giovedì 27 febbraio 2020

Coronavirus, isolato all’ospedale Sacco di Milano il ceppo italiano. Il professore Galli: “Da quattro pazienti di Codogno”.

Coronavirus, isolato all’ospedale Sacco di Milano il ceppo italiano. Il professore Galli: “Da quattro pazienti di Codogno”

Intanto un progetto italiano per un vaccino contro Sars-Cov2 è quasi pronto per iniziare l'iter della sperimentazione prima negli animali e poi nell’uomo, ma i tempi rischiano di essere lunghi a causa della burocrazia.

I ricercatori dell’Istituto Spallanzani di Roma avevano isolato il coronavirus Sars Cov 2 dai due pazienti cinesi ora guariti, quelli ricercatori dell’Ospedale Sacco di Milano hanno invece isolato il ceppo italiano. Il professor Massimo Galli, direttore dell’Istituto di scienze biomediche, ha illustrato i risultati del lavoro di ricerca che procede ininterrottamente da domenica scorsa, coordinato dalla professoressa Claudia Balotta. Fanno parte della squadra le ricercatrici Alessia Loi, Annalisa Bergna e Arianna Gabrieli, precarie, insieme al collega polacco Maciej Tarkowski e al professor Gianguglielmo Zehender.

“Abbiamo isolato il virus di quattro pazienti di Codogno”, spiega il professor Galli aggiungendo che “siamo riusciti a isolare virus autoctoni, molto simili tra loro ma con le differenze legate allo sviluppo in ogni singolo paziente”. Si tratta di una scoperta che consentirà ai ricercatori di “seguire le sequenze molecolari e tracciare ogni singolo virus per capire cos’è successo, come ha fatto a circolare e in quanto tempo“. Il passo successivo sarà quello di studiare lo sviluppo di anticorpi e quindi di vaccini e di cure da parte dei laboratori farmaceutici.

Intanto un progetto italiano per un vaccino contro Sars-Cov2 è quasi pronto per iniziare l’iter della sperimentazione prima negli animali e poi nell’uomo, ma i tempi rischiano di essere lunghi a causa della burocrazia come ha spiegato all’Ansa Luigi Aurisicchio, amministratore delegato dell’azienda di biotecnologie Takis e coordinatore del consorzio Europeo EUImmunCoV. “Abbiamo realizzato il progetto molecolare del vaccino e saremmo pronti a testarlo negli animali per metà marzo, ma la normativa italiana sulla sperimentazione animale è più restrittiva rispetto a quella di altri Paesi europei”, ha rilevato Aurisicchio. Se la procedura partisse in tempi rapidi “sarebbe possibile avere i primi risultati sugli animali dopo circa un mese, dopodiché in collaborazione con l’Istituto Spallanzani potremmo passare ai test cellulari per verificare se il vaccino è in grado di neutralizzare il coronavirus“.

Il timore è che i tempi possano allungarsi a causa dell’interpretazione restrittiva del regolamento europeo in materia di sperimentazione animale, ha detto ancora Aurisicchio. “Negli Stati Uniti – ha rilevato – sono stati abbreviati tutti i processi regolatori, tanto che l’azienda Moderna ha recentemente annunciato la sperimentazione del suo vaccino anti-coronavirus nell’uomo già in aprile“. A livello europeo, ha aggiunto, “l’Agenzia europea del farmaco (Ema) ha istituito un canale preferenziale per chi sta sviluppando vaccini contro il coronavirus, ma comunque demanda le decisioni sulle autorizzazioni a condurre studi clinici alle agenzie regolatorie dei singoli Paesi”. Un’altra grande differenza fra Europa e Stati Uniti è nei finanziamenti: “Gli Usa hanno stanziato 2,5 miliardi di dollari per l’emergenza, un miliardo dei quali per vaccini e terapeutici; in Europa lo stanziamento finora è di soli 10 milioni“. Per quanto riguarda le strutture, il ministero per lo Sviluppo Economico ha dato il via libera al co-finanziamento di un laboratorio GMP (Good Manufacturing Practices) per la produzione di questa tipologia di vaccini innovativi, “ma da mesi siamo in attesa del decreto per poter cominciare i lavori necessari”.

