venerdì 20 novembre 2020

L'ANSA presenta all'Anci la nuova informazione regionale.

 

Al Via ANSA LOCAL. Il direttore Contu, 'saremo ancora più vicini ai territori'.


Il Covid sta cambiando anche il modo di fare giornalismo, la territorialità è diventata sempre più centrale e questo ha portato l'ANSA, a lanciare un nuovo flusso di informazioni, 'ANSA LOCAL'. A presentare l'iniziativa, nel corso dell'assemblea dell'Anci, è stato il direttore dell'Agenzia, Luigi Contu. "L'emergenza che stiamo vivendo ci ha fatto riflettere, siamo nel mezzo di una tempesta perfetta con al centro l'informazione - ha detto Contu - L'ANSA è sempre stata presente sui territori da quando ha aperto, nel 1970, una sede in ogni Regione. Nel corso degli anni, l'informazione si è sempre più regionalizzata, come dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, ma in questo ultimo anno abbiamo visto quanta importanza stanno riconquistando i sindaci e quanto sia fondamentale il loro impegno nell'agenda informativa del Paese.

Abbiamo pensato quindi di rivedere la nostra informazione regionale e locale lanciando un nuovo flusso".

Contu spiega che ANSA LOCAL avrà due grandi filoni: "Una parte dedicata a chi sui territori governa e ha necessità di essere informato costantemente e in tempo reale riguardo a tutto ciò che avviene a livello politico-legislativo; ci saranno agende personalizzate per i territori, i grandi eventi, rassegne ragionate. Il Covid ci ha dato un'idea molto chiara del valore di questo tipo di informazione. Per la prima volta l'opinione pubblica è tornata a cercare anche sul web informazione di qualità da chi fa il nostro mestiere. L'ANSA è arrivata ad avere più di 80 milioni di persone in un mese collegatesi al sito ansa.it per informarsi sul Covid nel periodo delle prima ondata. Ecco allora il secondo filone: le nostre pagine web regionali, i nostri canali social saranno messi a disposizione dei sindaci e dei territori per comunicare, oltre che con tutti gli abbonati dell'ANSA, anche con i cittadini".

In accordo con l'Anci sarà possibile arrivare in tutti i Comuni d'Italia "perché vogliamo essere più vicini e utili ai territori e a chi combatte ogni giorno una battaglia difficilissima". Un plauso è stato rivolto ad ANSA LOCAL dal presidente dell'Anci, il sindaco di Bari Antonio Decaro: "Attraverso le agenzie facciamo conoscere realtà che forse rimarrebbero sconosciute al resto del mondo. Sono un sostenitore convinto dell'informazione che è un diritto per i cittadini e un'esigenza per conoscere quello che accade nel loro territorio e nel resto del mondo. Quindi, qualunque tipo di collaborazione con il mondo dell'informazione ci interessa come sindaci perché il giornalismo è un presidio di democrazia. Il progetto dell'ANSA è interessante soprattutto per i Comuni più piccoli, che hanno ricchezze spesso sconosciute. Conoscere queste ricchezze può esercitare una sorta di marketing non solo per il turismo ma anche nei confronti di nuovi abitanti, per impedire così lo spopolamento".

https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2020/11/19/lansa-presenta-allanci-la-nuova-informazione-regionale_6caf1aab-456f-494d-84a6-d401361b7b7d.html

Il "servizietto". - Massimo Erbetti

 

