martedì 3 settembre 2013

Dna, più antico quello delle donne. Viviano Domenici

Ricercatori Usa: il codice genetico «completato» 84 mila anni prima di quello maschile

Le diverse caratteristiche messe a punto in epoche differenti. 
Ma la data di «nascita» resta comune. Dna, più antico quello delle donne. Ricercatori Usa: il codice genetico «completato» 84 mila anni prima di quello maschile.
MILANO - Il codice genetico delle donne ha trovato il suo assetto attuale circa 143 mila anni fa, quello dell' uomo solo 59 mila anni fa. Come dire che, dal punto di vista evolutivo, l' uomo ha adottato l' «ultimo modello» 84 mila anni dopo le femmine. Il tutto avvenne quando i due «prototipi» della moderna umanità vivevano ancora in Africa. 
Queste - semplificando molto - sono le conclusioni di uno studio internazionale coordinato dall' università di Stanford (Usa) e diretto da Peter Underhill, pubblicato sul numero di novembre di «Nature Genetics». I ricercatori hanno preso in esame la discendenza per via paterna di 1000 individui di 22 diverse aree geografiche e hanno appuntato la loro attenzione sul cromosoma sessuale Y (presente solo nei maschi) e sul Dna mitocondriale (che si eredita solo per via materna), per ripercorrere a ritroso la strada che ci ha permesso di arrivare fino ad oggi. Risultato di questa escursione nel passato è stato appunto la scoperta che il Dna mitocondriale trovò il suo assetto attuale circa 143 mila anni fa mentre il cromosoma sessuale maschile Y (che determina il sesso maschile) trovò le sue catteristiche moderne 59 mila anni fa. Questo non vuol dire, ovviamente, che prima di quelle date non vi fossero maschi o femmine con un patrimonio genetico adeguato ai loro ruoli, ma piuttosto che le diverse caratteristiche del patrimonio genetico dell' umanità attuale sono state messe a punto in momenti diversi. 
Evidentemente, prima delle date suddette vi erano in Africa diverse popolazioni umane con differenti sequenze di Dna mitocondriale, ma una in particolare (quella presente nell' umanità attuale) si rivelò vantaggiosa a livello evolutivo e finì per affermarsi a scapito delle altre. Questo avvenne 143 mila anni fa. Stesso meccanismo selettivo intervenne sulle differenti varianti di cromosoma maschile Y e dalla «competizione» emerse la versione arrivata fino a oggi, mentre i portatori degli altri «modelli» non ebbero discendenza. La scoperta non significa neppure - come qualcuno ha scritto - che Adamo è 84 mila anni più giovane di Eva. 
Maschi e femmine hanno evidentemente la stessa età e la loro origine va ricercata attorno ai 2 milioni e mezzo di anni fa, quando in Africa comparve la specie Homo abilis e lentamente cominciarono ad estinguersi gli Australopitechi. 
Lo studio coordinato dalla Stanford University non ha preso in esame il cromosoma sessuale femminile X, la cui forma attuale sembra essersi originata in epoca ancora più antica. Secondo i ricercatori, i risultati di questa ricerca potrebbero aiutarci a capire le alterazioni responsabili dell' aumento dell' infertilità maschile. 
Dal punto di vista dell' evoluzione umana è interessante notare come le date indicate dallo studio americano coincidano in maniera quasi perfetta con due momenti significativi della nostra storia evolutiva. Studi di genetica realizzati qualche anno fa indicarono una data compresa tra i 200 e i 100 mila anni fa come quella della comparsa, in Africa, della donna anatomicamente moderna (la famosa «Eva africana»); una data attorno ai 60 mila anni è invece indicata dagli antropologi come quella dell' espansione della nostra specie in Asia, Oceania e Europa. Sarebbe certamente azzardato vedere nelle variazioni cromosomiche ora individuate la causa del salto evolutivo e culturale del Sapiens sapiens e la sua affermazione nel pianeta, ma è anche indiscutibile che gli uomini e le donne che realizzarono l' impresa erano già identici a noi in tutto e per tutto. 