Commissione Ue promuove Bonafede: bene spazzacorrotti e riforma della prescrizione. - Tommaso Lecca

Risultato immagini per bonafede, crimi, di maio
Bonafede con Crimi e Di Maio - foto Ansa, Angelo Carconi.

“Una riforma benvenuta che interrompe la prescrizione dopo una sentenza di primo grado, in linea con una specifica raccomandazione di lunga data, è entrata in vigore nel gennaio 2020”. A sorpresa, la Commissione europea si schiera dalla parte del Governo di Giuseppe Conte, e del suo guardasigilli Alfonso Bonafede, nel dibattito politico che ha accompagnato la riforma sulla prescrizione. La bontà del provvedimento, che ha portato a uno scontro interno alla maggioranza per la contrarietà di Italia Viva, viene riconosciuta all’interno della relazione economica sull’Italia pubblicata ieri dalla Commissione europea. Un rapporto nel quale, oltre a riconoscere la situazione difficile dell’economia del Belpaese, maglia nera d'Europa assieme a Grecia e Cipro, vengono promossi anche altri provvedimenti presi dall’esecutivo, come la cosiddetta legge ‘spazzacorrotti’, definita utile a “contribuire a un ambiente più favorevole alle aziende”, e il reddito di cittadinanza, già sostenuto in altre occasioni. 

Processo penale.
“Saranno necessarie misure per aumentare l'efficienza, soprattutto a livello di grado di appello, dove ancora circa il 25% dei casi è stato dichiarato prescritto nel 2018”, prosegue il documento. “Il Governo - si legge - ha discusso da tempo una riforma necessaria della procedura penale, compresa una revisione del sistema di notifica, un più ampio uso di procedure semplificate, una limitazione alla possibilità di presentare ricorso richiedendo una nuova procura per gli avvocati, l'introduzione di un giudice unico in seconda istanza per la citazione diretta, un più ampio uso di strumenti elettronici per l'archiviazione di documenti e regole semplificate sulle prove”. “Una rapida adozione di queste misure, insieme ad altre per affrontare il gran numero di casi nei tribunali d'appello, potrebbe migliorare l'efficienza della giustizia penale e l'efficacia della lotta contro la corruzione”, si legge nella relazione.

I tempi lunghi della giustizia.
“La scarsa efficienza della giustizia penale a livello di appello continua a ostacolare il perseguimento della corruzione”, sottolinea l’esecutivo Ue. I tempi lunghi della giustizia penale continuano “a sollevare preoccupazioni a livello di appello (860 giorni), nonostante una diminuzione di circa il 6% rispetto al 2017-2018”. Ma la Commissione fa luce anche sui “risultati positivi nel contenere la durata del processo” che  “sono stati recentemente registrati dai tribunali di primo grado (382 giorni) e dalla Corte di cassazione (156 giorni) nonostante un contenzioso superiore alla media Ue”.

Corruzione.
Per quanto riguarda invece la legge ‘spazzacorrotti’, la Commissione scrive: “All’inizio del 2019, l'Italia ha approvato una nuova legge anticorruzione, che potrebbe contribuire a un ambiente più favorevole alle aziende”. “Dall'altro lato - prosegue sul tema - ha annunciato le revisioni al codice di degli appalti che creano incertezza per la pianificazione degli investimenti”. 

Politiche del lavoro.
Anche il reddito di cittadinanza viene valutato, nel complesso, positivamente. Il sussidio ai disoccupati “ha sostituito il precedente regime di sostegno al reddito per combattere la povertà, ma occorre fare di più per portare le persone al lavoro”. “La mancanza di questi sforzi  - si legge nel documento - influisce sulla partecipazione delle donne al mercato del lavoro e sulle ampie tendenze demografiche, in un contesto di bassi tassi di natalità e di riduzione del tasso netto di migrazione”.


http://europa.today.it/attualita/ue-promuove-spazzacorrotti-prescrizione.html?fbclid=IwAR2MVwY2GQuUzaoL-wXrASgsxClG5hJ59rB7mWIqDmutrtv4k_wAQAIOrr4

Recuperato un manoscritto del 1838 con le memorie degli Inca: "Valore incalcolabile".

