Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
sabato 16 aprile 2011
Assolto Gioacchino Genchi.
venerdì 15 aprile 2011
E se sui partiti Grillo avesse ragione? - di Donato Didonna
Ricordo un test aziendale in cui si veniva invitati ad unire i nove punti di un quadrato, uno al centro e tre per ogni lato, attraverso quattro soli segmenti tracciati in continuo. Impossibile trovare una soluzione all’interno del quadrato: bisognava partire da fuori, ma non è così naturale farlo. Penso che chi abbia un minimo di esperienza e di età, comprenda e ammetta che, all’interno del quadrato dei partiti, non ci sia un modo efficace per uscire dal pantano in cui siamo sprofondati. Le commistioni tra politica e affari, la difesa delle rendite di posizione, l’azione delle lobby economiche (grandi imprese) e sociali (sindacati), la massoneria affaristica, la criminalità organizzata, la mancanza di informazione indipendente, i retaggi ideologici di certa opposizione, ecc., fanno sì che una decorosa via d’uscita sia oggi davvero una missione impossibile. Non ci sono più alchimie di alleanze partitiche sperimentabili: invertendo l’ordine dei fattori, il prodotto non cambia!
Per la teoria dei giochi, una furbata come percorrere una corsia di emergenza in una strada trafficata porta un vantaggio solo se si è da soli a farlo: se tutti facciamo i furbi, siamo fermi daccapo. Abbiamo un istinto molto italiano per scovare scorciatoie, ma, a lungo andare, la scorciatoia altrui blocca la propria. Alcuni hanno fatto persino dell’antimafia o della legalità una scorciatoia o una corsia privilegiata per il potere! Come se ne esce? In questa situazione, una posizione di effettiva forza ce l’ha, paradossalmente, chi non ha nulla da perdere o da difendere. Mi riferisco alle nuove generazioni il cui futuro è nero e la cui rappresentanza politica è pressoché inesistente. Non che consideri queste generazioni esenti dal “peccato originale”, dall’inclinazione al male, ma, almeno, una loro azione politica necessiterebbe di un po’ di tempo prima di corrompersi e, magari, con qualche opportuno accorgimento, questo processo potrebbe essere utilmente ritardato mentre si affronterebbe, con visione nuova e capace di radicali riforme, la situazione attuale. Alle reti di “scorciatoie” si potrebbero così contrapporre strade maestre all’insegna della trasparenza e della meritocrazia, coniugata alla solidarietà.
Invece di scandalizzarmi dei toni, come fanno molti superficialmente, trovo l’intuizione politica di Beppe Grillo di favorire un ricambio generazionale della classe dirigente, una visione strategica degna di Sun Tzu. Sulle materie che veramente contano, quelle che compendiano la qualità della nostra vita quotidiana (energia, mobilità urbana, ciclo dei rifiuti, alimentazione, ricerca, connettività, istruzione, ecc.) i ragazzi del Movimento 5 Stelle dimostrano di avere idee chiare, documentate e prive di pregiudiziali ideologiche, più dei nostri parlamentari che sembrano ripetere, almeno in Tv, copioni da piazzisti. La regola aurea del Movimento, “uno vale uno” (le teste si contano, non si pesano), con cui si selezionano i candidati portavoce, terminali della rete di attivisti nelle istituzioni, rende meno facile la tentazione della carriera politica, riportandola ad una temporanea esperienza di servizio. Proprio perché non è di giovanilismo che si tratta, gli appartenenti alle generazioni più anziane possono, anzi è auspicabile, apportare il proprio contributo di esperienza, ma restando un passo indietro, all’interno della base, come lo stesso Grillo che non ha certo velleità di candidarsi in prima persona.
Movimenti aggregati attorno a visioni condivise di società o a legittimi interessi, potrebbero essere i naturali comitati elettorali di candidati espressi al loro interno, così come detto sopra. Laproibizione delle forme più costose di pubblicità elettorale e del marketing politico che, con i suoi alti costi, rappresenta un elemento di inquinamento e corruzione della vita democratica, potrebbe contribuire a moralizzare la politica, riportandola all’originario confronto tra le persone nelle piazze di una volta oppure in quelle virtuali, attraverso la rete internet.
Nessun tacchino ha interesse ad anticipare il Natale: il necessario rinnovamento della vita politica italiana deve perciò prescindere dai partiti e dai suoi leader per condizionare dal basso la loro azione e bilanciarne il potere, con la consapevolezza che certe battaglie civili vanno combattute solamente perché giuste e non perché sia sicura la vittoria o una carriera. Un approccio tipicamente giovanile.
