mercoledì 20 aprile 2011

Legge elettorale, il Pdl ci riprova Porcellum bis contro il rischio Senato.


I Responsabili al premier: nomine o salta il governo. Pisanu: "Resterò nel partito finché potrò dire la mia senza essere mal sopportato" di GIOVANNA CASADIO

ROMA - Doppio registro. Da un lato il Pdl si preoccupa di mettersi al riparo da rischi, se si va alle elezioni anticipate. Perciò fa ripartire a Palazzo Madama una modifica della legge elettorale, il cosiddetto Porcellum-bis, che "blinda" la maggioranza del Senato, evitando che possa essere diversa da quella della Camera. Dall'altro a Palazzo Chigi si cerca di trovare una soluzione per accontentare i Responsabili.

La stampella del governo - detta anche "terza gamba" - ha posto l'ultimatum. I Responsabili vogliono i posti di governo promessi e sono sul piede di guerra. O le nomine entro Pasqua, cioè subito, oppure arrivederci. Non è più tempo di girarci attorno. "Pacta sunt servanda", ripetono, e il Cavaliere non ha più alibi sul rimpasto. L'incontro tra il responsabile Luciano Sardelli e il coordinatore del Pdl, Denis Verdini è andato male. Da qui, lo sfogo e la prima minaccia: "Il gruppo può saltare". Mario Pepe, altro responsabile, rettifica a stretto giro di posta: "No, il gruppo resta compatto, perché solo unito è più forte". Ancora più esplicito è Francesco Pionati, aspirante sottosegretario: "Berlusconi aveva preso l'impegno di nominare i sottosegretari entro Pasqua. Ha nominato ministro Saverio Romano; ha accontentato Storace con la nomina di Nello Musumeci. L'errore del premier è stato spacchettare.

Adesso trovi il modo di rispettare l'impegno anche con noi, che siamo bravi, buoni ma non fessi Io gli ho messo 28 liste in tutta Italia e sono tutte in sostegno del Pdl. Non è previsto un consiglio dei ministri entro fine settimana? Lo convochi. Se il 14 dicembre avesse fatto il patto con l'Udc, già il 17 ci sarebbero stati i nuovi ministri e sottosegretari centristi".

Siamo insomma ai ferri corti. Il giuramento ieri a Palazzo Chigi di Musumeci, sottosegretario al Lavoro, ha fatto traboccare il vaso della pazienza dei Responsabili. Oggi presentano il loro programma che è un pre-allerta. In questo clima, Beppe Pisanu, il presidente della commissione antimafia - che con il leader pd, Walter Veltroni qualche giorno fa ha proposto un governo di decantazione - avverte: "Resterò nel Pdl fino a quando posso esprimere le mie opinioni senza sentirmi mal sopportato". Anche questo un preavviso.
In bilico tra Fini e Berlusconi restano Adolfo Urso e Andrea Ronchi, che ieri hanno presentato "FareItalia", una nuova associazione, che dovrà essere - hanno sottolineato - "la nuova casa dei moderati". No all'antiberlusconismo, hanno detto, che porta al fallimento. La stoccata è a Bocchino.

La coalizione di governo insomma è dentro un moltiplicatore di tensioni. In questo quadro va inserita l'accelerazione sulla legge elettorale. La proposta presentata ad ottobre da Gaetano Quagliariello, il vice capogruppo del Pdl a Palazzo Madama, sembrava destinata al dimenticatoio. Eccola invece ricomparire come base di discussione e riprendere l'iter parlamentare. Prevede l'estensione anche al Senato del premio di maggioranza su base nazionale (mentre ora è su base regionale). La preoccupazione principale del Pdl è infatti, in caso di elezioni anticipate, di ottenere la maggioranza a Montecitorio ma di non riuscire ad afferrarla a Palazzo Madama. Per questo vuole introdurre il correttivo studiato da Quagliariello.