A conservation technician at the Peruvian National Library displays an invaluable manuscript with the...
CRIS BOURONCLE VIA GETTY IMAGES
A conservation technician at the Peruvian National Library displays an invaluable manuscript with the memories of the ancient Inca rulers in Lima, on February 20, 2020, which was recovered from collectors in Brazil after disappearing from the library's archives during the occupation of Lima by Chilean troops in the Pacific War (1879-1884). - The manuscript was written in the 1830s by Justo Apu Sahuaraura Inca (1775-1853), descendant by the maternal line of the Inca emperor Huayna Capac (1493-1525) and of Prince Christopher Paullo Inca (1518-1549). It was always considered an extremely rare documentary jewel, said Gerardo Trillo, director of Collections Protection of the National Library to AFP when presenting the manuscript to the public. (Photo by Cris BOURONCLE / AFP) (Photo by CRIS BOURONCLE/AFP via Getty Images)
l Perù ha annunciato di avere recuperato un prezioso manoscritto del XIX secolo, contenente le memorie di antichi governanti Inca, che era scomparso durante l’occupazione di Lima da parte di truppe cilene nella Guerra del Pacifico (1879-1884). Lo riferisce il ‘Canal N’ della tv peruviana.
Il documento, intitolato ‘Ricordi della monarchia peruviana o ritratto della storia degli Inca’, era stato scritto nel decennio del 1830 da Justo Apu Sahuaraura Inca (1775-1853), discendente per linea materna dall’imperatore Inca, Huayna Cßpac (1493-1525) e dal principe Cristóbal Paullo Inca (1518-1549).
A conservation technician at the Peruvian National Library displays an invaluable manuscript with the...
CRIS BOURONCLE VIA GETTY IMAGES
A conservation technician at the Peruvian National Library displays an invaluable manuscript with the memories of the ancient Inca rulers in Lima, on February 20, 2020, which was recovered from collectors in Brazil after disappearing from the library's archives during the occupation of Lima by Chilean troops in the Pacific War (1879-1884). - The manuscript was written in the 1830s by Justo Apu Sahuaraura Inca (1775-1853), descendant by the maternal line of the Inca emperor Huayna Capac (1493-1525) and of Prince Christopher Paullo Inca (1518-1549). It was always considered an extremely rare documentary jewel, said Gerardo Trillo, director of Collections Protection of the National Library to AFP when presenting the manuscript to the public. (Photo by Cris BOURONCLE / AFP) (Photo by CRIS BOURONCLE/AFP via Getty Images)
“Il valore di questo manoscritto datato 1838 è incalcolabile”, ha assicurato Gerardo Trillo, direttore del dipartimento Protezione delle collezioni della Biblioteca nazionale, presentando il prezioso documento ritrovato in Brasile.
Per la sua redazione Sahuaraura, che si definiva “ultimo discendente della stirpe imperiale degli Inca”, aveva potuto consultare documenti - oggi perduti - con cui aveva ricostruito il periodo Inca fino all’arrivo degli spagnoli nel XVI secolo.
Il testo contiene informazioni sull’Inca Garcilaso de la Vega, il primo intellettuale meticcio d’America (1539-1616), oltre a racconti dell’ingresso degli spagnoli a Cusco, capitale dell’Impero Inca, nel sud-est del Perù. Inoltre include una cronologia incaica e altre informazioni storiche dell’epoca.
CRIS BOURONCLE VIA GETTY IMAGES
A conservation technician at the Peruvian National Library displays an invaluable manuscript with the memories of the ancient Inca rulers in Lima, on February 20, 2020, which was recovered from collectors in Brazil after disappearing from the library's archives during the occupation of Lima by Chilean troops in the Pacific War (1879-1884). - The manuscript was written in the 1830s by Justo Apu Sahuaraura Inca (1775-1853), descendant by the maternal line of the Inca emperor Huayna Capac (1493-1525) and of Prince Christopher Paullo Inca (1518-1549). It was always considered an extremely rare documentary jewel, said Gerardo Trillo, director of Collections Protection of the National Library to AFP when presenting the manuscript to the public. (Photo by Cris BOURONCLE / AFP) (Photo by CRIS BOURONCLE/AFP via Getty Images)

