martedì 24 luglio 2012

Trattativa Stato-mafia, i pm: “Processate Riina, Mori, Dell’Utri e Mancino”. Giuseppe Pipitone

ingroia interna nuova


Gli imputati sono 12: rischiano di finire a giudizio i vertici dello Stato insieme a quelli di Cosa Nostra. L'accusa è per tutti minaccia a un corpo dello Stato, tranne che per Mancino, che deve rispondere di falsa testimonianza al processo all'ex comandante del Ros e che replica: "Dimostrerò la mia estraneità". Secondo i pm la trattativa sarebbe stata avviata da Mannino, poi dai carabinieri infine da Dell'Utri, tramite per arrivare al capo del governo Berlusconi.

L’inchiesta sulla trattativa tra Stato e mafia è al giro di boa. La procura di Palermo ha infatti depositato la richiesta di rinvio a giudizio per le 12 persone iscritte nel registro degli indagati per il patto sotterraneo che portò pezzi delle istituzioni a sedere allo stesso tavolo della mafia nel periodo 1992-94. Lo stesso potrebbe accadere se finissero tutti a processo da coimputati.
Tra questi i mafiosi Salvatore RiinaNino CinàBernardo ProvenzanoLeoluca Bagarella e Giovanni Brusca, gli alti ufficiali del Ros Mario MoriGiuseppe De Donno e Antonio Subranni e gli esponenti politici Calogero ManninoMarcello Dell’Utri e Nicola Mancino. Per tutti l’accusa è di attentato a corpo politico dello Stato, tranne che per Mancino, accusato di falsa testimonianza dopo la sua audizione al processo Mori-Obinu del 24 febbraio scorso.  ”Hanno agito per turbare la regolare attività dei corpi politici dello Stato” si legge nel provvedimento dei magistrati palermitani. Secondo la stessa richiesta di rinvio a giudizio tutti coloro che parteciparono alla trattativa agirono “in concorso con l’allora capo della polizia Parisi e il vice direttore del Dap Di Maggio, deceduti”: loro avrebbero ammorbidito la linea dello Stato contro la mafia, revocando centinaia di 41 bis.
Mancino: “Estraneo, lo dimostrerò”. Mancino ha parlato a stretto giro di posta: “Preferisco farmi giudicare da un giudice terzo – ha dichiarato – Dimostrerò la mia estraneità ai fatti addebitatimi ritenuti falsa testimonianza, e la mia fedeltà allo Stato”. ”Dopo la comunicazione della conclusione delle indagini sulla cosiddetta trattativa fra uomini dello Stato ed esponenti della mafia – spiega l’ex titolare del Viminale – ho chiesto inutilmente al pubblico ministero di Palermo di ascoltare i responsabili nazionale dell’ordine e della sicurezza pubblica (capi di gabinetto, direttori della Dia, capi della mia segreteria, prof. Arlacchi, ad esempio), i soli in grado di dichiarare se erano mai stati a conoscenza o se mi avessero parlato di contatti fra gli ufficiali dei carabinieri e Vito Ciancimino e, tramite questi, con esponenti di Cosa Nostra”. A questo punto, continua l’ex ministro, “ho rinunciato al proposito di farmi di nuovo interrogare e di esibire documenti. Preferisco farmi giudicare da un giudice terzo”.
Mannino: “E’ un capriccio di Ingroia”. Non ci sta invece l’ex ministro e ora senatore Calogero Mannino. “Questa richiesta di rinvio a giudizio è un capriccio di Ingroia – afferma intervistato dall’Agi – Capovolge la mia posizione: da minacciato prolungatamente dall’incombenza di un’attentato mafioso, ad accusato. Insomma, da vittima vengo trasformato da Ingroia in ben altro”. “Il vero problema della giustizia a Palermo – insiste – è proprio Ingroia”. “Da 21 anni vado e vengo dal Palazzo di giustizia di Palermo, risultando alla fine innocente – conclude – Ma affronterò anche questa storia e affronterò Ingroia che, invece di cercare la verità, l’affossa con questo processo”.
La ricostruzione dei pm. La richiesta di rinvio a giudizio è stata vistata anche dal procuratore capo Francesco Messineo, che invece non aveva firmato l’avviso di conclusione delle indagini. Secondo la ricostruzione del procuratore aggiunto Antonio Ingroia e dei sostituti Antonino Di MatteoLia Sava e Francesco Del Bene, il primo contatto con Cosa Nostra sarebbe stato cercato da Mannino, che dopo l’omicidio di Salvo Lima era impaurito dall’offensiva mafiosa nei confronti dei politici, rei di non aver saputo bloccare le sentenze del maxi processo.
La trattativa sarebbe stata poi avviata da Mori e De Donno che incontrarono più volte don Vito Ciancimino per arrivare a Riina. Il dialogo tra mafia e Stato sarebbe poi proseguito fino al novembre del 1993 quando l’allora guardasigilli Giovanni Conso non rinnovó oltre 300 provvedimenti di 41 bis per detenuti mafiosi.  L’apice dei contatti tra Stato e anti Stato sarebbe invece stato raggiunto nel 1994 quando Bagarella e Brusca, luogotenenti di Riina (arrestato un anno prima) manifestarono al nuovo premier Silvio Berlusconi “per il tramite di Vittorio Mangano e Dell’Utri” una serie di richieste finalizzate ad ottenere benefici di varia natura.
Secondo i magistrati sarebbero stati reticenti anche Conso e l’ex capo del Dap Adalberto Capriotti, accusati di false informazioni al pm. Per loro peró il codice prevede che il reato contestato rimanga “congelato” fino al primo grado di giudizio dell’indagine principale. 

