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mercoledì 7 novembre 2018

Condoni, non solo Ischia: nel decreto Genova spuntano altre sanatorie. - Maurizio Caprino e Giuseppe Latour

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Un altro condono, per un altro terremoto. Sempre introdotto con emendamenti inseriti alla Camera nel decreto Genova. Una sanatoria applicabile in assenza di qualsiasi richiesta di autorizzazione passata, nelle zone del Centro Italia colpite dal sisma del 2016. Con un limite di tolleranza del 20% della cubatura esistente. Di fatto, significa che è possibile sanare non solo piccole difformità ma anche, nei casi più estremi, mettere una toppa su situazioni più complesse, come la chiusura di un balcone o, persino, l’aggiunta di un piano.
Dunque, non c’è solo la sanatoria su Ischia a occupare i piani del governo, ma anche una seconda misura, comunque incisiva, per i 140 Comuni colpiti dai due terremoti del 2016. Messa in atto, per la precisione, aggiungendo l’articolo 39 ter.
Qui si innova una norma che l’esecutivo aveva inserito a luglio scorso, in fase di conversione del decreto Terremoto (Dl 55/2018), puntando a sanare piccole difformità che rischiavano di allungare i tempi di ricostruzione degli immobili privati nelle quattro regioni (Lazio, Abruzzo, Umbria e Marche) colpite dal sisma. Quella versione della legge deve avere funzionato male perché, con un nuovo testo, il decreto Genova torna sul tema e mette in piedi una vera e propria riapertura dei termini del condono del 2003.
Nei 140 Comuni del cratere sarà possibile condonare, al momento della richiesta di contributo per la ricostruzione, un ampio ventaglio di interventi realizzati, prima del 24 agosto 2016, in assenza di qualsiasi titolo abilitativo edilizio: oltre a quelli di manutenzione straordinaria riguardanti le parti strutturali dell’edificio, anche gli interventi di restauro e di risanamento conservativo e quelli di ristrutturazione.
Non solo. Per interventi che sono al di sotto del limite del 5% della cubatura dell’immobile, non servirà neppure fare una richiesta formale. Oltre questo tetto viene, invece, introdotto un nuovo limite, pari al 20%, riferito ai piani casa regionali: tutto quello che resta entro il 20% potrà essere condonato. Quindi, ad esempio, anche un piano extra in una palazzina di quattro livelli. C’è un’eccezione: sono escluse solo le costruzioni che «siano state interessate da interventi edilizi totalmente abusivi per i quali sono stati emessi i relativi ordini di demolizione». Sanatoria, invece, per gli interventi abusivi senza ordine di demolizione.
L’emendamento che introduce il condono nelle quattro regioni del Centro è stato presentato da due deputati marchigiani: Tullio Patassini (Lega) e Patrizia Terzoni (5 Stelle). È stato approvato la notte del 22 ottobre.
Terzoni ha minimizzato dicendo che sono sanabili solo piccole irregolarità che risalgono a decenni fa, il tutto per sbloccare una ricostruzione ferma da due anni, su richiesta di più parti.
Tra queste di sicuro non c’è Legambiente: per il vicepresidente, Edoardo Zanchini, in questo modo «si riaprono in silenzio i termini del condono del 2003. È la prima volta che si consente di sanare quanto realizzato in un territorio fino al momento in cui avviene un terremoto. Così si dice: per il passato chiudiamo un occhio. Per noi, invece, la discriminante resta la data del 2003». Secondo Rossella Muroni (Leu), «si crea in questo modo un pericoloso precedente, per cui ad ogni calamità naturale si potrà proporre una nuova sanatoria».
Ieri sul decreto hanno discusso in seduta congiunta le commissioni Ambiente e Lavori pubblici del Senato. Il termine per presentare emendamenti scade alle 15 di oggi, ma uno dei relatori, Paolo Ripamonti (Lega) di fatto sollecita a non apportare modifiche perché «ci preme di più fare in fretta, a Genova si aspettano questo».
Fonte: ilsole24ore del 7 novembre 2018

venerdì 24 luglio 2015

Fisco, per far decollare rientro dei capitali arriva la sanatoria totale.