'Così Striscia vuole farmi tacere' - di Lara Crinò



La giornalista Barbie Nadeau aveva scritto per 'Newsweek' un'inchiesta sull'immagine sessista proposta da Mediaset. Si è ritrovata con i poliziotti in casa e una denuncia per diffamazione: «Cercano di intimidire i corrispondenti stranieri in Italia»

Vive in Italia da quindici anni, e dice che lo considera "il posto migliore dove far crescere i figli". Aggiunge pure che la nostra società "è difficile da capire, ci sono così tante variabili" e che per uno straniero questa complessità è una sfida stimolante. Barbie Latza Nadeau è americana e scrive per 'Newsweek', uno dei magazine americani più prestigiosi, per la sua costola online 'The Daily Beast' e collabora con la CNN.

Ha seguito il caso dell'omicidio di Meredith Kirker e ha scritto un libro sul processo all'accusata Amanda Knox, dal titolo 'Angel Face: The True Story of Student Killer Amanda Knox'. E' una giornalista esperta, abituata più alla chiarezza delle testate anglosassoni che a bizantinismi dei nostri media. Eppure, per la prima volta da quando lavora, ha paura di quel che scrive.

Questo perché, come ha raccontato ieri online e oggi anche sul nuovo numero di Newsweek, una sera dello scorso febbraio un poliziotto ha bussato alla porta della sua casa romana. "Ero a casa da sola con i bambini" racconta "e sono rimasta sconcertata quando ho visto l'agente. Mi ha detto che dovevo andare alla stazione di polizia per qualcosa che aveva a che fare con ciò che avevo scritto per Newsweek su Mediaset e Silvio Berlusconi".

Il giorno dopo Barbie Nadeau si è recata alla polizia e ha scoperto di essere stata denunciata da 'Striscia la notizia' per diffamazione, a seguito di un suo articolo apparso a novembre 2010 su Newsweek dal titolo 'Italy's Women Problem'. Nella sua documentata inchiesta sulla sconfortante situazione delle donne italiane, lontane dalla parità in tutti gli ambiti, Nadeu notava che persino nel programma più visto del prime time italiano, 'Striscia la notizia', la rappresentazione femminile era affidata alle Veline. Signorine "con addosso un abito ornato di lustrini fornito di tanga e profondo scollo a V che arriva oltre l'ombelico" a cui i conduttori possono dire "Vai, girati, fatti dare un'occhiata" toccando loro il didietro. Dopo la denuncia, in accordo con 'Newsweek', la giornalista si è presa un avvocato che la difenderà. Ma qui ci spiega perché l'azione legale di Striscia non è, secondo lei, "una mera coincidenza.

Signora Nadeau, nel suo articolo esprimeva una critica al modo in cui le tv di Berlusconi e in particolare 'Striscia la notizia', rappresentano la donna. Un argomento che la stampa cavalca da anni. Come mai, secondo lei, da Mediaset è partita una denuncia?
A dire il vero nemmeno io me lo spiego fino in fondo. Posso solo fare delle supposizioni, e dirle che non credo nelle coincidenze. L''idea di avere una denuncia sulla testa mi mette profondamente a disagio. Considero 'Striscia' un programma intelligente e nel mio pezzo mi limitavo a mettere in luce una contraddizione. Ovvero che persino Striscia propaganda un'immagine che ritengo lesiva per la donna. La mia copertina di Newsweek ha ispirato a marzo un 'panel' di un convegno sulle donne a New York; hanno partecipato anche Emma Bonino e Violante Placido. Avevo appena avuto la notifica della denuncia e non ho voluto fare il nome di Striscia. Quindi, come vede, ha già funzionato su di me come una forma di intimidazione. Anche se ovviamente il mio giornale mi chiede di continuare a scrivere e seguire la questione.

