Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
lunedì 3 dicembre 2012
STUDIO SHOCK: LE MAMMOGRAFIE SONO UNA BUFALA MEDICA. - MIKE ADAMS
Studio shock: Le mammografie sono una bufala medica, oltre un milione di donne americane danneggiate da “trattamenti” non necessari per tumori che non hanno mai avuto.
La mammografia è una crudele bufala medica. Come ho descritto qui su Natural News più di una volta, lo scopo principale della mammografia non è “salvare” donne dal cancro, ma reclutarle come falsi positivi per spaventarle e portarle a sottoporsi a trattamenti costosi e tossici come la chemioterapia, le radiazioni e la chirurgia.
Il “piccolo sporco segreto” dell'industria del cancro è che proprio gli stessi oncologi che terrorizzano le donne con la falsa credenza di avere un cancro sono quelli che realizzano enormi profitti vendendo loro i chemioterapici. Il conflitto di interessi e l'abbandono dell'etica nell'industria del cancro lascia senza fiato.
Ora, un nuovo studio scientifico ha confermato esattamente quello da cui ho messo in guardia i lettori per anni: la maggior parte delle donne con “diagnosi” di cancro tramite mammografia non hanno mai avuto il cancro, ed è solo l'inizio.
Il 93% delle “diagnosi precoci” non ha alcun beneficio per il paziente
Questa è la conclusione del pionieristico studio pubblicato sul New England Journal of Medicine. (1)
“Abbiamo riscontrato che l'introduzione dello screening ha portato 1,5 milioni di donne alla diagnosi di cancro alla mammella in fase iniziale” scrive il co-autore dello studio Dr. Gilbert Welch.
Ora, a prima vista questa potrebbe sembrare una buona notizia. Potreste pensare “Beh, la diagnosi precoce salva delle vite, proprio come ci hanno detto Komen e le associazioni no-profit riguardo il cancro”. Ma sbagliereste. Come scoperto dal team del Dr. Welch, virtualmente non vi è stata riduzione degli stadi terminali del cancro alla mammella a partire da tutte queste diagnosi precoci, e questo significa che alla maggior parte delle donne a cui è stato detto di avere il cancro alla mammella dopo una mammografia è stato mentito.
Così continua il dottore
“Abbiamo scoperto che ci sono state solo 0,1 milioni di donne in meno con una diagnosi di cancro alla mammella in fase terminale. La discrepanza significa che c'è stata molta diagnosi inutile ed esagerata: a più di un milione di donne è stato detto di avere un cancro in fase iniziale –molte delle quali hanno subito chirurgia, chemioterapia o radiazioni per un cancro che non le avrebbe mai fatte stare male. Anche se è impossibile sapere chi siano queste donne, il danno è evidente e serio".
Si, lo è. Infatti, se fate il calcolo, 0,1 milioni di donne in meno con un cancro in fase terminale rispetto ad 1,5 milioni di diagnosi precoci significa che si ha avuto un falso positivo nel 93% dei casi; questo significa che non si sarebbe in ogni caso arrivati alla fase di cancro terminale.
Chemioterapia, radiazioni e chirurgia oncologica sono in gran parte bufale
Secondo quanto detto dagli scienziati, “il cancro alla mammella è stato over-diagnosticato (cioè sono stati trovati tumori in fase di screening ma questi non avrebbero mai portato a sintomi clinici) in almeno 1,3 milioni di donne americane negli ultimi 30 anni.”
Gli oncologi di queste donne hanno mentito: “se non acconsentite al trattamento, morirete entro sei mesi” (o due anni, o qualsiasi tipo di scansione fraudolenta essi usino).
Sotto la minaccia di questa paura, la maggior parte delle donne si piegava e acconsentiva a iniziare il trattamento – spesso nello stesso giorno della falsa diagnosi. Questo cosiddetto trattamento consiste in una iniezione di sostanze chimiche mortali che fanno la fortuna degli oncologi che le vendono ai loro stessi pazienti. Si, è così: le cliniche oncologiche e i centri di trattamento del cancro fanno profitti enormi sui chemioterapici che vendono ai loro pazienti – gli stessi pazienti che spaventano e dirigono verso il trattamento con mammografie falsamente positive.