Game of drones...



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Ilva - Quasi 9000 malati di cancro a Taranto?


Taranto - Sono 8.916, secondo fonte Asl, le persone che hanno l'esenzione dal ticket per malattie tumorali (contraddistinta dal 'codice 048') nella città di Taranto. 
Lo rende noto Peacelink, sottolineando che nel distretto sanitario 3, che comprende i quartieri più vicini all'Ilva (Tamburi, Paolo VI, Citta' vecchia e parte del Borgo), c'e' un malato di cancro ogni 18 abitanti. 
''Per la precisione - spiega in una nota il presidente dell'associazione ambientalista, Alessandro Marescotti - sono 4.328 malati su 78mila abitanti. 
Questo significa che se venti persone si riuniscono in una stanza nel quartiere Tamburi almeno una ha un tumore''. Nei restanti quartieri, quelli più lontani dalle industrie, c'e' ''un malato di cancro ogni 26. 
Infatti nel distretto sanitario 4 che comprende il resto della citta' - aggiunge Marescotti - vi sono 4.588 malati di tumore su 120mila abitanti. Questa e' la situazione attuale''. Peraltro, questi dati ''non possono calcolare tutti coloro che potrebbero avere un tumore latente o non diagnosticato. Il sindaco di Taranto, che e' un medico - attacca l'esponente ambientalista - avrebbe potuto compiere questa ricerca. Perche' non lo ha fatto?''.
 Peacelink rivolge un appello all'Ordine dei medici ''perche' venga compiuto un opportuno approfondimento su questi dati in modo da individuare le categorie di persone più esposte. E' venuto il momento - conclude Marescotti - di avere dati istantanei su tutte le malattie gravi, le diagnosi e i ricoveri. Disporre di un dato istantaneo e conoscerne la sua evoluzione temporale e' un primo passo per compiere ulteriori indagini più affinate da un punto di vista epidemiologico''.

L'Italia dei furbetti.

Falso povero concede prestiti per 6 mln.



(ANSA) - NAPOLI, 3 SET - Aveva messo in piedi una vera e propria attività bancaria e finanziaria abusiva nel Salernitano, e concesso prestiti, per 6,4 milioni di euro, a imprenditori e privati: i finanzieri di Salerno hanno denunciato un falso povero che, è stato accertato, ha anche evaso il Fisco per 9 milioni di euro. Le Fiamme Gialle hanno ricostruito gli ingenti movimenti di denaro dell'uomo, realizzati attraverso l'emissione di 424 assegni nel triennio 2004-2006. (ANSA).

http://www.ansa.it/web/notizie/regioni/campania/2013/09/03/Falso-povero-concede-prestiti-6-mln_9237440.html


Falso povero con villa faraonica al Forte: dichiarava 3mila euro, ne guadagnava quasi 8milioni.

