giovedì 30 agosto 2012

Il Quirinale: «Napolitano non è ricattabile Torbida manovra destabilizzante»


Giorgio Napolitano

Il capo dello Stato sulla ricostruzione di Panorama: manipolazioni e falsi. Cancellieri: indignata. Il Csm: attacchi strumentali. Mancino non conferma e non smentisce. La procura: notizie inesatte ma indaghiamo.

ROMA - Il capo dello Stato Giorgio Napolitano reagisce con rabbia alle indiscrezioni del settimanale Panorama sul contenutodelle telefonate con l’ex ministro dell’Interno e vice presidente del Consiglio superiore della magistratura Nicola Mancino intercettate dalla procura di Palermo nell’ambito dell’inchiesta sulle presunte trattative tra Stato e mafia negli anni delle stragi. E mentre Napolitano riceve una solidarietà bipartisan il Pdl e l'Udc chiedono di accelerare sulle intercettazioni.

La ricostruzione di Panorama. Sotto il titolo «Ricatto al Presidente» pubblica una ricostruzione delle chiamate. In realtà non c’è la trascrizione delle intercettazioni. Si tratta invece di una ricostruzione (sulla cui attendibilità non c’è conferma) fatta dai giornalisti del settimanale berlusconiano in rapporto con fonti probabilmente della stessa Procura. In questa ricostruzione si attribuiscono al capo dello Stato frasi su Silvio Berlusconi, Antonio Di Pietro e parte della magistratura inquirente di Palermo. 

«Risibile è la pretesa, da qualsiasi parte provenga, di poter “ricattare” il Capo dello Stato», è il commento in una nota del presidente della Repubblica, che respinge poi con forza «ogni torbida manovra destabilizzante», in riferimento alle ultime indiscrezioni giornalistiche sulle intercettazioni.

«Alle tante manipolazioni si aggiungono così autentici falsi», continua la nota del Quirinale. «La "campagna di insinuazioni e sospetti"» nei confronti di Napolitano «ha raggiunto un nuovo apice», sostiene ancora il colle.

«Il Presidente, che non ha nulla da nascondere ma valori di libertà e regole di garanzia da far valere, ha chiesto alla Corte costituzionale di pronunciarsi in termini di principio sul tema di possibili intercettazioni dirette o indirette di suoi colloqui telefonici, e ne attende serenamente la pronuncia», precisa poi il comunicato del Quirinale. 

Interviene la Procura. 
Sul caso interviene la stessa Procura che non esclude di indagare sulla fuga di notizie precisando: «L'intenzione di disporre accertamenti non significa necessariamente attribuire validità alle notizie che sono state diffuse. Anche la diffusione di una notizia parziale o inesatta rende ipotizzabile che vengano disposti accertamenti in questo senso», ha spiegato il procuratore di Palermo Messineo. Alfredo Mantovano che si era chiesto come potesse il procuratore valutare se aprire un'inchiesta sulla ricostruzione delle conversazioni intercettate tra l'ex ministro Nicola Mancino e il capo dello Stato, «visto che lo stesso magistrato aveva detto che quanto pubblicato sul settimanale non risponde al vero». «Confermo che le anticipazioni non trovano corrispondenza con il contenuto delle telefonate intercettate - aggiunge Messineo - ma ovviamente non intendo fornire particolari sugli elementi di difformità».

Il Viminale. «Chi offende Giorgio Napolitano offende anche il popolo italiano», ha detto il ministro dell'Interno, Annamaria Cancellieri, esprimendo «solidarietà piena e totale al Capo dello Stato come istituzione e anche all'uomo che ha passato una vita in rettitudine». Il ministro dell'Interno ha espresso «la massima indignazione» dopo l'articolo di Panorama. «Ogni italiano - ha sottolineato - dovrebbe provare disprezzo per ciò che sta accadendo». Rispondendo poi ad una domanda su possibili azioni in merito da parte del Viminale, il ministro ha assicurato che «se c'è qualcosa che potrà servire la farò».

