mercoledì 13 luglio 2011

Da Tremonti a Monti? Non è la soluzione per uscire dalla crisi. - di Alfonso Gianni


“Stringiamci a coorte”, l’Italia è al centro di un attacco speculativo! Questo è il tono, ma anche la sostanza degli appelli e delle valutazioni politiche che derivano dall’aggravarsi delle condizioni finanziarie del nostro paese. A partire da quelli di Giorgio Napolitano e di Mario Draghi, titolari delle uniche due istituzioni – la Presidenza della Repubblica e la Banca d’Italia – che ancora godono di credibilità, dentro e fuori dai confini patrii, e nel primo caso persino di sostegno popolare.

In effetti la botta venerdì c’è stata e non è che alla riapertura dei mercati le cose vadano meglio per il nostro paese. Lo spread, cioè il differenziale, fra i buoni del tesoro decennali di casa nostra e quelli tedeschi ha superato i 280 punti base. Se si considera che un aumento dei tassi di interesse di cento punti base a regime comporta un aggravio di circa 20 miliardi, è evidente che la manovra economica recentemente partorita dal governo, con grandi polemiche interne, non è per nulla sufficiente neppure sotto il profilo quantitativo. In sostanza potrebbe rapidamente gonfiarsi e i liberisti di casa nostra (come Perotti e Zingales su Il Sole 24Ore) già premono per raggiungere il pareggio di bilancio totale in un solo anno con una manovra di proporzioni mai viste finora – ovvero del 4% del Pil, ben oltre i 60 miliardi di euro – a colpi di dismissioni della partecipazione statale in Eni, Enel, Poste, Finmeccanica e Rai.

Ma non c’è nessun particolare complotto contro il nostro paese. Semplicemente i celebratissimi mercati stanno esercitando la loro funzione, quella per la quale sono nati, ossia valutare il rischio, il che non significa naturalmente che ci prendano sempre. Se un paese comincia a traballare è il momento di vendere i titoli del suo debito pubblico. Se quel paese vuole continuare a piazzarli deve garantire agli investitori un rendimento sempre maggiore quanto più è il rischio cui si sottopongono. Le tre agenzie di rating moltiplicano le paure. Tra mercato e speculazione non c’è linea di demarcazione. Questo è il capitalismo finanziario. La maggiore trasparenza per i ribassisti come vuole la nostra Consob, in un paese ove le vendite allo scoperto sono pienamente lecite, sarebbe solo un pannicello caldo.

Vi è però da chiedersi che cosa in particolare giustifichi il nervosismo dei mercati nei nostri confronti. Le ragioni sono come al solito più d’una, un complesso di cose avrebbe detto Paolo Conte. Su tutte ne spiccano due: la decomposizione del berlusconismo e la intrinseca scarsa credibilità della manovra finanziaria. Quest’ultima in parte deriva dalla prima ragione, in larga parte per come è stata concepita dal Ministro dell’Economia, che pure dovrebbe essere il punto di riferimento dei mercati internazionali e garantire al berlusconismo di sopravvivere a Berlusconi stesso.

La crisi del berlusconismo ha anche il suo lato comico, in cui se ne dicono e se fanno di ogni – e Tremonti non è risparmiato -, ma più concretamente è rappresentato dallo sfarinamento del suo blocco sociale ed elettorale che le recenti elezioni amministrative, e per il loro verso, i referendum hanno messo impietosamente in luce. La stessa sentenza che condanna Berlusconi a risarcire la Cir di Debenedetti può essere vista come una riscrittura della storia del capitalismo italiano sia in senso contro fattuale (cosa sarebbe successo se Debenedetti avesse per tempo coronato il suo sogno di costruire il più grande gruppo editoriale italiano) che in senso fattuale (visto che lo spostamento di risorse e prestigio dall’uno all’altro dei contendenti non è di piccolo conto). Dall’insieme di queste vicende, il ruolo dello stato nazionale italiano come buon allocatore di investimenti finanziari stranieri ne risulta profondamente scosso.

La manovra tremontiana promette sfracelli e lacrime e sangue, ma a conti fatti convince poco le vestali del rigore finanziario. Essenzialmente perché buona parte di essa è caricata sulle spalle dei governi che verranno ed è affidata agli effetti che avrà la legge delega di riforma fiscale, i cui contenuti sono ancora indeterminati per quanto si annuncino pessimi per chi vive del solo reddito del proprio lavoro. Da qui la richiesta di anticiparla a tutti gli effetti. Ma una maggioranza e un governo costantemente sull’orlo di una crisi di nervi e in minoranza nel paese reale non danno affidamento per un’operazione così dura.