Non pensa che denunciarla per diffamazione possa essere per Mediaset una 'misura preventiva' in vista dell'aprirsi del processo sul caso Ruby? Insomma un modo per alzare il tiro, mandando un messaggio ai corrispondenti stranieri in Italia in un momento particolarmente delicato per Berlusconi?
Parlare di Arcore, delle escort e di Ruby è dal punto di vista giornalistico ovviamente una miniera d'oro. Ma è una strada fin troppo facile, che in accordo con 'Newsweek' non ho mai seguito. Quel che mi interessa mostrare a un pubblico di lettori internazionali sono le contraddizioni della condizione femminile in questo paese. E come l'immagine femminile veicolata dai media e dalla pubblicità non possa che danneggiare la ricerca della parità lavorativa e sociale. Tutte queste cosce nude, questa esibizione di corpi manda un messaggio subliminale continuo all'uomo italiano: che le donne hanno a che fare con il sesso, che non sono una controparte seria e affidabile in politica o sul lavoro.



Cosa non si fa per evitare un referendum. - di Tommaso Labate


Il quorum era possibile. Così il governo ferma (per ora) la realizzazione degli impianti e cancella il quesito più attuale tra quelli previsti il 12 giugno, per non correre rischi sul legittimo impedimento.

Nella foto: Paolo Romani ministro sviluppo economico

«È stato un colpo da maestro. Diamo una prospettiva al nucleare e, visto che ci siamo, cancelliamo ogni possibilità che i referendum raggiungano il quorum». Ieri pomeriggio, quando la decisione del governo di cancellare il piano nucleare sta facendo il giro di tutti i mezzi d’informazione, un esponente dell’esecutivo racconta dietro la garanzia dell’anonimato un altro film. Possibile titolo: «Il delitto perfetto».
L'impresa non era delle più semplici. Anche per la presenza di mille variabili impazzite. A Berlusconi serviva dare una minima speranza agli investimenti sul nucleare dopo Fukushima, tenere insieme i tanti malpancisti del governo (a cominciare dal ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo), soddisfare l’immancabile pretesa tremontiana (nel senso di Giulio) di tenere chiusi i cordoni della borsa (il piano nucleare costa, eccome se costa), togliere il dossier dalla campagna elettorale delle amministrative e, last but non least, cancellare le minime speranze che il referendum sul legittimo impedimento raggiungesse il quorum, magari trainato dai quesiti anti-atomo. Cinque obiettivi. Raggiunti in un sol colpo ieri.
Quando il gruppo del Senato guidato da Maurizio Gasparri e dall’ex radicale (esperto, quindi, di referendum) Gaetano Quagliariello segnala al governo la presenza di un emendamento firmato da Francesco Rutelli (altro ex radicale) nelle discussione sul decreto omnibus, ecco che gli uffici di Palazzo Chigi si trovano di fronte all’occasione che aspettavano. Il colpo del «delitto perfetto» in grado di colpire tutti e cinque i bersagli. All’emendamento del leader dell’Api, che cancellava ogni traccia normativa sulla prevista realizzazione delle centrali, il governo esprime parere favorevole. C’è una triangolazione tra Paolo Romani e Giulio Tremonti, il raccordo con il gruppo del Pdl a Palazzo Madama «e il gioco», aggiunge la fonte governativa, «si conclude. Infatti nessuno ci vieta di ripresentare il piano l’anno prossimo, quando magari l’eco del disastro giapponese si sarà spenta...».
Ovviamente, anche il delitto perfetto del governo ha qualche limite. Perché con gli effetti collaterali del disastro giapponese il mondo dovrà fare i conti per molti anni a venire. D’altronde, come spiega Benedetto della Vedova dando una boccata di sigaro nel cortile di Montecitorio, «mi pare che di nucleare non si parlerà più». Ma è altrettanto vero, e il capogruppo dei finiani alla Camera lo riconosce, che «stavolta la maggioranza ha preso due piccioni con due fave».