L'Italia è con l'alleato sbagliato nella terza guerra mondiale. Vito Lops


Sensazioni. Sensazioni di terza guerra mondiale, quella che si combatte fra le trincee della finanza internazionale. Dopo un po' di tregua gli eserciti adesso sono nuovamente schierati. Da un lato l'Eurozona, dall'altro un club di investitori stranieri che, forti di un'assenza normativa che pone la finanza mondiale in condizioni di far west, puntano a ribasso contro l'euro  (sceso oggi ai minimi da due anni e secondo alcuni esperti diretto a 1,16 dollari).
Da un lato i politici dell'Eurozona che continuano a difendere un'area euro che fa acqua da tutte le parti: lingue diverse, così come fiscalità, bilanci, culture e titoli governativi. In comune c'è solo la valuta. Ma che senso ha avere una stessa valuta se i debiti (e i rendimenti dei titoli di Stato) sono diversi, con quelli dei Paesi più deboli aperti al fuoco della speculazione? E non è solo una questione di speculazione. E' una questione di investitori stranieri che ogni giorno credono sempre meno, e meno ancora, al progetto euro. Perché è un'unione costruita dal tetto mentre si cerca disperatamente, al netto di campanilismi suicidi, di progettare (con drammatico ritardo) le fondamenta.
Dall'altro lato quindi, di quelli che vendono euro e titoli di Stato della periferia, c'è chi inizia a sentire puzza di bruciato in casa euro. Anche se, da questo punto di vista, un segnale indica che c'è ancora una speranza per l'euro. E quel segnale arriva dal Bund tedesco, che oggi ha toccato il minimo storico a 1,13% sulla scadenza a 10 anni. Se l'euro implode anche la Germania, con quella sua economia basata sulle esportazioni, va immediatamente in profonda recessione. Il supermarco che seguirebbe al crollo dell'euro avrebbe infatti una rivaluzione anti-competitiva che metterebbe in ginocchio Berlino. Per cui, se in queste ore in molti si rifugiano sul Bund (e quindi su quella Germania che fa parte dell'Eurozona) vuol dire che le ipotesi catastrofiste sono ancora fortunatamente lontane.
Ciò che è chiaro, però, è che la Germania sta dimostrando una visione distorta e di breve periodo con il suo piano. Piano che più o meno, analizzando quello che sta accadendo, suona così: "mentre gli altri mettono i conti a posto noi compriamo aziende a sconto in tutta Europa e ci indebitiamo a costo zero per i prossimi anni". La scommessa è che gli altri, però, riescano a mettere i conti a posto nel bel mezzo di una guerra finanziaria.
Come è possibile mettere i conti a posto se l'Italia dopo maxi manovre lacrime e sangue da 65 miliardi quest'anno pagherà 85 miliardi solo di interessi sul debito pubblico che schizzano in scia alle cavalcate allarmanti degli spread? Come è possibile rimettere i conti a posto se questa settimana l'Italia chiederà al mercato 40 miliardi di euro emettendo nuovi titoli di Stato e sarà presumbilmente costretta a farlo con spread oltre 500 punti (oggi ha superato la soglia di 520 punti)?
E allora il piano tedesco rischia di fare acqua, come l'euro. E quando la Germania se ne accorgerà potrebbe essere troppo tardi.-Come troppo tardi potrebbe essere salvare la Grecia (adesso occorrono 300 miliardi quando due anni fa ne bastano meno di 100).
La preoccupazione di fondo è che la nostra alleata in questa terza guerra mondiale (in quanto nello stesso calderone dell'Eurozona) non ha affatto un bel curriculum nei conflitti internazionali avendo straperso, a causa di una testardaggine robotica e senza precedente, i due precedenti.
Sono solo sensazioni, certo. Speriamo restino tali.
Giovanni Ruffini dice:
Dall'articolo: E' una questione di investitori stranieri che ogni giorno credono sempre meno, e meno ancora, al progetto euro. - C'e' un DETTAGLIO che all'autore dell'articolo sfugge... il PROGETTO EURO, per chi per mezzo dell'EURO sta mandando avanti AFFARONI da FANTASCIENZA ma non FANTASCIENTIFICI, e' una MANNA caduta dal cielo.... dalla SVALUTAZIONE di una sola MONETA... si traggono sostanziali benefici da tutti i VALORI della Vecchia Europa e loro Paesi a SOVRANITA' in DUBBIO....Finanziariamente, detta SOVRANITA' e' una IRREALTA'... e la MASCCHINA del DEBITO PRESSANTE, non sorte l'effetto di una ATOMICA o DUE..ma i DANNI SOFT sono del tutto non trascurabili...e' in EFFETTI una nuova forma di GUERRA, quella ESCLUSIVAMNTE economica o finanziaria.... il DIRETTO spargimento di sangue, non si vede....

Borse europee incerte Spread oltre 523 punti.