Fisco, per far decollare rientro dei capitali arriva la sanatoria totale

Il Sole 24 Ore scrive che l'ultima versione del decreto sulla certezza del diritto inviata alle Camere è diversa da quella uscita dal Consiglio dei ministri. Nella nuova bozza è previsto che chi aderisce alla voluntary disclosure e vuole sanare violazioni di norme fiscali commesse prima del 2009-2010 potrà farlo non solo senza rischiare conseguenze penali, ma senza pagare nulla.

Nell’ultima versione del decreto legislativo sulla certezza del diritto spunta una sanatoria per quanti hanno evaso il fisco in anni per i quali sono scaduti i termini di accertamento e ora aderiscono alla procedura per il rientro dei capitali dall’estero. Non solo non rischieranno il carcere, ma per quei periodi di imposta non dovranno neppure pagare sanzioni o imposte. A scriverlo è Il Sole 24 Ore, che sottolinea come si tratti di “una novità anche rispetto a regolarizzazioni e sanatorie passate, per le quali, invece, la non punibilità era comunque subordinata al pagamento di una determinata somma”.
Il maxi scontro agli evasori non c’era nella bozza esaminata in seconda lettura dal Consiglio dei ministri la settimana scorsa. Ma il quotidiano di Confindustria ha letto il testo trasmesso alle commissioni Finanze di Camera e Senato per il via libera definitivo e ha scoperto che è diverso da quello esaminato dal governo il 17 luglio. Una “manina” ha introdotto questa differenza non da poco.
La versione originaria, per incentivare l’adesione al rientro dei capitali che è partito in sordina a causa di incertezze nell’interpretazione della legge, specificava che chi inserirà nella pratica per la voluntary disclosure anche violazioni di norme fiscali commesse prima del 2009-2010 (anni per i quali le Entrate non possono più muovere contestazioni perché i reati tributari sono prescritti) avrà la certezza di uscirne senza conseguenze penali. Ma dovrà pagare le tasse dovute e le relative sanzioni previste dalla legge approvata lo scorso dicembre. Al contrario, stando al testo arrivato alle Camere per quelle annualità non occorrerà pagare nulla, nemmeno per “delitti anche gravi – si pensi alla dichiarazione fraudolenta o al riciclaggio“.
Di fatto, sottolinea il quotidiano finanziario, “è una norma sblocca-voluntary che tenta di far decollare l’emersione dei patrimoni detenut all’estero”: vale a dire che il governo, a caccia di risorse per la prossima legge di Stabilità, punta soprattutto a far salire il numero di pratiche per il rientro dei capitali e incassare il dovuto in relazione agli ultimi anni. A costo di rendere la norma molto simile a un condono. “Bisognerà capire tutti i reali effetti di questa ampia sanatoria anche sul passato che rappresenta una novità per il nostro ordinamento”, chiosa Il Sole.

martedì 18 marzo 2014

Finanziamento ai partiti, nella nuova legge spunta sanatoria per detrazioni irregolari. - Thomas Mackinson


Un emendamento a firma Calderoli estende le detrazioni Irpef alle erogazioni "non liberali", cioé ai contributi imposti dai partiti ai loro eletti. Così il Carroccio ha apparecchiato la sanatoria sugli illeciti accertati dalla Procura di Forlì e sulle pretese di recupero delle somme da parte dall'Agenzia delle Entrate. La norma è pure retroattiva a valere dal 2007 in poi: proprio il periodo delle violazioni accertate e non ancora prescritte. E gli altri partiti si sono accodati dando il disco verde alla furbata.