Il secondo piccione di cui parla Della Vedova è, ovviamente, il referendum. Con l’approvazione dell’emendamento anti-atomo del decreto omnibus, il quesito che avrebbe trainato quelli sull’acqua e il legittimo impedimento scomparirà dalle schede della consultazione del 12 giugno. Domanda: ma c’era qualche minima speranza che, per la prima volta dopo un decennio, un referendum passasse il quorum del 50 per cento più uno degli aventi diritto? La risposta poteva anche essere affermativa. Almeno a prendere per buono un sondaggio riservato commissionato da Federutility (la federazione che riunisce le aziende di servizi pubblici, interessata al quesito sull’acqua), che una settimana fa fissava la partecipazione al voto in una forbice tra il 48 e il 52 per cento. Speranze che, senza il traino del voto sull’atomo, ovviamente si riducono al lumicino. Con tanti saluti alla partita sul legittimo impedimento.
Con la mossa del Senato, il governo si garantisce una giornata con l’happy end. Con Paolo Romani, uno degli artefici della partita, che si concede il lusso di annunciare «un nuovo piano energetico entro l’estate». E con l’opposizione che, ieri, ha finito per dividersi. Perché quando arriva la notizia della cancellazione del piano per il nucleare, Pier Luigi Bersani esulta: «È una nostra vittoria». Al contrario di Antonio Di Pietro, che invece convoca una conferenza stampa per «denunciare il colpo di mano del governo sul referendum del legittimo impedimento». Il segretario del Pd, più tardi, aggiusterà il tiro. Prima con una dichiarazione alla stampa («La decisione del governo? È positivo ma non lo è abbastanza: perché è chiaro che vuole solo scappare dal confronto sul referendum»), poi con una battuta affidata ai fedelissimi: «Dal “governo del fare” erano diventati il governo del “faremo”. Adesso si sono trasformati nel governo del “non faremo più”». Anche Massimo D’Alema, come Di Pietro, lega la cancellazione del piano nuclerare al referendum: «Berlusconi vuole solo far fallire il quorum». Morale della favola: alla Camera, sulla riconversione del decreto omnibus, l’opposizione marcerà a ranghi separati. «Decideremo dopo averne parlato», dice l’udc Roberto Rao a metà pomeriggio. Ma i rutelliani voteranno a favore, visto che l’emendamento accolto dall’esecutivo era firmato dal loro leader. «Anche io sarei tentato di votare sì. Ma, visti i numeri della Camera, è irrilevante», scandisce il finiano Della Vedova. Il Pd ne parlerà alla ripresa dei lavori dopo Pasqua. «Se hanno cambiato idea è merito di Alberto Losacco», è la battuta di Dario Franceschini, che rimanda al «profetico» appello anti-atomo firmato giusto ieri dal suo fedelissimo sull’Unità. I dipietristi, invece, voteranno compatti contro. Opposizione divisa. «Delitto perfetto», insomma.

http://www.ilriformista.it/stories/Prima%20pagina/385048/



''C'era patto mafia-politica'', le motivazioni della Cassazione sulla condanna di Cuffaro.



Roma - (Adnkronos) - Secondo i supremi giudici l'ex governatore della Sicilia "in più occasioni ebbe modo di agevolare l'organizzazione mafiosa". Piazza Cavourricorda anche gli incontri a cui avrebbe preso parte anche il neo ministro dell'Agricoltura, Saverio Romano. Cassazione conferma condanna per mafia, Cuffaro trasferito in carcere a Rebibbia

Roma, 19 apr. - (Adnkronos) - Salvatore Cuffaro, ex governatore della Sicilia, aveva dato vita ad un "patto mafia-politica" e gli episodi nei quali è rimasto coinvolto dimostrano che "in più occasioni ebbe modo di agevolare l'organizzazione mafiosa".

La Cassazione nelle 215 pagine di motivazioni depositate oggi spiega il perché, lo scorso 21 febbraio, ha reso definitiva la condanna a 7 anni di reclusione per favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra nei confronti di Totò Cuffaro. Nelle motivazioni, la Suprema Corte parla di un "accordo criminoso ben preciso".