Moody's gela Germania, Olanda e Lussemburgo: rivisto l'outlook dei Paesi tripla A, è negativo.
Seduta sull'ottovolante per i Btp italiani, con uno spread in forte oscillazione dopo l'avvertimento lanciato ieri da Moody's sul rating della Germania. Il premio di rendimento dei Btp decennali viaggia a 523 centesimi dopo un minimo stamani alle 9,15 sotto quota 505, mentre la Spagna è a 636. I titoli italiani rendono il 6,46%
EUROPA IN LIEVE RIALZO DOPO ASTA SPAGNA; MILANO -0,8% - Si portano in rialzo le principali borse europee dopo l'asta dei titoli di stato spagnoli. Londra, Francoforte e Parigi guadagnano lo 0,1%, Milano cede lo 0,8% e Madrid lascia sul campo l'1,6%. Di seguito, gli indici dei titoli guida delle principali borse europee. - Londra +0,14% - Parigi +0,13% - Francoforte +0,10% - Madrid -1,64% - Milano -0,83% - Amsterdam +0,07% - Amsterdam +0,06% - Stoccolma +0,07% - Zurigo +0,04% - Atene +1,23%.
EURO ANCORA DEBOLE - Resta debole l'euro in apertura di giornata: la moneta unica segna 1,2121 dollari, praticamente sugli stessi livelli di ieri sera dopo la chiusura di Wall street . L'euro vale 94,96 yen (94,49 ieri).
GERMANIA: MOODY'S? NESSUN DRAMMA, NE ABBIAMO PRESO ATTO  - "Nessun dramma. I media cercano l'enfasi, ma noi non vediamo motivo per drammatizzare". Lo ha detto all'ANSA il portavoce del governo tedesco Georg Streiter all'indomani della spia rossa accesa da Moody's sull'outlook della Germania. "Ne abbiamo preso atto e non diamo alcuna valutazione di questo annuncio. Il giudizio di Moody's colpisce un Paese, la Germania, dal quale stanno provenendo gli aiuti. E posso solo aggiungere che la cancelliera ha più volte detto che le forze della Germania non sono illimitate". Dopo l'annuncio di Moody's sull'outlook della Germania la cancelliera resta in vacanza? "Certo, non c'é da preoccuparsi che debba interrompere le sue ferie per questo", ha risposto Streiter. "Si tratta solo di un'agenzia di rating", ha aggiunto. La cancelliera è in ferie da sabato scorso
JUNCKER: 'FERMO IMPEGNO PER STABILITA' EUROZONA' -'Riaffermiamo il nostro impegno a garantire la stabilita' dell'Eurozona nel suo insieme". E' quanto ha affermato il presidente dell'Eurogruppo Jean-Claude Juncker dopo la revisione del'outlook di Germania, Olanda e Lussemburgo da parte di Moody's, in una nota nella quale precisa che: "i fondamentali di questi paesi sono sani".
GEITHNER: 'DA UE RISCHI, USA RALLENTANO' - La crisi europea presenta significativi rischi per gli Stati Uniti. Lo afferma il segretario al Tesoro americano, Timothy Geithner, in un'intervista al Charlie Rose Show, sottolineando che l'economia americana ha rallentato e si trova a dover fronteggiare "forti venti contrari".
L'Europa ha bisogno di un'unione fiscale. Le soluzioni europee alla crisi del debito richiederanno molto tempo, afferma inoltre Geithner.
TOKYO CHIUDE IN RIBASSO - La Borsa di Tokyo termina la seduta in ribasso dello 0,24% con l'indice Nikkei che segna 8.488 punti.
IL LUNEDI' NERO DELLE BORSE - E' lunedì nero per i listini europei, trainati da Madrid e Milano che sul finale, dopo perdite di oltre il 5%, hanno limitato i danni grazie allo stop alle vendite allo scoperto deciso dalle autorità di borsa nazionali. Il provvedimento non ha impedito agli spread di raggiungere livelli record per la Spagna e sfondare i 520 punti per l'Italia, mentre l'euro è piombato ai minimi da due anni sotto 1,21 dollari. Un'ulteriore doccia fredda arriva da Moody's: l'agenzia internazionale rivede al ribasso l'outlook di Germania, Olanda e Lussemburgo a 'negativo' da 'stabile' in seguito all'incertezza sul risultato della crisi e anche per l'aumento del rischio che Italia e Spagna possano avere bisogno di aiuti dato il deterioramento macroeconomico.
E per oggi potrebbe prepararsi un'altra giornata difficile per i titoli di Stato iberici e per i Btp italiani: Lch Clearnet, la principale cassa di compensazione titoli europea, ha deciso di alzare nuovamente i suoi margini di garanzia richiesti per le transazioni su alcuni titoli di Stato italiani e spagnoli. La clearing house londinese ha rivisto i parametri per i Btp con scadenze comprese tra i 2 e 3,25 anni dal 4,80% al 5,55%, per quelli tra i 7 e 10 anni dal 9,50% all'11,65%, e tra i 15 e 30 anni dal 18% al 20%. L'agenzia, con effetto da oggi, ha rivisto anche i margini per i Bonos con maturità comprese tra i 7 e 10 anni dal 11,80% al 12,20% e quelle tra i 15 e 30 anni fino al 20%. Dopo un inizio in profondo rosso, la borsa di Milano ha chiuso limitando le perdite con un -2,76% a 12.706 punti per il Ftse Mib, dietro Madrid (-1,1%) che stamani, sui timori di un salvataggio necessario per le finanze pubbliche della Spagna, ha fatto da innesco per la forte correzione sui listini europei.
La Consob, dopo la sospensione per eccesso di ribasso di istituti come Banco popolare, Mediobanca e Mps, è corsa ai ripari reintroducendo il divieto delle vendite allo scoperto sui titoli bancari e assicurativi, per essere seguita a stretto giro dall'authority spagnola. E' andata peggio per le altre principali piazze europee (lo Stoxx 600 ha segnato il calo più forte da tre mesi a questa parte) che, in assenza del riparo delle 'Consob' nazionali, chiudono con cali del 2,89% (Parigi), 2% (Londra) e 3,18% per Francoforte.
L'intervento delle autorità di borsa non ha impedito un vero e proprio tracollo sul fronte dei titoli di Stato periferici, alimentato dai dubbi sulla tenuta della Spagna e dalle indiscrezioni, circolate nel weekend e poi rientrate, secondo cui il Fondo monetario internazionale sarebbe pronto a lasciare la Grecia al suo destino. Da Soci, in Russia, il premier Mario Monti ha detto che il "grande nervosismo" sui mercati e sullo spread "ha poco a che fare con i problemi specifici dell'Italia", ma piuttosto dipende dalle "notizie, dichiarazioni e indiscrezioni sull'applicazione" delle decisioni prese dal vertice Ue di fine giugno, che dovrebbero "essere implementate senza rumore e in tempi brevi".
Toni forti dal leader della Cisl Raffaele Bonanni: "A Monti diciamo che il tempo è scaduto. Deve convocarci subito. Serve un nuovo patto sociale" contro "l'attacco speculativo, lo sciacallaggio" in corso. Fatto sta che, mentre i rendimenti di Germania, Stati Uniti e Gran Bretagna scendevano a minimi record a testimoniare la fuga generalizzata dal rischio, in una seduta ad alta volatilità la Spagna ha visto il proprio premio di rendimento decennale sfondare la soglia de 630 punti con un rendimento decennale record del 7,40%: un livello che, in precedenti come quello greco, ha fatto da apripista a un salvataggio europeo.
Il rischio di default per il Paese iberico, misurato dai contratti derivati 'credit-default swap', è volato di 28,5 centesimi a 634, segnando anche qui un massimo storico. E a pagare il prezzo dell'incertezza sulle misure europee anti-crisi e sulla capacità degli Stati di rimettere in ordine i conti pubblici è stato anche l'euro, scivolato ai minimi dal giugno 2010 sul dollaro, a 1,2067, un livello inferiore alla media storica dei dodici anni di vita della divisa unica.

