domenica 6 gennaio 2013

...e cose da Lega Nord...



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Cose da Pdl.



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Rimborsi e benefit, aperta inchiesta sul gruppo della Lega Nord al Senato.


La segretaria del tesoriere parla con la procura di Roma, aperta un'inchiesta su stipendi extra, benefit e affitti.

Assegni poco chiari, stipendi extra, conti delle carte di credito, affitti pagati con i fondi erogati dal Senato della Repubblica e destinati ai gruppi parlamentari. Secondo quanto riporta La Repubblica, curata dal sostituto Roberto Felici, la procura di Roma avrebbe aperto un'inchiesta nei confronti del gruppo della Lega Nord, per fare chiarezza su presunte irregolarità nella gestione delle risorse pubbliche. Il Carroccio ha ricevuto rimborsi per 15 milioni, tre all'anno nell'ultima legislatura. Gli inquirenti sono in fase di riscontro, ma l'inchiesta starebbe procedendo piuttosto spedita.
LE PAGHETTE - Il quotidiano fa riferimento a "paghette" ricevute, tra gli altri, dall'ex ministro Roberto Calderoli (duemila euro mensili, ritirati in contanti dal dicembre 2011), dal capogruppo Federico Bricolo (affitto, 1250 euro, pagato e copertura della carta di credito) e dai suoi fedelissimi Lorenzo Bodega e Sandro Mazzatorta. A raccontare tutto alla procura sarebbe stata Manuela Maria Privitera, segretaria di Piergiorgio Stiffoni, tesoriere del gruppo: la donna aveva la gestione diretta dei fondi pubblici ottenuti. Dalla sua deposizione dello scorso 27 novembre emergerebbe un dettagliato resoconto, completo di allegati e ricevute, sulla gestione dei fondi da parte del gruppo del Carroccio al Senato.

sabato 5 gennaio 2013

MONTI ALLO SBARAGLIO. - KTHRCDS



Da alcune settimane Monti rimbalza tra una gaffe e un qui pro quo con l'usuale aplomb da impresario di pompe funebri che lo contraddistingue. Ieri ha detto che Bersani dovrebbe “silenziare” le componenti “conservatrici” della sinistra, ossia Vendola e persino Fassina, colpevole, quest'ultimo, di aver criticato l'agenda Monti. L'aspetto divertente della faccenda è che le critiche di Fassina sono in pratica la fotocopia degli ultimi report del Fmi. L'aspetto tragico è l'analogia con Mussolini che,riferendosi ad Antonio Gramsci, ordinò di “spegnere quella mente”.

Monti definisce volutamente conservatore chi, a sinistra, si ostina a parlare di diritti dei lavoratori – ma ne parlano solo -, volendo indicare con ciò che tali valori sono superati, e quindi da oltrepassare con opportune riforme, le sue.

Come ricordato da Dino977 ( 3 gennaio 2013 11:52), sembra di essere tornati agli anni '50, ai tempi di Clare Boothe Luce, attrice di successo, moglie di Henry Luce, editore delle riviste TimeLife e Fortune, e braccio destro del presidente Eisenhower, che la nominò ambasciatrice a Roma nel '53, e dove rimase fino al '56. Visceralmente anticomunista, interferì pesantemente e offensivamente negli affari interni italiani. Propose, tra l'altro, di troncare i rapporti commerciali con quelle aziende i cui operai fossero iscritti, per la maggior parte, alla Cgil. 

Sul New Yorker Gore Vidal la descrisse come «una Scarlet O' Hara ante litteram, a un tempo mangiatrice d'uomini e carrierista. La Claire pubblica fu una fanatica anticomunista, "il guerriero di Dio e dei ricchi che da sola salvò l'Italia, serenamente inconsapevole del fatto che il Pci in realtà non era interessato all'abolizione delle classi". [Vidal le riconobbe] che fu tra i primi americani a denunciare l'antisemitismo nazista. [ma ricordò che] non smise di assumere droga, che prese peraltro saltuariamente, neanche a ottant'anni. Paradossalmente, la Giovanna d'Arco dell'anticomunismo, che varò una massiccia campagna di finanziamenti occulti alla Dc e agli altri partiti di centro in Italia, non avvertì mai il contrasto tra i suoi vizi e l'ardente cattolicesimo a cui si era convertita».