Il Csm. Il Comitato di Presidenza del Consiglio Superiore della Magistratura esprime «piena solidarietà al Presidente della Repubblica, oggetto da tempo di attacchi tanto infondati quanto strumentali». «Nel dare atto al proprio Presidente della assoluta correttezza dei suoi comportamenti in tutta la vicenda - sottolineano in una nota il Vice presidente del Csm Michele Vietti, il Primo presidente della Cassazione Ernesto Lupo e il Procuratore generale della Cassazione Gianfranco Ciani - oggetto, ancora di recente, di pretese rivelazioni giornalistiche, il Comitato di Presidenza ricorda in particolare che le conversazioni intercettate non sono nella disponibilità del Capo dello Stato sia perché ancora sottoposte a segreto di indagine, che certo non si potrebbe istigare a violare, sia perché oggetto del conflitto di attribuzione sollevato dinnanzi alla Corte Costituzionale che ne deve decidere liberamente il destino, sia perchè la loro riservatezza attiene direttamente alle prerogative istituzionali e non personali del Presidente della Repubblica».

Mancino. «Io ho mantenuto un mio atteggiamento di carattere istituzionale, non sono io che devo dire se corrisponde al vero o non corrisponde al vero quanto detto da Panorama», commenta Nicola Mancino parlando al Fatto quotidiano. L'ex ministro non conferma e non smentisce la veridicità della ricostruzione pubblicata questa mattina dal settimanale della famiglia Berlusconi. «Gli atti dovrebbero stare secretati e non si capisce chi è che ne ha violato la secretazione», aggiunge. Quanto alla veridicità della ricostruzione di Panorama Mancino non si pronuncia, si limita a dire: «Non lo so, non lo dovete chiedere a me, ma a Panorama. Non dico niente, non intendo scendere nel merito. Quando intendo fare una dichiarazione la faccio tramite agenzie. Se poi il quotidiano ritiene di riprenderla».

Bisognerebbe spiegare alla Cancellieri che noi cittadini onesti non abbiamo ricevuto benefici, come lei, dal Presidente Napolitano, ma solo pesci in faccia. Perchè se un Presidente della Repubblica intende bloccare o fare cancellare le inte
rcettazioni che lo riguardano da vicino è come se prendesse a pesci in faccia i cittadini della sua Repubblica. Se mostrasse un po' più di rispetto nei nostri confronti, forse potremmo anche ricrederci sul suo operato. Se lui, invece di nominare un governo tecnico tenuto sotto scacco da un parlamento di corrotti, avesse prima sciolto le camere, ora forse avremmo di lui una diversa opinione. 
Si chieda invece, sempre la Cancellieri, chi potesse essere a conoscenza del contenuto delle intercettazioni e le abbia divulgate (forse Mancini stesso?), e prenda seri provvedimenti! 
Siamo stanchi di prese in giro! Non siamo noi i responsabili della situazione nella quale ci troviamo: noi siamo solo le vittime della pessima gestione di un Governo che non funziona, a cominciare dal Quirinale! 
By Cetta.

GRILLO PAGATO IN NERO? ECCO LA FATTURA CHE LO SCAGIONA .



La notizia è destituita da ogni fondamento. Ecco la fattura che lo dimostra.

"L'accusa mossami da Giovanni Guerisoli sui 10 milioni cash in nero è totalmente infondata. Sarà querelato dai miei avvocati al più presto". Lo scrive su twitter Beppe Grillo, rispondendo così alle parole di Giovanni Guerisoli che ieri alla "Zanzara" aveva accusato Grillo di avere chiesto, per uno spettacolo, 10 milioni di lire cash senza fattura.

In merito alla notizia riportata da alcuni quotidiani su un presunto compenso in nero percepito da Grillo per la partecipazione ad una iniziativa sindacale, la Cisl precisa in una nota che la notizia è destituita da ogni fondamento. "L'evento sindacale a cui fu invitato anche Beppe Grillo dalla Cisl, si svolse a Rimini il due febbraio del 1996. In nessuna altra occasione Beppe Grillo ha partecipato ad iniziative della Cisl".

Cisl allega anche il programma della manifestazione di Rimini del 1996 e riconferma che in quella occasione fu regolarmente emessa dall'impresario di Beppe Grillo una regolare fattura come quietanza, fattura tuttora conservata negli archivi della Cisl. 