Sardegna, soldi pubblici a Santanchè e modelle per promuovere il territorio. Monia Melis

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La presidenza della giunta Cappellacci (Pdl) ha stanziato senza bando 796mila euro a circa trenta società, emittenti e associazioni senza passare dal Consiglio regionale. Tra questi, oltre 141mila alla società Visibilia della deputata di centrodestra e 15mila euro per il volume del cappellano militare a Herat.

Un po’ qui e un po’ lì. Anzi, tanto ad alcuni e poco ad altri. Con criteri sconosciuti che fanno discutere soprattutto in tempi di crisi per l’Italia e ancor più per la Sardegna. Così diventa un caso l’assegnazione di “contributi e l’attivazione di servizi” con lo scopo di promuovere e valorizzare “l’immagine della Sardegna”. I soldi pubblici distribuiti senza alcun bando o gara sono quelli della presidenza della giunta regionale di Ugo Cappellacci (Pdl) che, attraverso il piano di comunicazione 2011-2012 (da 26 milioni di euro), ha assegnato 796mila euro a circa trenta società, emittenti e associazioni per altrettante iniziative.
Una delle voci più consistenti, 141mila e 200 euro (Iva inclusa), va alla Società Visibilia s.r.l., di proprietà di Daniela Santanchè (Pdl) “in qualità di concessionaria esclusiva per la raccolta pubblicitaria per il Giornale”, il giornale della famiglia Berlusconi. Contributo per la pubblicazione di 6 inserti di 4 pagine l’uno interamente dedicati alla Sardegna”. In tutto 24 pagine per tanti temi: turismo, ambiente, trasporti, economia, ma anche innovazione digitale e agricoltura. La delibera con cui la giunta ha dato l’ok è del 26 giugno (n. 28), quasi un mese fa, ma è stata resa visibile sul sito istituzionale solo la scorsa settimana. La denuncia arriva dal blog della scrittrice, premio Campiello, Michela Murgia che in un post contesta le spese definite “un elenco di indecenze”. E rileva tra tutti quattro “casi più scandalosi”, mentre, ricorda che “la Regione ha decurtato di 94mila euro i fondi alla tutela dei beni librai della Sardegna e ha tagliato del 20% tutte le risorse per le manifestazioni culturali ”. Poi si chiede: “Come è possibile che cifre di questa importanza vengano elargite in maniera discrezionale laddove a iniziative di ben altro spessore e importanza sono richieste decine di moduli, documenti, attestazioni e garanzie?”.
Tra i contributi più pesanti anche i 120mila euro tondi tondi (Iva inclusa) per l’acquisto dei diritti per 10 anni in favore della casa editrice sarda Delfino Editore. I cinque volumi del “Dizionario Storico – Geografico dei Comuni della Sardegna” con “stemmi dei paesi, cartine, immagini a colori ed in bianco e nero e foto d’epoca” saranno pubblicati nel “sistema integrato dei portali della Regione”. Non è l’unica iniziativa editoriale: per la Poligrafix di Sassari saranno stanziati 15mila euro, a favore della pubblicazione del volume “Preghiere di un Cappellano militare in Afghanistan” di don Gianmario Piga, cappellano militare del contingente italiano della brigata Sassari a Camp Arena, a Herat. Raccolta di preghiere scritta nel corso delle missioni nel 2011 e nel 2012 in Afghanistan dal 151° Reggimento di Fanteria Sassari. Opera ritenuta dal Presidente “meritevole di sostegno”. Dalle preghiere alle modelle: la promozione passa anche per l’Associazione Venus Dea per un progetto dal titolo generico “Conoscere la Sardegna” (a cui vanno 7mila euro) che si propone di “coniugare le bellezze paesaggistiche e monumentali del territorio regionale con il fascino delle ragazze sarde”. Ossia, si animeranno alcuni luoghi “con dei set video fotografici che daranno vita a delle cartoline televisive che verranno mandate in onda sulla emittente Videolina sul canale 519 di Sky”. Con un target soprattutto locale: come promuovere la Sardegna ai sardi. Altri soldi pubblici alle emittenti private: come i 72 mila e 600 euro a Sardegna Uno, di proprietà dell’imprenditore e presidente del Banco di credito sardo, Giorgio Mazzella, per una trasmissione in dieci puntate di 45 minuti l’una sulle aree naturalistiche dal titolo “Di parco in parco”. E poi ancora pubblicità su un quotidiano nazionale, Il Sole 24 ore, ma con una cifra che sfiora un ventesimo di quelle disposta per il Giornale: 6.050 euro per “l’acquisizione dello spazio di due pagine “passanti” nel focus Sardegna distribuito nel Lazio e in Toscana.
C’è spazio anche per gli eventi culturali, ma sempre in ordine sparso. E con cifre diverse. All’European jazz Expo 2012 che si svolgerà a Cagliari a settembre, con un taglio ecologico, vanno 130mila euro in virtù, si legge, nella delibera “dell’impatto sia di promozione della Sardegna che di sensibilizzazione su temi ambientali”. Senza dimenticare i golfisti con un contentino da 5mila euro: per i quattro campionati e due trofei regionali, organizzati dalla Federazione italiana golf-sezione Sardegna. Lo stanziamento, da quasi 800mila euro, non passa per il consiglio regionale e rientra nel poderoso piano della comunicazione istituzionale della Regione, approvato dalla giunta lo scorso dicembre. Circa 26 milioni di euro per quattro progetti. Di cui metà, 13 milioni, solo per uno: “Riscopri il mito della Sardegna”.