La strategia comunicativa del professore in loden, però, scricchiola sempre più. Ieri sera, ad esempio, a 8 e ½Ilvo Diamanti rilevava che Monti “si comporta ormai come un politico berlusconiano”, e questa mattina persino Mineo notava che “gli italiani stimano Monti, ma non significa che lo voteranno”.

Gli unici a concedere illimitate aperture di credito a Monti sono Casini e quelli del Pd, anche se le sue ultime dichiarazioni hanno fatto sorgere tra i suoi dirigenti il sospetto che sostenere ad libitum il quisling de noantri non sia poi quella strategia così brillante che sembrava solo qualche mese fa, e che potrebbe portare ad un poco lusinghiero risultato elettorale.

E intanto Berlusconi continua a dare spettacolo. A modo suo è un grande interprete: con lui rinasce il vaudeville – non se ne sentiva il bisogno, ma tant'è. Incipriato e inceronato come ai tempi del cinema muto, la mummia di Arcore affronta le luci della ribalta televisiva con il doppiopetto scuro d'ordinanza, e il consueto bagaglio di slogan da piazzista porta a porta, battute da oratorio, barzellette da caserma e la consueta, e l'immarcescibile faccia di bronzo. Il tutto nella cornice di un'ignoranza abissale.

A proposito di spettacolo. Ieri sera a 8 e ½ c'era anche un Oscar Giannino in cui si è attenuato lo spirto guerrier ch'entro gli rugge. Bisogna capirlo: anche lui ormai è consapevole che la sua lista Fermare il declinoandrà incontro ad un fiasco di proporzioni considerevoli, sta cercando di sganciarsi da sé stesso. 
Memorabile il suo invito a “rimboccarsi le maniche” per risollevare l'Italia – o qualcosa del genere. 

http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=11301

LOST. - Danilo Arona




Los Roques sono quelle trecento isolette, mai così tristemente famose, al largo del Venezuela, meta quotidiana di vacanzieri che le hanno scoperte soprattutto in rete. A causa della media scarsità di vegetazione le chiamano "le Isole della Luce" e, come recita un'ambigua e un po' sinistra scritta di benvenuto leggibile dall'alto dalle avionetas in fase di atterraggio a Gran Roque, "se credete nel paradiso questo è il vostro posto".

Nel 2004 ho ambientato a Los Roques un frammento di Palo Mayombe, uno dei miei vari romanzi, di certo uno dei miei più intimi e più sofferti. Occorre da parte mia precisare il significato di parole come "intimità" e "sofferenza" a proposito di una creazione letteraria: per me, credo di confessarlo per la prima volta, significa collegarsi con certe zone ultradimensionali (dove regna, appunto, la luce oscura) per mezzo di una channeller che vive e lavora in Bassavilla (e della quale non posso dire nulla) e lasciar aperte le porte a concetti, visioni e presagi che entrano "al di qua".

Quale sia la tecnica non lo so proprio; mi si dice che ogni channeller ha la sua e spesso trattasi d'istinto. Ma sono anche certo che parecchi scrittori operano canalizzazioni senza neppure rendersene conto. Sono sicuro di quel che affermo perché mi ci sono confrontato con parecchi "colleghi": non sono l'unico a connettermi con quei posti, che vanno dal "basso astrale" alle terre d'ombra. Se al momento ci capite poco, pazientate e andate magari a rileggervi Session 9. Più in là, se questa rubrica avrà la fortuna e l'ardire di proseguire, ne capirete di più. Alla fine, però, non avrete capito tutto. C'è gente che certe cose non le comprende neppure dopo la morte.
Torniamo a Palo Mayombe. A pag. 117 uno dei vari "io narranti" (il Cacciatore, un investigatore privato un po' troppo compromesso con le forze del male) dichiara:

E' nella luce, nella luce alla sua massima potenza, forse quando è mezzogiorno, che vivono i demoni più pericolosi. Il fulcro del Palo Mayombe è l'animismo. Non c'è cosa, animata o inanimata, che non possieda il suo spirito. Anche la luce ne possiede uno e, a quanto pare, è il più letale.
Se un demone decide di trasferirsi in un'Isola della Luce, state certi che ogni spirito dell'aria di quel luogo paradisiaco sarà in breve tempo imprigionato nel sacro Nganga. Presto tutto l'arcipelago, cui appartiene la disgraziata isola, sarà invaso da spiriti maligni che, dopo il magico trattamento nel pentolone, vagheranno in lungo e in largo alla ricerca di esseri umani da distruggere. Semplificata in questo modo, la storia fa un po' ridere, me ne rendo conto. Ma gli spiriti vaganti sono tipi comunissimi e molto stronzi, contro i quali si può andare a sbattere in ogni angolo del pianeta. 

Lo scrivevo nel 2004 e da parte mia era ovvia e pura fantasia. Il fatto che io debba constatare (oggi) che allora sulla luce di Los Roques non si erano ancora allungate le ombre tragiche del volo Transaven YV2081, quello del 4 gennaio con gli otto italiani scomparsi (dicono in mare), non implica - va da sè - che esistano rapporti reali e fattuali tra Palo Mayombe e i tragici avvenimenti che verranno qui riportati. 
Allora, qualcosa era già successo vicino a Los Roques, per la precisione il 2 marzo 1997. Un evento analogo che aveva risucchiato nell'identico nulla degli ultimi scomparsi una coppia di giovani sposi connazionali, Mario Parolo e Teresa De Bellis. Volo Chessna 402 YV784. Mario e Teresa si erano imbarcati più o meno alle dieci del mattino assieme all'avvocato Antonio Anez, rappresentante di Amnesty International, la sua compagna Graciela Lugo e un australiano che si chiamava Robert Wood Bradley. In volo l'aereo ne seguiva altri due della stessa compagnia che effettuavano il medesimo tragitto. Ma a cinque chilometri da Gran Roque, i piloti dei primi Chessna si resero conto che il terzo era scomparso dalla rotta e non rispondeva più alle chiamate radio. Il tenente colonnello Mijares, capo della Divisione ricerca e salvataggio dell'Aeronautica militare del Venezuela, ricostruì le fasi della ricerca. Rodriguez, il pilota, aveva mantenuto il contatto radio fino alle 10:18 senza mai segnalare guasti meccanici o avverse condizioni meteorologiche. Nell'ultima comunicazione aveva indicato la sua posizione: 50 miglia nautiche a nord di Maiquetia, radiale 0.20, altitudine 5.000 piedi. Poi il silenzio.

La mattina del 3 marzo 1997 a 40 miglia a nord di Maiquetia veniva recuperato un cadavere. Quello dell'australiano Robert Wood Bradley. Mostrava la testa fracassata, diverse fratture agli arti, ma nei suoi polmoni non c'era traccia di acqua. Segno che Bradley era morto prima di cadere in mare. 
Nessuna traccia del Chessna, tanto che qualcuno iniziava a ipotizzare il sequestro del velivolo: pare che il Chessna volasse sulla rotta dei narcotrafficanti che commerciano con il Centro America, e che quel tipo di apparecchio fosse già stato sequestrato altre volte in passato. Del resto, a bordo dell'aereo, che ha nove posti, avrebbero potuto esserci altri tre passeggeri, ma all'imbarco non era stata fatta alcuna registrazione e non era uindi possibile accertarlo. 
Se l'aereo fosse precipitato o esploso in volo, si sarebbero trovati frammenti a pelo d'acqua o, perlomeno, macchie di carburante in mare. Le informazioni che le autorità comunicarono di volta in volta alle famiglie dei dispersi apparvero contraddittorie. Lo testimoniarono gli articoli apparsi sulla stampa locale: El Universal di Caracas il 4 marzo titolava "Recuperato il cadavere del passeggero australiano del piccolo aereo incidentato - L'incidente sarebbe avvenuto molto vicino all'arcipelago Los Roques); e il giorno successivo, "Hanno localizzato a sud-est di Los Roques i resti del piccolo velivolo." Ma il titolo del 14 marzo era molto diverso: "Avioneta desaparecida pudo ser secuestrada - Autoridades comienzan a descartar tesis del accidente" (L'aereo scomparso potrebbe essere stato sequestrato - Le autorità cominciano a scartare la tesi dell'incidente). 