Caso Ruby, Pdl: “Alfano intraprenda azione disciplinare contro Procura di Milano”
A questo serve l’interrogazione urgente presentata da Maurizio Gasparri e Gaetano Quagliariello: una conferenza stampa per introdurre la richiesta al Guardasigilli Alfano di ispezione alla Procura di Milano. Le basi: “palesi violazioni” dell’articolo 68 della Costituzione nell’uso delle intercettazioni. Nel testo si elencano una serie di episodi, da intercettazioni pubblicate a dichiarazioni della Procura ma anche citazione di sentenze della Corte, per suffragare la tesi sostenuta dal Pdl. E per questo si chiede al ministro della Giustizia “se non ravvisi l’opportunità di intraprendere le iniziative ispettive e disciplinari di propria competenza al fine di verificare la correttezza o meno dell’operato della Procura della Repubblica di Milano in ordine alle prerogative parlamentari di cui all’articolo 68 della Costituzione e relative norme di attuazione, con particolare riguardo all’intercettazione indiretta di comunicazioni e all’acquisizione di tabulati telefonici”.
E poi avanti, la richiesta di verificare “la regolarità della tempistica di iscrizione nel registro degli indagati dell’onorevole Berlusconi, onde accertare che pur in presenza di un’attività investigativa già chiaramente indirizzata, tale procedura di garanzia non sia stata ritardata al fine di consentire la praticabilità del rito immediato e agevolare la prosecuzione dell’attività intercettiva in violazione della legge”.
Nei giorni in cui altre ragazze danno valore e credibilità alle tesi dell’accusa, raccontando il bacio al fallo di Priapo o le palpatine del premier a due diciottenni in cerca di carriera, quello che il centrodestra vuole è una scintilla, un incidente. Per smuovere l’opinione pubblica, in primis, e cercare di spostare l’attenzione sulle malefatte dei giudici. Non per niente stamattina il procuratore capo di Milano, Edmondo Bruti Liberati, è tornato a difendere l’opera e il ruolo dei magistrati meneghini. “Nei giorni scorsi – scrive il magistrato in una nota – nella città di Milano sono stati affissi, negli spazi riservati alla propaganda elettorale, vistosi manifesti su fondo rosso a firma ‘associazione dalla parte della democrazia’ con espressioni critiche nei confronti della magistratura. Oggi, sempre negli spazi riservati alla propaganda elettorale -prosegue la nota- è stato affisso, ancora a firma ‘associazione dalla parte della democrazia’ questo manifesto ‘via le Br dalle Procure’. Rammento che a Milano – conclude Bruti Liberati – le Br in Procura ci sono state davvero: per assassinare magistrati”.
Ma oltre l’opinione e il voto dei cittadini – maggio e le elezioni sono vicini – la strategia è quella di un accerchiamento. Processo breve approvato alla Camera, processo lunghissimo al Senato. E poi ancora le intercettazioni, su cui pesa l’ipotesi di una calendarizzazione fulminea. Senza contare la possibilità di arrivare ad invocare il legittimo sospetto nei confronti dei giudici milanesi.
Pdl verso il baratro, ma la linea dei colonnelli è negare l’evidenza. - di Sara Nicoli
Dietro una apparente unità i maggiorenti azzurri si danno battaglia per spartirsi quel che resta del partito. Il Cavaliere intanto vuole portare a casa entro l'estate il processo breve e la legge bavaglio
Ieri è stata l’ultima notte romana dei lunghi coltelli berlusconiani. Al “Valentino”, ristorante “upperclass” del cuore della Capitale, si è consumata l’ultima cena complottarda dei colonnelli pidiellini. Maestri di cerimonia Maurizio Gasparri e Fabrizio Cicchitto, quei capigruppo che sono poche ore prima avevano assistito alla scenata di Silvio davanti alla velata (ma neppure troppo) minaccia del Quirinale di bloccare – nei modi consoni – il tragitto del processo breve. Ricavandone una sensazione assai sgradevole. La situazione, è di tutta evidenza, sta sfuggendo di mano. Claudio Scajola, solo due sere prima, era riuscito a metterne a tavola ben 57 di parlamentari pidiellini, cosi come Altero Matteoli , deciso a mettere un freno alle intemerate del Capo su un futuro del Pdl a guida Angelino Alfano. Epperò intorno ai tavoli del “Valentino” ieri sera c’erano tutti, per darsi una linea di compostezza ed evitare che la frantumazione del partito finisca per provocare danni – a quel punto irreparabili – sul fronte elettorale delle amministrative incombenti. La vittoria al comune di Milano diventa sempre più sfuggente e l’altro fronte caldo, quello di Napoli, non è da meno: “Se non vogliamo indebolirci – ha arringato ieri sera Gasparri – dobbiamo restare uniti”. Andando verso un congresso che Maurizio Lupi ha indicato “per i primi mesi del 2013”, ma è indubbio che è una data davvero troppo lontana per farci i conti seriamente. Però, adesso, si stringono le fila, ma è solo un abbaglio, un salvare l’apparenza che non copre la sostanza; i maggiorenti pidiellini, i capi corrente di un partito che ormai non c’è più stanno aspettando solo il momento giusto per canibbalizzare al meglio quel che resta di Silvio. E del ventennio a colori.