Bersani contrattacca: “Da progressista parlo con Vendola e guardo ai moderati”. Martina Castigliani



Alla festa del Pd di Imola il segretario risponde ai rottamatori di Civati che hanno evocato una scissione nel caso di un'alleanza con Casini: "In una situazione europea di populismo e recessione il nostro partito deve rivolgersi a tutte le forze democratiche per un patto di legislatura". E sulle unioni gay: "Sono io ad averne parlato".

“Io organizzo i progressisti quindi io parlo con Vendola”. È secco il segretario Pierluigi Bersani e non lascia spazio a commenti quando, arrivato alla Festa dell’Unità di Imola le domande rimandano alla minaccia del consigliere regionale Pippo Civati di uscire dal partito in caso di alleanza con Casini. E se Civati dice, “se andassimo a votare oggi il Pd perderebbe le elezioni”, Bersani risponde: “A Monza le abbiamo stravinte, non so se se n’è accorto Civati?”.
“Lasciamo stare queste polemiche, pensiamo ad organizzare i progressisti” – continua il segretario Pd – “Io chiedo solo che i progressisti si rendano conto che in una situazione europea ed italiana in cui c’è rischio di populismo e di regressione, bisogna rivolgersi a tutte le forze moderate, democratiche ed europeiste per un patto di legislatura. Io sono progressista, io spero che sia chiaro, non posso passar la vita a rispondere sempre alla stessa domanda”.
Sono passati dieci giorni dall’Assemblea del Partito Democratico e i postumi del non voto sull’Ordine del giorno riguardante i matrimoni gay continuano a farsi sentire. Un’amarezza che in alcune correnti del partito non è mancata, ma che il Segretario nega con fermezza: “Sono io ad aver parlato di unioni gay. E dovrei preoccuparmi che sia una mossa verso i moderati? Ai nostri elettori ci pensiamo noi”. Le domande girano tutte intorno alle polemiche, alle paure che il Pd stia affrontando una crisi interna o che ancora una volta mostri le sue debolezze.
“Discutiamo certo, – continua il segretario del Pd, – ma nei punti essenziali siamo compattissimi. Noi siamo un partito. Solo in Italia si è pensato che mettersi nelle mani di un uomo solo ci portasse da qualche parte. Bisogna stare attenti e assomigliare di più alle democrazie del mondo, perché questa eccezionalità italiana dove c’è uno che decide, uno che è là in fondo che comanda ma non si candida, l’altro che si inventa la lista con un nome di fantasia, sono cose sconosciute alla democrazie del mondo. Noi siamo un partito e partiamo dall’idea di partecipazione”.
Un’immagine di partecipazione e normale discussione quella che Pierluigi Bersani ha dato, a Imola nella serata di chiusura della Festa dell’Unità, dove non è mancato il tradizionale giro tra stand e ristoranti. Prima tappa al bar You Future dei Giovani Democratici dell’Emilia Romagna, che per la prima volta hanno organizzato la loro festa regionale proprio ad Imola. Strette di mano e sorrisi, quasi fosse una prova di campagna elettorale per quelle primarie che ancora non hanno una data certa. “Io sto girando- dice Bersani, – come ho sempre girato tutte le feste dell’unita, non c’entra niente con primarie o con campagne elettorali. È la nostra tradizione. Le primarie ci saranno sì. E prima o poi si andrà anche a votare. La nostra priorità è fare una nuova legge elettorale. La legge elettorale è al primo posto. Le elezioni anticipate sono chiacchiere. Noi non possiamo certo andare a votare con la legge che abbiamo, uno dei disastri del nostro paese. Noi siamo pronti ad accellerare”.
Bersani parla a Imola a pochi passi da quella terra emiliana colpita dal terremoto, per la quale lancia una promessa di tempestività e ricostruzione che in tanti stavano aspettando. “Il nostro patto con gli amministratori emiliani – conclude il Segretario, – è che non si farà quello che si è fatto a l’Aquila. Si collegherà l’emergenza con la ricostruzione. Io ce la metto tutta, però non da solo. E io ho molta fiducia nel fatto che nella crisi e nelle difficoltà che ci saranno, noi troveremo grande forza nel rinnovamento. Toccherà a me, la ruota girerà. I nuovi non ce li porterà la tv. I nuovi verranno fuori per capacità, esperienza e rispetto per tutti quelli che ci hanno portati fin qui. Abbiamo bisogno di forze fresche e giovani ma anche esperte”. 

