venerdì 1 maggio 2020

Ufficio collocamento giudici, citofonare Luca Palamara. - Antonio Massari

Ufficio collocamento giudici, citofonare Luca Palamara

Informativa - Terminata l’indagine a Perugia: dalle carte dei pm emerge un’impressionante rete di influenze sulla magistratura.
Luca Palamara nel marzo del 2019 sembrava “l’ufficio collocamento” della magistratura italiana. Erano in tanti a chiamarlo per chiedergli una mano in vista delle future nomine. Chi non lo chiama mai, a giudicare dagli atti depositati dalla Procura di Perugia, erano gli uomini indagati con lui di corruzione: l’ex legale esterno dell’Eni, Piero Amara, l’avvocato Giuseppe Calafiore e lo stesso Fabrizio Centofanti – l’imprenditore tuttora indagato con Palamara per corruzione per l’esercizio della funzione – che nelle informative finora visionate dal Fatto non appare neanche tra gli intercettati. Non è un caso che le posizioni di Amara e Calafiore al termine dell’indagine non facciano più parte del fascicolo, così come è caduta l’accusa iniziale del versamento di 40mila euro a Palamara per la nomina del pm Giancarlo Longo alla Procura di Gela.
Se non v’è traccia delle telefonate con i suoi coindagati dell’epoca, c’è invece una montagna di conversazioni con magistrati. E sin da marzo gli investigatori hanno la consapevolezza che Palamara sta conducendo una strategia tutta sua per portare Marcello Viola a capo della Procura di Roma al posto di Giuseppe Pignatone ormai prossimo alla pensione. In quel momento il trojan non è stato ancora richiesto dagli investigatori del Gico della Guardia di Finanza, né dalla Procura di Perugia. In quel momento siamo in presenza delle sole intercettazioni telefoniche.
Scrive la Gdf nell’informativa di fine marzo: “Chiarificatrice in tal senso risultava tra le altre la conversazione captata il 3 marzo 2019 ore alle 17.25 tra Palamara e Luca Forciniti nel corso della quale gli interlocutori in relazione alle nomine dei Procuratori di Roma e Perugia facevano riferimento ad accordi con appartenenti all’associazione di Magistratura Indipendente.” Di lì a poco sarà intercettato anche il parlamentare del Pd e uomo forte di Mi, Cosimo Ferri. La manovra di Palamara per portare Viola a Roma sarà intercettata in diretta. A marzo gli investigatori hanno il primo segnale.
Dice Forciniti a Palamara il 3 marzo: “Anche perché Roma e Perugia a seconda di chi va l’altro deve essere cioè uno di Unicost e uno di Mi….” “Oh, allora pure li va chiu… Dobbiamo iniziare a chiuderla l’operazione…”, risponde Palamara. E Forciniti: “Ma l’operazione vedi che o… tu al di là di Viola e Primicerio (Leonida, ndr) vedi qualcun altro?” “No”, risponde Palamara “ormai no.” “Se deve essere uno dei due o su Peru…” continua Forciniti “se è Viola su Perugia mettiamo chi diciamo noi. Se è Primicerio su Perugia mettiamo quello di M I.” “Eh però su Primicerio mo dimme la verità, tu ti fidi o no? va bene o no?” domanda Palamara. “Ma” risponde Forciniti “secondo me allora che è uno di immagine che ti fa fare una bella figura di immagine… non credo proprio, ma che è uno che va là e gli si può dire quello che interessa secondo me si può fare (…) cioè proprio affidabile come uno che è molto legato cioè uno dei nostri ci vedo più Viola nel senso che faccio quello che dice Cosio (fonetico) però secondo me Leonida è un uomo di mondo e se puntiamo su di lui queste cose le capisce.” E in quei giorni, sebbene indirettamente, viene intercettato lo stesso Viola.
È il 14 marzo e Palamara viene chiamato da un altro magistrato, Nicola Clivio, mentre è fisicamente in compagnia di Viola. Palamara passa il telefono a Viola, che parla con Clivio, il quale gli dice: “Ti si vede in lizza per grandi cose.” Viola ride e glissa: “Spero di vederti presto, un abbraccio.” Il telefono torna nelle mani di Palamara al quale Clivio dice: “Marcello dove lo piazzi al posto del Pigna?” “A Ciccio”, risponde Palamara, “ammazza aoh sei il numero uno.”
Il numero di magistrati intercettati con Palamara è impressionante. C’è anche l’ex l’ex presidente dell’Anm Eugenio Albamonte che chiama Palamara il 23 marzo 2019. Dal brogliaccio si legge che Albamonte parla delle nuove nomine interne all’Anm: “Magistratura Indipendente mette Grasso (Pasquale, ndr) come Presidente e che più di così non si poteva fare”. Poi aggiunge: “L’unica cosa che potete fare per gestire alla grande (…) la cosa è mettere Caputo (Giuliano, della corrente Unicost, ndr). Se già c’è Grasso e voi mettete Infante (Enrico, sempre di Unicost ma ritenuto più a destra, ndr) mi sa che non ci entriamo proprio”. Il concetto sembra essere quello di evitare che Infante diventi segretario dell’Anm e c’è l’invito a preferirgli Caputo, ritenuto più vicino alla corrente di Area. E così in effetti avverrà. Ci sono poi magistrati che chiedono a Palamara di interessarsi alla loro nomina. Per esempio Francesco Mollace che, scrivono gli investigatori, aveva “proposto la propria candidatura per una carica vacante presso il Tribunale di Frosinone” e “chiedeva un intervento a Palamara affinché venisse ascoltato dal Consiglio Giudiziario verosimilmente chiamato a esprimere un parere (…) in relazione precedenti vicende penali e disciplinari”. Nessuno dei magistrati fin qui nominati, a eccezione di Palamara, è coinvolto nell’indagine.
E non lo è neanche Giuseppe Maria Berruti, commissario Consob con un lungo passato al Csm, che parla con Palamara dell’incontro avuto il giorno prima con il ministro di Giustizia, Alfonso Bonafede. Berruti riferisce di una chiacchierata con il ministro sull’Anm: “Mi ha spiegato che ha a che fare con un’associazione di dementi e sono totalmente d’accordo… ha detto che sono cretini divisi tra di loro che questa cosa di un anno per ciascuno (la rotazione, ndr) è stato un disastro che sono andati a finire tutti in bocca a Davigo”. Interpellato dal Fatto, Berruti ha precisato: “Mai il ministro ha espresso critiche o posizioni irrispettose nei confronti dell’associazione. Non ricordo il colloquio con Palamara, ma sicuramente il ministro mai ha utilizzato espressioni irriguardose”.

