lunedì 20 aprile 2020

Ma mi faccia il piacere. - Marco Travaglio - Il Fatto Quotidiano - 20 APRILE 2020.

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Stampa satirica.“Travaglio batte Berlusconi sul conflitto d’interessi e prende l’Eni”. “Il Fatto Quotidiano è tornato ad attaccare a testa bassa Claudio Descalzi. Cioè l’amministratore delegato dell’Eni. Ormai però il gioco è scoperto: l’attacco del Fatto non nasce, come tutti immaginano, dalla solita furia giustizialista (Descalzi è indagato), ma stavolta nasce da una più prosaica furia di potere. Il Fatto vuole l’Eni per sé… Il Fatto (che ormai tratta direttamente con il Pd, senza più la mediazione di Di Maio) bastona Descalzi per aumentare la propria forza nella trattativa. Alla fine è disposto a cedere su Descalzi purché gli si permetta di mettere le mani sulla Presidenza con una pedina che è controllata direttamente da Travaglio… Non era mai successa una cosa del genere… Spesso si parla di conflitto di interessi, in particolare da quando Berlusconi è in politica. Lo schieramento populista-giustizialista, che da tempo ormai ha trovato in Travaglio e nel suo giornale la guida politica e morale (una specie di Maotsetung) ha sempre avuto due chiodi fissi: la guerra al conflitto di interessi e la guerra alla lottizzazione. Beh, ora le parti si sono rovesciate. La richiesta da parte di un giornale di avere per sé la Presidenza dell’Eni non si era mai vista. Né nella lunga storia delle lottizzazioni politiche né nella storia dei conflitti di interesse… Un giornale che è espressione del governo, della magistratura e dell’Eni” (Piero Sansonetti, Il Riformista, 18.4). Tutta invidia perché ora faccio benzina gratis.
Facci lei/1. “… come se avrebbe potuto fare una grande zona rossa da sola, senza un esercito” (F.F., Libero, 12.4). Mi sa che Facci, in realtà, si chiama Farebbi.
Facci lei/2. “Adesso basta, spezzo le catene. Martedì me ne vado al mare” (F.F., Libero, 12.4). Mo’ me lo segno.
Facci lei/3. “Sono evaso dai domiciliari e mi sono trovato benissimo. In auto fino a Lecco” (F.F., Libero, 15.4). Più che una destinazione, una vocazione. A proposito, com’era il mare a Lecco?
Troppa grazia. “Si sa che se scrivi sul Fatto hai uno scudo penale tombale” (Alessandro Sallusti, il Giornale, 16.4). Disse quello che, dagli arresti domiciliari, fu graziato da Napolitano.
I Conti non tornano. “Adesso ci interessa di aiutare Conti a non commettere errori” (Silvio Berlusconi, presidente FI, collegato da Nizza con Dimartedì, La7, 14.2). Cominciamo bene.
Dice il saggio. “In un momento di così forte emergenza per l’espandersi dell’epidemia di coronavirus, le parole di Briatore dopo l’ultimo decreto pesano come un macigno” (il Giornale, 23.3). Appeso al collo.
Viale dell’Astrologia. “’La politica non sa guidare l’Italia’. Bonomi lancia subito la sfida. Confindustria, il presidente designato attacca” (La Stampa, 17.4). Ha parlato Churchill.
Doppia elle. “Gallera: ‘Disgustato dallo sciacallaggio politico’” (il Giornale, 17.4). Deve aver trovato finalmente uno specchio.
Wanted. “Fuorilegge: Conte è un pericolo pubblico. ‘Governa con atti illegittimi’. Cassese: si è dato poteri che la Costituzione non gli attribuisce. Ma nessuno lo fa notare” (Renato Farina, Libero, 17.4). Meno male che c’è Betulla.
Cattiva lettura. “Cercasi leader capaci di decidere” (La Lettura-Corriere della sera, 12.4). E cercansi conoscitori della lingua italiana.
Zero vale zero. “Troppo spesso in questi anni abbiamo ragionato con la logica dell’uno vale uno, che punisce la competenza, e con il criterio della mediocrità, che punisce le eccellenze. E le eccellenze sono per definizione poche. A giudicare da quel che vediamo, pochissime” (Aldo Cazzullo, Corriere della sera, 17.4). E, a giudicare da quel che leggiamo, nessuna.
A funerali avvenuti. “Nessuno si aspettava inchieste e perquisizioni con i morti ancora in corsia. Possiamo almeno aspettare che l’epidemia sia finita e che i pazienti e i medici abbiano finito di morire prima di mandare ispezioni nelle case di riposo?” (Matteo Salvini, segretario Lega, Rtl 102.5, 17.4). Giusto, qualcuno respira ancora: aspettiamo che siano tutti morti.
I titoli della settimana. “Ecco il piano del governo per riaprire ogni attività” (Libero, pag.1, 14.4). “Conte ci vuole semireclusi fino a marzo 2021” (Libero, pag.3, 14.4). Di nuovo bevuto pesante, da quelle parti, eh?