Un mistero sotto il Sombrero. - Davide Coero Borga



Sopra la calotta e la tesa della galassia a forma di cappello M104, il telescopio spaziale Hubble fotografa una straordinaria abbondanza di stelle ricche di elementi pesanti. Un’anomalia forse prodotta dalla fusione di enormi galassie e di cui oggi sembra non restare traccia.
Un’inspiegabile abbondanza di stelle ricche di elementi pesanti. E un altrettanto anomala mancanza di vecchie stelle anemiche che, al contrario, è comune trovare in aloni di grandi galassie come questa. 
M104, ribattezzata dagli astronomi Sombrero per via della forma a tesa larga tipica del copricapo messicano, è un’anomalia
L’alone di luce che circonda la calotta della galassia a forma di cappello, fotografato in dettaglio dal telescopio spaziale Hubble ed evidenziato nell’immagine dal riquadro bianco, mostra una miriade di stelle, migliaia di singole stelle (riquadro giallo). Una popolazione che va aumentando man mano che ci si avvicina al disco della galassia (riquadro blu).
Nelle galassie simili a Sombrero gli ammassi globulari di questo tipo contengono stelle povere di metalli (i corpi ricchi di metalli pesanti si concentrano nel disco di una galassia e nel rigonfiamento centrale). Qui, viceversa, le stelle ne sono ricche, come se la galassia che le ospita fosse figlia di una fusione fra enormi galassie avvenuta qualche miliardo di anni fa. Un genere di spiegazione che mal si adatta a quanto si può vedere attraverso un telescopio: un disco galattico e un alone privo di segni di discontinuità.
Eppure, sotto l’elegante Sombrero dalla larga tesa e dai bordi lisci, potrebbe nascondersi un passato turbolento
D’altra parte «Sombrero è sempre stata una galassia un po’ particolare, ed è anche questa sua particolarità a renderla interessante», confessa Paul Goudfrooij dello Space Telescope Science Institute (Stsci) di Baltimora, nel Maryland. «L’abbondanza di elementi pesanti nelle stelle che compongono l’alone della galassia ci conferma che Sombrero ha ancora molto da svelare circa la sua formazione ed evoluzione».
La galassia Sombrero mal si adatta alle definizioni, dunque. Né ellittica, né spirale. Bensì un ibrido che gli astronomi devono tener d’occhio e che potranno studiare più approfonditamente grazie al Wide Field Infrared Survey Telescope o al James Webb.
Nel frattempo i dati raccolti da Hubble sono stati dati in pasto ai computer, che grazie a sofisticati modelli qualche risposta l’hanno prodotta: Sombreroa differenza della nostra Via Lattea, non ha avuto un processo di accrescimento regolare e distribuito nel tempo ma è il prodotto di una fusione di due o più galassie gigantesche. C’è un bel trambusto nel passato di Sombrero, insomma. Anche se non si vede.

Bolle di metano e grossi buchi, l’Artico si sta sciogliendo. Ed è irriconoscibile!. - Germana Carillo

artico buchi permafrost

Sotto i ghiacci (o quello che rimane) del Polo Nord è intrappolato un potente gas serra. Intrappolato ancora per poco perché il metano, è di questo che si tratta, sta per fuoriuscire del tutto, con la sua mole 25 volte più dannosa della CO2.
A lanciare l’allarme è un nuovo studio pubblicato su Science Advances, che parte da un dato: all’incirca un terzo del carbonio presente sul Pianeta, intrappolato nel Mar Glaciale Artico sotto forma di metano e CO2, è sul punto di liberarsi in atmosfera.
Se il permafrost si scioglie a causa del riscaldamento globale è proprio questa la conseguenza che ci dovevamo attendere: il metano intrappolato in bolle al suo interno esce fuori, entra in atmosfera e accresce in un circolo vizioso ulteriormente l’effetto serra.
Tuttavia il rilascio avviene a ritmi non significativi per impensierirci davvero, per il momento”, dice a News Week Brett Thornton, del Dipartimento di Scienze Geologiche dell’Università di Stoccolma, coordinatore dello studio.

Il permafrost si sta sciogliendo.