FIRENZE, 4 giugno - Dichiarava meno di 3mila euro di reddito annuo ma possedeva ville principesche a Forte dei Marmi, con piscina esterna riscaldata, e Firenze, quasi mille metri quadri vicino a Piazzale Michelangelo. Per raggirare il fisco avrebbe utilizzato due ‘trust' fittizzi intestati a prestanome in cui avrebbe girato i lauti guadagni realizzati con la sua società immobiliare, col quale gestiva la compravendita di immobili per milioni di euro. Nei guai finisce un imprenditore fiorentino di 71 anni, che si vede sequestrare preventivamente beni per un valore di 15milioni di euro.
L'evasione del fisco contestata risalirebbe al 2008, quando l'uomo avrebbe dichiarato redditi per 2800 euro, ‘dimenticandosene' però ben 7,4 milioni, frutto di numerose cessioni di immobili operate attraverso la sua società immobiliare, ma le cui plusvalenze venivano occultate con due ‘trust', uno a Firenze e uno nel Principato di Monaco. Nella fiduciaria fiorentina sarebbero stati girati i 17 milioni di euro realizzati cedendo gran parte del patrimonio immobiliare dell'azienda, incluso un albergo in pieno centro a Firenze, al prestanome nel Principato invece erano state intestate le due faraoniche ville sequestrate.
Per dare l'idea dei possedimenti di questo presunto falso povero bastino i dati delle due ville in questione: quella di Forte dei Marmi era dotata di piscina interna esterna riscaldata, il tutto su 450mq di casa e oltre 1200 di giardino. Ma niente in confronto alla residenza fiorentina, vicino Piazzale Michelangelo, una reggia di 870 mq con annessi 640 metri di verde. Inutile dire che a far partire le indagini delle guardia di finanza sia stata la discordanza tra le dichiarazioni dei redditi e il tenore di vita del 71enne P.P., molto noto a Firenze, che oltre alle due ville si è visto porre sotto sequestro anche i 32mila euro presenti sui suoi conti e adesso, per non vedersi confiscati definitivamente i beni, dovrà fornire le dovute spiegazioni.

lunedì 2 settembre 2013

Imu, decreto per copertura: tagli a fondi lavoro, lotta a evasione e manutenzione Rfi.

Imu, decreto per copertura: tagli a fondi lavoro, lotta a evasione e manutenzione Rfi
Tagli ai fondi per l’occupazione, tagli alle risorse per efficienza energetica e rinnovabili, tagli alla somma destinata ai controlli contro l’evasione fiscale, tagli alla manutenzione della rete ferroviaria e tagli alle assunzioni nel “settore sicurezza”. Tagli, tagli e ancora tagli. E’ parte del prezzo che sarà necessario pagare per la cancellazione totale dell’Imu per il 2013, ossia (tradotto) il trionfo del Pdl all’interno della maggioranza. La “copertura” necessaria per l’eliminazione dell’imposta sulla prima casa significa dunque una scure che falcia diversi settori: dal lavoro all’energia, dai trasporti alla lotta all’evasione fiscale. Il decreto Imu realizza una parte delle coperture – per l’esattezza 975,8 milioni – attraverso tagli allo Stato centrale. Il decreto inizierà l’iter parlamentare a Montecitorio. Il provvedimento è stato assegnato in sede referente alle commissioni Bilancio e Finanze. Il calendario dei lavori sarà stabilito nella capigruppo che si riunirà giovedì il 5 settembre.
Quasi un miliardo di tagli ai diversi ministeri, in parte realizzati con una sforbiciata ai consumi intermedi e agli investimenti fissi lordi, ma per la gran parte con una cesoiata su ben 35 autorizzazioni di spesa dei diversi ministeri contenuti in una tabella che non indica il capitolo ma solo il rimando legislativo. 
Entro il prossimo mese, aveva detto il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta, il Governo deve trovare “2 miliardi per la seconda rata dell’Imu, 1 miliardo per l’Iva” e “un altro miliardo circa per la Cig e per il rifinanziamento delle missioni all’estero, sperando che non si aggiungano altre emergenze”. “Dobbiamo trovare 4 miliardi in un mese” ha sottolineato. 

domenica 1 settembre 2013

Frodo e Gandalf.



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Slot, il condono della vergogna. - Mauro Minafò



Nel decreto sull'Imu Letta ha regalato quasi due miliardi ai signori dell'azzardo, riducendo drasticamente le multe che avevano preso per aver truffato il fisco.

Stavolta il governo Letta ha fatto proprio "jackpot": da una parte abolisce l'Imu per la gioia di Berlusconi e, dall'altra, trova i soldi per cancellare la tassa facendo un bello sconto ai concessionari di slot machine. 