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Paradisi fiscali in Ue: ecco quanti soldi ci sottraggono Olanda, Irlanda e Lussemburgo offrendo alle multinazionali una tassazione di favore. - Felice Meoli

Paradisi fiscali in Ue: ecco quanti soldi ci sottraggono Olanda, Irlanda e Lussemburgo offrendo alle multinazionali una tassazione di favore
nella foto i primi ministri di Olanda (Mark Rutte), Lussemburgo (Xavier Bettel) e Irlanda (Leo Varadkar)

L'Italia perde ogni anno almeno 6,5 miliardi euro di entrate: finiscono nelle casse dei sei Paesi che stando al rapporto dalla commissione speciale sui crimini finanziari TAX3 "facilitano una gestione fiscale aggressiva”. Ci sono anche Cipro, Malta e Ungheria ma olandesi e lussemburghesi sono quelli che ci guadagnano di più impoverendo il resto dell'Unione. La Germania si vede sottrarre addirittura 19 miliardi, la Francia 17. Non si interviene perché le modifiche in materia fiscale richiedono l’unanimità.
Più che paradisi, dei veri e propri “buchi neri fiscali”. Questa la definizione dell’ex Commissario europeo all’economia Pierre Moscovici, poco più di due anni fa. Cioè due mesi prima della partenza dei lavori della commissione speciale sui crimini finanziari TAX3. Sette – poi scesi a sei – Paesi che sottraggono risorse ai propri vicini di casa, provocando un danno netto a tutto il condominio, a favore di chi può eludere il pagamento delle tasse. A causa del profit shifting, l’Italia perde ogni anno il 19% delle entrate tributarie dalle proprie imprese ovvero 7,5 miliardi di euro l’anno, di cui 6,5 all’interno dell’Unione EuropeaTax Justice Network di recente ha stimato che Paesi Bassi – grandi oppositori di misure “solidali” di risposta alla pandemia come i coronabond – l’anno scorso abbiano sottratto al nostro Paese 1,5 miliardi. Una distorsione dell’architettura comunitaria ben conosciuta da tutti gli attori in gioco e in alcuni casi perfino rivendicata da chi se ne avvantaggia.
Dopo le rivelazioni e gli scandali fiscali emersi negli ultimi anni, dai Lux leaks ai Panama paper, dai Football leaks ai Paradise papers, il Parlamento europeo decise di istituire una commissione speciale sui crimini finanziari, sull’evasione e sull’elusione fiscale – cosiddetta TAX3 – insediatasi il 1 marzo 2018. Dopo un anno di lavoro fatto di audizioni, interpelli e investigazioni, TAX3 ha inviato agli eurodeputati una lunga serie di conclusioni e raccomandazioni. Segnalando in particolare che 7 Paesi dell’Unione “mostrano tratti di paradisi fiscali e facilitano una gestione fiscale aggressiva”. Si tratta di Belgio, Cipro, Irlanda, Lussemburgo, Malta, Olanda e Ungheria.
La vecchia Commissione glissò sui paradisi fiscali nell’Ue – Le stime di Bruxelles indicano che le pianificazioni fiscali aggressive all’interno dell’Unione provocano una perdita annuale di gettito compresa tra i 50-70 miliardi (cifre riconducibili alla sola traslazione dei profitti, e che rappresentano il 17% delle entrate fiscali) e i 160-190 miliardi di euro se si comprendono anche gli accordi ad hoc delle maggiori multinazionali con gli Stati e le inefficienze nella raccolta del gettito. Poco meno di 50 miliardi sono invece elusi dalle persone fisiche che portano la propria ricchezza all’estero, mentre circa 65 miliardi di euro riguardano le frodi sull’iva transfrontaliera. Un quadro comunque chiaro anche alla Commissione, che già negli scorsi anni aveva avanzato critiche ai sette Paesi, per i problemi emergenti dai loro sistemi tributari. Nel rispondere alla risoluzione del Parlamento, circa un anno fa e prima dell’insediamento della nuova Commissione, Palazzo Berlaymont ebbe a eccepire solo sul Belgio, che dallo scorso anno non offrirebbe più la possibilità di una pianificazione aggressiva. Sulla richiesta del Parlamento di dichiarare ufficialmente paradisi fiscali gli altri Paesi, la Commissione ha invece praticamente glissato. Non così l’ex commissario Pierre Moscovici, che li definì, più che paradisi, veri e propri “buchi neri fiscali”.
Ecco quanto ci perde l’Italia e quanto guadagnano Lussemburgo, Irlanda e Olanda – Secondo quanto evidenziato dai più recenti studi macroeconomici portati avanti da Thomas Tørsløv (Università di Copenaghen), Gabriel Zucman e Ludvig Wier (entrambi dell’Università di Berkeley), questi Paesi sottraggono direttamente agli altri Stati membri, solo in elusione fiscale, oltre 42 miliardi all’anno. L’Olanda raccoglie in questo modo il 30% del proprio gettito, attraendo in maniera artificiosa da altri Paesi circa 90 miliardi di euro, a cui offrire un’aliquota speciale. Il Lussemburgo attrae 50 miliardi, da cui va a formare il 54% delle proprie entrate fiscali. L’Irlanda costruisce in questo modo il 65% del proprio gettito, attraendo ogni anno 117 miliardi di euro dai Paesi (non solo europei) con tassazione maggiore. A Malta questo frutta l’88% delle proprie entrate fiscali complessive.
L’Italia, invece, subisce un profit shifting di 24 miliardi di euro e a causa dei paradisi perde il 19% delle proprie entrate tributarie dalle imprese, ovvero 7,5 miliardi di euro, di cui 6,5 all’interno dell’Unione Europea. Sono 3 i miliardi sottratti dal Lussemburgo, 1,6 dall’Irlanda e 1 dall’Olanda. Per quanto riguarda le destinazioni extra Ue quasi 700 milioni sono persi a favore della Svizzera, mentre poco più di 270 milioni spariscono a favore di Caraibi, Hong Kong e SingaporeGermania e Francia sono anche più colpite dell’Italia, perdendo rispettivamente il 28% e il 24% del proprio gettito da parte delle imprese. Sono 19 miliardi di euro per la Germania, di cui quasi 16 restano nei paradisi europei, mentre per la Francia si tratta di 12 miliardi, di cui 10 rimangono nelle immediate vicinanze.