Una volta la ricchezza e il potere erano dati dal possedere un bene, oggi il potere non lo detiene chi ha il bene, ma chi lo distribuisce…chi fa il servizio…che poi alla fine rischia di diventare un "servizietto" …nel senso che dietro il servizio si nasconde la fregatura…
"Vogliamo l'acqua pubblica"... "ma l'acqua è già pubblica" ti senti rispondere ed in effetti è vero, ma nella maggior parte dei casi è il servizio di distribuzione a non esserlo e tutti ne conosciamo gli effetti negativi…le multinazionali si ingrassano con i soldi della distribuzione, operano addirittura senza concorrenza e con un margine di guadagno assicurato. Stessa cosa accade con la distribuzione dell'energia elettrica e con il gas…vi siete mai domandati se un giorno le società di distribuzione, smettessero di fare il "servizio"? Apri il rubinetto e non arriva più l'acqua…accendi l'interruttore e la lampadina rimane spenta….accendi il fornello e non c'è la fiamma…e se qualcuno dicesse "da domani mi devi dare il doppio per il servizio"? Che armi avremmo noi per contrastare questa cosa? Come dite? Non potrà accadere mai? C'è un organo di controllo che lo impedisce? Si forse avete ragione…ma...ma...volete che vi faccia un altro esempio del potere che hanno le società dei cosiddetti "servizi"? Sei malato, hai il covid, devi andare in ospedale, l'ospedale è a soli 2 chilometri, ma tu sei solo, non puoi guidare la macchina, hai bisogno di una ambulanza, quelle del 118 sono tutte occupate…cosa fai? Chiami una delle tante che fanno il servizio in sostituzione…sorpresa…per il "servizio" ti chiedono 500€….capito? Per 2 chilometri cinquecento euro…e se non li hai? Altro esempio di "servizietto": sei sempre tu, hai sempre il covid e hai necessità di una visita…chiami una struttura privata…purtroppo oggi la sanità è anche privata in convenzione…ti dicono che non possono aiutarti perché hanno tutti i medici occupati…ma se vuoi…loro fanno anche un servizio parallelo "privato"...e ti chiedono 95€ per una consulenza telefonica…ah dimenticavo…vengono anche a casa tua a farti il "servizio"...però di "euri" ne vogliono 450…capito che "servizietto"? I servizi essenziali devono essere pubblici, nessuno deve specularci…non deve entrarci il profitto.
E a proposito di servizio…dovete anche stare molto attenti a chi affidate un determinato servizio, perché potrebbe accadere che chi vi fa il servizio cerchi di fregarvi anche il bene…e da servizio a servizietto è un attimo…e chi ha orecchie per intendere…intenda. 

https://www.facebook.com/photo?fbid=10218757242907818&set=a.2888902147289

Bufera su Morra, lui: "Santelli? Mie parole strumentalizzate".

 

Bufera sul presidente della commissione parlamentare Antimafia, Nicola Morra, dopo le sue parole sull’ex presidente della Regione Calabria, Jole Santelli.

Morra è intervenuto a Radio Capital, dove ha commentato l’arresto di Domenico Tallini, presidente del Consiglio regionale calabrese. E dopo aver sottolineato che "Tallini è stato il più votato nel collegio di Catanzaro, se non il più votato in Calabria. È la dimostrazione che ogni popolo ha la classe politica che si merita", ha detto: "Sarò politicamente scorretto, era noto a tutti che la presidente della Calabria Santelli fosse una grave malata oncologica. Umanamente ho sempre rispettato la defunta Jole Santelli, politicamente c’era un abisso. Se però ai calabresi questo è piaciuto, è la democrazia, ognuno dev’essere responsabile delle proprie scelte: hai sbagliato, nessuno ti deve aiutare, perché sei grande e grosso".

"Parole vomitevoli. Chiedo le immediate dimissioni di questo deficiente. Sbaglio? Un pensiero per la cara Jole Santelli", scrive su Facebook il segretario della Lega, Matteo Salvini.

"Questo signore, oltre che essere un parlamentare della Repubblica italiana è anche presidente della commissione parlamentare Antimafia. Indegno, dimettiti", fa eco Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d'Italia, commentando le parole di Nicola Morra nei confronti di Jole Santelli.

"Le parole del presidente della commissione parlamentare Antimafia Nicola Morra su Jole Santelli sono indegne. E rappresentano un’offesa per tutti i malati oncologici. Non gli restano che le dimissioni". Lo scrive su Twitter Antonio Tajani, vicepresidente di Forza Italia.

"La scelleratezza di Morra non meriterebbe commenti. Ma non può restare impunita una volgarità così bassa nei confronti del presidente Jole Santelli", ha dichiarato il presidente facente funzioni della Regione Calabria Nino Spirlì, aggiungendo: "Politico di alto rango, prestigiosa avvocata, donna esemplare, eroica combattente contro il male peggiore, che non era il cancro, ma la malapolitica e la politica sciacquatrippe. Della sua patologia, privata, personale, non ne ha fatto scudo, né strumento: ognuno di noi, nascendo, ha in tasca la fine. E, di essa, nessuno conosce l’ora di arrivo. Solo la stupidità è peggiore della morte, perché, la prima, dura una vita, mentre la seconda dura meno di un istante. Morra, alla perenne vergogna accompagni le dimissioni. Unico dovere".