Per questo Napolitano alza la voce, e Bersani e Casini la raccolgono in quel di Bologna. L’ipotesi di un governo di unità nazionale, di una union sacrèe, magari con un passaggio di consegne da Tremonti a Monti – eterno candidato di queste operazioni – è quindi qualcosa di più di una folata estiva. L’accordo interconfederale che fa rientrare la Cgil nei giochi di una contrattazione senza democrazia vorrebbe costituire la base neocorporativa di una simile operazione. E’ la traduzione sul piano politico nazionale dell’errata convinzione per cui non si potrebbe fare altro che quello che la Ue ci dice di fare. La quale insiste e aggrava la sua strada rigorista aumentando il costo del denaro, mentre dall’altra parte dell’Oceano si discute addirittura di come splafonare il tetto dell’indebitamento che pure ha quasi raggiunto l’intero Pil statunitense.

Non è affatto detto che l’operazione vada in porto. Intanto però un certo risultato lo ha raggiunto. A quanto si sente, il decreto finanziario verrà accolto in parlamento da un’opposizione morbida, cui si accoderebbe persino un neo dialogante Di Pietro. Ma in questo modo si disperde quel vento di cambiamento che aveva cominciato a gonfiare le vele di una possibile alternativa. E’ quindi decisivo che a livello sociale non avvenga la stessa cosa. E che la sinistra del centrosinistra sappia indicare una strada alternativa di politica economica in Europa e in Italia. Le idee non mancano. Provare a metterle assieme non sarebbe male.

http://www.sinistraecologialiberta.it/articoli/da-tremonti-a-monti-non-e-la-soluzione-per-uscire-dalla-crisi

Il VATICANO VESTE PRADA




Ghedini: "Fininvest pagherà" Cir invia richiesta alle banche


Il legale del premier: "La sentenza sarà rispettata, speriamo nel giudizio di Cassazione". Gli avvocati della società di De Benedetti avviano la procedura per il risarcimento di 560 milioni. Ed esclude ogni possibilità di intervento legislativo sul Lodo. Cir e Mondadori in rialzo a piazza Affari.


MILANO - "Fininvest pagherà e speriamo poi che riavrà i soldi indietro quando la Cassazione farà giustizia". Lo ha affermato il legale del premier e parlamentare del Pdl, Niccolò Ghedini, in merito alla sentenza sul risarcimento per la vicenda del Lodo Mondadori 1, spiegando che "certamente i giudici non sospenderanno" l'esecutività del provvedimento che ha condannato la Fininvest a pagare 560 milioni di euro alla Cir. E a una domanda nel merito della sentenza, il legale ha risposto: "Mi sarei stupito se i giudici avessero deciso il contrario". I legali della Cir hanno inoltrato, secondo l'agenzia Ansa, la richiesta di pagamento dei 560 milioni di risarcimento stabiliti nel secondo grado sul Lodo Mondadori, a Intesa Sanpaolo, capofila delle banche che hanno prestato la fideiussione di 806 mln a Fininvest. Secondo l'agenzia Asca, per la Cir sarà possibile incassare il risarcimento soltanto tra 10 giorni lavorativi. Calendario alla mano e salvo imprevisti, i 560 milioni di risarcimento arriveranno nella disponibilità dell'azienda entro fine mese.

La procedura, a questo punto, è avviata e non sono previsti nuovi tentativi di blocco. "Non c'è nessuna ipotesi di legge, lo escludo categoricamente", ha aggiunto Ghedini, in Tribunale a Milano per l'udienza Mediatrade, rispondendo ai cronisti che gli chiedevano se era "in cantiere" qualche progetto di legge per intervenire sulla sentenza di sabato scorso. Anche se, secondo l'avvocato, la cosiddetta norma "salva-Fininvest" che era stata inserita in un primo tempo nella manovra economica e poi è stata ritirata, affermava comunque "un principio di civiltà".

"Giudici prevedibili". Sul dibattimento Mediatrade Ghedini ha affermato: "Speriamo che il Gup ci dia ragione, ma è statisticamente difficile, perché la prevedibilità qua a Milano è abbastanza evidente". La decisione del Gup dovrebbe arrivare dopo l'estate. L'avvocato ha aggiunto di aver sollevato nell'udienza di oggi la questione dell'incompetenza territoriale del tribunale di Milano a decidere e che a suo avviso la competenza è di Roma.