Ma i paradisi impoveriscono tutta l’Unione – Va sottolineato che i paradisi non impoveriscono solo i Paesi da cui fuggono le imprese, ma tutta l’Unione, perché garantendo una tassazione di favore permettono di sborsare molto meno di quanto dovuto, alimentando l’inefficienza del sistema. Questo vale sia per le imprese europee che per quelle extra-Ue ma operanti nell’Unione. Per esemplificare, con una tassazione sugli utili che attraverso un’accurata pianificazione può arrivare fin sotto il 5%, una multinazionale americana con sede in un paradiso e operante nel resto dell’Unione riesce a risparmiare 4 euro ogni 5 teoricamente dovuti. Il paradiso ne incassa solo 1, l’Unione nel complesso ne perde 4. I Paesi dove opera realmente perdono tutto.
In Olanda e Lussemburgo metà degli investimenti fantasma del mondo – Grazie a queste possibilità i paradisi della Ue sono anche leader mondiali nell’attrazione di investimenti diretti esteri fantasma, presentando stock di investimenti in entrata e in uscita di molte volte maggiori del loro Prodotto interno lordo, spesso il risultato della creazione di strutture artificiali per abbattere gli oneri. Secondo un report dello scorso dicembre del Fondo monetario internazionale, a firma di Jannick DamgaardThomas Elkjaer e Niels Johannesen, il 40% di tutti gli investimenti diretti esteri globali sarebbe fantasma. Olanda e Lussemburgo, che insieme ricevono una quota di investimenti diretti esteri maggiore di quella degli Stati Uniti, ospiterebbero quasi metà di tutti gli investimenti fantasma del mondo. Il Fmi indica che su un totale di 40 trilioni di dollari di investimenti diretti esteri globali, 15 trilioni sarebbero da ricondurre a scatole vuote senza vere attività. Di questi 3,8 trilioni (3.800 miliardi) di dollari sarebbero in Lussemburgo e 3,3 trilioni (3.300 miliardi) in Olanda. Anche questa è una circostanza ben conosciuta dalle istituzioni europee, evidenziata nella relazione del Parlamento dopo i lavori di TAX3. Il documento approvato sottolinea che l’Irlanda riceve più investimenti diretti di Germania e Francia, e che Malta raccoglie investimenti per un ammontare pari al 1.474% della propria economia. Su queste evidenze la Commissione non avanzò commenti.
Le modifiche in materia fiscale richiedono l’unanimità – Perché allora è tutto fermo? Secondo l’ultimo rapporto del Tax Justice Network, pubblicato all’inizio di aprile e intitolato “Time for the EU to close its own tax havens”, le ragioni sono principalmente due. La prima è ideologica. Persino nei Paesi che perdono di più come la Germania, il mondo degli affari ha resistito alle richieste crescenti di trasparenza fiscale da parte dell’opinione pubblica, cercando di evitare ogni tipo di rendicontazione che rivelerebbe le discrepanze tra le nazioni in cui prende forma l’attività economica e le nazioni in cui gli utili vengono riportati per motivi fiscali. La seconda ragione è l’inerzia politica collegata all’impossibilità di un’azione concreta su questo fronte da parte dell’Unione Europea. Le modifiche in materia fiscale richiedono l’unanimità, e i paradisi si oppongono costantemente a ogni discussione di revisione delle norme, in nome della “sovranità fiscale”. Che finisce tuttavia per andare a scapito di tutti gli altri Paesi membri. “Nessuno dovrebbe sorprendersi che un paradiso fiscale agisca in maniera egoistica, indebolendo i propri vicini”, afferma in apertura del suo report il Tax Justice Network. E mutatis mutandis è proprio ciò che rivendicano anche gli stessi olandesi.
La posizione olandese: “Preservare la reputazione di porta d’ingresso in Europa” – Nell’incontro del 12 settembre 2018 presso la Direzione generale della Fiscalità e dell’Unione Doganale della Commissione Europea, indetta per costruire una “piattaforma di buona governance fiscale”, il professore dell’Università di Amsterdam Sjoerd Douma offriva ai presenti la prospettiva olandese del dibattito sulla fiscalità internazionale, stakeholder per stakeholder. Dal punto di vista dei commercialisti, una “scelta volontaria del governo olandese di adottare misure di contrasto all’elusione fiscale oltre le richieste minime del consensus internazionale indebolirebbe seriamente il clima degli investimenti nei Paesi Bassi. Specialmente nel contesto della Brexit e della riforma fiscale americana, l’Olanda deve preservare la propria reputazione di “porta d’ingresso in Europa” e proteggere i suoi tradizionali gioielli della corona”. Secondo le associazioni imprenditoriali olandesi, l’approccio della Commissione di puntare a una base imponibile comune in Europa sarebbe invece poco ambizioso e piuttosto ci sarebbe bisogno di una maggiore competitività tributaria, così come dell’eliminazione delle ritenute sui dividendi. Secondo Douma, in un dibattito pubblico finora dominato dalle posizioni delle Ong, il problema sarebbe culturale e mediatico, gravato dalla mancanza di fiducia tra gli attori del sistema. Ma forse questa diffidenza si può capire a fronte di obiettivi contrastanti da parte degli attori e ruoli ambigui, come sottolineato dalle stesse Ong. Tax Justice, Oxfam e Somo puntano infatti il dito sui doppi incarichi dei professori universitari, allo stesso tempo anche consulenti fiscali delle imprese. Ambiguità a cui non si possono sottrarre nemmeno le stesse autorità tributarie, strette nella morsa di dover bilanciare la volontà di adottare misure di contrasto alle frodi e il bisogno di mantenere alti gli investimenti nel Paese.
https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/04/20/paradisi-fiscali-in-ue-ecco-quanti-soldi-ci-sottraggono-olanda-irlanda-e-lussemburgo-offrendo-alle-multinazionali-una-tassazione-di-favore/5773468/
Ho sempre sostenuto che questa Unione Europea è nata malissimo ed è gestita anche peggio.
Non si possono accettare in un contesto stati membri che giocano sporco alle spalle degli altri stati facenti parte del contesto.
La lealtà, l'etica dovrebbero prevalere in un gruppo omogeneo, senza il reciproco rispetto non possono coesistere la collaborazione e la coesione di intenti.
Questa unione è una continua discrepanza su tutti gli argomenti, non è una unione è un'accozzaglia informe, senza alcun senso comune.
Cetta.