In serata sempre via social Morra scrive: "Salvini ed altri esponenti del Centrodestra chiedono le mie dimissioni facendo un truffaldino taglia e cuci di mie dichiarazioni, strumentalizzandole. Nel giorno in cui Domenico Tallini, di Forza Italia, viene arrestato per concorso esterno in associazione a delinquere di stampo mafioso, per un business che la ‘Ndrangheta ha fatto nell'ambito della Sanità -infatti era stato messo nella lista degli impresentabili- guarda caso parte un attacco nei miei confronti, basato sul nulla".

"Riporto qui una fonte in merito a ciò che realmente ho detto oggi in radio. Repubblica riporta l’audio della mia intervista con le mie dichiarazioni. Ho parlato di dati di fatto. Se poi qualcuno vuole fare il taglia e cuci come fosse il vestito di Arlecchino faccia pure, ma non è informazione, non è giornalismo, non è verità", conclude Morra.

https://www.adnkronos.com/fatti/politica/2020/11/19/bufera-morra-lui-santelli-mie-parole-strumentalizzate_er8fESXlpnh9vfYFhJWaGI.html?refresh_ce

Io, nelle parole di Morra non noto nulla di sconveniente.
La verità, purtroppo, è che viviamo in un paese nel quale si parla tanto di libertà di parola, ma si combatte a spada tratta chi dice l'ovvio.
L'altra verità è che si vuol colpire chi, con coscienza e abnegazione, fa il suo lavoro ledendo, così, gli interessi di chi delinque.
E' triste doverlo ammettere, ma è la nostra triste realtà,
cetta.

Recovery fund, resta il veto di Ungheria e Polonia: trattative in stallo. Merkel: “Serve una soluzione, valutare tutte le opzioni”.


Anche il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, sottolinea che l'accordo è in salita, invitando i leader a cercare "una soluzione accettabile per tutti". Il negoziato ripartirà già da domani, sotto la regia della presidenza di turno tedesca, alla ricerca di una via d’uscita per liberare il Bilancio 2021-2027 e il Recovery fund dal ricatto di Budapest e Varsavia che non vogliono sottostare alla clausola sullo stato di diritto.

È ancora stallo tra i Paesi dell’Unione europea sul Recovery fund e sul bilancio 2021-2027. Come previsto, la videoconferenza dei leader non ha sbloccato il veto di Polonia e Ungheria con cui i governi di Mateusz Morawiecki e Viktor Orban stanno tenendo in ostaggio il pacchetto economico pensato per fronteggiare la crisi causata dal coronavirus. La maggioranza degli Stati membri sembra decisa a non scendere a compromessi sulla clausola che lega l’erogazione dei fondi al rispetto delle regole fondamentali della democrazia. Ma Angela Merkel è chiara: “Dobbiamo continuare a lavorare e sondare tutte le opzioni possibili. Siamo ancora all’inizio della questione”. Anche il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, sottolinea che l’accordo è in salita, invitando i leader a cercare “una soluzione accettabile per tutti“. Senza trascurare i tempi: “Dobbiamo trovare una soluzione, milioni di cittadini aspettano una risposta in questa crisi senza precedenti e dunque continuiamo a lavorare sodo per raggiungere un accordo al più presto“, è il sollecito arrivato dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen.

Il negoziato ripartirà già da domani, sotto la regia della presidenza di turno tedesca, alla ricerca di una via d’uscita per liberare il Bilancio 2021-2027 e il Recovery fund dal ricatto di Budapest e Varsavia. Una partita che vedrà – in parallelo – l’avvio del lavoro per mettere a punto il piano B per aggirare o smontare l’ostacolo se non si dovesse trovare la quadra in tempi ragionevoli, trascinando l’Unione in un esercizio di bilancio provvisorio e accumulando ritardi sugli esborsi del Recovery. Le trattative sono frenetiche, anche se la riunione dei leader è durata pochissimo: giusto il tempo per un’introduzione di Michel ed una descrizione dello stato dell’arte formulata dalla cancelliera Angela Merkel nella sua veste di presidente di turno. Poi è toccato a Orban e Morawiecki, che hanno presentato le ragioni del loro veto. Nessun altro intervento, se non quello del premier sloveno Janez Jansa, grande supporter del leader ungherese, che ha preso la parola per difendere la causa di Budapest e Varsavia pur senza seguirle sulla strada del veto.