Ignorando il quasi totale fallimento della mammografia da un punto di vista scientifico, la propaganda continua a spingere verso questa tecnica in maniera assordante. Come il Dr. Welch spiega in questo articolo del New York Times (2):
“Nessun altro test clinico è stato tanto pubblicizzato come la mammografia – gli sforzi sono andati oltre la persuasione e sono arrivati alla coercizione. E chi la proponeva ha usato le più fuorvianti statistiche di screening a disposizione: i tassi di sopravvivenza. Una recente campagna Komen esemplifica questo aspetto: in breve, dite a chiunque che ha il cancro, e i tassi di sopravvivenza aumenteranno a dismisura.”
Komen for the cure, ovviamente, è stata scoperta a mentire sui presunti “benefici” della mammografia (3). Il loro trucco statistico frega la maggior parte delle donne, tristemente, e le convince a subire chemioterapie tossiche per un cancro alla mammella che non hanno mai avuto.
Lo starnazzare dell'oncologia moderna
Quando le donne iniziano una chemioterapia per un cancro che non hanno iniziano anche a sperimentare quello che gli oncologi chiamano “sintomi del cancro”. I capelli cadono. L'appetito scompare. I muscoli si atrofizzano. Diventano deboli, confuse e cronicamente stanche. Il dottore del cancro dice poi loro “devi essere forte per sopportare tutto questo mentre le medicine fanno effetto”
Pure chiacchiere! Potreste fare meglio invocando il voodoo o semplicemente sperando di guarire. Perché tutto quel che gira attorno all'esperienza del cancro nella medicina moderna –la diagnosi, il trattamento, le autorità sanitarie-- è maliziosamente fabbricato per generare un profitto all'industria del cancro.
“Migliori” tecnologie portano a più falsi positivi
Non c'è miglior esempio delle chiacchiere della medicina moderna che quello dell'industria del cancro. Armato con le ancora-più-precise macchine per la mammografia, il tasso di falsi positivi ha sfondato il soffitto.
Come il Dr. Welch scrive sul New York Times (4):
Sei anni fa, un follow up a lungo termine di un trial randomizzato mostrò come un quarto dei tumori riscontrati con lo screening fosse un caso di over-diagnosi. Questo studio rifletteva le potenzialità dei macchinari degli anni 80. I nuovi macchinari digitali riscontrano molte più anormalità e le stime dell'over-diagnosi sono salite compatibilmente: ora siamo probabilmente tra un terzo e metà dei tumori diagnosticati con questa metodica.
Capito la storia? Molte delle diagnosi di cancro da mammografia sono false. Ma sono un'ottima tecnica di terrorismo per trovare donne-adepte a quello che può solo che esser chiamato “culto del cancro” dove vengono manipolate fino ad auto avvelenarsi con le medicine. Verranno più tardi chiamate “sopravvissute al cancro”, se il veleno non riuscirà ad ucciderle.
Queste sopravvissute al cancro, ovviamente, sono vittime di un malizioso culto medico che io chiamo “culto di Komen”. In quasi tutti i casi non è stato il cancro ad ucciderle, ma il trattamento!
Il culto di Komen
Le persone di oggi storcono il naso al suicidio di massa del 1978 del culto di Jim Jones pensando “come è possibile che i membri siano stati tanto stupidi da avvelenarsi a morte da soli?”
Guardatevi attorno gente, perché l'industria del cancro ha preso la stessa formula di quel culto e l'ha moltiplicata per un milione. Il “culto di Komen” è una versione moderna del culto suicida di Jim Jones. Si tratta di un culto dove le persone “credono” nella promessa di salvezza di un indottrinamento chimico ma che in realtà si vedono dare morte, dolore, sofferenza e umiliazione. (Molti chirurghi oncologici hanno letteralmente amputato mammelle a seguito di diagnosi falsamente positive, sfigurando quelle donne per il resto della vita).
Una delle caratteristiche chiave di questo culto è l'adorazione dell'auto-mutilazione. Non si tratta solo di donne che vengono manipolate fino a farsi amputare le mammelle dai chirurghi; si tratta anche di donne manipolate fino a farsi iniettare veleni mortali che distruggono i loro reni, i loro fegati e i loro cervelli. L'effetto collaterale numero 1 della chemioterapia, peraltro, è il cancro.