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Nel video, la replica di Bonanni che smentisce le dichiarazioni di Giovanni Guerisoli: 


Fonte: Agi 


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http://www.cadoinpiedi.it/2012/08/30/grillo_pagato_in_nero_ecco_la_fattura_che_lo_scagiona_-_foto.html

Ha, ha, ha...hanno paura, ma quanta paura...

Foto: ....NEMMENO COSI' CI FERMERETE.......:D....(RoRò)...

https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10151118582099351&set=a.410327984350.187934.209242939350&type=1&theater

Il Colle al telefono secondo Panorama: “Insulti a B, Di Pietro e pm di Palermo”.


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Silvio Berlusconi è preoccupato per la sentenza Ruby e preme per le elezioni anticipate a novembre. E il settimanale di famiglia pubblica una "ricostruzione esclusiva" senza virgolettati delle intercettazioni tra Giorgio Napolitano e Nicola Mancino. Per Ingroia "è un ricatto al Presidente della Repubblica".
Si tratterebbe di una “ricostruzione esclusiva” delle telefonate tra il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino intercettate nell’inchiesta della Procura di Palermo sulla presunta trattativa Stato-mafia. Il settimanale Panorama in edicola oggi pubblica le “indiscrezioni sul contenuto delle conversazioni tra Napolitano e Mancino” nelle quali, sempre secondo il giornale della famiglia B, sarebbero stati espressi “giudizi e commenti taglienti su Silvio BerlusconiAntonio Di Pietro e parte della magistratura inquirente di Palermo”. Nella ricostruzione non ci sono virgolettati (“avventurarsi nei virgolettati è un esercizio pericoloso e soggetto a facile smentita, dal momento che non esistono tracce di questi colloqui nelle carte processuali” scrive l’autore dell’articolo Giovanni Fasanella), ma nel sommario del pezzo dedicato alla vicenda si legge: “Nel tentativo di delegittimare il presidente della Repubblica, alcuni giornali fingono di avanzare ‘ipotesi di scuola’ che tanto somigliano alla verità. Ma finiscono per dare concretezza a un tentativo di ricatto”. Il riferimento va in particolare al Fatto Quotidiano e a Repubblica, e nell’articolo la ricostruzione parte dagli interventi di Ezio MauroMarco Travaglio e Adriano Sofri che nei giorni scorsi hanno alimentato il dibattito politico, specie sul conflitto di attribuzioni sollevato dal Colle in merito all’intercettabilità del Capo dello Stato. Per il pm Antonio Ingroia quello di Panorama (giornale che in passato “ha tirato a indovinare” ha detto il magistrato di Palermo) è “un ricatto” ai danni del Presidente della Repubblica.
Fatto sta, che la ricostruzione dal settimanale arriva in un momento delicato per il Cavaliere, preoccupato per la sentenza sul caso Ruby. La prossima udienza è fissata per il 5 ottobre ed entro Natale ne sono previste altre dieci. Rimangono da sentire 99 testimoni “pro Berlusconi”, come ricorda oggi Repubblica, per cui basterebbero “cinque udienze”. In tutto, quaranta ore. Quindi significa che “la sentenza potrebbe arrivare tranquillamente entro l’anno”. Da qui l’urgenza dell’ex premier di spingere per le elezioni anticipate a novembre, che potrebbero metterlo al riparo da un’eventuale condanna. L’urgenza delle urne è stata ribadita anche qualche giorno fa dal segretario del Pdl Angelino Alfano che al Corriere della Sera ha dichiarato: “Silvio Berlusconi che guida una campagna elettorale che punta al pareggio? Noi corriamo per vincere e governare”.
Nell’articolo sulle presunte “ricostruzioni”, il settimanale oggi in edicola aggiunge: “Diverse fonti hanno confermato a Panorama nei giorni che hanno preceduto gli interventi di Mauro, Travaglio e Sofri che il contesto da loro delineato, e abilmente dissimulato, è molto prossimo alla verità. Per essere ancora più espliciti: le telefonate dirette tra il capo dello Stato e Mancino risalirebbero al periodo dell’ultima crisi di governo (siamo agli sgoccioli del 2011) con corollario di giudizi su diversi protagonisti di quella fase, alcuni dei quali molto ruvidi e ovviamente impossibili da rintracciare nelle dichiarazioni ufficiali dell’epoca o successive”. Ma delle telefonate non c’è traccia e l’articolo prosegue con le ipotesi e la convinzione che “la pubblicazione di robusti giudizi su leader politici finirebbe per collocare le parole del Capo dello Stato fuori dal contesto in cui sono pronunciate”. E se invece venissero pubblicate? “Finirebbero inevitabilmente per aumentare un clima già rovente, con effetti destabilizzanti non solo per la tenuta e il ruolo terzo del Quirinale, ma anche per l’attuale governo”.