La vera partita inizierà da domani: l’obiettivo è raggiungere l’unanimità, trovando un compromesso con Polonia e Ungheria, ma gli strumenti in mano all’Ue per superare il veto non mancano. “Ora prenderanno il via consultazioni in formati diversi per prepararci al consiglio di dicembre“, chiarisce Michel. “La magia dell’Unione europea è quella di trovare soluzioni anche quando sembra impossibile. Nessuno sottovaluta la situazione, e la natura seria di quanto affrontiamo. Ma c’è la determinazione di lavorare in modo intenso per superare gli ostacoli”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/11/19/recovery-fund-resta-il-veto-di-ungheria-e-polonia-trattative-in-stallo-merkel-serve-una-soluzione-valutare-tutte-le-opzioni/6009927/

Mondo di Mezzo: confisca beni a Carminati e Buzzi per 27 milioni.

 

Confisca definitiva dei beni riconducibili, tra gli altri, a Massimo Carminati e Salvatore Buzzi imputati principali nel maxiprocesso al Mondo di Mezzo. Il provvedimento è stato eseguito dai militari del Comando provinciale della Guardia di Finanza.

Il valore complessivo della confisca è di circa 27 milioni di euro. Tra i beni 13 unità immobiliari e un terreno a Roma e in provincia; 13 automezzi e 69 opere d'arte di importanti esponenti della scena artistica della seconda metà del XX secolo (Pop Art, Nouveau Réalisme, Futurismo e Surrealismo).

Il provvedimento ha riguardato anche i beni nella disponibilità di Riccardo Brugia, secondo gli inquirenti braccio destro di Carminati, Roberto Lacopo, Agostino Gaglianone, Fabio Gaudenzi, Cristiano Guarnera e Giovanni De Carlo, tutti arrestati nel dicembre del 2014 nell'ambito della prima operazione dell'inchiesta della Procura di Roma."La confisca - è detto in una nota della Gdf - rappresenta l'epilogo delle indagini patrimoniali svolte nei confronti degli indagati e dei loro "prestanome", delegate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma al Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria ai sensi del "Codice antimafia" (D.Lgs. 159/2011), in una cornice di coordinamento investigativo con l'Arma dei Carabinieri. Gli specialisti del Gico "hanno ricostruito il "curriculum criminale" dei proposti, accertando la sussistenza dei requisiti di "pericolosità sociale" e della rilevante sproporzione tra i redditi dichiarati e i patrimoni accumulati nel tempo, necessari affinché il Tribunale capitolino emettesse vari decreti di sequestro, su richiesta della Procura della Repubblica, eseguiti a partire dalla fine del 2014". A Carminati sono state confiscate, tra l'altro, la villa di Sacrofano e opere d'arte per un valore stimato di oltre 10 milioni di euro. Un'altra villa, nella stessa località, è stata affidata in comodato d'uso gratuito, per vent'anni, all'A.S.L. Roma 4 per la realizzazione di una importante struttura sociosanitaria per aiutare le famiglie di pazienti con autismo. Nei confronti di Buzzi la misura patrimoniale ha ad oggetto due immobili a Roma nonché le quote e il patrimonio di due società, per un valore stimato di oltre 2,6 milioni di euro. (ANSA).

https://draft.blogger.com/blog/post/edit/2372701819119034825/4675278344296714532

Renato Schifani non è una muffa, e torna come osso di seppia. - Pino Corrias

 

Il ritratto. Dalla Sicilia con Silvio nel cuore.

Renato Schifani non è una muffa, ma il nuovo consigliere politico di Silvio B. La prima circostanza l’ha stabilita a suo tempo un tribunale della Repubblica italiana, interpellato dallo stesso Schifani. E ci sta, visto che stiamo parlando di un ex presidente del Senato. La seconda è invece l’ennesima trovata del Dottore che (appena fuori dal giro degli inseparabili: Gianni Letta, Confalonieri, Dell’Utri) si diverte a nominare i suoi provvisori consiglieri come si fa con il personale di servizio, scegliendoli tra i molti dotati dell’X Factor della fedeltà, per poi spremerli sino a quando l’abnegazione dei prescelti si deteriora per sfinimento. È successo dai tempi di Enzo Cartotto, agli albori del partito azienda, passando per Giuliano Urbani, Giuliano Ferrara, Marcello Pera, Gianfranco Fini, Sandro Bondi, Sabina Began, Angelino Alfano, Francesca Pascale, giù giù fino a Giovanni Toti, il penultimo.