La cronaca di queste ore, d’altra parte, scandisce impietosa come il nervosismo e l’iper attivismo berlusconiano non siano altro che segnali di una debolezza politica ogni giorno più grave. Ieri, l’unica cosa che Berlusconi è riuscito a dire dopo un siluro pesantissimo lanciato dal Quirinale sul processo breve, è stata di rilanciare la legge sulle intercettazioni che Napolitano vede come fumo negli occhi. E questo solo per far vedere di essere più forte e più determinato di quanto lo sia Napolitano nel cercare di salvare dall’oblio alcuni dei processi più dolorosi degli ultimi anni. Un rilancio continuo che non potrà che portare ad un prossimo scontro istituzionale dalle conseguenze che ora è difficile immaginare, visto che non esistono precedenti. Si sa che Berlusconi non ha alcuna intenzione di mollare e che prima dell’estate vuole portare a casa non solo il processo breve, “anche a costo di rimandare al Quirinale la legge non firmata la prima volta cambiando solo una virgola” (e obbligando così il Colle alla firma), ma anche le intercettazioni.
Sono state le ultime rivelazioni delle nuove, giovanissime adepte al bunga bunga arcoriano a convincere il Cavaliere a dare uno stop alla pubblicazione di continue rivelazioni che, comunque, hanno ormai ridotto la sua immagine ad un colabrodo. E’ bene ricordare che oltre al ddl intercettazioni, fermo ormai da un anno in commissione Giustizia della Camera, affossato in tempi non sospetti da Giulia Bongiorno, ne esiste un altro al Senato, composto da soli tre articoli, che rende ancora più severe le norme per l’utilizzazione degli ascolti, da parte dei magistrati, nelle indagini. Nel Pdl non si mettono “limiti alla provvidenza” quando si parla di leggi che favoriscono il Capo, ma è bene aspettarsi qualche sorpresa sul fronte delle intercettazioni alla Camera; essendo già stato approvato dal Senato, il ddl potrebbe essere calendarizzato già nella prossima conferenza dei capigruppo. Con la maggioranza blindata che si è palesata sul processo breve, anche le intercettazioni diventerebbero legge definitiva in un battito d’ali. Un pericolo che il Quirinale ha ben presente. E visto il crescendo rossiniano delle prove di forza, non è da escludere che il Capo dello Stato, preoccupato di una situazione politica complessiva ormai allo sbando, non decida alla fine di intervenire. Anche con un gesto clamoroso.
Vittorio Arrigoni: fionde contro bombe al fosforo bianco.
“Prendi dei gattini, dei teneri micetti e mettili dentro una scatola” mi dice Jamal, chirurgo dell’ospedale Al Shifa, il principale di Gaza, mentre un infermiere pone per terra dinnanzi a noi proprio un paio di scatoloni di cartone, coperti di chiazze di sangue. “Sigilla la scatola, quindi con tutto il tuo peso e la tua forza saltaci sopra sino a quando senti scricchiolare gli ossicini, e l’ultimo miagolio soffocato.” Fisso gli scatoloni attonito, il dottore continua “Cerca ora di immaginare cosa accadrebbe subito dopo la diffusione di una scena del genere, la reazione giustamente sdegnata dell’opinione pubblica mondiale, le denunce delle organizzazioni animaliste…” il dottore continua il suo racconto e io non riesco a spostare un attimo gli occhi da quelle scatole poggiate dinnanzi ai miei piedi. “Israele ha rinchiuso centinaia di civili in una scuola come in una scatola, decine di bambini, e poi la schiacciata con tutto il peso delle sue bombe. E quale sono state le reazioni nel mondo? Quasi nulla. Tanto valeva nascere animali, piuttosto che palestinesi, saremmo stati più tutelati.”
A questo punto il dottore si china verso una scatola, e me la scoperchia dinnanzi. Dentro ci sono contenuti gli arti mutilati, braccia e gambe, dal ginocchio in giù o interi femori, amputati ai feriti provenienti dalla scuola delle Nazioni Unite Al Fakhura di Jabalia, più di cinquanta finora le vittime. Fingo una telefonata urgente, mi congedo da Jamal, in realtà mi dirigo verso i servizi igienici, mi piego in due e vomito.
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