Nel Mar Glaciale Artico, il riscaldamento climatico sta sciogliendo il permafrost: la temperatura media annua nel circolo polare artico è passata dai -2°C del 1880, ai circa +1.75°C di fine 2019.
Bloccato sotto quella specie di copertura si trova una delle maggiori riserve naturali di metano del Pianeta prodotto dalla decomposizione anaerobica di materia organica, “prevalentemente radici, altre parti vegetali o resti animali che, sotto l’azione degli agenti atmosferici e dei millenni, si sono decomposte e sono rimaste imprigionate sotto strati di ghiaccio profondi fino ad 80 metri”, come dice Kevin Schaefer, del National Snow & Ice Data Center (Nsidc).
Per capire a cosa l’Artico in questo momento stia andando incontro, gli studiosi hanno usato le misurazioni dei flussi di metano atmosferico acquisite durante la spedizione scientifica internazionale Swerus-C3: la nave rompighiaccio svedese Oden ha percorso circa 6mila chilometri attraverso il Mar Glaciale Artico, partendo dalla città di Tromsø nell’estremo Nord della Norvegia, per arrivare a Barrow, in Alaska.
Lungo il viaggio, i ricercatori hanno dimostrato l’esistenza di alcuni hotspot in cui le emissioni di metano hanno picchi fino a 25 volte più elevati rispetto alla media, in aree ben localizzate nei Mari di Laptev, dei Ciukci e della Siberia orientale.
Si tratta di posti in cui delle “bolle di metano” esplodono in atmosfera man mano che vengono portate in superficie dallo scioglimento del ghiaccio: è il cosiddetto termocarsismo, che però secondo gli scienziati non è ancora rilevante a livello globale e a un ritmo non ancora elevato.
Ma quello stesso termocarsismo, sta provocando, secondo studio pubblicato su Nature Geosciences, dei grandi buchi appaiono nel terreno, provocando frane e facendo cascare alberi. Pensiamo che la tundra ne sia priva, ma in realtà l’area è coperta da foreste boreali. E il panorama sta cambiando drasticamente nel giro di mesi.
Le superfici si bucherellano e somigliano a quelle che si trovano nelle regioni carsiche: nel momento in cui il ghiaccio che tratteneva il terreno si scioglie, il suolo subisce un collasso e si formano veri e propri buchi che si riempiono d’acqua (alimentando lo scioglimento).
Artico buchi©Nature Geosciences
Tutto ciò, secondo i dati, poco più di un secolo fa accadeva solo in una superficie di 905 chilometri quadrati, il 5% della regione artica e, secondo gli studiosi, se non cambierà nulla il termocarsismo potrà triplicare e i chilometri potranno diventare 1,6 milioni entro il 2100 e 2,5 entro il 2300. L’Artico diverrà così un autentico colabrodo.

I Nas all’ospedale di Codogno. Conte non aveva sbagliato mira. La Procura indaga sulla diffusione del Coronavirus. Ispezioni dei Carabinieri in tre strutture del Lodigiano. - Davide Manlio Ruffolo