L'opinione (non richiesta) di Massimo Erbetti

Mes Italia Europa - ViaCialdini

5 maggio
"Ei fu. Siccome immobile,
dato il fatal sospiro,
stette la salma immemore
orba di tanto spiro... "

Così scriveva Manzoni nel 1821, dopo aver appreso della morte di Napoleone. Ma il 5 maggio potrebbe anche essere la morte definitiva dell'Unione Europea per mano della Corte Costituzionale tedesca.
La Germania, o meglio la Corte Costituzionale tedesca ha già per ben due volte, spinta dal ricorso di 35 deputati della Cdu di Angela Merkel, da sempre ostili a qualsiasi forma di condivisione del debito su scala europea, e perciò favorevoli solo al Mes, ha provato a bloccare qualsiasi iniziativa che prevedesse piani di salvataggio dell'euro che non fossero il MES. La prima volta cerco di bloccare le operazioni Omt (Outright monetary transactions), poi il Quantitative easing, cioè l'acquisto di titoli pubblici dei paesi dell'eurozona in difficoltà.
In entrambi i casi la Corte europea ha precisato che la Bce può svolgere la propria politica monetaria senza ricorrere al Mes.
Il 5 maggio 2020, ci sara una ulteriore sentenza della Corte Costituzionale in merito all'adozione di misure che non siano il MES, se il parere della Corte dovesse essere negativo, la Germania non appoggerà nessuna misura differente dal Mes, nessun eurobond o coranabond...niente di niente e sarà la morte definitiva dell'Unione Europea e dell'euro stesso. Altro che solidarietà europea, altro che unione solidale, l'Europa ha un solo unico nemico: la Germania di Angela Merkel. Per cui anche se il 23 aprile il consiglio dei capi di governo dovesse trovare un accordo per gli eurbond, per i recoverybond e comunque anche per l'emissione di nuova moneta, il tutto potrebbe essere vanificato dal parere della Corte Costituzionale tedesca...eh si perché i tedeschi sono furbi, non basta il voto del parlamento, no, loro si sono tutelati, loro hanno pensato bene di fare un passaggio ulteriore, il che è positivo per il popolo tedesco, ma lo è altrettanto per l'Europa? Si può entrare in una unione pensando solo al proprio profitto? Si può essere parte di qualcosa solo per aumentare il proprio predominio? Non è certo questo lo spirito da cui era nata l'idea di Europa unita...5 maggio 2020..il giorno della nascita di una nuova Europa o il giorno della sua morte definitiva?

“Energie rinnovabili e agricoltura punti per ripartire”, Farruggia: “No a nuova cementificazione”.


Farruggia e il senatore Pietro Lorefice che ha a sua volta partecipato alla seduta.

Gela. Produzione di energia da fonti rinnovabili, più spazio all’agricoltura sostenibile e una nuova visione della mobilità urbana e non solo. Sono questi i punti cardine che il Movimento cinquestelle pone nell’ottica della fase successiva all’emergenza Covid, così da ripartire ma sfruttando fonti economiche diverse rispetto a quelle del passato, che ormai segnano il passo. Il consigliere comunale pentastellato Virginia Farruggia ha tirato le linee di ripartenza già nel corso della seduta monotematica di consiglio comunale. “La crisi creata dal coronavirus, partendo da un ambito strettamente sanitario, è collegata ad una devastazione ambientale non più praticabile. Data questa prospettiva, non possiamo sottrarci alla necessità di fornire alternative concrete allo sviluppo del nostro territorio, elaborando proposte che abbiano una visione a lungo termine e che permettano di coniugare la tutela ambientale con la crescita economica e sociale della città. Sotto questo profilo crediamo che si debba investire nello sviluppo delle energie rinnovabili – dice – favorendo gli investimenti legati alla produzione di energia elettrica tramite impianti solari a concentrazione ed impianti eolici offshore posizionati non sottocosta, ma al largo. Queste due forme presentano sia imprenditori validi che esperienze concrete già realizzate nel mondo e consentirebbero una crescita economica e tecnologica che darebbe molti posti di lavoro, rispettando i limiti posti dalle normative nazionali ed europee, rispecchiate nel Piano di gestione Rete Natura 2000, oggi vincolante per il territorio. Settori cardine come la metalmeccanica potrebbero trovare ampio sviluppo in un comparto in forte crescita”. Farruggia richiama la necessità di non trascurare un’agricoltura locale abbandonata da decenni al proprio destino, riprendendo le fila di un nuovo sistema di mobilità, che colleghi la città all’aeroporto di Comiso e a quello di Catania. “Una città con questi strumenti può eliminare la sua marginalità e grazie alla posizione geografica, fondamentale per il vento e l’esposizione solare – continua – potrà assumere un ruolo baricentrico e di crescita economica e sociale, fondando la rinascita sui principi dell’economia circolare”. Tutti punti di un programma potenziale che non annovera ricette fatte di nuove costruzioni e cementificazione ad ogni costo.