L’incoscienza di Salvini. - Tommaso Merlo

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Salvini occupa il parlamento nel bel mezzo di una pandemia. Un’incoscienza frutto della sua disperazione politica. Salvini è venuto a noia, a furia di abbaiare alla luna non gli crede più nessuno. Ma invece di mettersi a cuccia e aspettare tempi migliori, lui abbaia ancora più forte logorando notte dopo notte la sua credibilità. Renzite acuta. 
Se continua così Salvini dilapiderà in fretta il suo patrimonio politico e riporterà le Lega alle percentuali da partitino estremista che merita. Pianta cagnara, aizza le sue regioni contro il governo. Vorrebbe che Conte se ne fregasse degli scienziati, vorrebbe che il governo mandi gli italiani in giro ad infettarsi e morire. Davvero da incosciente. A sentir Salvini il governo starebbe calpestando addirittura la Costituzione. Non limiterebbe cioè le libertà per ragioni sanitarie, ma perché Conte è un mezzo dittatore. Barzellette sovraniste. 

Salvini si spaccia come un paladino della democrazia quando ha ridotto la Lega a clava personale e quando si è sempre ispirato a Putin, uno che zittisce i giornalisti, incarcera le opposizioni e opprime le minoranze. Senza parlare del sottobosco neofascista nostrano che gli gravita attorno. Bau bau bau. Alla luna. Salvini si appella alle prerogative del parlamento quando lui passa la vita a far comizi e non ci mette piede neanche per sbaglio. Bauuu. Nell’occupare il parlamento Salvini si è dimenticato di avvisare i suoi alleati. Lui sarebbe il capo dell’opposizione ma vuole fare a gara a chi sciacalla di più. Dopo la manifestazione della Meloni, Salvini passa al comando con l’occupazione del Senato. Incoscienza e ipocrisia allo stato puro. Se Salvini fosse al governo non avrebbe le palle per ignorare la scienza e a mettere a rischio la vita di milioni di persone. E anche se ci avesse provato si sarebbe trovato contro istituzioni e cittadini che non sono né kamikaze, né menefreghisti, né coglioni. Salvini sta facendo solo propaganda. Nel modo peggiore, nel momento peggiore. Non potendo uscire a far comizi, si arrangia come può. Il suo obiettivo è colpire Conte e riprendere la sua scalata al potere ma la renzite acuta lo sta rovinando. La pandemia poteva essere una grande occasione politica per Salvini. Poteva dimostrare la sua caratura di leader, il suo senso di responsabilità, la sua dedizione al bene comune e alla lunga avrebbe approfittato delle inevitabili difficoltà governative nel fronteggiare una crisi di tale gravità. Ed invece Salvini si è messo fare lo sciacallo scommettendo sullo sfascio. Un errore madornale che sta pagando carissimo ma che non riesce a correggere. Renzite acuta. L’ego che piega la coscienza. L’ego che ha sempre ragione. Bau bau bau. Ma che Salvini riporti la Lega ai numerini con cui l’ha ereditata è finalmente una bella notizia in questi tempi bui. Senza gente come lui al centro della scena, la vita politica tornerebbe ad essere più sana e serena. Ci si potrebbe concentrare sul venir fuori dalla pandemia e poi magari costruire un paese migliore.