Come ogni culto, quello dell'industria del cancro spinge su una propaganda carica di contenuto emotivo e su simboli potenti (i fiocchi rosa). Milioni di donne vengono innocentemente intrappolate in manifestazioni e raccolte fondi, apparentemente senza indizio del fatto che la maggior parte dei soldi per le “cure” finisce col pagare altre mammografie e quindi altre false diagnosi che costringeranno ancora più donne a cadere nel racket.
Così, le stesse donne che partecipano alle raccolte fondi in questi eventi promossi dal culto dei fiocchi rosa, stanno partecipando a pagare le macchine per le mammografie che recluteranno altre donne nello stesso culto tramite diagnosi inutili seguite da “campagne di paura e terrore” portate avanti dagli oncologi. Quel che oggi l'industria del cancro sta facendo è, senza mezze misure, un crimine contro le donne. Si tratta anche di una forma di mutilazione culturale nei confronti delle donne, più o meno come abbiamo visto con gli Aztechi, i Maya e varie culture africane durante il corso della storia.
Il culto di Komen è un'operazione criminale? Quasi certamente. Su base scientifica? Neanche per sogno. Non esiste nulla di scientifico nella moderna industria del cancro se non la scientifica manipolazione delle paure e delle emozioni femminili. Quel che manca a Komen e all'industria in campo etico, scientifico o dei fatti viene ampiamente bilanciato dalle tattiche di influenzamento linguistico, di coercizione e di deliberata menzogna sui benefici della mammografia.
L'industria del cancro non è un business della cura del cancro, in fin dei conti; di fatto è il business della propaganda del culto del cancro. Come spiega il Dr.Welch:
“I sostenitori dello screening incoraggiano il pubblico a credere in due cose false e conosciute come tali. Primo, che ogni donna che ha avuto il cancro diagnosticato con una mammografia ha avuto la sua vita salvata (pensate a quelle T-shirt con scritto “La mammografia salva le vite. Io ne sono la prova”). La verità è che queste “sopravvissute” sono molto più probabilmente vittime di over-diagnosi.
Così, tutte quelle donne che marciano indossando le T-Shirt rosa che dicono “la mammografia salva la vita” stanno in realtà dichiarandosi come vittime incoscienti di una campagna scientifica mirata alle donne e tesa a spaventarle e portarle verso trattamenti che non necessitano e che le mutileranno con farmaci tossici o bisturi chirurgici.
Se quelle magliette dicessero la verità, dovrebbero dire “Sono sopravvissuta all'industria del cancro”.
La grande domanda in tutto questo, ovviamente, è: per quanto tempo la cultura occidentale continuerà a vivere sotto l'influenza del culto di Komen? Quanti altri milioni di donne dovranno sacrificarsi sotto le chiacchiere della mammografia e la truffa dell'oncologia moderna?
Ma soprattutto, perché le famiglie consentono alle loro madri, figlie, zie e nonne di essere avvelenate e mutilate proprio davanti ai loro occhi standosene sedute ascoltando le finte autorità mediche che di fatto praticano nulla più che chiacchiere?
L'oncologia moderna è il medioevo della medicina occidentale
Verrà il giorno, come ho predetto più volte, in cui la moderna pratica della chemioterapia verrà relegata nei libri di storia come malasanità insieme al respirare vapori di mercurio o al rimuovere chirurgicamente organi del corpo per curare malattie psichiatriche. Fino a quel giorno, un numero incalcolabile di donne innocenti verrà ingannato e portato alla mutilazione, all'intossicazione chimica e alle radiazioni da dottori malvagi che francamente non si interessano minimamente di quante donne mutilano o uccidono fintanto che questo viene loro rimborsato.
Questa è la verità sull'industria del cancro che non sentirete da Komen (né da qualsiasi altro adepto del culto del fiocco rosa).
La conclusione dagli autori dello studio
Nonostante il sostanziale incremento delle diagnosi di cancro alla mammella in fase iniziale, lo screening mammografico ha solo marginalmente ridotto il numero di donne che si presentano con un cancro avanzato. Anche se non è chiaro quali fossero le donne realmente affette, questo squilibrio suggerisce una sostanziale over-diagnosi in circa un terzo delle nuove diagnosi e che lo screening ha, nella migliore delle ipotesi, solo un minimo effetto sui tassi di morte da carcinoma alla mammella.