“Una visione del genere si pone in netto contrasto con le proposte legate all’economia fossile del passato, oggi in insanabile crisi, e con quelle di chi ritiene di dover consumare ancora suolo e di fondare la rinascita della città sul metodo della cementificazione selvaggia e delle nuove concessioni edilizie – conclude – questi sistemi risultano inaccettabili e rappresentano solo fumo negli occhi che blocca la costruzione del futuro. Il futuro si costruisce con strumenti concreti e moderni, non con metodi arcaici che tanto danno hanno già arrecato alla nostra città”. Una risposta, quest’ultima, che sembra indirizzata verso alcune proposte avanzate durante il consiglio monotematico, avanzate principalmente dalla commissione urbanistica.

https://www.quotidianodigela.it/energie-rinnovabili-e-agricoltura-punti-per-ripartire-farruggia-no-a-nuova-cementificazione/?fbclid=IwAR0O8w7lK3ch0Vx11PvGiYw3Yb7LiY_mPY4pr9Omzi93lmlb1Atuj6Mlao0

domenica 19 aprile 2020

Mi sbagliavo: al peggio (politico) non c’è fine. - Antonio Padellaro - IlFQ.


– Qualche giorno fa, devo aver scritto o detto che tutto a questo mondo poteva migliorare dopo lo choc pandemia, eccettuata la politica italiana che sarebbe rimasta più meno la stessa.
Mi sbagliavo: il teatrino di queste ore dimostra che al peggio non c’è mai fine, con l’aggravante che lo spettacolo si svolge nel corso di un’immane tragedia. Intramontabile, la tecnica dello scaricavirus va molto di moda ai piani alti del Pirellone dove il governatore Attilio Fontana addebita ai “nostri tecnici delle Ats” la responsabilità dei contagi, e delle stragi, nelle residenze per anziani. Agenzie di tutela della salute che avrebbero proposto l’utilizzo delle case di riposo per i malati Covid: insomma degli untori irresponsabili alle cui disposizioni i soprastanti vertici della Regione Lombardia si sarebbero prontamente “adeguati”.
Come sempre si fanno volare gli stracci, sperando che a processo ci vada soltanto qualche anonimo funzionario. Altra formula rinfrescata con il morbo è la chiamata di correo, ovvero: tutti colpevoli, nessun colpevole. Per esempio il cda della disgraziata Baggina nel quale, fanno sapere i leghisti, siedono anche membri nominati dal Comune di Milano, dove regna il sindaco pd Giuseppe Sala. Molto gettonato dalle code di paglia verdognole il caso di una Rsa di Rocca di Papa dove, effettivamente, si registra un’epidemia fuori controllo.
Siamo nel Lazio a guida Pd (Nicola Zingaretti) ma, guarda un po’, in una clinica di proprietà di Antonio Angelucci, editore di Libero e del Tempo, nonché deputato di Forza Italia. Funziona sempre la regola del tanto peggio tanto meglio. Come al Parlamento europeo dove Lega, Forza Italia e altri patrioti hanno votato contro un emendamento dei Verdi a favore degli eurobond.
Sul Corriere della Sera Walter Veltroni chiede di “progettare il mondo del dopo”. Con certa gente meglio no.

Funeral Party - di Marco Travaglio Il Fatto Quotidiano | 19 APRILE 2020

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Siccome per scrivere servono le mani, adotto un paio di accorgimenti per non tenerle impegnate h24 a fare gli scongiuri: guardo meno tv possibile e, appena arriva il Savonarola di turno a ricordarmi che devo morire, la fine del mondo è vicina, è tutto sbagliato e tutto da rifare, metto un film di Totò o di Sordi; non potendo esimermi dalla lettura degli altri giornali, alterno le lugubri apocalissi che invadono ogni pagina, inclusi lo sport e il meteo, con alcuni ritagli di buone notizie che conservo a mo’ di amuleto. Lo studio dell’Imperial College di Londra pubblicato su Lancet, che già il 31 marzo calcolava in 40mila le vite umane salvate in Italia dalle misure del governo (su 60mila in tutt’Europa). 
Gli elogi dell’Oms e della Ue al governo Conte per la reazione ai primi casi di coronavirus, poi copiata da quasi tutti gli altri. Ranieri Guerra dell’Oms che riconosce al governo italiano, diversamente da molti altri, il merito di seguire gli scienziati. 
I dati dell’Inps, che dopo il crollo del sito il primo giorno, versa in breve tempo i 600 euro alla gran parte degli aventi diritto, in un Paese sgarrupato che di solito, per queste operazioni, impiega mesi. 
La ricerca internazionale pubblicata l’altroieri su Condensed Matter, che usa la fisica quantistica per calcolare il fattore di successo dei provvedimenti adottati dai vari Paesi e colloca quelli italiani subito dietro Cina e Sud Corea e davanti al resto del mondo.
Piccole soddisfazioni per chi ha sempre sostenuto che questo fosse il peggior governo possibile a eccezione di tutti gli altri. E che Conte non fosse né Cavour, né De Gasperi, né Churchill, ma neppure il pirlacchione che veniva descritto dal Giornale Unico. 