Sulla vicenda interviene anche il procuratore di Palermo Francesco Messineo che puntualizza: ”Valuteremo, quando avremo acquisito tutti gli elementi utili, se aprire un’inchiesta sulla fuga di notizie perchè è evidente che c’è stata una rivelazione di cose coperte dal segreto istruttorio”. Se debbano indagare Palermo o Caltanissetta,  dal momento che, in via teorica, non può escludersi che il presunto responsabile della fuga di notizie possa essere stato un pm palermitano Messineo considera “prematuro interrogarsi ora su chi sia competente a indagare” e smentisce comunque che la ricostruzione delle telefonate fatta da Panorama corrisponda al loro reale contenuto.
Parla di “regole del diritto calpestate” l’ex ministro degli Esteri Franco Frattini perché “in questo caso le intercettazioni indebitamente raccolte e poi pubblicate riguardano addirittura conversazioni del Capo dello Stato”. Eppure Panorama non ha pubblicato nessuna intercettazione. Nonostante questo Frattini prosegue: “Intercettazioni – aggiunge – che si dovevano distruggere subito, e non raccogliere per ulteriori valutazioni, e che – come in molti altri casi, anzitutto nei confronti di Berlusconi premier – sono finite sui giornali”. Secondo l’ex ministro con le “ricostruzioni esclusive” del settimanale “si vuole colpire la funzione e la persona del presidente Napolitano per destabilizzarne il ruolo sinora esercitato – prosegue Frattini – e che nei prossimi mesi dovrà ancora esercitare, per la gestione della difficile crisi italiana. Occorre tenere giù le mani dalla istituzione (e dalla persona) che presidia al massimo livello in questa fase complessa per l’Italia le garanzie costituzionali per tutti i cittadini”. 
Le ‘rivelazioni’ del settimanale Panorama sono utili, secondo il senatore del Pdl Sandro Bondi, perché “confermano tre punti indiscutibili: in primo luogo che nessuna autorità istituzionale nel nostro Paese ha saputo mantenere un profilo completamente indipendente dalle battaglie politiche; in secondo luogo le azioni internazionali e nazionali esercitate allo scopo di giungere alla formazione di un governo presieduto dal prof. Monti sono approdate, come nel 1994, con il rovesciamento della volontà popolare; infine la necessità ormai indifferibile di una legge che tuteli la riservatezza delle comunicazioni personali, dal Presidente della Repubblica fino al più semplice cittadino”. 
Anche Repubblica sottolinea che lo ‘scoop’ di Panorama “non cita tra virgolette il testo delle intercettazioni. Si limita a ipotizzare per sommi capi gli argomenti e precisa come mai spunti anche il nome di Berlusconi nei colloqui: le conversazioni si riferirebbero al periodo novembre-dicembre 2011, cioè al momento delle dimissioni del Cavaliere e all’insediamento del governo Monti. Inoltre il direttore di Panorama Giorgio Mulè, nell’editoriale, “spiega che è proprio il clima di allusioni alimentato dai pm a prefigurare un tentativo di condizionamento del capo dello Stato. Per questo, scrive, “basta giochetti, le ipocrisie fanno solo il gioco dei ricattatori”. 
Per il quotidiano Il Tempo, invece, si tratta di “un piatto avvelenato” o di “una bomba che farà un gran rumore”. E domanda: “Da dove sono uscite le intercettazioni pubblicate da Panorama? Antonio Ingroia, prudentemente, mette le mani avanti: ‘Qualcuno sapeva, a partire dagli stessi indagati, di aver parlato con varie persone, anche con il Capo dello Stato. Lo sapeva non solo chi indagava, ma anche chi aveva parlato al telefono. Sapeva con chi e cosa aveva detto, non escludiamo anche questo’”. Inoltre per il pm “qualora le intercettazioni che sono pubblicate fossero corrispondenti al contenuto e questo va accertato, bisognerà capire anche da chi sono uscite. Sarebbe un gravissimo illecito, e la Procura di Caltanissetta dovrebbe accertare responsabilità, visto che fra i sospettati ci sarebbero anche magistrati di Palermo. Ma noi abbiamo la coscienza a posto, non abbiamo messo in giro le intercettazioni”.