Fonte: www.naturalnews.com
Link: http://www.naturalnews.com/038099_mammograms_false_positives_overdiagnosis.html
27.11.2012
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SEBASTIANO SENO
NOTE
1) http://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMoa1206809?query=featured_home&&
2) http://www.nytimes.com/2012/11/22/opinion/cancer-survivor-or-victim-of-overdiagnosis.html?_r=1&
3) http://www.naturalnews.com/036711_Komen_for_the_Cure_mammography_fraud.html
4) http://www.nytimes.com/2012/11/22/opinion/cancer-survivor-or-victim-of-overdiagnosis.html?_r=0
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=11153
Dichiara 1 euro all'anno, denunciato ristoratore.
Aveva intestata una Porsche Cayenne Turbo. Eppure il ristorante di cui era titolare aveva presentato per gli anni 2009 e 2010 dichiarazioni fiscali con un reddito pari ad 1 euro. Lo ha scoperto la guardia di finanza. L'imprenditore Vincenzo Favaloro, titolare della Corte dei Normanni a Sferracavallo, borgata di Palermo, e' stato denunciato.
Nel locale e' stato anche trovato un lavoratore in nero. Ai clienti venivano rilasciati scontrini e ricevute fiscali che non venivano trascritti nella contabilita' e quindi nella dichiarazione dei redditi. Secondo le fiamme gialle il ristoratore, dal 2009 al 2011, ha nascosto all'erario oltre 1 milione di euro di ricavi e non versato imposte (Iva, Irap e Irpef) per quasi 200 mila euro.
E' scattato il ''sequestro preventivo per equivalente'' dei beni intestati o comunque riconducibili al commerciante al fine di garantire il credito vantato dallo Stato. I sigilli sono stati posti su tre autovetture.
Modello Tav, il debito che piace ai tecnici. - Francesca De Benedetti
Dietro l'alta velocità si nasconde un meccanismo di privatizzazione dei profitti e di socializzazione delle perdite. A pagare gli ingenti costi infatti sono i cittadini, a testimoniarlo la Corte di Cassazione la quale ha decretato che i "debiti" del Tav verranno pagati dalle generazioni future fino al 2060.
Privatizzazione dei profitti e socializzazione delle perdite, il sistema Tav docet. Nel silenzio generale dei media mainstream. E se per i “tecnici” ridurre il debito corrisponde a ridurre la spesa pubblica attraverso il dimagrimento o persino lo smantellamento dello Stato sociale, per sfatare la convinzione tacita e diffusa che rigore significhi sottrazione al pubblico e alla sua dimensione occorre parlare proprio del Tav.
Una scelta che potrà stupire, in un contesto in cui la rappresentazione sociale veicolata dai media relega spesso al silenzio questo tema, e in ogni caso predilige le chiavi semantiche e interpretative della “violenza”, della “tensione”, lasciando spazio comunque più alle azioni che alle ragioni. Nel caso del Tav e dei movimenti ad esso contrari – ma anche nel caso di altre manifestazioni di contestazione che avvengono in Italia quanto in Grecia e altrove – la stampa ci consegna la realtà (semmai decide di raccontarla) attraverso il linguaggio della violenza, con modalità di manipolazione dell’informazione non molto dissimili da quelle già riscontrate negli anni Settanta. L’altra faccia della realtà arriva perciò attraverso la controinformazione, oggi come ieri, e oggi soprattutto grazie alla Rete.
E’ necessario però, per una riflessione compiuta sulla crisi, sollevare il tema Tav dalla dimenticanza generalizzata. Questo perché, come più di ogni altro Ivan Cicconi ha avuto il merito di cogliere e divulgare come dietro la grande opera si nasconda la messa a punto di un potente sistema di ingrossamento e di occultamento del debito pubblico. Di più, questo sistema viene poi replicato e diffuso in altri contesti nazionali e locali. Lo ha affermato la Corte dei Conti: "La vicenda è considerata paradigmatica delle patologiche tendenze della finanza pubblica a scaricare sulle generazioni future oneri relativi a investimenti, la cui eventuale utilità è beneficiata soltanto da chi li pone in essere, accrescendo il debito pubblico. (...) Si pregiudica l'equità intergenerazionale, caricando in modo sproporzionato su generazioni future (si arriva in alcuni casi al 2060) ipotetici vantaggi goduti da quelle attuali". Il sistema inaugurato in grande stile con il Tav prende avvio con la dichiarazione che a pagare saranno i privati, e si conclude con spese reali lievitate ai massimi livelli e in sostanza a carico del pubblico, così come il rischio di impresa. Privatizzazione sì, ma dei profitti, e socializzazione delle perdite.