La sentenza 15583, sposando in pieno la tesi sostenuta dalla Corte d'appello di Palermo il 23 gennaio 2010, ricorda anche gli incontri a cui avrebbe preso parte anche il neo ministro dell'Agricoltura, Saverio Romano. In particolare, riferendo degli incontri con Angelo Siino, piazza Cavour sottoscrive il giudizio dei colleghi di merito in riferimento alla campagna elettorale per le elezioni regionali del 1991 nelle quali Cuffaro era candidato.

"In tale occasione Cuffaro - ricorda la Cassazione rifacendosi al giudizio di merito - ammetteva di essersi recato, insieme a Saverio Romano, dal Siino per chiedergli sostegno alla propria candidatura". Tra l'altro, annota ancora la Cassazione, "Angelo Siino, successivamente al 1991 tratto in arresto e poi divenuto collaboratore di giustizia, ha riferito della visita degli allora giovani Cuffaro e Romano nella quale entrambi gli chiedevano apertamente sostegno elettorale".

La Cassazione, nel convalidare la condanna a sette anni per Cuffaro, parla di un "quadro complessivo certamente caratterizzato dall'accertata sussistenza di ripetuti contatti con vari esponenti dell'organizzazione, e ciò spiega quale sia stato l'atteggiamento psichico dello stesso all'atto della rivelazione della notizia al Miceli e al Guttadauro e, cioè, al capo del mandamento mafioso di Brancaccio con il quale aveva stipulato un accordo politico-mafioso concernente interessi mafiosi - così agevolando, con il trasmettere la notizia relativa alle indagini che vertevano anche su tale rapporto, indagini che subivano così una gravissima interruzione e che venivano irrimediabilmente compromesse - soggettivamente e oggettivamente l'associazione criminale".

La Suprema Corte in via definitiva accerta la sussistenza della aggravante di mafia nei confronti dell'ex governatore della Sicilia. "Non vi è alcun dubbio che l'imputato - scrivono gli 'ermellini' - facendo pervenire la notizia al Guttadauro, intendesse agevolare il sodalizio facente capo a quest'ultimo, giacché il Cuffaro, dichiaratosi disponibile ad accogliere le richieste del capomafia, era perfettamente a conoscenza che la candidatura del Miceli, indicata dal capomandamento e accettata dall'uomo politico, era funzionale agli interessi dell'associazione da sempre impegnata nel progetto di infiltrazione mafiosa, e che ciò riguardava non solo il candidato Miceli ma anche lo stesso futuro presidente della Regione, partecipe del patto illecito".

Insomma, per la Cassazione Salvatore Cuffaro "era perfettamente consapevole che, svelando la notizia di indagini in corso nell'abitazione del capo-mafia, con l'avvertimento di cautelarsi, avrebbe ostacolato l'indagine, come poi effettivamente avvenne, che tendeva a scoprire proprio quell'attività di infiltrazione nelle istituzioni che interessava e giovava all'associazione mafiosa".

Sulla candidatura Miceli, la Cassazione conviene con la Corte di merito sul fatto che "Cuffaro, all'atto della formazione delle liste per le elezioni regionali del 2001 nelle quali egli si presentava alla carica di governatore della Regione, ha sostanzialmente accettato la presentazione in una lista, collegata alla sua, di un candidato che egli sapeva essere appoggiato da soggetti organici all'associazione mafiosa (e cioè, la famiglia mafiosa dei Mandalà di Villabate, vicinissima ai fiancheggiatori del capo assoluto di Cosa Nostra Bernardo Provenzano) - che venivano individuati ed espressamente segnalati dal Campanella".

In sostanza, per la Cassazione è legittimo parlare di un "vero e proprio progetto di inflitrazione nel mondo politico istituzionale avente come principale obiettivo Cuffaro, portato avanti dal capo-mafia Giuseppe Guttadauro, per il tramite del Miceli, nonché di Salvatore Aragona".