Se l'esecutivo delle larghe intese ha infatti potuto sfoderare il suo colpo, lo deve a un dettaglio assai poco sbandierato in queste ore: gran parte della copertura finanziaria dovrebbe arrivare (ma il condizionale è d'obbligo) da un super sconto sulla multa comminata a dieci società attive nel business dell'azzardo. Società che, in cambio di un versamento rapido del contante, otterranno una bella agevolazione: dovranno infatti versare solo un quarto di quanto stabilito dalla Corte dei Conti, risparmiando così quasi due miliardi di euro. 

Per capire meglio la vicenda serve però fare un passo indietro: nel 2012, dopo oltre 5 anni di battaglie legali, la Corte dei Conti commina una multa record da 2,5 miliardi di euro a dieci concessionarie di slot machine. La loro colpa, passata in primo grado, è quella di non aver collegato le macchine alla rete dei Monopoli che ne poteva controllare l'attività. Questa 'dimenticanza', andata avanti per anni, prevedeva multe pari a 50 euro per ogni ora di attività 'non collegata'. 

Secondo la Guardia di finanza, e per la richiesta del pm che si occupava del caso, il conto da saldare era quindi di circa 90 miliardi di euro. La Corte dei Conti non la pensava così e decise di accogliere la richiesta subordinata di 'appena' 2,5 miliardi di euro. 

Vista l'enormità delle cifra, assai comoda per manovre politiche di ogni tipo, l'idea di una sanatoria che potesse sbloccare subito parte dei fondi in cambio di una riduzione della multa girava da tempo. Pochi tra gli addetti ai lavori si sono quindi stupiti nel trovarla nella bozza del decreto legge sull'Imu, che adesso dovrà però passare dal Parlamento, dove l'opposizione e parte della maggioranza non sembrano essere troppo contenti della scelta fatta da Letta. 


Sulla vicenda sono i deputati del Movimento 5 Stelle ad avere una posizione più dura. "E' evidente che il governo si è inginocchiato di fronte ai signori del gioco d'azzardo con uno scandaloso condono che riduce le sanzioni per i concessionari di slot e videopoker a poco più di un piatto di lenticchie, meno di un quarto della sanzione prevista'', si legge in una nota del gruppo del Movimento alla Camera. 

Più di una lamentela arriva però anche dalle fila della maggioranza, in particolare dagli esponenti del Pd vicini al terzo settore. "Speriamo che ci sia un ripensamento sulla sanatoria delle multe sulle nuove slot", chiede Edoardo Patriarca, deputato modenese del Partito Democratico e componente della Commissione Affari Sociali. "Il gioco d'azzardo in Italia sta raggiungendo livelli patologici, con almeno 80 miliardi giocati ogni anno. Si tratta di un fenomeno che andrebbe limitato". 

Come scritto poco sopra però, il gettito della sanatoria sulle slot è solo teorico. Leggendo le testate più vicine al mondo dell'azzardo infatti, si può scoprire un certo malumore persino nel settore: il decreto prevede infatti che la rata della multa sia pagata entro metà novembre. Centinaia di milioni di euro che, anche per società in un giro d'affari tanto ricco, non sono facili da reperire con così poco preavviso. Proprio per questo nelle bozze del decreto compare una soluzione alternativa: l'aumento delle imposte nel settore delle slot in caso di non adesione alla sanatoria da parte delle concessionarie, definita come un 'ricatto'dalla stampa di settore. 

Il dettaglio finale, ciliegina sulla torta, è scoprire chi sarà il maggior beneficiario della sanatoria. Si chiama Francesco Corallo, fondatore della Bplus, arrestato lo scorso agosto per un giro di corruzione dopo una latitanza di oltre un anno. La società di Corallo, con un giro di affari da 30 miliardi di euro l'anno, avrebbe dovuto pagare una multa di 845 milioni. Con lo sconto del governo Letta diventeranno poco più di duecento.


http://espresso.repubblica.it/dettaglio/slot-il-condono-della-vergogna/2214087