Inoltre, il sistema Tav, la sua tipica architettura contrattuale, allenta le “briglie” di controllo pubblico su opere pur costose, per di più – la cosa è oggetto di indagine a Torino nel processo “Minotauro” – con il sospetto di infiltrazioni di stampo mafioso nella catena di appalti e subappalti.
Il cuore della questione è che, attraverso specifici istituti contrattuali portati a regime proprio con il Tav, quelli che venivano annunciati inizialmente come finanziamenti privati si rivelano in realtà una quantità amplissima di debito pubblico (una quantità molto più ampia delle previsioni annunciate a inizio opera). Un debito “fantasma” che si annida in società di diritto privato o nella spesa corrente delle amministrazioni pubbliche, e che si tocca con mano poi, che ricade sulle generazioni future fino al 2060, come ipotizza la Corte dei Conti. O persino oltre quella data, visto che l’architettura contrattuale tipica del Tav (basata sul “general contractor” e sul “project financing”) ricorre in realtà in numerose opere riguardanti gli enti locali. Esempi, e analogie con il “sistema Tav”, si trovano infatti a Roma (la Metro C), a Parma (la sede del Comune), a Bologna (la sede del Comune e il People Mover).
Quando il governo Monti ha preso in mano il dossier Tav, un dossier su cui molti fra cittadini e autorevoli professori e professionisti nutrivano perplessità di fondo, nessuna perplessità su questa grande fonte di debito è stata sollevata da parte dell’esecutivo. Il governo “tecnico” ha invece valutato che non valesse la pena neppure di riformare quel progetto coltivato con convinzione bipartisan negli ultimi venti anni e più. Il premier ha piuttosto confermato “piena convinzione e impegno per la realizzazione dell’opera”, riferendo dissenso per la “violenza” delle contestazioni ed esprimendo una blanda comprensione per i timori e l’astio di chi vedeva la Tav come qualcosa di “lontano dal proprio modello di vita”. Eppure la questione non riguarda solo il cortile di qualcuno, né tantomeno solo temi ambientali. Deve saperlo bene anche il governo dei “professori”: sotto questo governo, gli istituti contrattuali che costituiscono la spina dorsale del “sistema Tav”, come quello del project financing, sono stati persino incentivati, ampliati, rafforzati. Il governo dei tecnici ha infatti inserito a ottobre nel Decreto Sviluppo Bis sconti fiscali proprio sui project financing. Ciliegina sulla torta, è stata anche rimandata di almeno due anni la scelta se chiudere o meno la pagina del ponte sullo Stretto, grande opera costata già prima di cominciarla e ritenuta da molti insostenibile dal punto di vista economico.
Ma la più pesante contraddizione è quella di fondo: come mai proprio e anche sotto un governo che vede nella “risoluzione della crisi del debito” la propria mission dichiarata e la principale fonte di legittimità agli occhi dell’opinione pubblica, il sistema Tav non viene scalfito, e anzi viene incentivato? Alla domanda si potrà ipotizzare con facilità qualche risposta. Il debito pubblico “fantasma” nel sistema Tav, nasce sotto le vesti di spesa privata, avvantaggia aziende private, e si rivela poi enorme spesa pubblica, ricadendo sulle generazioni future. Di questo “paradigma Tav” bisognerebbe ricordarsi quando si cade nel mantra “diminuire il debito pubblico=abbattere il welfare state”. O, ancora, quando le tutele sociali vengono smantellate e si prospetta la privatizzazione del pubblico come soluzione, mentre nel contempo non si mette in discussione (né si discute) la socializzazione di profitti privati. Oppure quando gli appelli degli economisti per evitare la recessione rimangono inascoltati. Ma pur volendosene ricordare, della lezione della Tav poco si parla, sui media generalisti, e di tutto ciò in pochi sono consapevoli. Come mai? Questa è forse l’altra contraddizione più pesante da digerire e da superare.
http://temi.repubblica.it/micromega-online/modello-tav-il-debito-che-piace-ai-tecnici/?h=0
domenica 2 dicembre 2012
MORINGA OLEIFERA- LA PIANTA MIRACOLOSA DELL’AFRICA.
LA MORINGA OLIFERA PIANTA TROPICALE NATIVA DELL’INDIA CHIAMATA ANCHE ALBERO DELLA VITA.