Non è una novità, anche se per motivi "turistici", se ne scrive il meno possibile. Ma le "isole della luce" si trovano in una zona in cui sono frequenti sequestri e incidenti aerei. Dal '97 a oggi i voli inghiottiti dal nulla, compreso l'ultimo del 4 gennaio, risultano essere 34. 
Per il più recente volo fantasma i fatti sono noti. Spariscono otto italiani, uno svizzero e tre venezuelani. Più i due piloti e, ovvio, l'aereo. Ma il 14 gennaio, al largo dello Stato venezuelano di Falcon, viene ritrovato un cadavere e non lontano (400 mt) il giubbetto salvagente usato dalla compagnia Transaven. Si tratta del cadavere del copilota Osmel Alfredo Avila Otamendi. L'autopsia stabilisce che la causa del decesso è avvenuta per contusioni. Il cadavere mostra lo sterno fracassato, è privo di quattro denti, ha lacerazioni su tutto il corpo e diverse fratture agli arti. Ma nei suoi polmoni non c'è acqua, segno che il copilota è morto prima di cadere in mare. Proprio come nell'incidente del '97. Proprio come l'australiano Robert Wood Bradley. Né quest'ultimo né il pilota dell'avioneta sono morti annegati. Stavano in acqua, ma non sono annegati. 
La mia amica channeller sostiene che negli ultimi anni tutti i demoni più pericolosi stanno nella luce e per questo non li vediamo. Sono fatti proprio di "luce oscura", come il casuale titolo della nostra rubrica, e qualcuno ogni tanto sulla Terra, qui e là, riesce a percepirli. Dilagano - dice lei - si moltiplicano e si nutrono della morte delle persone. Si concentrano laddove in ogni mare del modo esistono "isole della luce" e dove la gente si ammassa per tuffarsi nell'acqua e abbronzarsi sulla sabbia. 

Lo scrittore che vivacchia in me ne trae ispirazione. Il ricercatore vi si accosta con prudenza. L'uomo, un vecchio frammento residuale di materialismo storico, non vuole crederci. Ma nell'ottobre 2006 una donna italiana, incinta, era stata aggredita nella sua stanza d'albergo a Gran Roque e uccisa a pugni e calci. Demoni o uomini, a volte l'equazione è nulla. Ma da Malindi a Tobago, da Capo Verde a Sagres, "loro" continuano a colpire. "Con discrezione", dice la mia amica channeller, "perché di quegli eventi purtroppo tragici, ma statisticamente nella norma, ci si dimentica quasi subito." Sommersi dal Grande Fratello, dal super-euro e dalle elezioni italiane in stile Alien Versus Predator.


http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=4439

Evasione in Svizzera, la più antica banca elvetica paga il conto agli Usa e chiude. - Chiara Merico


Evasione in Svizzera, la più antica banca elvetica paga il conto agli Usa e chiude


Wegelin & Co ha ammesso le proprie responsabilità davanti alla corte distrettuale di Manhattan. In base all’accordo di patteggiamento verserà 57,8 milioni di dollari tra multe e risarcimenti, per aver permesso ai suoi clienti americani, tra il 2002 e il 2010, di evadere le tasse su un totale di 1,2 miliardi di dollari di redditi.