lunedì 23 luglio 2012

Nuovo crollo di Piazza Affari, Ftse Mib -4,09




Milano - (Adnkronos) - Al giro di boa Milano segnava un -2,54%, poi le perdite si fanno più pesanti. Spread tra Btp decennali e Bund tedeschi a 519 punti. Bancari fiaccati dalle sospensioni e quasi a fare gara a chi perde di più. Male anche i titoli del comparto assicurativi.
Milano, 23 lug. - (Adnkronos) - Dopo aver superato la soglia negativa del 5%, Piazza Affari sembrava aver ripreso fiato dimezzando quasi la perdita con -2,54% al giro di boa complice la decisione della Consob di reintrodurre il divieto temporaneo delle vendite allo scoperto. Ma a pochi minuti dall'apertura di Wall Street, tuttavia, l'indice Ftse Mib scivola ancora in basso con -4,09% a 12.534 punti.
Intanto torna - seppur di poco - sotto quota 520 punti lo spread fra Btp e Bund a 10 anni: dopo aver toccato in mattinata i 529 punti, il differenziale si attesta al momento a 519 punti, un valore che riporta il rendimento dei nostri titoli a 10 anni al 6,34%. Il divieto delle vendite allo scoperto, deciso dalle autorità di controllo di Italia e Spagna, non ha comunque allentato la pressione sui Bonos spagnoli, con un differenziale sui titoli tedeschi sempre ai massimi storici a 634 punti, con tassi sui titoli a 10 anni di Madrid che restano al 7,50%, ben oltre il livello di allarme del 7%. Sul fronte opposto, crollo ai minimi dall'adozione dell'euro per i rendimenti dei titoli tedeschi, con i Bund a 10 anni che scendono all'1,15% dopo aver toccato anche l'1,12%.
I titoli bancari sono fiaccati dalle sospensioni e quasi a fare gara a chi perde di più. Il comparto resta pesantissimo, con Ubi Banca ancora sospesa e Intesa Sp che perde il 6%, il Banco Popolare il il 5,78%, la Popolare di Milano il 4,70%. Riducono il rosso Unicredit, e Mediobanca, entrambe con un -2,96%. Si paga la pressione sugli spread italiani e spagnoli, il timore che la Grecia non ce la faccia davvero a rispettare gli impegni, le richieste di aiuto finanziario di alcune regioni spagnole.
Male anche i titoli del comparto assicurativo con Premafin che guida i ribassi con un -7,06%, e poi Milano Assicurazioni con un -5,30%, Mediolanum con -4,11%. Generali segna un -2,69%, peggio di Fondiaria Sai con una perdita del 2,45%. In controtendenza Unipol, con un+1,01%. Segnato da sospensioni e forti ribassi anche il settore dei titoli industriali con Pirelli che registra un -4,28%, Fiat un -3,34%, Impregilo -3,53%, Luxottica - 2,56%. Dal listino si salvano pochissimi titoli, tra questi spicca il +7,64 di Enervit, il +4, 58% di Montefibre e il +3,67% di Hera.

La lettera di Scarpinato: “Caro Paolo, tempo scaduto per i sepolcri imbiancati”.

scarpinato borsellino interna nuova


L'intervento del pg della corte d'Appello di Caltanissetta alla commemorazione per i 20 anni dell'attentato al magistrato antimafia: "Stringe il cuore a vedere talora tra le prima file, nei posti riservati alle autorità, anche personaggi la cui condotta di vita sembra la negazione dei valori di giustizia e legalità per i quali tu ti sei fatto uccidere".