Questo non ci impedisce di segnalare gli errori del governo: di comunicazione (scarsa, a dispetto di chi la ritiene eccessiva) e di sostanza (ritardi e sottovalutazioni nella fase iniziale, conflitti d’interessi nei comitati tecnici, nell’App del tracciamento e nei test sierologici, timidezza con le Regioni più sediziose). Ma ci aiuta a restare ancorati alla realtà: quella di un Paese governato, almeno a Roma, da persone perlopiù perbene e con la testa sul collo, che ci hanno evitato la catastrofe (pressoché certa con i cazzari che vogliono la testa di Conte) e accompagnati in poco tempo fuori dall’emergenza (al netto dei dati di Lombardia e Piemonte), con qualche speranza anche per la Fase 2. Di questa realtà oggettiva non c’è traccia nella narrazione politico-giornalistica dominante, improntata al più lugubre Funeral Party. Ti dicono che siamo peggio della Cina, poi si scopre che la Cina s’è scordata qualche decina di migliaia di morti.
Ti dicono che Conte parla troppo, troppo poco, troppo tardi, in diretta Facebook (falso), a reti unificate (falso), non risponde alla stampa, anzi risponde ma replica pure alle opposizioni e non sta bene (se polemizzi con qualcuno, non devi dire con chi, ma solo farlo intuire). Ti dicono che Conte fa tutto da solo e non si fa aiutare dagli esperti; poi nomina comitati di esperti e ti dicono che gli esperti sono troppi, meglio fare tutto da solo. Ti dicono che siamo in ritardo sulla Fase 2, ma non specificano rispetto a quale data, visto che il lockdown finisce tra due settimane. Ti dicono che questo governo non lo vuole nessuno, ma purtroppo l’80% degli italiani apprezza ciò che fa. Allora ti dicono che tanto arriva Draghi (“facciamolo senatore a vita!”, “santo subito!”), o Colao (“ministro!”, “premier!”), o il primo che passa; ma non spiegano quale maggioranza li sosterrebbe, posto che il M5S passerebbe difilato all’opposizione: Pd, Lega e Forza Italia Viva? Boh. Buontemponi e malvissuti che passano la vita alla buvette a fare e disfare governi e accroccare alleanze in base a boiate origliate e flatulenze annusate, senza mai azzeccarne una.
Fosse per Verderami del Corriere, avremmo avuto 10 anni di governo Alfano e ora saremmo in pieno governo Giorgetti. Fosse per Minzolini del Giornale e Folli di Repubblica, avremmo le larghe intese permanenti in saecula saeculorum. Poi c’è il prof. Sabino Incassese, con quella vocina da vecchietto del Far West, che scuote il capino in tv perché, signora mia, non ci sono più le classi dirigenti di una volta, quando Re Giorgio gli piazzava i suoi protetti nei posti giusti. E i cipressetti del club Repubblica-Verano Illustrato-Huffington Post che fanno il giro delle sette tv a dispensare cattivi consigli, avendo esaurito i cattivi esempi. E i giornali di destra, vedovi inconsolabili del Cazzaro Verde e dei suoi cabarettisti lombardi, che ogni giorno annunciano la morte violenta del governo (senza nulla togliere agli altri, stravince Libero: “Feltri: ‘Conte sequestratore, il Quirinale si svegli’”,“‘Conte fuorilegge’. Farina: ‘Ufficiale, il premier è un pericolo pubblico’”, “Vespa: ‘Governo di unità nazionale o rischio secessione. Non vorremmo che quando la rissa finirà, sul campo restasse il cadavere dell’Italia’”). Chi legge e ci casca pensa che il governo abbia le ore contate, anzi i minuti. Come quando tutti davano per certa la procedura d’infrazione Ue contro i gialloverdi, con agognata Apocalisse, poi ci restavano male perché Conte ogni volta la sventava. E allora come oggi si confermava – per citare Flaiano su Cardarelli – il più grande premier italiano morente.


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“Io non mollo” - Intervista a il Giornale - 19/04/2020 - Alessandro Sallusti e Adalberto Signore