Ospedale di Codogno

Stai a vedere che il premier Giuseppe Conte non aveva esagerato a puntare il dito contro la sanità lombarda. Un sospetto, beninteso tutto da dimostrare, a cui ha risposto piccato il governatore leghista Attilio Fontana (finito intanto in quarantena dopo che una sua stretta collaboratrice è risultata positiva al tampone) ma che sembra esser stato preso sul serio dalla Procura di Lodi. Già perché proprio ieri i magistrati hanno aperto un’inchiesta conoscitiva sulle dinamiche di diffusione del coronavirus e sulle procedure adottate negli ospedali di Codogno, Casalpusterlengo e Lodi, e hanno anche inviato i Nas dei carabinieri di Cremona per ispezionare i tre nosocomi in cui si sono registrate le presunte inefficienze. Una mossa che ha il dichiarato scopo di prevenire ulteriori contagi, comprendendo – qualora ce ne siano stati – i possibili errori commessi dalla macchina di prevenzione e controllo.
GRAVE RITARDO. A far scattare il sospetto che la gestione dell’emergenza non sia stata del tutto puntuale, c’è soprattutto il caso del paziente 1. Si tratta del 38enne di Codogno che, come emerso in queste ore, il 19 febbraio entra in Pronto Soccorso con i sintomi del coronavirus. Peccato che nell’ospedale nessuno consideri questa possibilità, così l’uomo finisce in un normale reparto dove lo vanno a trovare parenti e amici. Ma passate 36 ore e con l’aggravarsi dei sintomi, il 38enne viene sottoposto al test del tampone che, come noto, è risultato positivo. Non solo. A suggerire che qualcosa non abbia funzionato è anche chi nelle zone rosse del Lodigiano ci lavora. “Gli operatori sanitari non possono essere messi in pericolo“, spiega il segretario del sindacato Anaao-Assomed, Carlo Palermo, “perché vuol dire mettere in pericolo la salute di tutti. Il fatto che siano stati chiusi l’ospedale di Codogno, quello di Schiavonia e che ci sia stato un dermatologo del Policlinico di Milano contagiato, significa che la fase ospedaliera non è stata curata abbastanza: nei reparti sono entrati soggetti infettati”.
Proprio per questo, spiega il sindacalista, “è urgente rendersi conto degli errori fatti perché tutte le Regioni si facciano trovare preparate”. Ma c’è di più perché, sempre secondo Palermo, “ci sono arrivate segnalazioni dai nostri iscritti di mancanza dei cosiddetti dispositivi di protezione individuale, quindi: mascherine, occhiali, sovra-camici e guanti. Impossibile fornire numeri precisi, ma il solo fatto che il virus abbiamo infettato gli ospedali testimonia che le denunce erano fondate”. Proprio partendo da queste segnalazioni, le Regioni si stanno organizzando garantendo che i “rifornimenti sono in arrivo”.
LO SCANDALO DEL TAMPONE. Come se non bastasse e a riprova che qualcosa sembra proprio non aver funzionato, c’è lo scoop del giornalista Antonino Monteleone andato in onda nella puntata di ieri de Le Iene. Il cronista si è messo in contatto con una persona di Codogno che nonostante abiti nello stesso edificio del paziente 1, e sia entrato in contatto con un altro contagiato ricoverato al Sacco di Milano, da oltre sette giorni contatta vanamente il 112 per ricevere assistenza. “È una settimana che ho febbre e quindi da domenica scorsa quando ho saputo dell’esplosione del virus, proprio nel mio paese, ho chiamato il mio medico curante” che “mi ha indirizzato immediatamente al 112, dicendomi che lui non mi avrebbe accolto nel suo studio e non sarebbe venuto nemmeno a casa mia a visitarmi” spiega l’uomo al giornalista. Sempre secondo il racconto dell’ammalato: “Ho chiamato più volte i numeri dell’emergenza ma nessuno ancora è venuto a farmi il tampone”.

Ufo, boom avvistamenti in Puglia: raddoppiati dall'anno precedente. - Gianpaolo Balsamo


Si tratta di oggetti volanti non identificati. Il presidente del Centro ufologico mediterraneo: «Andiamoci cauti, non è detto che ogni Ufo sia un'astronave aliena.»   

Ufo, boom di avvistamenti nei cieli pugliesi: nel 2019, segnalano gli esperti del Cufom (Centro ufologico mediterraneo) le segnalazioni di oggetti volanti non identificati sono raddoppiate rispetto all’anno precedente e, tra le sei province pugliesi, quella salentina sembra essere quella maggiormente interessata dal fenomeno. È quanto sostiene il presidente del Centro Ufologico Mediterraneo, Angelo Carannante, che grazie alle attività di avvistamento fatte dal Centro nel corso degli anni, evidenzia che la presenza di oggetti volanti, constatata anche da persone comuni, è molto forte nel territorio della provincia di Lecce.

E non è un caso che «oggetti non identificati» siano stati avvistati nel «tacco» d’Italia anche agli inizi del 2020. Lo scorso 9 gennaio, per esempio, uno strano oggetto è stato avvistato a Miggiano.
Altra segnalazione di Ufo è stata registrata a Trepuzzi il 9 dicembre 2019, quando alcuni oggetti volanti non identificati hanno ruotato a cerchio, a bassa quota, rincorrendosi l’un altro: il caso è ancora sotto indagine per escludere ipotesi convenzionali come fari di discoteche o laser o altro.

Andando indietro nel tempo, invece, come dimenticare sempre in tema di avvistamenti quello storico di un presunto «disco volante a Manduria, nel Tarantino, il 26 agosto 2012?
Interessante fu anche l’ufo del Salento del 13 novembre 2015, quando fu ripreso in video una sfera che si muoveva tra le nuvole e che ad un certo punto sembrò tornare indietro per un breve tratto.
Il 14 maggio 2011, invece, a Cassano delle Murge, mentre una persona fotografava un aereo con tanto di scia chimica, si accorse della presenza di un vero e proprio disco volante scuro nei pressi della voluminosa scia lasciata dal velivolo. Uno spettacolare oggetto sigariforme, forse con sporgenze laterali (ali?), venne fotografato a Monte Sant’Angelo mentre si librava nel cielo azzurro alle spalle di inconsapevoli testimoni.

