Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
lunedì 1 agosto 2011
Crisi, l'emergenza economica può giustificare un governo tecnico? Ecco cosa pensano i politici.
Crisi, mercoledì Berlusconi riferirà in Aula Giovedì incontro tra governo e parti sociali
Il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi: "Confronto basato su cinque punti". I rappresentanti di lavoratori e imprese vedranno anche le opposizioni.
Non sembra caduto nel vuoto dunque l’appello lanciato settimana scorso dalle parti sociali. Pur tra mille difficoltà, il dialogo sembra prossimo a una svolta. Ad avviare i contatti il segretario del PdlAngelino Alfano, che si è detto disponibile anche a un confronto con l’opposizione. Mentre il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, in un’intervista al Corriere della Sera, ha parlato di un confronto su cinque punti con le parti sociali. “La comune assunzione di responsabilità dia luogo a un tavolo operativo in modo da accelerare i cambiamenti che servono alla crescita. Tutti insieme – dice il responsabile del Welfare – possiamo superare le resistenze corporative anche con opportune compensazioni o gradualità. Ci attendiamo che diventi un tavolo facilitatore”.
Per prima cosa, spiega Sacconi, “occorre ridurre le tasse con il disegno di legge delega, sostenere l’ internazionalizzazione delle imprese attraverso l’integrazione tra struttura diplomatica e rete Ice, stimolare l’impiego dei giovani attraverso la norma sul forfait del 5% e infine avviare una stagione di liberalizzazioni e privatizzazioni”. Secondo punto, “occorre monitorare gli investimenti alle imprese” e “vanno superati tutti i colli di bottiglia che rallentano la realizzazione delle opere pubbliche”. Il terzo argomento, prosegue il ministro, “riguarda il ruolo delle banche e della finanza di impresa: bisogna esaminare quali fondi pubblico-privati sono stati avviati”. Il quarto punto in agenda “sono le relazioni industriali, e quindi gli ammortizzatori sociali e la gestione delle crisi, compreso lo statuto dei lavori. Un aspetto significativo – sottolinea Sacconi – riguarda anche il tema della tregua sociale e quindi come regoliamo lo sciopero in presenza di investimenti. Infine la detassazione e la decontribuzione della parte del salario espressa dalla contrattazione locale”. Il quinto tema del confronto, conclude, è “la sobrietà democratica”, ovvero il taglio dei costi della politica.
Milano, l’architetto mazzetta. Il secondo tempo della corruzione. - di Davide Milosa
Da settimane i magistrati di Milano stanno interrogando l'architetto Michele Ugliola coinvolto in un giro di mazzette nel comune di Cassano d'Adda. Le sue dichiarazioni, però, vanno oltre e adesso minacciano di terremotare importanti esponenti regionali di Lega e Pdl.
La storia, tutt’altro che chiusa, adesso promette di terremotare buona parte della politica lombarda. Ugliola, infatti, ex socialista, poi vicino a Forza Italia, già finito in guai giudiziari assieme all’ex assessore comunale del Pdl Giovanni Terzi, è uomo dai tanti contatti che vanno ben oltre la piccola realtà di Cassano. Di questo sta parlando con i pm. Di amicizie, denaro e politici. Insomma, sul tavolo della procura non c’è solo l’affare Penati. Ci sono diversi verbali segretati e soprattutto il secondo tempo della corruzione che coinvolge importanti esponenti regionali di Pdl e Lega nord
Sulla figura di Ugliola, infatti, si concentrano due tronconi d’indagine: il primo confluisce nell’inchiesta sulle bonifiche di Giuseppe Grossi e sulle speculazioni immobiliari di Luigi Zunino, compresa quella per l’ex area Falck a Sesto San Giovanni. Il secondo, invece, parte da Cassano e si incardina sulle dichiarazioni di Ugliola e del cognato Gilberto Leuci. Il sistema è lineare: Leuci batte cassa dagli imprenditori ritirando mazzette in contanti anche di 500 mila euro. Quindi passa il denaro all’architetto che lo distribuisce ai politici.