la ex moglie di Giuseppe Conte cosa fa? Somiglia un'attrice Oscar ...
Elogia Mario Draghi e Vittorio Colao, anche se non pensa di nominarlo ministro. Apre a Forza Italia. E a tutti quelli che ipotizzano la nascita di un governo "diverso" per la ricostruzione, Giuseppe Conte dice chiaramente che la soluzione, a suo giudizio, non è quella di rivolgersi ai tecnici perché «serve la politica con la "P" maiuscola».
Presidente, giovedì si terrà un Consiglio Ue decisivo per le sorti dell'Europa. Si sente ottimista rispetto alla possibilità di superare le resistenze dei Paesi del Nord (Germania, Olanda e Austria in testa) e trovare un'intesa accettabile su Mes e Recovery fund? In caso di mancato accordo, sta considerando la possibilità di esercitare il diritto di veto dell'Italia?
«Il negoziato si annuncia molto difficile, ma resto fiducioso. Nel corso degli scambi che ho avuto con gli altri leader europei sono stato chiaro: solo grazie a un ambizioso Fondo per la ripresa, con emissione di titoli comuni, riusciremo ad affrontare l'attuale, difficile situazione. Sul resto delle misure ci continueremo a confrontare fino al Consiglio europeo del 23 aprile».
A proposito di Mes, a prescindere da come finirà, non teme che una frattura come quella delle ultime settimane tra M5s e Pd con Di Maio sulle stesse posizioni di Salvini e Meloni - possa avere comunque degli strascichi in futuro? Può una maggioranza essere spaccata su un tema tanto centrale, soprattutto in un momento simile?
«Il governo e la maggioranza che lo sostiene sono compatti nel chiedere all'Europa di liberare la sua forza economica come fanno Cina e Stati Uniti, di mettere sul tavolo meccanismi nuovi per una condivisione e una risposta comune all'emergenza economica in atto. Non abbiamo da affrontare un semplice compitino di "matematica" o una questione meramente "contabile"».
Cosa intende?
«Dobbiamo confrontarci con una vera e propria prova di maturità per la nostra Unione. Bisogna dare tutto. Quello sul Mes è un dibattito che rimane al momento molto astratto. È un meccanismo che rimane affidato a un accordo intergovernativo che, all'origine, prevede finanziamenti con condizionalità molto severe anche di ordine macro-economico. Nasce per rimediare a crisi e tensioni finanziarie di singoli Paesi. È la ragione per cui l'ho giudicato inadeguato e insufficiente ad affrontare questa sfida epocale. Dal confronto europeo può però venire fuori qualcosa di molto diverso dal Mes attuale ed è anche questa la ragione per cui appoggiamo la battaglia di altri Paesi che, come la Spagna, hanno chiesto da subito di cambiarlo e di volerlo utilizzare. Valuteremo i dettagli di questa nuova linea di finanziamento al momento opportuno e sceglieremo la strada migliore per i nostri interessi nazionali, con una discussione trasparente in Parlamento».
Lei ha gestito l'emergenza in prima persona e mettendoci la faccia, al punto di essere accusato di volere fare l'uomo solo al comando. Sabino Cassese, esimio giurista e giudice emerito della Consulta, è stato molto critico, arrivando a dire che «una pandemia non legittima i pieni poteri al governo» oltre a criticare nel merito i vari Dpcm («norme scritte male, contraddittorie, incomprensibili»).
«Rispetto tutte le opinioni giuridiche. Io stesso provengo dal mondo accademico dei giuristi e nei rarissimi ritagli di tempo cerco di seguire l'ampio dibattito scientifico che sta sollevando questa emergenza, ad un tempo, sanitaria, economica e sociale. Esiste purtroppo una differenza tra la perfezione delle disquisizioni teoriche e la perfettibilità delle applicazioni pratiche. Il professore Cassese è il primo a conoscere bene questo divario avendo rivestito in passato incarichi di governo ed essendosi impegnato a fondo - anche attraverso il contributo di tantissimi suoi allievi dislocati in posizioni chiave - per riformare la pubblica amministrazione e rendere più rapidi e trasparenti i vari procedimenti amministrativi. Eppure ancora oggi la burocrazia compromette l'efficienza della pubblica amministrazione e costituisce un freno alla crescita economica e sociale del Paese. Gli atti di questo governo sono sicuramente perfettibili, ma la pandemia ci ha costretti all'urgenza dell'azione, perché in gioco c'era l'assoluta necessità di salvare vite umane. Ma pure nei momenti più critici, nessuno, a iniziare dal sottoscritto, ha mai perso di vista l'importanza del bilanciamento degli interessi in gioco e l'equilibrio dei poteri ripartito tra gli organi costituzionali che rappresentano garanzie irrinunciabili».
Al di là delle valutazioni tecniche, politicamente non teme che il suo approccio possa avere compromesso i rapporti con le opposizioni? Non pensa che dipenda anche da lei il fatto che l'invito di Mattarella al dialogo e alla coesione sia caduto nel vuoto?
«Il mio approccio è sempre stato trasparente e corretto con tutti. Il governo ha sinceramente aperto al confronto con le opposizioni e questo confronto rimane aperto anche adesso, confidando che ci sia la effettiva disponibilità delle opposizioni di raccogliere questo invito e di offrire il proprio contributo al Paese impegnato in questa difficilissima prova. Capisco che per una forza di opposizione questa sfida al confronto non sia semplice, ma esso può dare frutti utili nel comune interesse se si ha il coraggio di mettere da parte ambiguità e rinunciando ad alimentare il malcontento sociale. Quanto a me, non mi impressionano neppure gli insulti. Intervengo solo quando, come è successo da ultimo, vedo che alcuni esponenti delle opposizioni lanciano una campagna di false accuse che rischia di dividere l'Italia tra opposte tifoserie, danneggiando pericolosamente la credibilità del nostro Paese in Europa in una fase così drammatica. Il presidente Mattarella, nella sua saggezza, ha invitato tutti ad orientare il dialogo verso la coesione e la solidarietà nazionale, mettendo da parte in questa fase lo scontro politico. Continuerò, da parte mia, a offrire la massima disponibilità per confrontarmi su tutti i temi e su tutte le misure concrete, privilegiando le migliori strategie per risollevare il nostro Paese».
Pensa sia possibile riallacciare il filo del dialogo almeno con una parte dell'opposizione?
«Io sono sempre aperto al dialogo con tutti. Ho apprezzato l'atteggiamento costruttivo e responsabile di Forza Italia, tanto nell'emergenza coronavirus quanto nei rapporti con l'Europa. All'interno della Lega e di Fratelli d'Italia mi sembra non vi siano univoche visioni sugli atteggiamenti da tenere in questa fase. Attendiamo le posizioni definitive e i comportamenti conseguenti. A conferma della varietà di posizioni che questa emergenza sollecita, devo riconoscere che il vostro giornale - e soprattutto il suo direttore Sallusti - sta dimostrando di sapere distinguere quello che è un atteggiamento legittimamente critico da quello che è invece un approccio aprioristicamente prevenuto nei confronti delle misure del governo. E lo affermo nella consapevolezza che abbiamo quasi sempre opinioni divergenti».
Sulla «fase 2» c'è incertezza e confusione. Molte regioni del Nord (Lombardia, Piemonte, Veneto, ma anche la Sicilia) chiedono di ripartire dal 4 maggio. Qual è la posizione del governo? Sono ipotizzabili aperture «autonome» o per territorio?