«Il Colle spinse Boccassini» - Ulisse Spinnato Vega


Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.


La telefonata di Napolitano a Caltanissetta.
Si aggiunge un nuovo capitolo sulla presunta ingerenza del Colle nella gestione delle indagini sulla trattativa Stato-mafia e sui fatti del '92-'93. Questa volta sotto la lente non è la procura di Palermo, ma quella di Caltanissetta a cui il presidente Giorgio Napolitano telefonò per perorare l'applicazione all'inchiesta su via D'Amelio di Ilda Boccassini. Operazione ideata dal procuratore nazionale antimafia Piero Grasso.
La polemica sollevata intorno al capo dello Stato non accenna quindi a placarsi. E continua a dividere stampa e opinione pubblica.
IL RUOLO DELLA PROCURA NISSENA.Esiste infatti un precedente finora inedito e un po’ più datato rispetto agli eventi del 2012.
Da quanto risulta a Lettera43.it, si tratta di una telefonata fatta tre anni fa dal presidente della Repubblica in persona al procuratore capo nisseno, Sergio Lari (che ha smentito l'indiscrezione), in relazione alle nuove indagini su via D’Amelio.
Un evento che se paragonato alle mosse di Mancino e del consigliere del Quirinale, Loris D’Ambrosio, poteva avere effetti ben più clamorosi  per le inchieste sui fatti del ’92-’93.

La nuova inchiesta e le presunte pressioni del Colle

Nel 2009, stando alla ricostruzione fornita dalle fonti, la procura di Caltanissetta riaprì i faldoni sulla strage di Via D’Amelio dopo che le dichiarazioni del pentito Gaspare Spatuzza avevano mandato in frantumi l’impianto di tre processi con tanto di sentenze definitive.
GRASSO PUNTA SU BOCCASSINI. Il procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, accarezzò a quel punto l’idea (in nome del coordinamento tanto evocato anche tre anni dopo da Mancino al telefono con D’Ambrosio) di applicare alla nuova indagine il giudice Ilda Boccassini, spostandola così da Milano a Caltanissetta. E in maggio lo comunicò ai magistrati nisseni.
L’esperta toga napoletana era stata infatti tra i primi, verso la fine del 1994, a intuire il bluff del falso pentito Vincenzo Scarantino intorno al quale erano state costruite le vecchie inchieste sulla strage di Via D’Amelio e, secondo Grasso, avrebbe potuto dare, ancora una volta, un contributo importante alla nuova indagine basata sulla fonte Spatuzza.
LA TELEFONATA A LARI. Alte cariche istituzionali appoggiarono la manovra del procuratore antimafia e, nella primavera del 2009, elemento finora mai trapelato, Napolitano in persona si mosse: il capo dello Stato chiamò infatti almeno una volta il procuratore Lari per perorare presso i magistrati nisseni la soluzione Boccassini. E fornì, dunque, un’altissima copertura istituzionale all’operazione voluta da Grasso.

Il cavillo che poteva compromettere l'intera indagine

Operazione che tuttavia spiazzò, irritò e preoccupò non poco le toghe di Caltanissetta. Infatti Boccassini, avendo già partecipato all’inchiesta sulla morte di Borsellino e dei suoi uomini incardinata sul depistaggio Scarantino-Candura, era testimone dei fatti in oggetto e non poteva certo occuparsene di nuovo.
Si trattava di un dettaglio, un vizio di forma che poteva generare delle incompatibilità e al quale un qualunque azzeccagarbugli avrebbe potuto aggrapparsi per far saltare l’intera indagine.
MANOVRA SVENTATA. L’incauta manovra Grasso, che sarebbe stata appoggiata (c’è da supporre in assoluta buona fede) da Napolitano in persona, venne per fortuna sventata dallo stesso pool di Caltanissetta che passò al contrattacco e nel giugno 2009 decise di interrogare Boccassini come persona informata dei fatti.
Quelle otto pagine scarse di verbale salvarono al tempo l’inchiesta perché crearono una condizione ostativa formale, facendo sì che Boccassini non potesse essere applicata alla nuova indagine su via D’Amelio.