Il nome di Ugliola, titolare della Tema Consulting con sede in via Zuretti a Milano, emerge per la prima volta il 21 settembre 2009. I pm Laura Pedia e Gaetano Ruta, titolari dell’inchiesta sul re delle bonifiche Giuseppe Grossi, lo accusano di avere emesso fatture false per circa 800 mila euro all’Immobiliare Cascina Rubina (Icr) controllata dalla Risanamento di Zunino e proprietaria dei terreni dell’area Falck. Durante le perquisizioni spunta una scrittura privata in cui a Ugliola viene conferito un incarico proprio in relazione alle aree di Sesto San Giovanni. In sostanza l’architetto deve interfacciarsi con l’amministrazione pubblica per conto dei privati. Gli accertamenti successivi mostrano che le consulenze sono state affidate a Ugliola direttamente da Risanamento e non da Icr. Secondo i finanzieri mancano elementi certi per dimostrare che l’attività sia stata svolta effettivamente. E dunque, se così è, a cosa sono serviti gli 800 mila euro?
Nell’autunno del 2010, il sindaco di Sesto, Giorgio Oldrini (indagato dalla Procura di Monza), risponde a un’interrogazione dei Verdi sulla presenza di Ugliola in comune. “A volte gli incontri erano tra diverse persone e qualcuno di noi dice: magari era assieme agli altri”. La risposta non risolve. Una cosa è certa: Ugliola ottenne l’incarico da Zunino di mediare con la politica sestese, per questo emise fatture fino a 800 mila euro, ma nessuno lo vide mai in comune. Un dato che non sfugge agli investigatori consapevoli di trovarsi davanti a un protagonista assoluto della scena politico-affaristica lombarda
E del resto la caratura dell’architetto emerge già il 13 ottobre 1998 quando finisce in carcere per una tangente da 250 milioni di lire all’allora consigliere comunale di Milano Giovanni Terzi, già assessore all’Urbanistica a Bresso. Anche qui il gioco è quello delle consulenze che Ugliola incassa senza fornire prestazioni. Sarà lui stesso a raccontarlo ai pm: “Quello era un incarico professionale che di fatto costituiva uno schermo per la mia attività di raccordo tra i privati e l’amministrazione di Bresso”. Dopo queste dichiarazioni l’architetto viene rimesso in libertà. E assolto definitivamente nel 2005. In quello stesso anno la Finanza trasmette un’informativa ai pm che indagano su Antonveneta. La nota, che non avrà rilevanza penale, rivela che il commercialista Salvatore Randazzo, siciliano di Paternò, professionista di riferimento della famiglia La Russa, “è il depositario delle scritture contabili di Michele Ugliola”.
Sei anni dopo sul tavolo ci sono le modifiche del Pgt a Cassano d’Adda. Ugliola va a braccetto con il sindaco Pdl Edoardo Sala, che impone il suo architetto di fiducia all’imprenditore Fausto Crippa per la riqualificazione dell’ex Linificio Canapificio nazionale, uno dei più grandi d’Europa. “Ugliola – racconta Crippa – mi disse che se volevo l’approvazione del progetto era necessario elargirgli del denaro”. Di più: Crippa firma una scrittura privata in cui si impegna a versare a Ugliola un milione e mezzo di euro per consulenze. “Le richieste di Ugliola – dice – erano motivate dalla necessità di dover pagare non meglio specificati politici”.
E di politici l’architetto ne conosce molti. Tra questi c’è il leghista Marco Paoletti, anche lui indagato nell’indagine di Cassano. I due sono molto amici. Ed è lo stesso rappresentante del Carroccio, ex assessore locale e consigliere provinciale a Milano, a svelare il vero mestiere dell’architetto. Siamo nell’agosto 2009, Paoletti parla con Crippa. “Ugliola – dice – è più un mediatore, un intrallazzatore”. E ancora: “Quando bisogna mediare tra imprenditori, tecnici e politici ci vogliono anche questi personaggi”. Insomma il malaffare di oggi non è diverso da quella di ieri quando, racconta Leuci ai pm, Ugliola con il cognato e due dirigenti Esselunga mette in piedi un comitato d’affari. Il progetto (che non avrà rilievo penale): individuare aree dove costruire, ottenere i permessi corrompendo un funzionario del Comune di Milano, quindi proporne l’acquisto a Zunino, il quale a sua volta avrebbe girato l’affare all’ignaro Bernardo Caprotti. L’escamotage: la presenza di dirigenti Esselunga conniventi. La storia, dunque, sembra ripetersi con declinazioni diversi e identici risultati. Intanto la voce della collaborazione di Ugliola è già girata nei Palazzi della politica. E molti, ora, temono il peggio.