Insomma, gli alieni stanno dunque invadendo la Puglia? «Andiamoci cauti – risponde il presidente del Centro ufologico mediterraneo, Angelo Carannante, ente che studia, con approccio scientifico, il fenomeno degli avvistamenti di Ufo.
«Innanzitutto - spiega - vale la pena ricordare che l’acronimo “Ufo” significa «Unidentify Flying Object“, ossia “oggetto volante non identificato”. Questo significa che non ogni oggetto che non viene identificato sia necessariamente un’astronave aliena: può trattarsi di un pallone sonda, di un drone, di un riflesso o riverbero della luce, addirittura di una macchia sul monitor. Bisogna comprendere che cosa sono davvero gli Ufo: il nostro Centro ufologico mediterraneo li studia oramai da un decennio sulla base delle segnalazioni che ci arrivano da ogni parte d’Italia. Ben diversi sono invece gli “Ifo” (Identified Flying Object), cioè oggetti ben identificati e “battezzati”».

Come mai c’è tanta omertà in merito al fenomeno Ufo? «Guardi, lei ha toccato un tasto davvero delicato dell’ufologia. Chi dichiara di aver avvistato un ufo è visto come un pazzo o come qualcuno che ha fumato qualcosa o ha bevuto molto. Lo ritengo un aspetto incredibile. Tantissime persone, è pur vero, credono al dio della loro religione o all’oroscopo proprio per atto di fede. Invece, quando si parla di ufo, è il caso di dirlo,… apriti cielo. Oggetti materiali che volano sulle nostre teste e di cui rifiutiamo l’esistenza, nonostante siano filmati, fotografati, rilevati dai radar, magari visti in un solo momento da migliaia di persone. In realtà c’è molta reticenza. In Italia, il fenomeno Ufo, mi creda, a differenza di altri paesi è visto come un problema di ordine pubblico, tanto è vero che alcune forze dell’ordine sono dotate di registri degli avvistamenti Ufo.

Grosse agenzie di stampa italiane, non vogliono più pubblicare i nostri avvistamenti. Cover up? Probabile. Poi, stranamente pubblicano notizie di avvistamento ufo o di ufologia in generale, che riguardano l’estero. La cosa non le sembra strana?»

Presidente Carannante, è possibile che dietro al fenomeno Ufo ci sia una realtà extraterrestre? Perché le immagini degli ufo non sono mai nitide?
«Non solo è possibile, ma è probabile, anche se non per tutti gli avvistamenti, la stragrande maggioranza dei quali è spiegabile con fenomeni convenzionali (astri, sky lantern, satelliti, volatili, aerei, fenomeni naturali, ecc.). Tuttavia, alcune volte proprio non si riesce a trovare spiegazioni ed i fenomeni presentano caratteristiche “intelligenti” nel senso che gli Ufo sembrano guidati o teleguidati da qualcuno, interagendo, non di rado, con i testimoni.
Non mancano testimonianze di incontri con strani esseri, molto difficili da provare. Non esistono, poi, immagini nitide di ufo, perché gli oggetti volanti non identificati, nella grande maggioranza dei casi sono lontani in cielo. Consideri poi la difficoltà di inquadrarli, ad esempio, con un cellulare. Mettiamo ancora la non grande qualità delle fotocamere, la distanza dell’oggetto, l’inevitabile movimento del braccio dell’operatore, gli intensi campi energetici da cui sono avvolti gli ufo. Insomma tutti fattori che non permettono di avere immagini chiare. Guardi paradossalmente, quando vede immagini di bellissimi dischi volanti su internet, dove regnano i fake, allora l’avvistamento al 99% è falso».

VITA INTELLIGENTE SUL «PIANETA ROSSO».

