venerdì 17 gennaio 2014

La svendita della Banca d'Italia






"Il governo sta mettendo le mani sulla Banca d'Italia per fare l'ennesimo regalo alle banche private, forse anche a quelle straniere. 
E lo fa utilizzando il solito decreto che asfalta il Parlamento e che si occupa di tutt'altro: l'ultima rata Imu 2013.  
Il decreto IMU serve a dar via la Banca d'Italia all'insaputa dei cittadini.  
Nel decreto Imu esistono articoli che aumentano il valore delle quote della banca centrale in mano agli azionisti privati, ossia le maggiori banche, assicurazioni, Inps e Inail. 
Una rivalutazione arbitraria e contestata da più parti ha portato l'ammontare delle azioni da 156mila euro (era il 1936) a 7,5 miliardi di euro. 

Pagata dalla stessa Banca d'Italia, che attingerà alle proprie riserve, che sono un bene pubblico perché i profitti di una banca centrale sono ottenuti attraverso le sue funzioni pubbliche in regime di monopolio. 
Alle banche sarà garantito un dividendo del 6% (remunerazione senza eguali sul mercato per quanto riguarda asset free-risk) e dunque intascheranno sino a 450 milioni di euro sui profitti della Banca d'Italia.
Allo Stato invece andranno gli spiccioli. In più, nessuno potrà detenere più del 3%, mentre oggi ci sono gruppi bancari che hanno quote molto più alte (solo Intesa e Unicredit assieme detengono il 64%), quindi molte azioni torneranno in ballottaggio. 
E potrebbero finire a soggetti controllati da banche straniere. 
Si rischia un altro colpo alla nostra sovranità economica.
Il M5S farà di tutto per evitare questo scandalo." M5S Camera

A partire dalle 11.30 segui la diretta della conferenza stampa del M5S sulla svendita della Banca d'Italia.

http://www.beppegrillo.it/2014/01/la_svendita_della_banca_ditalia.html

martedì 14 gennaio 2014

DELLA VALLE: DUE MESI PER SALVARE L'ITALIA, LA RIPRESA SI ALLONTANA (SOLE).



"Le banche devono tornare a fare le banche" (Il Sole 24 Ore Radiocor) 

- Roma, 14 gen - La ripresa economica "si allontana ogni giorno di piu'. 
Abbiamo un orizzonte temporale molto limitato, direi un paio di mesi al massimo, per introdurre quei cambiamenti di sistema che possono salvare il Paese". 
Il patron di Tod's, Diego Della Valle, in una intervista a Il Sole 24 Ore torna a lanciare un appello. 
Per Della Valle "i politici attualmente al Governo devono dimostrare in questi due mesi di saper fare, dopo aver promesso e dopo essersi proposti come la generazione del tanto, troppo, atteso cambiamento. In caso contrario, devono andarsene. 
Sento parlare di fine del tunnel, ma la porta che divide la crisi dalla ripresa restera' aperta per poco: noi imprenditori, noi cittadini, dobbiamo mettere un piede nello stipite di quella porta e impedire che si chiuda. 
I politici da soli non sono in grado, e' evidente". 
Della Valle spiega di parlare di pochi mesi perche' "le aziende, soprattutto le piccole e le medie, sono allo stremo" e sottolinea: "il 2013 e' stato un altro anno pesantissimo e i bilanci, con relativo reale conteggio dei danni, si chiuderanno entro marzo: allora le aziende capiranno quanto ancora fragili siano i loro conti e quanto limitata la capacita', per esempio, di fare nuove assunzioni. 
Senza creazione di lavoro i consumi non si rilanciano e il Paese non riparte. 
Siamo davvero in un circolo vizioso, perche' anche chi ha ancora voglia di fare e idee si scontra con il credit crunch". 
Della Valle, poi, torna a parlare delle banche. "Ho criticato banchieri come Giovanni Bazoli, Giuseppe Guzzetti e altri ancora - aggiunge - e sono stato a mia volta criticato, duramente, per averlo fatto. 
Non si vuole capire che non e' una questione personale. 
Le banche devono tornare a fare le banche, cioe' ad ascoltare le esigenze di credito del territorio e in particolare delle imprese. 
Una volta questo ruolo le casse di risparmio lo svolgevano egregiamente". 
Della Valle esclude di voler scendere in politica e si dice sostenitore di gente nuova nelle classe politica.