Trattativa, ricostruzioni ‘esclusive’ di Panorama. Ingroia: “Ricatto”.


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Anche il leader Idv d'accordo con il pm della procura siciliana. Per settimanale della famiglia Berlusconi nelle telefonate tra Mancino e Napolitano ci sarebbero "giudizi e commenti taglienti su Silvio Berlusconi, Antonio Di Pietro e parte della magistratura inquirente di Palermo".

“Se così fosse sarebbe un grave illecito”. Di più: “Un ricatto”. Ha reagito così il procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia, interpellato sulleanticipazioni del settimanale Panorama, che oggi in edicola ha pubblicato “una ricostruzione esclusiva” delle telefonate tra il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, e l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino. Quelle telefonate sono diventate caso politico e oggetto di un ricorso che lo stesso Napolitano ha promosso di fronte alla Consulta contro i pm di Palermo che indagano sulla presunta trattativa Stato-mafia. Per ora il Quirinale ha preferito non commentare le indiscrezioni giornalistiche.
Il settimanale ha pubblicato una sua “ricostruzione delle telefonate”, aggiungendo quali sono gli argomenti trattati nelle conversazioni. Scrive che si tratta di “giudizi e commenti taglienti su Silvio Berlusconi, Antonio Di Pietro e parte della magistratura inquirente di Palermo”. Proprio Antonio Di Pietro, tra l’altro, alla notizia dell’anticipazione è nuovamente tornato sulla vicenda: “Probabilmente – ha detto il leader dell’Idv – Napolitano si sarà lasciato scappare qualche parolaccia di troppo nei confronti dei magistrati di Palermo e questo, detto dal presidente del Csm, non appare opportuno”. Secondo il leader Idv “lo avrà fatto per delle ragioni sue personali”, e ha invitato il Capo dello Stato a ritirare il ricorso. E si è detto d’accordo con Ingroia, parlando anche lui di “ricatto”
In serata Ingroia ha però sottolineato come “in passato Panorama ha tirato ad indovinare”. Le indiscrezioni sulle intercettazioni – dice il magistrato, che ha anche ricordato come il presidente Scalfaro nel 1997, intercettato, non sollevò alcun conflitto – sono iniziate ad uscire sul settimanale già da tempo. “Qualcuno sapeva, a partire dagli stessi indagati, di aver parlato con varie persone, anche con il Capo dello Stato. Lo sapeva non solo chi indagava, ma anche chi aveva parlato al telefono”. Duro contro il pm della procura di Palermo il capogruppo Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto, secondo cui”Ingroia sta mettendo le mani avanti rispetto al disastro politico e istituzionale che lui ed altri della procura di Palermo hanno combinato”, aggiungendo che “c’é qualcuno che ha giocato in modo irresponsabile ad un attacco alle istituzioni e adesso cerca goffamente di cancellare le impronte”.
Un’ulteriore indiscrezione è circolata su “Lettera 43″. Il quotidiano online riferisce di una presunta telefonata di Napolitano al procuratore di Caltanissetta, Sergio Lari, nel 2009 per “spingere” l’applicazione del pm di Milano Ilda Boccassini alla procura nissena che indaga sulla strage di via D’Amelio in cui morì Borsellino. Ma Lari ha smentito “categoricamente” qualsiasi “pressione dal Quirinale” sulla Boccassini e “in generale sulle indagini relative alla trattativa condotte dal mio ufficio”. Un anno dopo l’inizio della collaborazione del pentito Gaspare Spatuzza, ha spiegato Lari, “il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso mi propose l’applicazione della Boccassini alle indagini sulla strage di via D’Amelio. Io risposi dicendo che, pur riconoscendo le grandi doti della collega, ritenevo inopportuna l’applicazione in quanto si era occupata già dell’inchiesta (Boccassini ha lavorato a Caltanissetta tra il ’92 e il ’94, ndr) e avremmo dovuto sentirla come testimone. La cosa finì lì. Ma ci tengo a ribadire che né Napolitano né il suo staff si è mai occupato della vicenda”.

Speriamo!



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