Spunta la detrazione ad personam, anzi ad partitum. Meglio ancora, per tutti i partiti. Che han deciso di farsi un ultimo regalo prima d’abbandonare la chiatta del finanziamento pubblico: una sanatoria per le donazioni irregolari del passato. La norma, finora rimasta in ombra, è stata inserita nella legge che ha abolito il finanziamento pubblico ai partiti politici e scovata dall’Adnkronos. Un emendamento proposto dai leghisti Roberto Calderoli e Patrizia Bisinella stabilisce che le erogazioni in denaro effettuate a favore dei partiti a partire dal 2007 “devono comunque considerarsi detraibili” dall’Irpef. L’emendamento è passato indenne all’esame dell’aula il 20 febbraio scorso, quando la legge ha ricevuto disco verde dai principali partiti e il voto contrario in blocco del Movimento Cinque Stelle.
A una lettura disattenta il nuovo testo dice poco o nulla. Sembra solo riaffermare la possibilità, che i partiti già avevano in passato, di far detrarre ai contribuenti le donazioni ricevute. La nuova dizione, votata dalla maggioranza del Parlamento, apporta invece una significativa modifica. Nella vecchia legge la detrazione era prevista per le “erogazioni liberali”  e la nuova si limitava a modificare le aliquote portandole dal 19 al 24%. Il nuovo testo lasciava inalterata la dizione “erogazioni liberali”. E proprio qui sta l’inghippo, la furbata. L’eliminazione della parola “liberali”, rafforzata anche dall’avverbio “comunque” riferito “a detraibili dall’Irpef” estende l’ambito di applicazione non solo in senso retroattivo (“a partire dall’anno di imposta 2007”), ma apre un varco per mettere a detrazione tutte le erogazioni versate dagli eletti al loro stesso partito a titolo di contributo. Che tanto liberali poi non sono, perché previste in statuti e contratti di mandato con natura vincolante. 
Secondo quanto risulta all’Adnkronos, nel corso di una indagine penale condotta dalla Procura di Forlì gli inquirenti sarebbero incappati in alcuni contratti che legavano parlamentari della Lega al proprio partito nei quali era concordata l’erogazione “liberale” di una parte dell’indennità percepita dopo l’elezione al Parlamento. La procura ha poi trasmesso un’informativa all’Agenzia delle Entrate per verificare se la presenza del contratto faceva venir meno la possibilità di detrarre le somme donate al partito in maniera ben poco liberale, come invece prevedeva la vecchia legge. Gli uffici del fisco, dopo aver approfondito la questione, hanno ritenuto che la presenza di un contratto scritto facesse venir meno la possibilità di portare in detrazione le somme conferite. E sono quindi partite le contestazioni per indebito utilizzo della detrazione per oneri prevista solo nel caso di donazioni liberali. Considerato il periodo, le somme in gioco, le sanzioni per i parlamentari coinvolti, sarebbe scattato un consistente accertamento.
Ma l’emendamento proposto da Calderoli-Bisinella, forse perché venuti a conoscenza del pericolo che incombeva sui colleghi, ha anticipato tutti. Facendo approvare un “condono preventivo” che sana tutti i comportamenti illegittimi per il periodo 2007-2013, cioè le annualità già accertate e quelle non ancora prescritte. Resta da capire quale interesse abbia indotto gli altri partiti ad accogliere l’emendamento senza fare una piega, ovvero se anche loro abbiano delle “pendenze” per contributi messi a rimborso che liberali non sono mai stati.

domenica 1 settembre 2013

Slot, il condono della vergogna. - Mauro Minafò



Nel decreto sull'Imu Letta ha regalato quasi due miliardi ai signori dell'azzardo, riducendo drasticamente le multe che avevano preso per aver truffato il fisco.

Stavolta il governo Letta ha fatto proprio "jackpot": da una parte abolisce l'Imu per la gioia di Berlusconi e, dall'altra, trova i soldi per cancellare la tassa facendo un bello sconto ai concessionari di slot machine. 