Ha due secoli e mezzo di vita la prima vittima eccellente della guerra tra il fisco di Washington e le banche svizzere, accusate di aver aiutato i loro clienti statunitensi a evadere le tasse attraverso un sistema di conti segreti.  Wegelin & Co., la più antica banca privata elvetica, ha fatto sapere che chiuderà i battenti: quando era nata, nel 1741, gli Stati Uniti erano ancora una colonia inglese.
L’istituto ha annunciato di voler cessare l’attività poche ore dopo aver ammesso le proprie responsabilità davanti alla corte distrettuale di Manhattan: in base all’accordo di patteggiamento, Wegelin ha accettato di pagare 57,8 milioni di dollari tra multe e risarcimenti, per aver permesso ai suoi clienti americani, tra il 2002 e il 2010, di evadere le tasse su un totale di 1,2 miliardi di dollari di redditi.
Durante il processo, il manager svizzero Otto Bruderer aveva ammesso che la banca “era consapevole di agire scorrettamente” nel momento in cui aveva sottoscritto gli accordi con i clienti americani. Quando a febbraio la banca era stata formalmente incriminata dalla giustizia statunitense e i suoi vertici non si erano presentati davanti alla corte, in pochi si attendevano che la vicenda si concludesse con un accordo, anche se resta ancora aperta la procedura nei confronti dei tre manager Michael Berlinka, Urs Frei e Roger Keller.
Secondo diversi analisti, il processo contro Wegelin rappresenta un punto di svolta nella battaglia che da anni le autorità Usa conducono contro il totem del segreto bancario svizzero. “Non è chiaro se Wegelin sarà costretta a rivelare i nomi dei clienti evasori – ha spiegato alla Reuters l’ex procuratore federale Jeffrey Neiman -. Certo è che il Dipartimento di giustizia sta combattendo duramente le banche straniere che hanno aiutato i cittadini americani a evadere le tasse”.
Wegelin non è la prima banca a finire sotto la lente della giustizia americana per reati fiscali. Nel 2009 era stato il turno del più grande istituto svizzero, Ubs, che aveva patteggiato una multa di 780 milioni di dollari e aveva rivelato i nomi di 4.450 correntisti statunitensi, presunti evasori. Lo scorso luglio Credit Suisse aveva fatto sapere di essere finita sotto indagine, e secondo fonti di stampa anche la Julius Baer di Zurigo, l’inglese HSBC e le israeliane Hapoalim, Bank Leumi e Mizrahi-Tefahot Bank, sarebbero nel mirino dell’Irs (Internal Revenue Service, il fisco americano).
La lotta all’evasione internazionale, è diventata una priorità e le autorità statunitensi sono sempre meno disposte a tollerare scorciatoie di vario genere. Nel caso di Wegelin, la banca svizzera non aveva filiali fuori dalla Confederazione, e per interagire con i clienti statunitensi si serviva degli uffici di Ubs. Il manager Bruderer ha dichiarato in tribunale che per questo motivo Wegelin “non credeva di poter essere incriminata negli Stati Uniti, dato che non possiede uffici in territorio americano e che ha agito secondo le leggi della Confederazione elvetica, seguendo una linea di condotta comune ad altri istituti”. Non è stato così, e ora le regine svizzere del credito iniziano a preoccuparsi.

Marò italiani, spunta la perizia del finto ingegnere targato Casapound. - Luca Pisapia


Marò italiani, spunta la perizia del finto ingegnere targato Casapound


Un articolo sul sito dei Wu Ming fa scattare la controinchiesta sul web. Che smonta le tesi innocentiste prese per buone dai media e dalla politica. E svela il ruolo di Luigi Di Stefano, autore di un documento "tecnico" che scagiona i due militari dall'uccisione dei pescatori indiani. "La laurea? Un vezzo".

L’abusata nozione di ‘intelligenza collettiva’ ha trovato in questi due giorni una delle sue più felici applicazioni. Un articolo sulla vicenda della nave Enrica Lexie del giornalista Matteo Miavaldi, ospitato sul blog del collettivo di scrittori Wu Ming, ha scatenato un'’inchiesta collettiva che ha portato alla luce una serie di gravi inesattezze date per buone dai media e dai politici italiani. E soprattutto chiarito il ruolo giocato da alcuni personaggi. Come l’ingegnere Luigi Di Stefano, autore di una perizia difensiva volta a scagionare i due marò, subito rilanciata dai maggiori media italiani e arrivata a essere illustrata in una conferenza presso la Camera dei Deputati il 16 aprile. Peccato che sia emerso come l’ingegnere non solo non è tale, ma è invece sicuramente un dirigente nazionale di CasaPound. E suo figlio Simone, della stessa associazione neofascista, è uno dei fondatori e il candidato alla presidenza della Regione Lazio.
 