L’intervento di Roberto Scarpinato, procuratore generale della Corte di Appello di Caltanissetta, letto alla commemorazione per i 20 anni dell’assassinio di Paolo Borsellino, con il quale ha lavorato fianco a fianco nel pool antimafia.
Caro Paolo,
oggi siamo qui a commemorarti in forma privata perché più trascorrono gli anni e più diventa imbarazzante il 23 maggio ed il 19 luglio partecipare alle cerimonie ufficiali che ricordano le stragi di Capaci e di via D’Amelio.
Stringe il cuore a vedere talora tra le prime file, nei posti riservati alle autorità, anche personaggi la cui condotta di vita sembra essere la negazione stessa di quei valori di giustizia e di legalità per i quali tu ti sei fatto uccidere; personaggi dal passato e dal presente equivoco le cui vite – per usare le tue parole – emanano quel puzzo del compromesso morale che tu tanto aborrivi e che si contrappone al fresco profumo della libertà.
E come se non bastasse, Paolo, intorno a costoro si accalca una corte di anime in livrea, di piccoli e grandi maggiordomi del potere, di questuanti pronti a piegare la schiena e a barattare l’anima in cambio di promozioni in carriera o dell’accesso al mondo dorato dei facili privilegi.
Se fosse possibile verrebbe da chiedere a tutti loro di farci la grazia di restarsene a casa il 19 luglio, di concederci un giorno di tregua dalla loro presenza. Ma, soprattutto, verrebbe da chiedere che almeno ci facessero la grazia di tacere, perché pronunciate da loro, parole come Stato, legalità, giustizia, perdono senso, si riducono a retorica stantia, a gusci vuoti e rinsecchiti.
Voi che a null’altro credete se non alla religione del potere e del denaro, e voi che non siete capaci di innalzarvi mai al di sopra dei vostri piccoli interessi personali, il 19 luglio tacete, perché questo giorno è dedicato al ricordo di un uomo che sacrificò la propria vita perché parole come Stato, come Giustizia, come Legge acquistassero finalmente un significato e un valore nuovo in questo nostro povero e disgraziato paese.
Un paese nel quale per troppi secoli la legge è stata solo la voce del padrone, la voce di un potere forte con i deboli e debole con i forti. Un paese nel quale lo Stato non era considerato credibile e rispettabile perché agli occhi dei cittadini si manifestava solo con i volti impresentabili di deputati, senatori, ministri, presidenti del consiglio, prefetti, e tanti altri che con la mafia avevano scelto di convivere o, peggio, grazie alla mafia avevano costruito carriere e fortune.
Sapevi bene Paolo che questo era il problema dei problemi e non ti stancavi di ripeterlo ai ragazzi nelle scuole e nei dibattiti, come quando il 26 gennaio 1989 agli studenti di Bassano del Grappa ripetesti: Lo Stato non si presenta con la faccia pulita… Che cosa si è fatto per dare allo Stato… Una immagine credibile?… La vera soluzione sta nell’invocare, nel lavorare affinché lo Stato diventi più credibile, perché noi ci dobbiamo identificare di più in queste istituzioni”.
E a un ragazzo che ti chiedeva se ti sentivi protetto dallo Stato e se avessi fiducia nello Stato, rispondesti: No, io non mi sento protetto dallo Stato perché quando la lotta alla mafia viene delegata solo alla magistratura e alle forze dell’ordine, non si incide sulle cause di questo fenomeno criminale”. E proprio perché eri consapevole che il vero problema era restituire credibilità allo Stato, hai dedicato tutta la vita a questa missione.
Nelle cerimonie pubbliche ti ricordano soprattutto come un grande magistrato, come l’artefice insieme a Giovanni Falcone del maxiprocesso che distrusse il mito della invincibilità della mafia e riabilitò la potenza dello Stato. Ma tu e Giovanni siete stati molto di più che dei magistrati esemplari. Siete stati soprattutto straordinari creatori di senso. 
Avete compiuto la missione storica di restituire lo Stato alla gente, perché grazie a voi e a uomini come voi per la prima volta nella storia di questo paese lo Stato si presentava finalmente agli occhi dei cittadini con volti credibili nei quali era possibile identificarsi ed acquistava senso dire “ Lo Stato siamo noi”. Ci avete insegnato che per costruire insieme quel grande Noi che è lo Stato democratico di diritto, occorre che ciascuno ritrovi e coltivi la capacità di innamorarsi del destino degli altri. Nelle pubbliche cerimonie ti ricordano come esempio del senso del dovere.
 Ti sottovalutano, Paolo, perché la tua lezione umana è stata molto più grande. Ci hai insegnato che il senso del dovere è poca cosa se si riduce a distaccato adempimento burocratico dei propri compiti e a obbedienza gerarchica ai superiori. Ci hai detto chiaramente che se tu restavi al tuo posto dopo la strage di Capaci sapendo di essere condannato a morte, non era per un astratto e militaresco senso del dovere, ma per amore, per umanissimo amore.
Lo hai ripetuto la sera del 23 giugno 1992 mentre commemoravi Giovanni, Francesca,Vito SchifaniRocco Dicillo e Antonio MontinaroParlando di Giovanni dicesti: “Perché non è fuggito, perché ha accettato questa tremenda situazione, perché mai si è turbato, perché è stato sempre pronto a rispondere a chiunque della speranza che era in lui? Per amore! La sua vita è stata un atto di amore verso questa sua città, verso questa terra che lo ha generato”. 
Questo dicesti la sera del 23 giugno 1992, Paolo, parlando di Giovanni, ma ora sappiamo che in quel momento stavi parlando anche di te stesso e ci stavi comunicando che anche la tua scelta di non fuggire, di accettare la tremenda situazione nella quale eri precipitato, era una scelta d’amore perché ti sentivi chiamato a rispondere della speranza che tutti noi riponevamo in te dopo la morte di Giovanni.
Ti caricammo e ti caricasti di un peso troppo grande: quello di reggere da solo sulle tue spalle la credibilità di uno Stato che dopo la strage di Capaci sembrava cadere in pezzi, di uno Stato in ginocchio ed incapace di reagire.
