati, il dato più alto d'Italia, mentre nelle vicine Marche si registra il dato più basso: su 2422 soggetti sottoposti a verifica, sono state revocate solo 20 pensioni, pari allo 0,8%: viene da chiedersi se nelle Marche i cittadini siano così virtuosi, oppure se i controlli hanno avuto le maglie troppo larghe...  

http://www.nocensura.com/2011/10/falsi-invalidi-nel-2010-revocate-9801.html

Intervista col morto. - Marco Travaglio



Le prossime elezioni rischiano di costare la
pelle non solo ai grandi partiti, ma anche agli
editori e ai prenditori che ingrassano alle loro

spalle. Dunque prepariamoci a dosi
quotidiane di olio di ricino (quando B. era il nemico,
qualcuno avrebbe detto “metodo Boffo”) per i
nemici della strana maggioranza Pdl-Udc-Pd, che poi
tanto strana non è: Di Pietro, Grillo, alcuni pm che
insidiano il nuovo regime tripartito, già bollati di
“fa s c i s t i ” e “populisti”, diverranno prossimamente
nazisti, poi magari pedofili. Nessun mezzo o
mezzuccio verrà risparmiato. L’antipasto lo fornisce
La Stampa, che inaugura contro Di Pietro un nuovo
genere giornalistico: l’intervista col morto. Il
trapassato di turno è l’ex ambasciatore Usa in Italia
Reginald Bartholomew, deceduto domenica. Ieri, a
cadavere caldo, Maurizio Molinari ha pubblicato
parte di un colloquio avuto con lui “il mese scorso”
in un ristorante di Manhattan. Così il defunto non
può smentire, né essere querelato. Titolo in prima:
“Rivelazione: ‘Così fermai lo strano flirt fra l’Amer ica
e Di Pietro’”. Dunque nel '93 (quando Bartholomew
divenne ambasciatore a Roma) Di Pietro aveva uno
“strano flirt con l’America”. Senonché nell’articolo
Di Pietro è nominato una sola volta, e per dire che
l’ambasciatore non incontrò né lui né alcun pm di
Mani Pulite. Di chi e di quale flirt stiamo parlando?
“Bartholomew si accorge che qualcosa nel
Consolato a Milano ‘non quadrava’”. Cosa? Mistero.
Bartholomew aveva una tal “urgenza di lasciare una
testimonianza” a Molinari che non gliel’ha detto. “Se
– scrive Molinari – fino ad allora il predecessore
Secchia aveva consentito al Consolato di Milano di
gestire un legame diretto con il pool di Mani Pulite,
‘d’ora in avanti tutto ciò con me cessò’, riportando
le decisioni in Via Veneto”. “Tutto ciò” cosa? Quali
“decisioni”? Mistero: il pover’uomo è spirato fra le
braccia del cronista con le risposte sulla punta della
lingua. Le sue uniche affermazioni su Mani Pulite
(mai su Di Pietro) sono suoi personalissimi giudizi
sul pool che “violava sistematicamente i diritti di
difesa degli imputati in maniera inaccettabile in una
democrazia come l’Italia, a cui ogni americano si
sente legato”. Ma guarda un po’: il cuoricino
candido dell’ambasciatore di un paese che ha ancora
la pena di morte sanguinava per quei poveri
tangentari arrestati. Così convocò “il giudice Scalia
della Corte Suprema per fargli incontrare sette
importanti giudici italiani (quali ovviamente non lo
dice, così nessuno può smentire, ndr) e spingerli a
confrontarsi sulla violazione dei diritti di difesa da
parte di Mani Pulite” alla luce del “diritto
anglosassone”. Infatti negli Usa i processi per i
“fe l o ny ” (i nostri delitti) partono con l’arresto
automatico dell’imputato che poi, se ha i soldi, esce
su cauzione. Nei due anni di Mani Pulite invece, su
5mila indagati, solo 900 furono arrestati. Non dai
pm, come vaneggiano Bartholomew e Molinari, ma
da un gip, di solito confermato da 3 giudici di
Riesame e 5 di Cassazione, a riprova del fatto che
non vi furono abusi. Ultima rivelazione: “Nel luglio
'94 il presidente Clinton arriva in Italia al G7 che il
governo Berlusconi ospita a Napoli” e proprio in
quel mentre “Mani Pulite recapita al premier un
avviso di garanzia. La reazione di Bartholomew è
molto aspra: ‘Si trattò di un’offesa al presidente Usa
perché era al vertice e il pool Mani Pulite aveva
deciso di sfruttarlo per aumentare l’impatto della sua
iniziativa giudiziaria contro Berlusconi”. Però, che
notiziona. C’è solo un piccolo dettaglio, sfuggito
all’anziano infermo e anche all’informatissimo
intervistatore: il primo “avviso di garanzia” (che poi
era un invito a comparire), fu recapitato a B. non nel
luglio '94 durante il G7 di Napoli, ma il 21 novembre
durante un incontro internazionale anti-crimine,
dove non c’era ombra di Clinton. Ora però Molinari
annuncia altre “puntate” con nuove mirabolanti
“r ivelazioni”. Nella prossima, Di Pietro pedofilo e i
pm cannibali. L’ha detto il morto.

(ilFQ 30/8/2012)

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