Se l'esecutivo delle larghe intese ha infatti potuto sfoderare il suo colpo, lo deve a un dettaglio assai poco sbandierato in queste ore: gran parte della copertura finanziaria dovrebbe arrivare (ma il condizionale è d'obbligo) da un super sconto sulla multa comminata a dieci società attive nel business dell'azzardo. Società che, in cambio di un versamento rapido del contante, otterranno una bella agevolazione: dovranno infatti versare solo un quarto di quanto stabilito dalla Corte dei Conti, risparmiando così quasi due miliardi di euro. 

Per capire meglio la vicenda serve però fare un passo indietro: nel 2012, dopo oltre 5 anni di battaglie legali, la Corte dei Conti commina una multa record da 2,5 miliardi di euro a dieci concessionarie di slot machine. La loro colpa, passata in primo grado, è quella di non aver collegato le macchine alla rete dei Monopoli che ne poteva controllare l'attività. Questa 'dimenticanza', andata avanti per anni, prevedeva multe pari a 50 euro per ogni ora di attività 'non collegata'. 

Secondo la Guardia di finanza, e per la richiesta del pm che si occupava del caso, il conto da saldare era quindi di circa 90 miliardi di euro. La Corte dei Conti non la pensava così e decise di accogliere la richiesta subordinata di 'appena' 2,5 miliardi di euro. 

Vista l'enormità delle cifra, assai comoda per manovre politiche di ogni tipo, l'idea di una sanatoria che potesse sbloccare subito parte dei fondi in cambio di una riduzione della multa girava da tempo. Pochi tra gli addetti ai lavori si sono quindi stupiti nel trovarla nella bozza del decreto legge sull'Imu, che adesso dovrà però passare dal Parlamento, dove l'opposizione e parte della maggioranza non sembrano essere troppo contenti della scelta fatta da Letta. 


Sulla vicenda sono i deputati del Movimento 5 Stelle ad avere una posizione più dura. "E' evidente che il governo si è inginocchiato di fronte ai signori del gioco d'azzardo con uno scandaloso condono che riduce le sanzioni per i concessionari di slot e videopoker a poco più di un piatto di lenticchie, meno di un quarto della sanzione prevista'', si legge in una nota del gruppo del Movimento alla Camera. 

Più di una lamentela arriva però anche dalle fila della maggioranza, in particolare dagli esponenti del Pd vicini al terzo settore. "Speriamo che ci sia un ripensamento sulla sanatoria delle multe sulle nuove slot", chiede Edoardo Patriarca, deputato modenese del Partito Democratico e componente della Commissione Affari Sociali. "Il gioco d'azzardo in Italia sta raggiungendo livelli patologici, con almeno 80 miliardi giocati ogni anno. Si tratta di un fenomeno che andrebbe limitato". 

Come scritto poco sopra però, il gettito della sanatoria sulle slot è solo teorico. Leggendo le testate più vicine al mondo dell'azzardo infatti, si può scoprire un certo malumore persino nel settore: il decreto prevede infatti che la rata della multa sia pagata entro metà novembre. Centinaia di milioni di euro che, anche per società in un giro d'affari tanto ricco, non sono facili da reperire con così poco preavviso. Proprio per questo nelle bozze del decreto compare una soluzione alternativa: l'aumento delle imposte nel settore delle slot in caso di non adesione alla sanatoria da parte delle concessionarie, definita come un 'ricatto'dalla stampa di settore. 

Il dettaglio finale, ciliegina sulla torta, è scoprire chi sarà il maggior beneficiario della sanatoria. Si chiama Francesco Corallo, fondatore della Bplus, arrestato lo scorso agosto per un giro di corruzione dopo una latitanza di oltre un anno. La società di Corallo, con un giro di affari da 30 miliardi di euro l'anno, avrebbe dovuto pagare una multa di 845 milioni. Con lo sconto del governo Letta diventeranno poco più di duecento.


http://espresso.repubblica.it/dettaglio/slot-il-condono-della-vergogna/2214087