Tutto parte dall’esaustivo articolo di Miavaldi, redattore dall’India di China Files, che peraltro non intendeva entrare nel merito dell’innocenza o della colpevolezza di Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, date le evidenti difficoltà d’interpretazione del diritto e delle convenzioni internazionali in materia. Piuttosto era teso a squarciare il velo d’ipocrisia con cui i media e la politica italiana hanno raccontato la storia. E ha aperto un ulteriore squarcio sulla vicenda. Nella discussione sviluppatasi in seguito alla pubblicazione, è infatti intervenuto Di Stefano in persona, che ha riproposto la sua perizia: basata su fotogrammi provenienti da youtube, dai servizi dei telegiornali italiani e su un’intervista rilasciata al settimanale Oggi in cui a parlare è un fantomatico comandante/proprietario del peschereccio, Mr. Freddy Bosco.
 
Da qui prende spunto l’inchiesta collettiva, dato che di un Mr. Freddy Bosco la rete non offre traccia. Ecco che allora, piccato, l’ingegnere risponde con un curriculum vitae, a suo dire “inappuntabile”, dove dichiara titoli e collaborazioni con atenei che in realtà la controinchiesta scopre essere inesistenti, o non accreditati. Come confermato a ilfattoquotidiano.it dallo stesso Luigi Di Stefano, che ha ammesso di non essere iscritto ad alcun Albo provinciale di ingegneri e di avere conseguito la laurea, che dichiara “un semplice vezzo”, alla Adam Smith University: ente para-universitario per l’apprendimento a distanza e non accreditato. Un curriculum che invece lo certifica come dirigente nazionale e responsabile delle politiche energetiche di CasaPound.  A dimostrazione che bastava informarsi su chi fosse il presunto ingegnere e a quali associazioni appartenesse, prima di prendere per oro colato le sue deduzioni.
 
Sarebbe bastata una ricerca in rete. Ma probabilmente non è stato ritenuto opportuno farlo. Inebriati da cotanto patriottismo ed essendo in così buona compagnia nella difesa a prescindere dei due militari, alla stampa italiana non interessava chi fosse la fonte e da dove attingesse le informazioni. Perché in realtà la situazione è ancora più complessa. Come spiega lo stesso Di Stefano a ilfattoquotidiano.it, per redigere la perizia tecnica, non è andato molto oltre a una ricerca sulla rete: “Non ho mai telefonato in India, le fonti indiane mi sono state rivelate da alcuni giornalisti italiani (cita alcuni quotidiani ndr.) che avevano seguito il caso e avevano le loro fonti”. Quindi a Di Stefano hanno riferito alcune informazioni e diversi dettagli tecnici per l’estensione della famosa perizia gli stessi giornalisti che poi hanno certificato e validato i loro articoli grazie alla sua perizia. “Anche sì – risponde l’interessato -, se poi i dati non sono esatti hanno sbagliato loro”.
 
Una perizia che tra l’altro non è ripresa solo dalla stampa, ma anche dal Parlamento. E dopo che era già stata presentata proprio a CasaPound (5 aprile)  dieci giorni prima di arrivare fino allaconferenza organizzata alla Camera dei Deputati (16 aprile) su invito “di un deputato del PdL di cui non ricordo il nome” dice evasivo Di Stefano. Senza che nessuno avanzasse dubbi sulla sua legittimazione. Solo i Radicali, che hanno posto la questione al ministro Terzi senza ricevere peraltro risposta. Quello che un’inchiesta di due giorni sviluppatasi in rete ha quindi dimostrato è che da più parti, che si tratti della grande stampa o della politica, per mesi in Italia si è dato credito e risalto alle affermazioni di un dirigente della neofascista CasaPound, presentato a torto come ingegnere super partes. E senza nemmeno volere approfondire le fonti. Cosa che è invece riuscita in brevissimo tempo grazie al lavoro di scavo, di ricerca e di condivisione di diverse intelligenze connesse tra loro.


L'articolo di Miavaldi è stato pubblicato ieri su questo blog.