Borsa, Cir in rialzo. Acquisti sulla Cir a Piazza Affari, dopo che l'ondata ribassista aveva investito ieri anche il gruppo beneficiario della sentenza sul Lodo Mondadori. Il titolo, che ieri aveva perso il 7,21%, al giro di boa guadagnava il 2,83% a 1,7 euro. Leggera accelerazione anche per Mondadori, che a metà sessione segnava +1,25% a 2,27 euro. Rallenta Mediaset, che si ferma sulla parità. Scendono, infine, gli altri titoli della galassia De Benedetti: la holding Cofide cede il 2,41% e il gruppo Espresso l'1,22%.

Striscione: "Silvio non mollare". Intanto, alcuni tifosi del Milan hanno appeso uno striscione a Milanello, dove la formazione rossonera si è radunata per dare inizio alla stagione, con chiaro riferimento alla vicenda Mondadori: "Presidente, dai tuoi tifosi: non mollare!". Berlusconi ha annullato la sua presenza in segno di lutto per la scomparsa di Roberto Marchini 2, il militare italiano ucciso in Afghanistan. Ai tifosi risponde Adriano Galliani: "Il presidente Berlusconi mi ha incaricato di farvi sapere che non solo rimane ma lo fa con grande entusiasmo. Posso dire che non mollerà". Parole che rassicurano i sostenitori dopo le voci secondo cui la sentenza sul Lodo Mondadori avrebbe indotto il Cavaliere a vendere il club.



P4, Bisignani usava un troyan per spiare conversazioni e computer.


La procura l'ha spiato per mesi utilizzando una specie di virus che aveva trasformato il suo computer in una sorta di microspia. Ma anche l'ex piduista e amico del sottosegretario Gianni Letta e di molti ministri, aveva attivato un programma molto simile a quello utilizzato dagli investigatori.


La procura l’ha spiato per mesi utilizzando un troyan che aveva trasformato il suo computer in una sorta di microspia. Ma anche Luigi Bisignani non era da meno. L’ex piduista e amico del sottosegretarioGianni Letta e di molti ministri, sul suo pc aveva attivato un programma molto simile a quello utilizzato dagli investigatori. Un software che permette non solo di ascoltare a distanza le conversazioni (comprese quelle su Skype), ma anche di leggere mail e documenti.

E’ questa l’ultima sorpresa sull’inchiesta P4, la presunta organizzazione segreta che ricattava i potenti, indirizzava le nomine e partecipava alle scelte del governo Berlusconi. La storia di questo programma informatico è tutta raccontata nelle 400 pagine di nuovi atti depositati al tribunale del riesame di Napoli che dovrà decidere se mantenere o meno Bisignani agli arresti domiciliari.

I pm hanno inoltrato alla sede della Google in California una richiesta urgente di congelamento del contenuto di tre caselle di posta sulle quali il software archiviava tutti i dati “rubati”. E’ stato dunque attivato il procedimento di rogatoria previsto dagli accordi bilaterali con gli Usa per estrapolare una copia dei dati presenti in quegli account.

Il rapporto tra Papa e Bisignani. Nell’interrogatorio di garanzia reso al gip Luigi Giordano lo scorso 20 giugno, Bisignani ricostruisce la genesi del suo rapporto con il deputato del Pdl Alfonso Papa. I due si conobbero agli inizi del 2000, quando la Procura di Nola indagava sulla commercialistaStefania Tucci, per un periodo compagna dell’uomo d’affari. A metterli in contatto un giornalista parlamentare. “Il primo punto di contatto tra me e Papa – ha raccontato Bisignani – era proprio specifico, quando ci fu la vicenda che mi interessò del Tribunale di Napoli, dove io appunto ebbi una perquisizione e Papa era un magistrato, era un magistrato a Napoli e allora mi venne normale parlare di questa cosa che mi era capitata. Sicuramente – dichiara Bisignani – l’onorevole Papa mi disse che mi poteva seguire, anche perché io all’epoca non avevo un avvocato a Napoli, insomma, era una cosa totalmente nuova e totalmente inaspettata, e tengo a precisare che con la signora Tucci, con la quale ho avuto rapporti per un certo periodo, era da parecchio tempo che non la sentivo più e con la quale non avevo più avuto rapporti perché avevo interrotto, per cui volevo cercare di capire un po’ come”.