«In questi giorni circolano numerose ipotesi, auspici e proposte con tanto di date, anche da parte di alcune Regioni, sulle possibili riaperture nel Paese. Proprio oggi pomeriggio (ieri, ndr) abbiamo avuto un confronto tra il governo e due delegazioni, una del comitato tecnico-scientifico, che già da tempo ci coadiuva, e una del comitato socio-economico. Stiamo lavorando su alcune proposte di allentamento delle misure, in modo da poter "convivere" con il virus nei prossimi mesi in condizioni di massima sicurezza, tenendo sotto controllo la curva epidemiologica e le condizioni di stress del sistema sanitario e ospedaliero locale. Tutte le notizie che filtrano, le ipotesi che si fanno in questi giorni sono prive di fondamento. Nei prossimi giorni saremo in condizione di offrire a tutti gli italiani un piano chiaro e, quindi, informazioni certe. Prima di questo momento faccio un appello, anche agli organi di informazione, affinché ci sia un atteggiamento di massima collaborazione e responsabilità da parte di tutti, in modo da evitare incertezze e confusione nei cittadini».
Che idea si è fatto di quanto accaduto in Lombardia? Pensa che la gestione delle Rsa abbia avuto un ruolo determinante? Pensa di andare di persona in Lombardia nei prossimi giorni come segno di vicinanza del governo?
«La Lombardia si è sicuramente trovata ad affrontare il fronte più caldo di questa battaglia. Credo che ogni discussione a proposito delle responsabilità andrà affrontato a tempo debito, nessuno si sottrarrà alle proprie. Adesso, però, la cosa importante è stare al fianco di chi ogni giorno combatte in corsia. Finora, purtroppo, ho potuto manifestare il mio sostegno e quello dell'intero governo solamente a distanza, con colloqui telefonici e videoconferenze anche con vari sindaci e responsabili sanitari. Ma non vedo l'ora di avere l'occasione di farlo di persona».
L'incertezza è anche su chi fa cosa in questa pletora di task force: compresa quella di Colao, sono almeno sei le commissioni di consulenti ed esperti attualmente operative. Non c'è il rischio che il moltiplicarsi degli esperti possa generare confusione oltre che deresponsabilizzare chi dovrebbe decidere?
«In un momento così delicato per il Paese abbiamo scelto la collaborazione di esperti capaci di programmare le migliori strategie per la ripartenza, tanto ad esempio negli ambienti di lavoro quanto nei trasporti pubblici. A parte alcuni gruppi di lavoro settoriali che rientrano nelle competenze dei vari dicasteri, sono due i comitati di esperti che stanno coadiuvando la nostra azione di governo: il comitato tecnico-scientifico, che sin dall'inizio elabora raccomandazioni soprattutto sul fronte sanitario, e il comitato di esperti, coordinato da Colao, che sta preparando proposte per gestire al meglio la ripresa delle attività economiche e sociali. Non stiamo percorrendo la via dell'incertezza, l'unione di più competenze sta generando importanti risultati, fondamentali per delineare i prossimi scenari e dare le risposte necessarie, nella trasparenza e nell'assunzione da parte del governo della piena responsabilità politica».
A proposito di Colao si è scritto e letto molto. Facciamo chiarezza: l'ha nominato lei o le è stato suggerito da Mattarella? Sarebbe pronto ad affidargli una responsabilità ministeriale?
«Vittorio Colao è un manager esperto che tutto il mondo ci invidia e la scelta di affidare a lui la guida della task force è stata condivisa da tutta la maggioranza. Per correttezza istituzionale ho informato anche il presidente della Repubblica, come faccio sempre per i passaggi più delicati che il Paese sta attraversando. Il compito del comitato è quello di elaborare analisi e proposte utili per la ripresa graduale dell'attività economica e di suggerire nuovi modelli organizzativi e relazionali che tengano conto di questa emergenza. Ma la valutazione delle analisi dei comitati tecnici di cui ci avvaliamo, la loro sintesi e le decisioni politiche spettano sempre al governo. Conoscendo Colao non credo che la sua aspirazione sia far parte della squadra di governo, per cui un allargamento della squadra ministeriale non è all'orizzonte».
In una fase critica come quella che stiamo vivendo e, soprattutto, quella che vivremo nei prossimi mesi, non pensa possa essere una buona idea coinvolgere - in qualunque forma - una personalità come Mario Draghi, certamente l'italiano con più autorevolezza nel mondo?
«Draghi è persona di grande autorevolezza e di elevata professionalità. Se il riserbo dei nostri rapporti personali non mi facesse velo, io stesso potrei rivelare un episodio che testimonia la grandissima stima che ho per lui. Ma proprio per questo non è persona che si lascia tirare per la giacchetta in polemiche che nascono in modo palesemente strumentale e sono frutto di manovre politiche estemporanee».
Guardando l'Italia in una prospettiva di medio periodo non pensa che per una ricostruzione come quella a cui dovremo andare incontro possa essere più efficace l'azione di un governo per così dire di «unità nazionale», il più ampio e condiviso possibile, piuttosto che un esecutivo in cui Pd e M5s sono sempre più distanti e conflittuali?
«Ormai ho alle spalle una discreta esperienza di governo. Quel che davvero serve al Paese è avere un governo sostenuto da forze che maturino la piena convinzione che l'opera di ricostruzione sarà tanto più efficace se tutti lavoreremo nella medesima direzione, con forte coesione e lungimiranza. Questo compito deve spettare alla politica, intesa con la "P" maiuscola, non può essere affidato a governi tecnici, sul presupposto che le forze politiche non siano disponibili ad assumersi la responsabilità delle scelte, anche molto difficili, che il Paese è chiamato a compiere. Io sono sempre per un governo politico che ci mette la faccia e dovrà risponderne agli elettori. Quanto ai governi di "unità nazionale", sono formule astratte, molto improbabili da perseguire in concreto. Basti considerare le divisioni che si sono manifestate evidenti anche nella fase più acuta dell'emergenza. In realtà, questo governo sta operando con coraggio e determinazione».
In verità, soprattutto sul fronte degli interventi economici per affrontare l'emergenza, ci sono state molte critiche e non solo dall'opposizione.
«In appena un mese abbiamo liberato circa 750 miliardi di euro a vantaggio delle imprese e del tessuto economico, messo in campo 50 miliardi di denaro fresco per il sistema sanitario, la macchina dell'emergenza e i lavoratori. Questa settimana sono iniziati ad arrivati i bonus sul conto corrente di tanti cittadini, nei prossimi giorni rafforzeremo il sostegno a famiglie, lavoratori e imprese con un'altra poderosa sterzata economica. Le forze di maggioranza, lavorando insieme, hanno messo in campo queste e varie altre misure. Ascoltando anche l'opposizione. All'estero sono molti che ci fanno i complimenti. Se questo governo non fosse forte e determinato, sarei il primo a sollecitare una nuova soluzione per non compromettere la realizzazione del bene comune, tanto più in questa difficilissima sfida».