Ripescato dall’oblio, Renato Schifani, palermitano, detto in gioventù “freno a mano” per l’innato carattere oggettivato nella cautela con cui guidava la sua Fiat 500 L, servirà a facilitare l’ultimo giro di giostra del Dottore che secondo i migliori politologi di Palazzo, finiti i processi, le prescrizioni, le pupe, le bugie e forse anche i voti, si appresta a diventare Statista. Cioè pronto per le larghe intese, che poi sarebbero il salvataggio di Mediaset e la spartizione del malloppo vero, i 209 miliardi di euro in arrivo dalla perfida Europa.

Sebbene l’iracondo Filippo Mancuso, buonanima, a suo tempo ministro di Grazia e giustizia lo avesse definito “esperto in recupero crediti”, Renato Schifani è avvocato raffinatissimo, ramo civilista, cresciuto nella bella Palermo del sacco edilizio, quando la festa la organizzava Vito Ciancimino sindaco e i cronisti, come ha scritto Enrico Deaglio nel suo Raccolto rosso, scendevano in Sicilia per andare al mare o per un nuovo morto ammazzato importante.

Nato nell’anno 1950, Renato viene da una famiglia di piccola borghesia, padre e madre impiegati comunali. Studente senza soprassalti, blandì il suo cauto ’68 partecipando all’occupazione del liceo, “ma senza mai scendere in piazza”. A vent’anni è già democristiano. Poi dottore in Giurisprudenza con lode. Primo impiego al Banco di Sicilia. Il tempo di vestire la toga e due anni dopo entrare nello studio legale di Giuseppe La Loggia, avvocatone d’alta dinastia democristiana, diventando il timido amico del figlio esuberante, Enrico, detto ‘u babbiuni dai compagni del liceo Gonzaga. Insieme entreranno nella Sicula Broker, società di assicurazioni, con soci finiti anni dopo nei dossier dell’antimafia. A Palermo capita. E insieme saliranno i gradini di Forza Italia. A partire dalle leggendarie elezioni del 1996, quelle del 61 a zero, apoteosi del berlusconismo in Sicilia.

Trasferitosi con la famiglia a Roma, Schifani inaugura la sua seconda vita, facendo dimenticare certi dettagli della prima. Compreso il peculiare incarico professionale ricevuto nel 1983 da Giovanni Bontate, fratello del capomafia Stefano, principe di Villagrazia, per difendere la titolarità del suo ingente patrimonio – imprese edili, decine di appartamenti, ville, casali, agrumeti – dagli assalti giustizialisti della Cassazione che pretendeva di sequestrarglieli. Studia le carte, prepara la difesa, onora il mandato. Peccato che a rendere superflua la sua fatica professionale ci abbiano pensato i corleonesi di Totò Riina, che dopo avere fucilato a colpi di kalashnikov Stefano, morto nel centro di Palermo, liquidarono con due colpi alla nuca anche il fratello, appena scarcerato dall’Ucciardone per motivi di salute, anno 1988. A Palermo capita.

Ben venga Roma, dunque. Con le interminabili riunioni in Palazzo Grazioli, le serate al Bagaglino che fu il vero teatrino di quegli anni, e la mirabile carriera di Schifani, diventato prima capogruppo di Forza Italia, anno 2001, poi addirittura presidente del Senato, 2008-2013, seconda carica della Repubblica. Anche se la pertinenza non memorabile dei suoi interventi politici aveva ricadute blande sui giornali. Salvo che per due circostanze. La prima tricologica, per via del suo clamoroso riporto che occupava i due terzi della sua testa pensante, con scia di commenti, risate e disappunti estetici dell’intera nomenklatura arcoriana. E la seconda per il celebre Lodo intitolato a suo nome che mirava a difendere il suo maggiore cliente, Silvio B., dagli assalti giustizialisti delle Procure che pretendevano di metterlo sotto processo. Non bastando le batterie di deputati, giornalisti, lobbisti, la depenalizzazione del falso in bilancio, il blocco delle rogatorie, le norme sul legittimo sospetto, gli allungamenti dei processi e gli accorciamenti delle prescrizioni, i condoni fiscali, la detassazione degli utili, le macchine del fango contro i nemici, serviva aggiungere ancora l’ultimo miglio, l’ultimo sforzo. E fu il “Lodo Schifani” a incaricarsi di quel tocco coreano al nostro catalogo di leggi, anno 2003: vietato processare le cinque più alte cariche dello Stato, diceva la nuova norma, cancellata a stretto giro dalla Corte costituzionale per manifesta scempiaggine.