L’inchiesta della procura di Nola, chiarisce Bisignani, verteva su reati di tipo economico a causa della sua partecipazione in una società per la produzione di freni per auto che aveva sede nel Comune di Palma Campania. Con gli anni, spiega ancora l’uomo d’affari, il rapporto con Papa divenne più stretto, anche se era quasi sempre il parlamentare a cercare lui: “Mano mano e cresciuto e praticamente lui mi cercava il più delle volte. Poi sa, il fatto che a Roma lui il martedì e il mercoledì stava a piazza San Silvestro, l’ufficio mio è a piazza Mignanelli, i parlamentari hanno molte ore abbastanza libere. Lui a venire da lì e piombare nel mio ufficio”.

Bisignani racconta poi come Papa gli chiese di parlare con Denis Verdini perché gli trovasse un posto nella lista dei candidati del Pdl: “Verdini mi disse quello che dicevano tutti in quel momento, che insomma avvocati e magistrati, soprattutto quando si parla tanto dei temi legati alla magistratura, ben vengano. Poi, calcoli che Verdini era anche in buoni rapporti con Pera, che era uno di quelli che conosceva Papa”.




Gli investimenti della Banca cattolica Pax: anticoncezionali, armi e tabacco.


Il giornale Der Spiegel scopre che la Banca Pax, cattolica, investe in azioni di aziende operanti nel mercato del tabacco, della difesa, di armi e della contraccezione.



Mentre in Italia divampano le polemiche sulla distribuzione della pillola abortiva RU486, il giornale Der Spiegel scopre che la Banca Pax, cattolica, investe in azioni di aziende operanti nel mercato del tabacco, della difesa, di armi e della contraccezione. La notizia, di fine maggio, è stata riportata un po’ in tutto il mondo. Il direttore della banca di Colonia, Winfried Hinzen ha fatto pubblica ammenda attraverso i microfoni di Domradio, un’emittente locale di Colonia: “Ci scusiamo con i nostri clienti per l’errore occorso” ed ha annunciato che le azioni saranno rivendute immediatamente.

Una notizia vera e propria che, in Italia, non ha trovato nessuna eco. Interessante, perché i profilattici e, in generale, la contraccezione vengano osteggiati dal Vaticano in modo sistematico: la Chiesa Cattolica considera peccato grave l’uso di contraccettivi, prescrivendo per i propri fedeli l’astensione periodica e, comunque, di avere un solo partner stabile. E’ una posizione alla base di continui motivi di scontro, in generale in merito alla prevenzione dell’AIDS, ma anche per ragioni più specifiche, come l’installazione di distributori di profilattici in due licei romani.


Ma c’è un altro effetto di questa contraddizione, che vale la pena considerare: quanti di noi navigano abitualmente nel mare della rete si saranno imbattuti in vari video di pubblicità ai profilattici.
Questi video vengono condivisi dagli utenti di Social Network come fossero video divertenti o amatoriali ma, guardandoli, ci si rende immediatamente che sono il frutto di una vera e propria produzione professionale: si tratta di spot pubblicitari veri e propri.

Come ogni prodotto pubblicitario che si rispetti, sanno parlare al “target” di riferimento: ragazzi e ragazze giovani che, guardando gli spot, appaiono anche piuttosto coscienti e responsabilizzati nell’uso dei contraccettivi. Essendo rivolti ad un pubblico giovane, gli spot sono anche divertenti: c’è il ragazzo seguito da una truppa di spermatozoi che, idealmente (e non solo), porta con sé prima di incontrare la propria compagna e che vengono “fermati” da un enorme profilattico in lattice. C’è la giovane coppia che tenta di arrangiare due stuzzichini in occasione dell’improvvisa visita dei genitori di lei e, alla frase “ho trovato dei cetrioli in frigo” di lui, lei pensa “devo ricomprare il vibratore“. C’è il lattaio insaziabile che usa profilattici al gusto di cioccolata che lasciano il segno sui denti di tutte le signore del quartiere, e così via con innumerevoli esempi di pubblicità in cui si inquadra l’uso del profilattico in un contesto privo di grandi imbarazzi.

Guardando le pubblicità non è possibile non chiedersi: perché non vengono trasmesse in Italia?

Eppure, si tratta di forme di “pubblicità progresso” che, oltre a pubblicizzare il prodotto, sono anche istruttive, soprattutto per i giovani. Guardandole ancora più attentamente, si osserva che i protagonisti non sono il classico tronista o la velina, personaggi da carta patinata più o meno appariscenti: ma ragazzi e ragazze comuni. L’impatto sociale di queste pubblicità, quindi, non sarebbe del tutto esecrabile. Educheremmo i nostri ragazzi ad una sessualità consapevole e protetta.