http://www.borsaitaliana.it/borsa/notizie/radiocor/finanza/dettaglio/nRC_14012014_0858_111179111.html

Andrea Scanzi



Chi mi legge con regolarità non ignora la mia stima autentica per Francesco The Man Boccia. C'è chi dice che con lui sono cattivo, ma è piuttosto Boccia a essere cattivo con Boccia. E' bastato guardarlo ieri sera, mentre veniva asfaltato con agio da Aldo Busi a Piazzapulita. Boccia è un fiume in piena quanto a genialate. Ripercorriamo insieme una delle sue ultime gesta, che potete vedere in dettaglio sul sito del Il Fatto Quotidiano. Sei gennaio, Nunzia De Girolamo (vamos) torna dalle Maldive con il marito Boccia, la figlia e alcuni amici. Atterrano a Malpensa. La De Girolamo deve andare dal Terminal 1 al 2. Ci sono i taxi, ci sono le navette e sono cinque minuti di viaggio al massimo, ma lei usa la scorta della Forestale. Una scorta di cui ha diritto, in quanto Ministro, ma forse tre vetture sono troppe. La De Girolamo, intercettata dai cronisti del Fatto, risponde con garbo consueto che "lei ha una bambina di un anno". 
Dunque, secondo lei, chiunque ha una figlia piccola ha bisogno della scorta. 
Buono a sapersi.
 
La De Girolamo va al Terminal 2 con la Lancia della Forestale. Nell'auto sale anche qualcuno degli amici. L'Alfa resta lì, e anche la Panda. E' qui che entra in scena Francesco The Man Boccia. Un renziano, giova ricordarlo, e fossi in Renzi mi preoccuperei parecchio, perché se Boccia ti dà ragione vuol dire che nella vita qualcosa (di grosso) lo hai sbagliato. Boccia si avvicina alle auto della Forestale, che ovviamente non ha il diritto di utilizzare. Al telefono (si presume) lo informano che ci sono dei cronisti del Fatto pronti a sputtanarlo. A questo punto Boccia entra dritto dritto e definitivamente nella leggenda. Fa dietrofront e, come nulla fosse, torna indietro in cerca della sua auto (che non ha). Ascoltiamolo: perché stavi andando verso l'auto della Forestale, Boccia? “Evidentemente è stato male informato. Io ho la macchina qui perché vivo a Milano”. Come mai hai cambiato direzione? “Sto cercando gli altri che sono con noi. Siamo una decina di persone”. Boccia si guarda intorno. Prende l’ascensore. Sta per pigiare il pulsante quando - scena sublime - uno degli amici lo ferma: “Francesco, dove vai?”. “Sto andando… eeeeeh… mi stanno aspettando giù gli altri”. “No, stanno qua”, lo sputtana l’amico. Boccia cerca una via d’uscita. Non bastava un taxi? O una navetta? “Mia moglie è con una bambina di un anno. Domattina deve andare a Bruxelles. E ha fatto quello che può fare, mia moglie non fa mai quello che non si può fare. Dopo di che, come vede, siamo divisi”. Poi The Man Boccia ribadisce: “Io ho casa a Milano”. E dà di nuovo i numeri della compagnia: “Siamo 15 persone. Non una, siamo in 15”. The Man si guarda a destra e a sinistra. Cerca di capire se i giornalisti lo stano seguendo. Poi va verso i taxi e alla fine si infila in uno di questi (pochi minuti prima aveva garantito: “Io ho la macchina qui”).
Non c'è niente da fare: Francesco è un idolo vero. 

E tutto sommato, nella sua Epifania a Malpensa, è stato sobrio: per tornare a casa, avrebbe potuto chiedere l'intervento di un F35, che come noto secondo lui sono elicotteri che servono a spegnere gli incendi.

C'mon Boccia.


https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=801607286522268&id=226105204072482

Inflazione scende ai minimi dal 2009. “Crollo dei consumi senza precedenti”.