Chi tocca Silvio Muore (È la stampa bellezza 29-07-11 Talk Il Fatto TV)
La Rai a New York, un colosso da 16 milioni. Al servizio di quattro giornalisti. - di Chiara Paolin.
La megastruttura è gestita dalla società Rai Corp. Si trova a Tribeca in uno spazio di tremila metri quadrati. Con due studi di ultimissima generazione, uno identico a quello della Cnn. Unico generoso cliente: il servizio pubblico italiano.
Nel bell’edificio di Tribeca, quartiere alla moda di New York, lo staff di Rai Corporation è quanto di più pacioso e lussureggiante si possa immaginare: 12 dirigenti, 30 tecnici, una decina di producer e supervisor più impiegati, amministrativi, collaboratori, stagisti e chi più ne ha più ne metta. Tanto lo spazio non manca: la sede costa cara, circa un milione di dollari l’anno, ma sono pur sempre tremila metri quadri su due piani con due studi di ultimissima generazione, uno identico a quello della Cnncon megawall al plasma e multivideo a 12 finestre che consentirebbe vere magie se non fosse che in realtà tutta la banda (47 dipendenti a tempo indeterminato più altrettanti con contratti variegati) è al servizio di Antonio Di Bella, Giovanna Botteri (Tg3), Gerardo Greco (Tg1, attualmente in Italia per condurre Unomattina Estate) e Dino Cerri (pure lui impegnato ordinariamente da Unomattina).
Certo a leggere la ragione sociale della compagnia (di diritto americano ma controllata Rai al 100 per cento) c’è di tutto e di più: produzione, distribuzione e commercializzazione di prodotti radiofonici e televisivi, coproduzioni internazionali, supporto all’intero gruppo Rai. In concreto, l’unico committente di un colosso che costa 16 milioni di dollari l’anno è la Rai. Per fare che? Semplice: coprire i tg e radiotg Rai coi quattro giornalisti ospiti, e poi rispondere alle eventuali richieste dei programmi cui serve un servizio dagli Usa.
Se per esempio Chi l’ha visto o La vita in diretta decidono di approfondire un tema, il responsabile chiama il direttore generale di Rai Corp, Guido Corso, e chiede una mano. Risposta sempre affermativa ed entusiastica: dove ci mandate? Chi intervistiamo? E via con la trasferta. Pare che le troupe siano numericamente sempre ben attrezzate, e senza particolare fretta di rientrare alla base considerato il generoso budget annuale. Un buon albergo, diversi giorni di viaggio – l’America è grande – e infine il conto, perché il servizio reso da Rai Corp si paga con tanto di maggiorazione dell’8 per cento secondo quanto stabilito da un apposito accordo.In più serve un giornalista made in Italy: o i famosi quattro o uno ad hoc mandato da casa, perché un pezzo fatto e finito non si fa nemmeno per sogno.
Forse anche per questo le richieste d’intervento dall’Italia non piovono copiose sulla società che – in ogni caso – garantisce lauti stipendi a tutti grazie a un efficiente e autocefalo sindacato interno. I cameraman prendono dai 100 ai 130 mila dollari l’anno, idem per producer e supervisor (che arrivano a scucire 250 mila dollari) e botta finale per il direttore che ne incassa 500 mila. Ma almeno lui parla bene l’inglese, ed è lì tutti i giorni. Peggio va in genere con i presidenti, scelti dal Cda italiano con il consueto abuso di spartizione politica. In carica ora c’è il direttore generale della Rai Lorenza Leigrazie a un interim con cui ha sbattuto fuori il vertice precedente: Mauro Masi (insediatosi lo scorso febbraio e subito scalzato dal precipitare degli eventi), Antonio Marano (il vicedirettore generale Rai che diceva: giusto la Gabanelli paghi in proprio le cause di Report) e Gianfranco Comanducci(vicedirettore generale Rai accusato di sostenere la struttura Delta).
