venerdì 6 dicembre 2019

Reddito di cittadinanza, abolita no ma ridotta di molto sì. Povertà, l’impatto della misura. - Carlo Di Foggia

Reddito di cittadinanza, abolita no ma ridotta di molto sì. Povertà, l’impatto della misura

Il reddito di cittadinanza non ha certamente “abolito la povertà”, come aveva promesso di Luigi Di Maio. Sembra però averla ridotta molto, specie quella “assoluta”, con un impatto significativo anche sulla riduzione della disuguaglianza, stando alle prime stime dell’Inps guidato da Pasquale Tridico, considerato il padre della misura. I dati sono stati elaborati dal Centro studi e ricerche e dal Coordinamento statistico dell’Istituto. Una sintesi è stata mostrata alla Commissione europea nell’ambito delle visite del Semestre Ue a Roma il 4 e il 5 novembre scorso.
Il Reddito di cittadinanza – partito ad aprile scorso – resta il principale risultato politico dei 5Stelle. Il compito di difenderlo è lasciato al solo Tridico. Il lato Inps è infatti quello che ha funzionato, con 1,06 milioni di nuclei beneficiari (considerata pure la pensione di cittadinanza), 2,5 milioni di individui. Le politiche attive che dovevano aiutare i beneficiari a trovare lavoro non sono invece ancora partite. A oggi la misura è un grosso sussidio anti povertà, cioè l’obiettivo con cui era nata.
Da questo punto di vista l’impatto sembra rilevante. E non potrebbe essere altrimenti, viste le cifre impegnate – 4,8 miliardi nel 2019, 7 nel 2020 – e la realtà di una crisi profonda che vede il Pil ancora 5 punti più in basso e 1,8 miliardi di ore lavorate in meno rispetto al 2008; e dove ci sono 5 milioni di “poveri assoluti” e 9,3 milioni di “poveri relativi” (Istat).
Le prime stime Inps mostrano che il Reddito ha più che dimezzato (-60%) la povertà “assoluta”, quella in cui si trovano gli individui privi della possibilità di fare consumi essenziali. Con la sua introduzione è diminuito dell’8% anche l’Income gap ratio, che misura quanto è grave lo stato di povertà. L’effetto si nota anche sull’indice “Gini”, che misura la disuguaglianza, il cui impatto sui redditi lordi è calato dell’1,5%. Un dato rilevante tenuto conto che, secondo i ricercatori dell’Inps, le politiche sociali italiane e l’Irpef riducono il Gini in tutto del 5%.
Se si usa la metodologia dell’Ocse, i dati variano poco: rispettivamente 1,2% e 5,7%.
Il dossier calcola anche l’incidenza sul “sistema tax/benefit”, il rapporto tra quante imposte personali il contribuente paga e i benefici (assegni familiari, bonus, etc.) che riceve. Prima dell’introduzione del Rdc, l’incidenza sul reddito dei più indigenti (il “primo decile più povero”) era vicina allo zero, ora è diventata negativa di quasi il 30%, segno che il trasferimento sociale dello Stato prevale sul prelievo. I dati Inps mostrano anche un’ampia corrispondenza tra poveri, disoccupati e beneficiari: più è alto il tasso di povertà relativa maggiore è il numero di beneficiari ogni 10mila abitanti (ai primi posti ci sono Calabria, Campania e Sicilia, con un tasso di correlazione dell’84%); stesso discorso per il tasso dei senza lavoro (correlazione al 97%).
A gennaio l’Inps pubblicherà il rapporto completo. I numeri assoluti sono imponenti: a fine dicembre si stima che i nuclei beneficiari arriveranno a 1,213 milioni, vicini agli 1,248 previsti a inizio 2019 dalla relazione tecnica. La contrazione è molto forte al Sud e nelle isole (61%); l’importo medio del Reddito mensile è di 520 euro (il massimo percepibile è 780), quello della pensione di cittadinanza è di soli 214 euro. La media totale è più alta nel Sud che al Nord, dove pure sono coinvolte 492 mila persone.
Se sulla povertà le prime stime dell’Inps forniscono una misura dell’impatto, sul lato lavoro – di competenza di Regioni, Anpal e ministero – è buio pesto. Il dossier elenca i risultati dei controlli automatizzati dell’Inps su un campione considerato a rischio. Delle 49.204 persone che hanno perso il beneficio, meno di 2 mila sono quelle a cui è stata riscontrata la perdita di requisiti (mille), lavoro irregolare (485) o un provvedimento giudiziario che impone la sospensione della misure (110). Il grosso è rappresentato dai 14.300 che hanno trovato un impiego. Non significa però che sia merito del Reddito. l’Anpal ha spiegato che i beneficiari presi in carico dai centri per l’impiego sono 200 mila (su 700 mila potenziali), e di questi 18 mila hanno trovato lavoro. Nessuno sa a cosa sia dovuto: un monitoraggio nazionale ancora non c’è.
A oggi le stime, se confermate, mostrano l’effetto statistico della misura, per capire come è cambiata la vita delle persone servirà più tempo.

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