Carrello della spesa


Torna lo spettro della deflazione, con l'aumento dei prezzi rilevato dall'Istat per il 2013 pari all’1,2%, in decisa frenata dal 3% del 2012. Il Codacons evidenzia comunque una stangata da oltre 400 euro a famiglia. Intanto il debito pubblico vola a 2.104 miliardi.

Inflazione ai minimi dal 2009. Il tasso medio annuo per il 2013 è stato pari all’1,2%, in decisa frenata rispetto al 3% registrato nel 2012. Lo rileva l’Istat, confermando le stime e aggiungendo che si tratta del livello più basso da quattro anni.
Nel mese di dicembre il tasso d’inflazione su base annua resta stabile allo 0,7%, lo stesso valore già registrato a novembre, che risulta il più basso da quattro anni. L’Istituto rileva un aumento, pari allo 0,2%, che interrompe una serie di tre cali congiunturali consecutivi. Nell’ultimo mese dell’anno il prezzo del cosiddetto carrello della spesa, ovvero l’insieme dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto, ha subito un rincaro, salendo dello 0,5% rispetto a novembre e dell’1,2% su base annua, in accelerazione dal precedente 0,8 per cento.
“Più di due italiani su tre tagliano i consumi”
Per il Codacons la netta decelerazione rispetto al +3% registrato nel 2012 dipende da un crollo dei consumi senza precedenti, che ha riguardato anche beni di prima necessità come gli alimentari. L’associazione di consumatori evidenzia, comunque, come questa inflazione, nonostante sia il livello più basso dal 2009, tradotta in cifre, equivale, in termini di aumento del costo della vita, ad una stangata annua pari a 257 euro per un single, 345 euro per una famiglia di due persone, 419 per una famiglia tipo di tre persone e 462 per una di quattro componenti.
Mentre un’analisi Coldiretti-Ixè fa sapere che “l’inflazione è calata bruscamente per effetto del crollo dei consumi delle famiglie nel 2013 con più di due italiani su tre (68%) che hanno ridotto la spesa o rimandato l’acquisto di capi d’abbigliamento e oltre la metà (53%) che ha detto addio a viaggi e vacanze e ai beni tecnologici (52) e molto altro ancora”.
Torna lo spettro della deflazione
Con il crollo dei prezzi documentato dall’Istat torna lo spettro della deflazione. A prima vista la frenata dell’inflazione non sarebbe un male, visto che porta a un maggiore potere d’acquisto per gli italiani. Ma i prezzi fermi, o ancora peggio in calo, rischiano di frenare l’economia. Le famiglie rinviano gli acquisti prevedendo sconti maggiori in futuro e paralizzano così i consumi. E le imprese rinunciano a investire perché temono di vendere i loro beni in futuro a prezzi più bassi del costo di produrli oggi, causando una contrazione dell’economia.
Intanto il debito pubblico vola a 2.104 miliardi
Cattive notizie anche sul fronte del debito pubblico, salito di 18,7 miliardi a novembre, segnando un nuovo record storico di 2.104 miliardi di euro. L’aumento, spiega Bankitalia, è riconducibile principalmente al fabbisogno del mese (6,9 miliardi) e all’aumento (11,5 miliardi) delle disponibilità liquide del Tesoro (che hanno raggiunto 59 miliardi). Come negli anni passati, nel mese di dicembre è molto probabile che il debito si sia fortemente ridotto, riflettendo un consistente avanzo e il netto calo delle disponibilità liquide del Tesoro, tornate a fine anno poco al di sopra del livello di fine 2012.
Dal 2010 il contributo italiano al sostegno finanziario ai Paesi dell’area dell’euro è stato pari a 55,1 miliardi, di cui 33,6 miliardi riguardanti la quota dell’Italia dei prestiti dell’Efsf, 11,5 riguardanti la sottoscrizione del capitale dell’Esm e 10 miliardi relativi ai prestiti bilaterali in favore della Grecia, la cui erogazione è terminata alla fine del 2011. Nei primi 11 mesi dell’anno le entrate tributarie contabilizzate nel bilancio dello Stato sono state pari a 339,1 miliardi (di cui 31,2 nel mese di novembre), in lieve calo rispetto a quelle dello stesso periodo del 2012 (340,7 miliardi).