https://repubblicaeuropea.com/2020/04/30/lincoscienza-di-salvini/

Covid, anche l’ex amico Gori critica le frasi di Renzi sui morti che ‘se potessero parlare vorrebbero riaprire’: ‘Uscita a dir poco infelice’.

Covid, anche l’ex amico Gori critica le frasi di Renzi sui morti che ‘se potessero parlare vorrebbero riaprire’: ‘Uscita a dir poco infelice’

Le frasi dell'ex premier hanno provocato una serie di reazioni, tra cui anche quella del sindaco di Bergamo ed ex renziano. Le sardine: "Non tolga a vittime dignità che meritano".

Le lodi dai seguaci, le critiche aspre da tutti gli altri. Hanno creato polemiche a non finire le frasi di Matteo Renzi al Senato, dove il leader di Italia Viva nel suo intervento di risposta all’informativa del premier Conte ha citato le vittime delle città più colpite dal Covid per dare forza al proprio discorso. “La gente di Bergamo e Brescia che non c’è più, se potesse parlare ci direbbe di riaprire” ha detto l’ex sindaco di Firenze, per chiedere al governo di accelerare la ripresa delle attività nella cosiddetta Fase 2 che partirà dal 4 maggio.
La citazione delle vittime bergamasche e bresciane, però, non è piaciuta a molti. Tra i tanti commenti negativi alle parole del senatore semplice di Scandicci da segnalare quelle di Giorgio Gori. Che è sindaco di Bergamo eletto col Pd, ma in passato è stato vicinissimo all’ex Rottamatore, sin dai tempi delle prime Leopolde. Oggi, però, Gori non ha usato mezzi termini per definite ciò che ha detto Renzi: “Mi pare un’uscita a dir poco infelice. Se voleva rendere omaggio ai nostri morti, il modo – coinvolgerli a sostegno della sua proposta di riapertura delle attività – è decisamente quello sbagliato”. Gori ha poi provato a cercare una spiegazione dietro le parole dell’ex premier, giungendo però alla stessa conclusione: “Immagino che il leader di Italia Viva volesse sottolineare l’attaccamento al lavoro della gente di Bergamo e di Brescia – ha spiegato il sindaco di Bergamo – Ma sostenere che le vittime del virus, se potessero parlare, ‘vorrebbero’ oggi la riapertura appare purtroppo stonato e strumentale. Sono certo che Renzi ha pieno rispetto del dolore di queste province – ha concluso – Ma quella pronunciata al Senato è però una frase decisamente fuori luogo“.
Tra le accuse a Renzi c’è anche quella delle sardine, che hanno scritto sul loro profilo Twitter per stigmatizzare le parole dell’ex presidente del Consiglio: “‘I morti di Bergamo, se potessero, direbbero aprite anche per noi’. Non è #Salvini, non è Meloni e non è Fontana. Senatore #Renzi, i morti non parlano, non tolga a loro e a i loro parenti la dignità che meritano. #Parlamento”, si legge sul profilo ufficiale del movimento. Durissimo, invece, il commento dell’europarlamentare M5s Fabio Massimo Castaldo: “Sono rimasto inorridito dalle parole utilizzate da Matteo Renzi. Ma stiamo forse scherzando?” ha scritto su facebook, per poi aggiungere: “Ma come si permette questo personaggio in cerca d’autore, malato di visibilità, di strumentalizzare il dolore delle famiglie? Come si permette di utilizzare la sofferenza delle persone per fare propaganda? – ha attaccato Castaldo – Come si permette di sfruttare i morti per fare un attacco al governo? Vergogna! Renzi sappia che nessuno lo autorizza a farsi interprete dei sentimenti e dei desideri di chi purtroppo non c’è più – ha detto ancora – e men che meno del dolore delle loro famiglie! Chieda immediatamente scusa a tutti gli italiani – ha concluso – specialmente alle famiglie colpite gravemente dall’epidemia, la smetta con queste sparate”.

