Accantoniamo per un attimo gli aspetti giudiziari, politici e morali dello scandalo Fontana e concentriamoci su quelli comici che, nella Lega del Cazzaro Verde, prevalgono sempre. Questa è la storia del sedicente governatore della Regione più ricca d’Europa, degno successore di Formigoni (condannato e arrestato per corruzione) e Maroni (condannato per turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente), dunque indagato per frode in pubbliche forniture grazie alle prove che lui stesso ha gentilmente fornito agli inquirenti. E, come se ciò non bastasse, viene difeso da B. come “uomo perbene” e dalla Gelmini come “galantuomo”. Le ultime due viti nella bara: se qualcuno nutriva ancora qualche dubbio sulla sua colpevolezza, l’ha perso. Ora, volendo proprio mettere al sicuro la condanna, potrebbe arruolare l’avvocato Taormina. Ma forse non gli servirà, perché a legarsi il cappio al collo provvede ogni giorno da solo con la linea difensiva più suicida mai concepita da mente umana: per nascondere i favori della sua Regione alla ditta di suo cognato e sua moglie, ordinò un bonifico dal suo conto presso l’Unione Banche Svizzere su cui nel 2015 aveva trasferito 4,4 milioni scudati con la voluntary disclosure dei 5,3 nascosti su due trust a Nassau. Così chi lo sospettava di un banale conflitto d’interessi familiare (ordinaria amministrazione per il “modello Lombardia” e la Milano “capitale morale”) ha scoperto che occultava pure i soldi tra le Bahamas e la Svizzera. Come quel tale che, accusato di aver scippato una vecchietta, sfoderò come alibi di ferro la prova che quel giorno a quell’ora stava scannando sua moglie.
Ieri, dopo aver negato di aver mai saputo o fatto qualcosa della fornitura di camici affidata senza gara alla ditta di famiglia Dama dall’agenzia regionale Aria e aver poi dichiarato di aver saputo e fatto un sacco di cose, il Genio di Varese si presenta al Consiglio Regionale e cambia altre tre o quattro versioni. Accusa l’Oms e il governo Conte di avergli negato sul Covid “informazioni adeguate” (tipo su come s’infila una mascherina, infatti rischiò il soffocamento in diretta Facebook). Poi spiega che la “fornitura a titolo oneroso” da 513 mila euro al cognato era “del tutto corretta”. Ma lui la bloccò, chiese “a mio cognato di rinunciare al pagamento” e tentò di “risarcirlo” (parola dell’avvocato) con quei 250 mila euro perché “il mio legame di affinità gli aveva arrecato svantaggio” (parole sue). Poi però si confonde, o non si coordina bene con se stesso, e parla di “semplice donazione” a cui “volevo partecipare personalmente”, sempre col bonifico di 250 mila euro che cambia causale ogni due minuti.
Ma si scorda di spiegare perché usò un conto svizzero che custodiva i due trust domiciliati alle Bahamas dal 1997 e dal 2005 e intestati a lui e alla madre dentista, morta nel 2015 a 92 anni. Intanto il Corriere scopre che la fornitura non è mai stata trasformata in donazione dalla Regione, ergo Fontana parla di una cosa che non esiste. Il contratto oneroso fra Dama e Aria è sempre valido, ma dei 75mila camici pattuiti ne mancano 25mila: quelli che il cognato, senza che il presidente obiettasse nulla, decise di levare alla Regione per venderli a una clinica e rifarsi del mancato business. Infine, come si conviene nell’avanspettacolo, la comica finale: siccome Report e alcuni giornali inspiegabilmente si occupano dello scandalo, Fontana piagnucola per “il grave contraccolpo subìto da Regione Lombardia a livello di reputazione” e “il sentiment (sic, ndr) negativo”: per quel che scrive la stampa, non per quel che ha fatto lui. Tant’è che, pensate, “si arriva a mettere in discussione l’eccellenza del sistema sanitario lombardo, riconosciuto a livello nazionale e internazionale” grazie al record mondiale di 16.801 morti da Covid: una strage – modestia a parte – che manco quella degli ugonotti nella notte di San Bartolomeo.
Ad aggravare la sua già precaria situazione, ci si mettono pure il consigliere leghista Roberto Anelli che lo vuole “Santo subito” e i renziani di Iv che si dissociano dalla sfiducia. Senza contare il tridente degli house organ di destra, che non vedevamo così in forma dai tempi di Ruby nipote di Mubarak. Impermeabili ai fatti, alla logica e soprattutto al ridicolo, scrivono che Fontana è “indagato per un regalo alla Regione” (Giornale); per lui “il dono diventa un reato” (Verità, per giunta a firma Capezzone); e gli “rinfacciano pure la madre” (Libero). In effetti già è assurdo accusarlo senza uno straccio di prova di sapere che suo cognato è suo cognato e sua moglie è sua moglie, ma insinuare che conoscesse sua madre è davvero troppo. Intanto passano i giorni, ma il caratterista lumbard continua a non soddisfare le legittime curiosità di molti cittadini, leghisti e non. Perché lui e la madre avevano 5,3 milioni alle Bahamas? Come han fatto, lei dentista e lui avvocato da 200mila euro l’anno, a guadagnarli? Perché non li hanno tenuti in Italia? Quante tasse ci hanno pagato, se le hanno pagate? Se non c’era nulla da nascondere, perché usare la voluntary disclosure, la legge Renzi varata per far rientrare in Italia i capitali illegalmente detenuti all’estero? E perché, se li ha fatti rientrare in Italia, li teneva in Svizzera? Non si fida del modello Lombardia? O ha equivocato il motto della Lega? È “Prima gli italiani”, non i bahamiani e gli svizzeri.