La Puglia non è solo la regione con un numero maggiore di avvistamenti Ufo. Dalla Puglia, infatti, prende origine una nuova sconvolgete ipotesi che riguarda Marte, da anni nel mirino degli scienziati. Dopo Venere e Giove, infatti, è proprio Marte il pianeta più facilmente individuabile dalla Terra per via della grande luminosità relativa e del caratteristico colore rosso.
Ebbene, secondo uno studioso pugliese, l’ing. Ennio Piccaluga, originario di San Severo e componente dello staff scientifico del Centro Ufologico Mediterraneo, su Marte ci sono state alcune città. Distrutte, forse, da un immane cataclisma ma ci sono. «Per ora non ce lo diranno – spiega Piccaluga – ma noi lo sappiamo». L’ingegnere, d’altra parte, non è nuovo a simili anticipazioni scientifiche. Infatti, contrariamente a quanto sosteneva la scienza ufficiale che identificava Marte come un corpo desolato, privo di espressioni biologiche, già nell’anno 2007, a seguito dei suoi studi e delle sue ricerche, Piccaluga scriveva su un giornale tematico («Area 51» allora in edicola) che su Marte c’era acqua salata. La NASA lo ha scoperto ufficialmente nel 2015, dopo ben 8 anni.

Nei giorni scorsi, l’ing. Piccaluga insieme al presidente del Cufom, Angelo Carannante, proprio a San Severo ha tenuto una conferenza di «Esoarcheologia» (archeologia fuori del pianeta Terra) relativa a presumibili resti di antiche città marziane organizzata dall’Archeoclub di San Severo.
Il pubblico, è inutile dirlo, è stato numeroso e incuriosito. Si è parlato del «pianeta rosso» e di come Marte sia ormai un campo di battaglia tra i sostenitori di una vita aliena su di esso e la schiera opposta decisamente negazionista.
«Il fatto, decisamente provato e quindi incontrovertibile – ha spiegato l’ing. Piccaluga che ha anche mostrato foto e filmati relative alle ultime scoperte sul pianeta nostro vicino - è che in alcune zone di Marte, sembra che tutto sia a pezzi come se in passato vi sia stata una catastrofe naturale o addirittura dovuta a guerre tra opposte fazioni che alla fine avrebbe spazzato via finanche l’atmosfera del pianeta rosso. Fra gli argomenti più convincenti, le foto dei vari rover (un veicolo adibito al trasporto su un corpo celeste) (Curiosity, Opportunity, ecc.) che scorrazzano sul pianeta rosso, ma anche le foto originali NASA inviate a Terra dalla sonda “MRO” (Mars Reconnaissance Orbiter), foto in altissima risoluzione e ricche di particolari sconcertanti fra cui, appunto, tracce che sembrano rappresentare resti di antiche città in rovina».

Su Marte, secondo l’esperto di San Severo ed autore di diversi libri («Ossimoro Marte», «Ritorno su Lahmu») sarebbe stato fotografato di tutto: statue (per tutte: la famosa «sirenetta»), piramidi, strutture regolari che farebbero pensare a costruzioni, sfere sospese, artefatti, ingranaggi, addirittura apparenti animali.
Dunque, secondo il ricercatore originario di san Severo, si su Marte ci sarebbero state delle città che sono state abbandonate in tempi passati, dopo un ipotetico, grande cataclisma che sembrerebbe aver colpito il pianeta rosso circa 10mila anni fa (teoria VAS, Velikovski Ackerman Spedicato). All’epoca, secondo questi ricercatori, Marte era forse un pianeta lussureggiante, ricco di vita e di oceani profondi migliaia di metri. Queste presumibili città erano quindi subacquee, site a circa 3000 metri di profondità, nella località marziana denominata dalla Nasa «Chaos di Atlantide».

Ma perché i governi e gli enti spaziali non ci dicono nulla? «Per la stessa ragione per cui mantengono il segreto sugli ufo, per mantenere la pace sociale e non destabilizzare la società di fronte alla realtà di esseri provenienti da altri mondi», risponde il presidente del Cufom, Angelo Carannante. «Sia ben chiaro, le prove definitive di queste ipotesi “marziane” si avranno quando sbarcheremo su Marte con equipaggi umani e lo esploreremo approfonditamente».

https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/video/gdm-tv/1207568/ufo-boom-di-avvistamenti-in-puglia.html?fbclid=IwAR3nMnk7eTQ_s0JDSg7Azh4VNgWagv1KhHOzb74ADSV7MMJ9JIBr9k9htI8