Si sta facendo strada in Africa come opportunità per migliorare le condizioni di salute e limitare la malnutrizione nelle comunità più povere.In Sierra Leone, la Moringa è stata descritta dal ministro dell’Agricoltura Sam Sesay come “la pianta più nutriente sulla Terra, e ogni parte della pianta ha valori nutritivi e medicinali che hanno le proprietà per curare oltre 300 malattie, inclusa l’ipertensione e il diabete. Molto presto, la coltivazione della pianta tropicale Moringa in Sierra Leone potrebbe mettere fuori gioco molti medici”.La Moringa oleifera è una pianta che ha realmente innumerevoli utilizzi e proprietà medicinali: nel 2010, si è dimostrata utile per purificare l’acqua grazie ad un processo poco costoso che riduce la popolazione batterica del 90% senza l’utilizzo di alcun filtro aggiuntivo.Dalla Moringa oleifera si ottengono anche sostanze medicinali come antisettici, composti per curare i reumatismi e i morsi di serpente, shampoo, prodotti per il corpo e per lo sport. E si tratta di una lista molto breve delle possibili applicazioni di questa pianta straordinaria.
Ogni parte della Moringa oleifera è commestibile, che sia fresca, cotta o conservata per mesi all’aria aperta: i semi possono essere consumati freschi o tostati, i fiori hanno un sapore simile a quello dei funghi, le radici sono usate come condimento simile al ravanello, ma le foglie sembrano essere il vero toccasana.Le foglie della Moringa oleifera contengono quantità significative di beta-carotene, vitamina C, vitamina A, proteine, ferro e potassio. Un solo cucchiaio di foglie di Moringa in polvere può fornire al latte materno un quantitativo di proteine superiore del 14%, di calcio del 40%, e di ferro del 23%. Secondo la UMCOR (United Methodist Committee on Relief), la pianta contiene circa 46 antiossidanti ed è in grado di pulire l’organismo dall’accumulo di tossine e di rafforzare il sistemaimmunitario.”Ha un contenuto di vitamina C sette volte superiore a quello delle arance, quattro volte più calcio del latte, quattro volte più vitamina A delle carote, e tre volte il potassio di una banana”spiega l’ufficiale governativo Fomba James.E facile, quindi, comprendere le potenzialità di una pianta simile in un Paese come la Sierra Leone, dove il 70% delle persone vive con meno di un dollaro al giorno e il 25% dei bambini muore prima di aver compiuto il quinto compleanno.
La questione si fa ancora più delicata.”Vediamo la Moringa come una cura per tutto, e molte persone nella mia comunità non stanno più visitando le cliniche locali dato che ora ne bevono il tè o usano la sua polvere durante i pasti” dice Jimmy Lagbo, capotribù di Port Loko.La Moringa oleifera è stata importata in Sierra Leone nel 2001 proprio allo scopo di risolvere alcuni di questi problemi. “E’ probabile che sia stato un soldato pakistano che serviva nelle missioni di pace delle Nazioni Unite a scoprire la presenza della Moringa negli anni ’90, in un giardino di una casa nella capitale” spiega il botanico di Freetown Christian Jones.Nell’ultimo decennio, la coltivazione della Moringa oleifera è stata promossa in diversi Paesi africani. “L’anno scorso sono stati distribuiti in Sierra Leone un totale di 250.000 semi, per spingere la gente verso la creazione di un’impresa” spiega Jonas Coleman della Moringa Association.La Moringa oleifera, infatti, si sta prospettando come una possibile avventura economica redditizia. In Africa sta nascendo un ampio mercato di prodotti derivati dalla Moringa: “E’ un business proficuo dato che ora le vendite sono più alte per la recente pubblicità dei prodotti” afferma Alimamy Lahai, venditore di prodotti a base di Moringa a Freetown. “Io vendo la polvere, che viene venduta in piccole buste da due dollari o in bustine da tè per quattro dollari”.Attualmente è l’India che detiene il primato di produzione di Moringa oleifera, circa 1,3 tonnellate all’anno di frutti da un’area di 380 km quadrati. Nel Paese se ne consuma ogni parte, specialmente i baccelli, chiamati “munga” e mangiati fritti, freschi o come ingredienti per zuppe.
fonte : http://medicalxpress.com
fonte : http://medicalxpress.com
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