19-04-11 NUCLEARE: IN PNR 2011-2013 C'E' GIA' PROGETTO SU NUOVE TECNOLOGIE



(ASCA) - Roma, 19 apr - Nel Programma nazionale di ricerca 2011-2013 presentato oggi dal ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini che rilancia l'impegno italiano nel settore, tra i 14 progetti di eccellenza finanziati dal piano c'e' anche uno che riguarda il nucleare.

Curato da Enea, Cnr e Istituto nazionale di fisica nucleare il progetto - presentato proprio nel giorno in cui il governo si prende 12 mesi di tempo per la formulazione della Strategia energetica nazionale e ferma nel frattempo i piani di realizzazione di nuovi impianti nucleari, per valutare la sicurezza delle tecnologie disponibili -, e' ''orientato al rafforzamento del sistema energetico nazionale insufficiente a soddisfare la crescente e inevitabile domanda di energia'' e tra gli obiettivi a breve termine fissa la ''realizzazione di reattori a elevato grado di sicurezza, la ricerca sui siti, la ricerca sulle soluzioni tecnologiche per lo smaltimento dei rifiuti''. Nel medio-lungo periodo si propone inoltre la realizzaione di ''nuovi reattori di IV generazione e neutroni veloci, con standard di sicurezza elevatissimi''.

Il progetto ha un costo di 14 milioni di euro.

Un altro progetto di particolare interesse, vista anche la situazione geopolitica, e' quello sviluppato da ministero per l'Istruzione e la ricerca, ministero della Difesa e Agenzia spaziale italiana e relativo ad un satellite ottico per il telerilevamento, utilizzabile per scopi civili e militari. Il satellite sara' capace di rilevamenti ad altissima risoluzione per l'osservazione terrestre e potenziera' la strumentazione 'non convenzionale' esistente. Il costo di questo progetto e' di 100 milioni di euro.

http://www.asca.it/news-NUCLEARE__IN_PNR_2011-2013_C_E__GIA__PROGETTO_SU_NUOVE_TECNOLOGIE-1009918-POL-1.html



Se questi sono alleati: la convivenza forzata tra l’ex missino e il giovane padano. - di Giulia Zaccariello


La scelta del candidato nasce da una forzatura della Lega. Berselli, uno dei berluscones più fidati, spiega che sarà una sconfitta. Bernardini replica: "Il presidente del consiglio non viene a Bologna? Qui un piatto di tortellini non si nega a nessuno". Con queste premesse i due si avviano a fare una campagna elettorale che dovrebbe essere condivisa...

La convivenza tra Lega e Pdl bolognesi si preannuncia difficile. Davanti ai fotografi o intorno a tavole imbandite il clima sembra sereno. Ma poi, tra battute, lapsus e frecciatine l’imbarazzo diventa difficile da nascondere. Il senatore Pdl Filippo Berselli però ci prova: “Le polemiche appartengono al passato recente. Oggi il nostro uomo è Manes Bernardini, e lo sosterremo come se fosse un candidato scelto in comune”. Ma aggiunge anche: “Sarà difficile vincere a Bologna. Non siamo a Milano dove sarà facile passare al primo turno, questa città ha un’altra storia”. E la battuta sui tortellini? Il giovane Manes che dice “se Berlusconi vuole passare dalla città delle Due Torri un piatto di tortellini non si nega a nessuno?”. Berselli non la prende a ridere. “Una battuta poco riuscita. Ma pur sempre una frase di spirito. Di certo se Berlusconi verrà a Bologna non sarà per i tortellini di Manes”.