Si, protetta, perché il rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità non lascia dubbio alcuno: il profilattico maschile è il mezzo più efficace per la prevenzione dell’AIDS, e può salvare milioni di vite umane.

Questo ostracismo ha anche effetti economici, per lo Stato Italiano e quindi per le nostre tasche: il nostro Ministero della Salute getta letteralmente al vento denaro in campagne troppo timide, destinate a scomparire rapidamente. Nel 2008 prova a rompere il velo del silenzio con una campagna anti-Aids, campagna ripresa a fine 2009 con uno spot molto meno efficace a favore del solo test HIV, dove il preservativo non è neanche più citato.

Una delle conseguenze più gravi del veto cattolico alla diffusione delle informazioni è la completa assenza di educazione sessuale nella popolazione italiana. Quando e se si parla di sesso, a scuola e soprattutto in televisione, lo si fa con grande imbarazzo, come testimonia la sessuloga Lorena Berdun nella trasmissione di Maurizio Crozza. Il risultato è che, anche su questo fronte, il popolo italiano resta clamorosamente indietro: gli stessi temi trattati dalla Berdun si trovano in saggi di educazione sessuale di 30 anni fa.

Al di là delle contraddizioni del Vaticano, che può investire come e dove meglio crede, il vero problema è un altro: pubblicizzare l’uso del preservativo come mezzo per salvare le vite è un’operazione intellettualmente onesta solamente in parte. Bisognerebbe insegnare ai giovani ad usare il preservativo al pari delle altre forme contraccettive non per tutelarsi dal rischio di morte, ma per vivere la propria vita al meglio delle proprie facoltà e volontà, in modo consapevole.

Possibilmente, senza sotterfugi.




Costi della politica italiana? 23 miliardi, come mezza Finanziaria.


Costo della politica italiana alle stelle: per la Camera spendimo 150mila euro al giorno

La politica in Italia costa oltre 23 miliardi di euro all’anno, secondo i dati del Sole 24Ore. Praticamente mezza manovra Tremonti.
Il ministro dell’Economia ha così deciso di tagliare qualcosa, ma i tagli saranno effettivi solo dalla prossima legislatura del 2013: stipendi dimezzati dai circa 12 mila euro attuali a circa 5.300 della media europea.

Non saranno toccati i vitalizi: al momento si contano 2.238 vitalizi per ex parlamentari e consiglieri regionali. Solo per Camera e Senato il conto è di 218 milioni l’anno.
A toccare i vitalizi ci aveva provato nel 2010 il deputato Idv Antonio Borghesi, che propose un taglio del 60%. Con 498 voti contrari la Camera respinse.

Rimborsi elettorali: il finanziamento pubblico che era stato eliminato nel 1993 con referendum e che è rientrato dalla finestra nel 1994 con una legge dovrà essere tagliato.
Tremonti vuole un taglio del 10%, per un 30% in 4 anni.
In realtà è davvero poco: si pensi che in Germania un voto dà diritto ad un rimborso di 85 centesimi. In Italia, anche dopo i tagli, un voto varrà sempre 3,5 euro.

Parlamento: Camera e Senato per funzionare costano 1,7 miliardi di euro l’anno. Non sono previsti tagli imminenti. Secondo il Sole 24Ore tutte le voci di spesa ammontano a 144 milioni per le indennità, 96 per i rimborsi spese, 218 per i vitalizi e 45,5 per affitti, manutenzioni e personale.
Aggiungiamo 21,3 miliardi di spese varie (auto blu per le quali la manovra ha puntato su un tetto per le cilindrate di quelle nuove, una decina di miliardi per enti territoriali, 2,5 miliardi per i cda delle partecipate, 2,5 miliardi per le consulenze esterne, ecc…)




La manovra taglia i volontari: aumentano solo nella Misericordia di Giovanardi.



La manovra del governo lacrime e sangue mette in crisi anche chi lavora sulle ambulanze: l'unica società che aumenta il personale in Emilia Romagna è quella presieduta dal fratello del sottosegretario alla presidenza del consiglio.

Nessun volontario di servizio civile per la Croce Blu e per l’Admo di Modena, ma ben dieci per la confraternita della Misericordia presieduta da Daniele Giovanardi, fratello del più noto Carlo, sottosegretario alla presidenza del Consiglio.