Sentisti che quella era divenuta la tua ultima missione e te lo sentisti ripetere il 4 luglio 1992, quando pochi giorni prima di morire, i tuoi sostituti della Procura di Marsala ti scrissero: “La morte di Giovanni e di Francesca è stata per tutti noi un po’ come la morte dello Stato in questa Sicilia. Le polemiche, i dissidi, le contraddizioni che c’erano prima di questo tragico evento e che, immancabilmente, si sono ripetute anche dopo, ci fanno pensare troppo spesso che non ce la faremo, che lo Stato in Sicilia è contro lo Stato e che non puoi fidarti di nessuno. Qui il tuo compito personale, ma sai bene che non abbiamo molti altri interlocutori: sii la nostra fiducia nello Stato”.
Missione doppiamente compiuta, Paolo. Se riuscito con la tua vita a restituire nuova vita a parole come Stato e Giustizia, prima morte perché private di senso. E sei riuscito con la tua morte a farci capire che una vita senza la forza dell’amore è una vita senza senso; che in una società del disamore nella quale dove ciò che conta è solo la forza del denaro ed il potere fine a se stesso, non ha senso parlare di Stato e di Giustizia e di legalità.
E dunque per tanti di noi è stato un privilegio conoscerti personalmente e apprendere da te questa straordinaria lezione che ancora oggi nutre la nostra vita e ci ha dato la forza necessaria per ricominciare quando dopo la strage di via D’Amelio sembrava – come disse Antonino Caponnetto tra le lacrime – che tutto fosse ormai finito.
Ed invece Paolo, non era affatto finita e non è finita. Come quando nel corso di una furiosa battaglia viene colpito a morte chi porta in alto il vessillo della patria, così noi per essere degni di indossare la tua stessa toga, abbiamo raccolto il vessillo che tu avevi sino ad allora portato in alto, perché non finisse nella polvere e sotto le macerie.
Sotto le macerie dove invece erano disposti a seppellirlo quanti mentre il tuo sangue non si era ancora asciugato, trattavano segretamente la resa dello Stato al potere mafioso alle nostre spalle e a nostra insaputa.
Abbiamo portato avanti la vostra costruzione di senso e la vostra forza è divenuta la nostra forza sorretta dal sostegno di migliaia di cittadini che in quei giorni tremendi riempirono le piazze, le vie, circondarono il palazzo di giustizia facendoci sentire che non eravamo soli.
E così Paolo, ci siamo spinti laddove voi eravate stati fermati e dove sareste certamente arrivati se non avessero prima smobilitato il pool antimafia, poi costretto Giovanni ad andar via da Palermo ed infine non vi avessero lasciato morire.
Abbiamo portato sul banco degli imputati e abbiamo processato gli intoccabili: presidenti del Consiglio, ministri, parlamentari nazionali e regionali, presidenti della Regione siciliana, vertici dei Servizi segreti e della Polizia, alti magistrati, avvocati di grido dalle parcelle d’oro, personaggi di vertice dell’economia e della finanza e molti altri.
Uno stuolo di sepolcri imbiancati, un popolo di colletti bianchi che hanno frequentato le nostre stesse scuole, che affollano i migliori salotti, che nelle chiese si battono il petto dopo avere partecipato a summit mafiosi. Un esercito di piccoli e grandi Don Rodrigo senza la cui protezione i Riina, i Provenzano sarebbero stati nessuno e mai avrebbero osato sfidare lo Stato, uccidere i suoi rappresentanti e questo paese si sarebbe liberato dalla mafia da tanto tempo.
Ma, caro Paolo, tutto questo nelle pubbliche cerimonie viene rimosso come se si trattasse di uno spinoso affare di famiglia di cui è sconveniente parlare in pubblico. Così ai ragazzi che non erano ancora nati nel 1992 quando voi morivate, viene raccontata la favola che la mafia è solo quella delle estorsioni e del traffico di stupefacenti.
Si racconta che la mafia è costituita solo da una piccola minoranza di criminali, da personaggi come Riina e Provenzano. Si racconta che personaggi simili, ex villici che non sanno neppure esprimersi in un italiano corretto, da soli hanno tenuto sotto scacco per un secolo e mezzo la nostra terra e che essi da soli osarono sfidare lo Stato nel 1992 e nel 1993 ideando e attuando la strategia stragista di quegli anni. Ora sappiamo che questa non è tutta la verità.
E sappiamo che fosti proprio tu il primo a capire che dietro i carnefici delle stragi, dietro i tuoi assassini si celavano forze oscure e potenti. E per questo motivo ti sentisti tradito, e per questo motivo ti si gelò il cuore e ti sembrò che lo Stato, quello Stato che nel 1985 ti aveva salvato dalla morte portandoti nel carcere dell’Asinara, questa volta non era in grado di proteggerti, o, peggio, forse non voleva proteggerti.
Per questo dicesti a tua moglie AgneseMi ucciderà la mafia, ma saranno altri che mi faranno uccidere, la mafia mi ucciderà quando altri lo consentiranno”. Quelle forze hanno continuato ad agire Paolo anche dopo la tua morte per cancellare le tracce della loro presenza. E per tenerci nascosta la verità, è stato fatto di tutto e di più.
Pochi minuti dopo l’esplosione in Via D’Amelio mentre tutti erano colti dal panico e il fumo oscurava la vista, hanno fatto sparire la tua agenda rossa perché sapevano che leggendo quelle pagine avremmo capito quel che tu avevi capito.
Hanno fatto sparire tutti i documenti che si trovavano nel covo di Salvatore Riina dopo la sua cattura. Hanno preferito che finissero nella mani dei mafiosi piuttosto che in quelle dei magistrati. Hanno ingannato i magistrati che indagavano sulla strage con falsi collaboratori ai quali hanno fatto dire menzogne. Ma nonostante siano ancora forti e potenti, cominciano ad avere paura.
Le loro notti si fanno sempre più insonni e angosciose, perché hanno capito che non ci fermeremo, perché sanno che è solo questione di tempo. Sanno che riusciremo a scoprire la verità. Sanno che uno di questi giorni alla porta delle loro lussuosi palazzi busserà lo Stato, il vero Stato quello al quale tu e Giovanni avete dedicato le vostre vite e la vostra morte.  
E sanno che quel giorno saranno nudi dinanzi alla verità e alla giustizia che si erano illusi di calpestare e saranno chiamati a rendere conto della loro crudeltà e della loro viltà dinanzi alla Nazione.
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