Ma la tensione rimane, ed era già emersa alla cena elettorale di sabato sera a sostegno diMichele Facci, candidato al consiglio per il Pdl, per il quale si è scomodato anche Gianni Alemanno, ospite d’onore della serata. “Sono qui per due motivi: per salutare l’amico e collega Gianni Alemanno, e per sostenere Michele Facci”, ha esordito Berselli davanti a una platea dicirca 500 persone. Una gaffe capace di far infuriare Bernardini, che durante tutto il corso della serata non ha smesso di lanciare frecciatine al senatore: “Caro Berselli, ti sei dimenticato di dire il terzo motivo per cui sei qui, cioè sostenere il candidato sindaco di Pdl e Lega, che sarei io”. Via. Scroscio di applausi.

Domenica poi ci si è messa anche la puntata di Report, che non ha fatto altro che gettare benzina sul fuoco. Davanti al giornalista Alberto Nerazzini, autore dell’inchiesta, Berselli si è mostrato decisamente scettico verso una possibile candidatura della Lega “che ha solo l’8 per cento dei voti”.

Il Pd, come prevedibile, va a nozze: “L’eventuale discesa a Bologna di Berlusconi sancirà ufficialmente la sconfitta di tutti quei dirigenti Pdl che non hanno mai creduto in una vittoria leghista a Bologna. “Come lo stesso Berselli ha annunciato a Report”, ha dichiarato ieri in una nota Pietro Aceto, coordinatore dell’Agorà del Pd bolognese. “Fa bene il coordinatore regionale del partito di Berlusconi a preoccuparsi dell’eventuale splitting, non solo degli elettori della destra, ma anche dei dirigenti locali del suo partito”.

Del resto è noto che Bernardini è un nome arrivato da Roma, dal ministro dell’Interno Maroni che ha assecondato le voglie del giovane (ma potente) figlio di Umberto Bossi, Renzo-Trota, che da mesi andava dicendo di voler padanizzare Bologna. Tutto questo è accaduto (annuncio della candidatura compresa) mentre la destra bolognese, e soprattutto Berselli, non nascondevano di preferire un eventuale appoggio al civico Aldrovandi.

Ma il senatore, veterano della politica, taglia corto sulla questione, e la relega al passato. “I contrasti ci sono stati, ma si sono spenti una volta scelto il candidato, che è Manes Bernardini”, spiega al telefono. ”Il nostro simbolo parla chiaro”. Berlusconi per Bernardini. Sarà, ma per ora che la convivenza non si preannuncia facile è dimostrata dai fatti. E la campagna elettorale tra poco è agli sgoccioli.



Questa sera, seguendo ballarò.



Questa sera, seguendo "ballarò", ho assistito all'ennesima scena comica dei giochi sporchi della politica. E mi sono convinta, sempre più fermamente, che la nostra rovina è la politica STATICA, quella che staziona da anni nelle stanze del potere. Ormai, gli occupanti dei seggi, pensano di esserne divenuti i legittimi proprietari. e che possono anche designare i propri eredi al trono. Siamo passati dalla monarchia alla pluripartitocrazia. Cambiano i nomi dei partiti ma i capitani restano sempre gli stessi. Mi domando: a che serve cambiare nome ad una roba stantia che già puzza di marcio lontano un miglio?
Come credere ai Letta, zio e nipote, che militano nei due schieramenti opposti? Dico, avete notato che Letta nipote aveva un faldone della nuova manovra di Tremonti che la Gelmini non aveva ancora letto? Avete notato i due Craxi che militano in due schieramenti opposti e che, mentre la Stefania, che milita nel partito di maggioranza, ha per ora voce in capitolo, il fratello, Bobo, resta nell'ombra? Bipartitismo? Io non ci credo; qui non attecchisce la democrazia, non attecchisce il comunismo, non attecchisce nulla! Qui attecchisce solo l'affarismo!

Fuori tutti! Vogliamo gente nuova. Vogliamo carne fresca, idee nuove che guardino al futuro! E, poi, se ci fregano anche loro, pazienza, almeno potremo dire di averci provato.
Buona notte a tutti.