Questi i risultati della nuova assegnazione di volontari per enti ed associazioni che ne hanno fatto richiesta al Comune di Modena tra il 2010-2011.

E a sollevare l’evidente discrasia numerica pro fratelli Giovanardi è stato Paolo Trande (ex direttore sanitario della Croce Blu), oggi capogruppo del Partito Democratico al Comune di Modena, che non smorza i toni di una polemica che investe il capoluogo emiliano ipotizzando il coinvolgimento diGiovanardi: “Se così fosse, sarebbe una cosa davvero bassa e meschina”.

La minuta truppa dei giovani volontari che quest’anno sono stati arruolati a Modena (solo 53 contro i 74 del 2010 e gli 84 del 2009) è stata distribuita tra enti e associazioni a seconda dei progetti presentati in consiglio comunale.

Anche se molti enti si sono visti ridurre il numero dei volontari assegnati, a causa del taglio dei finanziamenti statali. L’amministrazione comunale, ad esempio, è passata dai 38 volontari dell’anno scorso, a 16. I più fortunati sono riusciti a mantenerne il numero dell’anno scorso (come l’Associazione italiana sclerosi multipla, che ha conservato i suoi tre volontari) o addirittura a guadagnarne qualcuno in più come la Caritas diocesana che è passata da 11 a 13.

La fetta più generosa è però andata alla confraternita di Giovanardi, che oltre ai sei giovani dell’anno scorso, ne ha ottenuti altri quattro. Le uniche due associazioni che sono rimaste a bocca asciutta, invece, sono la Croce Blu, che ha perso tutti i 12 volontari di servizio civile assegnati l’anno scorso, e l’Admo, che si è vista azzerare gli unici due posti che aveva.

Naturalmente penso sia del tutto casuale che il presidente della Confraternita sia il fratello del ministro preposto”, osserva Trande. Tra le sue deleghe di sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri, infatti, Carlo Giovanardi detiene anche quella al servizio civile.

“I dati dicono questo”, continua Trande, “che la Misericordia aumenta di quattro e la Croce Blu viene letteralmente messa in ginocchio”. Dall’altra parte, Daniele Giovanardi bolla l’accusa come “ridicola” e sottolinea invece come sia stata premiata “la qualità della proposta” avanzata dalla confraternita.

I volontari del servizio civile non percepiscono una retribuzione, ma un rimborso spese, irrisorio certo (poco più di 400 euro), pagato con i fondi stanziati dallo Stato. In sostanza le associazioni di volontariato presentano un progetto, con relativa richiesta di volontari, successivamente approvato o meno dal dipartimento delle politiche per la famiglia, presieduto da Carlo Giovanardi. I volontari pertanto sono “smistati” nelle diverse associazioni di volontariato, ma pagati direttamente dal dipartimento statale su un conto corrente dedicato.

“La riduzione dei fondi – spiega Trande – è stata notevole. Negli ultimi cinque anni il finanziamento statale per il servizio civile nazionale è diminuito di oltre il 60%, passando dai 50.000 giovani coinvolti nel 2007 ai 20.000 del 2010. Il problema è dunque che tale riduzione non è stata distribuita in modo uniforme, ma disomogenea tra gli enti che utilizzano i volontari. Certo non ho elementi per dire se sia un caso o meno che il dipartimento che accetta i progetti e decide la ripartizione dei volontari sia presieduto da Giovanardi, quello che so è che la Croce Blu li diminuisce e la Misericordia li aumenta, pur svolgendo lo stesso servizio”.

Si parla di quegli stessi fondi per i quali Carlo Giovanardi minacciò, lo scorso marzo, le dimissioni,ricevendo la promessa dal premier Silvio Berlusconi di ottenere il reintegro delle risorse, quelle che il ministro dell’economia Giulio Tremonti gli aveva sottratto.

In tempi di cure dimagranti come quelle attuali, pensare ad aumenti dei fondi statali risulta impensabile. Ma a rincarare la dose è la direttrice della Misericordia di Modena e Bologna, Anna Maria Lombardo: “Abbiamo presentato un progetto che, basandosi sui dati di Asl e di vari osservatori, si è voluto incentrare sull’accompagnamento degli anziani alle visite sanitarie. Abbiamo così ridotto notevolmente i tempi di attesa e agiamo a servizio della cittadinanza. Non siamo gli unici ad aver ottenuto aumenti di volontari. Trande dovrebbe leggersi bene gli elenchi prima di lasciarsi andare a questo tipo di accuse”.

Elena Boromeo e
Felicia Buonomo