Storia passata, adesso si dovrà decidere chi mandare laggiù evitando se possibile gli scandali alla Angela Buttiglione (multa della Corte dei conti per bonus e fuoriuscite milionarie conquistate anche nella Grande Mela) o Massimo Magliaro, pubblicamente fustigato per la casa da 11 mila dollari al mese, la carta di credito da 80 mila dollari, un piano industriale fatto stilare a Terni da gente fidata (200 mila dollari) e l’autista sempre in tiro. Spesucce in realtà piuttosto consuete da quelle parti, e più volte indicate come voragine assurda a fronte di un budget Rai sempre più in rosso. Eppure la soluzione ci sarebbe: se il gruppo di lavoro fosse messo a produrre contenuti anche per altri committenti, come siti web, canali digitali, reti locali e nuovi media, forse il missmanagement – lo scarso sfruttamento delle risorse – forse potrebbe essere corretto. Al momento l’unica voce di possibili cambiamenti riguarda l’arrivo di Bruno Soccillo, già responsabile della radiofonia, alla istituenda Direzione corrispondenti. Così forse ci sarà qualcuno cui chiedere: come mai Rai Corp è l’unica sede estera Rai a non avere un capo responsabile del budget? Come mai, da sola, spende come tutte le altre sedi estere messe insieme?
Piazza affari crolla: -3,84% Record spread Btp-Bund: toccata quota 352.
Dopo l'apertura in positivo, gli indici delle principali piazze del continente finiscono tutti in negativo. Milano è maglia nera. Differenziale tra titoli di Stato decennali italiani e tedeschi mai così alto.
Secondo gli analisti, sul tonfo di Piazza Affari ha influito la sfiducia nel sitema paese. Con lo spread tra btp e bund giunto al nuovo record oltre i 350 punti, i titoli bancari non hanno retto all’offensiva delle vendite trascinando all’ingiù tutto il listino. L’avvio di seduta è stato promettente, con un massimo del +1,9%, ma il quadro si è compromesso pian piano e già a metà seduta l’indice è tornato sulla parità. Troppo grande lo scetticismo sull’Italia, tanto che lo spread, pur calando nella prima fase, è sempre rimasto sopra i 300 punti. Nel pomeriggio tutto è precipitato, con Wall Street in timido rialzo e poi giù in seguito al dato Ism manifatturiero sotto le attese.
Crollano i bancari – A rotta di collo dunque le banche, con scambi congelati in alcune fasi in seguito ai ribassi. Intesa ha ceduto il 7,86%, Monte Paschi il 7,87%, Ubi il 7,93% e Banco Popolare il 7,69%. Unicredit, in rialzo in avvio si trova a chiudere la seduta con un -4,32%. Coinvolti anche gli altri titoli finanziari, con Fonsai protagonista di un forte ribasso, -9,19%. Tiene meglio Azimut, con un -0,96%. Tra gli altri titoli guida, Fiat perde il 3,77%, in attesa del dato sulle immatricolazioni di giugno. Fiat Industrial perde il 3,31%, nonostante un avvio brillante su un report favorevole. Giù i cementi, giù Finmeccanica che in apertura rimbalzava. Chiude in parità Autogrill, sale Campari (+0,61%), limitano i ribassi i titoli del lusso, con Ferragamo a +1,13%. Nell’energia meglio Saipem e Tenaris, Eni a -2,90%, Enel -3,73%. Tra i pochi rialzi, +1,59% per la Juventus, che ha ufficializzato l’acquisto di Vucinic dalla Roma.
Male tutte le Borse europee – Se Milano è maglia nera in Europa, a perdere sono tutte le principali piazze del continente. L’indice Dax di Francoforte chiude a – 2,86% e scende a 6.953,98 punti, il Cac di Parigi lascia sul terreno il 2,27% e segna ora 3.588,05 punti e l’Ftse di Londra cala dello 0,7% a 5.774,43 punti. Male anche la borsa di Madrid, in calo del 3,24% a 9.318,2 punti.
Spread Btp-Bund – Risale anche la pressione sullo spread tra Btp e Bund decennali che sfonda, per la prima volta, il tetto dei 350 punti. Il differenziale di rendimento si amplia a 352 punti base con tasso del Btp decennale in rialzo al 6%. Male anche i titoli di Stato spagnoli, il cui spread è volato a 361,5 punti.