Sicilia, Arsea ente inutile che mangia soldi senza mai essere entrato in attività. - Giuseppe Pipitone

Sicilia, Arsea ente inutile che mangia soldi senza mai essere entrato in attività


La società della Regione Siciliana, che avrebbe dovuto occuparsi di smistare agli agricoltori isolani i finanziamenti dell’Ue, ha due sedi che costano mezzo milione di euro ogni dodici mesi, due dirigenti e un direttore generale ricompensato con ben 170 mila euro all'anno. Crocetta aveva annunciato lo scioglimento dell'ente diretta televisiva. E invece nella finanziaria regionale, attualmente in discussione sono previsti duecentomila euro di contributo.

“Ho già tagliato tredici società inutili. Alla prossima finanziaria chiuderà anche l’Arsea”. Era il 18 novembre 2012 e l’annuncio arrivava dal presidente della Sicilia durante la trasmissione l’Arena. L’Arsea non è mai stata attivata, tutti la vorrebbero chiudere, ma nessuno alla fine ci riesce. Se in tutto il Paese gli enti inutili si sprecano, mai era successo che un carrozzone mangiasoldi riuscisse ad avere più vite di un gatto.
In Sicilia succede invece che nonostante i molteplici annunci di chiusura, provenienti da governi di diverso colore politico, un ente inutile continui comunque a sopravvivere senza che nessuno batta ciglio. È di questa società della Regione Siciliana che avrebbe dovuto occuparsi di smistare agli agricoltori isolani i finanziamenti dell’Unione Europea. Il condizionale infatti è d’obbligo, dato che dalla sua fondazione, ovvero nel 2006, l’Arsea non è mai entrata in funzione. “È uno scandalo” era il commento dell’assessore all’agricoltura Dario Cartabellotta, che nell’inverno scorso aveva assicurato l’immediata chiusura dell’inutile carrozzone. Della stessa opinione anche il governatore Rosario Crocetta, che aveva annunciato lo scioglimento dell’ente anche in diretta televisiva. E invece nella finanziaria regionale, attualmente in discussione a Palazzo dei Normanni, il fantasma dell’Arsea è ricomparso: duecentomila euro di contributo deciso dal governo Crocetta, lo stesso che fino a pochi mesi fa assicurava gli elettori di aver già staccato la spina all’ente inutile.
“Non abbiamo voluto chiudere la porta in faccia a quel mondo contadino, inclusi i forconi, che ci chiedeva di non chiudere l’ente” si è giustificato il governatore Crocetta, che ha spiegato come il contributo pubblico debba servire “per una possibile start up: la nostra idea è quella di utilizzare risorse interne e poter contare su finanziamenti statali. Se ciò non avverrà, siamo pronti a chiudere l’ente”. Voluta da Salvatore Cuffaro nell’ormai lontano 2006, l’Arsea ha trascorso gli ultimi otto anni in completa inattività, nonostante il contributo regionale medio di circa ottocentomila euro all’anno e le due sedi di Palermo e Catania che costano mezzo milione di euro ogni dodici mesi. In pianta organica due dirigenti , che percepiscono un regolare stipendio, più un direttore generale ricompensato con ben 170 mila euro all’anno.
La situazione non cambia nemmeno quando la poltrona di governatore passa a Raffaele Lombardo. È proprio l’ex presidente il primo a ventilare l’ipotesi di smobilitare l’Arsea. Prima di dimettersi però fa in tempo a nominare un nuovo direttore generale di suo gradimento: Claudio Raciti, consulente delle imprese agricole della famiglia Lombardo e militante del Movimento per l’Autonomia. Con l’arrivo di Crocetta al vertice di Palazzo d’Orleans la musica e i fatti non cambiano: tutti dicono di voler chiudere l’Arsea, nessuno lo farà mai. Ma anzi i fondi pubblici, seppur limitati, continueranno a mantenere in vita quel carrozzone che in otto anni non è mai entrato in attività.