Di tutto il suo tribolare politico avvocatesco resta il vanto di avere contribuito all’ingaggio del celebre senatore Sergio De Gregorio passato da sinistra a destra per un intimo convincimento risarcito con 3 milioni di euro da Silvio B. E restano due frasi di prudentissimo conio: “Il presidente Berlusconi ha ragione”, ripetuta in premessa e a consuntivo di ogni intervento. E la più atroce per un palermitano: “Ho sempre tenuto al Milan”.

Sparì dai radar un giorno del 2014 con il consigliere politico di allora, l’Angelino Alfano, anche lui in fuga per crollo psicologico. Provarono insieme a costruire il castello di sabbia del Nuovo centrodestra, di cui non resta neanche la traccia del secchiello. Li inghiottì la stessa risacca che oggi ce lo restituisce calvo, come fa il mare con gli ossi di seppia. Vediamo quanto dura stavolta la sua prudenza.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/20/renato-schifani-non-e-una-muffa-e-torna-come-osso-di-seppia/6010029/

giovedì 19 novembre 2020

'NDRANGHETA Calabria, “L’investimento è per voi”: così Tallini parlava alla ‘ndrangheta. “Favorì gli affari della cosca coi farmaci in cambio di voti”. - Lucio Musolino

 

Il presidente del Consiglio regionale è ai domiciliari con l'accusa di concorso esterno con la ‘ndrangheta e scambio politico-mafioso. Nell'ordinanza si legge che aiutò "il rilascio di necessarie autorizzazioni" e "il procacciamento di farmacie" per gli affari "della famiglia mafiosa Grande Aracri”. Il politico di Forza Italia impose inoltre "l'assunzione e l'ingresso, quale consigliere, del proprio figlio Giuseppe Tallini" nella società della cosca.

“Insomma… l’investimento è per voi… mica lo facciamo per noi… no? Fino a mo’ ci abbiamo solo rimesso…però nonostante tutto… anche gratis… Mi devi spiegare meglio com’è impostato tutto il ragionamento”. Per la Dda di Catanzaro, la frase del presidente del Consiglio regionale Mimmo Tallini è chiara: con la parola ‘voi’ indica la ‘ndrangheta mentre con il ‘noi’ non ci sono dubbi che si riferisca a sé stesso e ai benefici familiari ed elettorali che può trarre dal rapporto con le cosche attraverso quello che i pm chiamano “l’uomo della pioggia”. All’anagrafe Domenico Scozzafava, “un formidabile portatore di voti” per il politico di Forza Italia finito ai domiciliari, ma anche uno “’ndranghetista fino al midollo”. Entrambi sono stati arrestati nell’operazione “Farmabusiness” assieme ad altre 17 persone contigue alla cosca di Cutro.

Il terremoto giudiziario stronca Palazzo Campanella, sede del Consiglio regionale, e dimostra ancora una volta l’interessamento della ‘ndrangheta negli affari della sanità calabrese. Per la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, guidata dal procuratore Nicola Gratteri, infatti, Tallini “in qualità di assessore regionale fino al 2014, candidato alle elezioni per il rinnovo del consiglio regionale del 2014, e successivamente quale consigliere regionale, forniva un contributo concreto, specifico e volontario per la conservazione o il rafforzamento delle capacità operative della famiglia mafiosa Grande Aracri”.

Concorso esterno con la ‘ndrangheta e scambio politico-mafioso. Stando alle indagini, coordinate dal procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla e dai pm Paolo Sirleo e Domenico Guarascio, il presidente del Consiglio regionale ha accelerato “l’iter burocratico per il rilascio di necessarie autorizzazioni nella realizzazione del ‘Consorzio Farma italia’”. Pur “consapevole” che quelli erano soldi della ‘ndrangheta, Tallini concorreva – è scritto nel capo di imputazione – “nei progetti commerciali inerenti la distribuzione dei farmaci e imponeva nella struttura societaria della Farmaeko srl, l’assunzione e l’ingresso, quale consigliere, del proprio figlio Giuseppe Tallini, così da contribuire all’evoluzione dell’attività imprenditoriale del Consorzio Farmaceutico, fornendo il suo contributo, nonché le sue competenze e le sue conoscenze anche nel procacciamento di farmacie da consorziare”.

Il tutto per avere il sostegno elettorale del boss Nicolino Grande Aracri e di suo fratello Domenico alle regionali del 2014. Per i magistrati, infatti, Tallini era “ben consapevole di prestare un rilevante contributo all’associazione criminale e che il lusinghiero ‘ritorno’ elettorale era riconducibile al patrimonio di intimidazione che la cosca stessa indubbiamente detiene”. I pm hanno riscostruito i rapporti tra Tallini e Domenico Scozzafava che “ha profondi legami con tale frangia della criminalità calabrese”. Considerato, infatti, vicino al clan dei Gaglianesi, Scozzafava andava “in giro a piazzare bottigliette incendiarie”. Tallini per gli investigatori lo sapeva e, nonostante questo, ha accettato di avere come socio “l’uomo della pioggia”. È lui, secondo gli inquirenti, che gli procura “gli appuntamenti con soggetti del crotonese e lo fa nell’ambito di uno scambio di favori e di promesse di favori che hanno al centro il Consorzio Farmaci”.

Dal canto suo, il politico avrebbe garantito “l’autorizzazione regionale per il Consorzio, la sua attività per procacciare farmacie da consorziare, ma anche l’apporto di denaro e l’impiego pressoché gratuito del figlio Giuseppe Tallini”. Nel corso delle indagini sono emerse le cautele dell’ex assessore regionale che ha sempre cercato di evitare “ogni contatto diretto con i cutresi”. Addirittura, il politico evitava persino di salire sull’auto dello Scozzafava, ma il 5 ottobre 2014 i carabinieri hanno registrato “la visita in assessorato di personaggi del crotonese che andavano a promettergli voti”.

Un mese dopo, poco prima delle elezioni regionali, un’intercettazione tra Scozzafava e un suo cugino di Sellia Marina dimostra la “gratitudine elettorale” del clan verso Tallini. “A chi state portando? A Sergio (Costanzo altro candidato, ndr)”. “No, a Mimmo”. “Te li raccolgo, non ti preoccupare, e vedi tu che è sempre grazie a lui se partiamo… dobbiamo ringraziare… al momento è forte e probabilmente sarà sempre il numero uno a Catanzaro Mimmo… e non c’è niente… pure che non sale… ma sempre la minoranza”. “Li porta, li porta, perché ora li prende pure a Crotone, Vibo. E domani vado a Cutro che devo fare un lavoro e per i voti pure… Un poco di voti glieli ho trovati pure là pure”.

Le frasi sono chiare, ma Scozzafava non ha sostenuto Tallini solo nel 2014. Per lui, il politico di Forza Italia è stato sempre il cavallo su cui puntare, secondo quanto emerso dalle indagini: “Elementi certi che denotano la vicinanza del Tallini allo Scozzafava – scrive il gip nell’ordinanza – sono apprezzabili ancora nel corso del 2018. Anche nel corso di tale anno, così come nel 2017, era accertata l’attività di sostegno, proselitismo e pubblicità elettorale al Tallini da parte di Scozzafava e altre persone allo stato sconosciute facenti parte del suo ambito relazionale”.

Erano le politiche del 2018 e Tallini era capolista per Forza Italia nel collegio uninominale di Catanzaro. Non viene eletto e, due anni più tardi, si ripresenta alle regionali del 2020 sostenendo la candidatura a governatore di Jole Santelli. Nonostante la Commissione parlamentare antimafia lo indica come uno dei due “impresentabili”, vince le elezioni: il centrodestra non solo non prende le distanze, ma lo mette a capo di Palazzo Campanella. Dopo 9 mesi, la Regione rimane senza guida per la morte della presidente Santelli. Da oggi lo è anche il Consiglio regionale. Eppure tracce dei rapporti di Tallini con gli ambienti criminali di Cutro erano già emersi nell’inchiesta “Kyterion”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/11/19/calabria-linvestimento-e-per-voi-cosi-tallini-parlava-alla-ndrangheta-favori-gli-affari-della-cosca-con-i-farmaci-in-cambio-di-voti/6008833/