I Bolsonari de noantri. - Marco Travaglio

Governo, ultimatum di Renzi a Conte: "Non abbiamo negato i pieni poteri a Salvini per darli a lei". Il premier: "La maggioranza c'è ancora"

Da due mesi e mezzo vediamo cose che noi umani… eccetera. Ma qui si esagera. Ieri, durante l’ennesima puntata della serie tv Funeral Parliament, mi è accaduto qualcosa di impensabile: davo ragione Ignazio La Russa. Mi sono subito misurato la febbre, ma era nella norma. Essendo astemio e allergico alle droghe, ho escluso pure lo stato di ebbrezza e quello allucinogeno. Allora ho riascoltato l’intervento del camerata siculo-milanese per sincerarmi di aver capito bene e ho dovuto concluderne, con mio sommo sgomento, che aveva proprio ragione: a prendere sul serio il discorso (si fa per dire) dell’Innominabile, il governo Conte non ha più la maggioranza. Dunque, in un Paese serio, il premier avrebbe due sole strade: chiedere alle Camere un voto di fiducia per verificare l’esistenza della sua maggioranza, o salire al Quirinale per comunicare l’inesistenza della medesima. Ma siamo in Italia, e soprattutto parliamo dello Statista di Rignano, il più monumentale bugiardo della storia, al cui confronto Pinocchio, Wanna Marchi e B. sono gente sincera e il pagliaccio Bagonghi era una persona seria. Uno che, da quando lo si conosce, non fa che minacciare di lasciare qualcuno o di andarsene da qualcosa, purtroppo senza mai farlo. Uno che, non avendo mai combinato nulla di buono nella vita, si diverte a sfasciare quello che di buono fanno gli altri.
Infatti nessuno, a parte La Russa, se l’è filato di pezza, perché tutti sanno che anche questo ultimatum a Conte non produrrà effetto alcuno, come tutte le precedenti promesse, minacce e annunci (tipo abbandonare la politica in caso di sconfitta al referendum). Per almeno due motivi. Primo: l’intrinseca ridicolaggine delle sue parole. Il gaglioffo ha difeso la Costituzione dalle “violenze” contiane, con grande allarme della Costituzione medesima che si è sentita come Asia Argento se Weinstein le si offrisse come bodyguard. Poi ha accusato il premier di “populismo” perché non dice che va tutto bene e si riapre tutto subito, cioè perché – diversamente da lui – non è populista. Mancava soltanto che saltasse su Gasparri ad accusare Conte di strabismo, o la Bellanova di pinguedine, o Fassino di magrezza. Poi ha ricordato gl’italiani “agli arresti domiciliari” (un pensiero commosso ai suoi genitori), con l’aria di chi pensa che il virus l’abbia importato il premier. Infine ha detto che “non possiamo delegare tutto alla comunità scientifica”, perché già “troppe volte la politica ha abdicato in passato: nel 1992-93 abdicò alla magistratura” (anziché impedirle di processare ladri e mafiosi).
E poi “ai tecnici” (il governo Monti che lui applaudiva inneggiando da Palazzo Vecchio alle letterine della Bce e al massacro sociale conseguente). Ergo ora “non possiamo abdicare ai virologi”, tipo il compare Burioni che ai tempi del suo governo voleva vaccinarci pure contro i brufoli e le ragadi. Del resto, assicura, “la gente di Bergamo e Brescia che non c’è più, se potesse parlare, ci direbbe di riaprire”: deve averlo saputo in una seduta spiritica della fondazione Open alla Leopolda, o forse sente direttamente le voci come Giovanna d’Arco. Ora si attende una class action dei parenti delle vittime per vilipendio di cadaveri. Il secondo motivo del flop dell’ennesimo penultimatum è lo stato larvale in cui versa la nanoparticella denominata umoristicamente Italia Viva, che doveva “svuotare il Pd” e invece ha riempito tutti gli altri partiti della maggioranza e precipita nei sondaggi a rotta di collo verso lo zero assoluto, mentre Pd, 5Stelle e Sinistra crescono. L’insuccesso, si sa, dà alla testa. Ma a lui dà alla pancia: più voti perde, più chili guadagna; più cala nei sondaggi, più sale sulla bilancia; più l’elettorato si restringe, più il girovita si dilata; ogni mezzo punto in meno, un doppio mento in più. E il colesterolo acceca più dell’onanismo. Ma gli altri parlamentari italovivi, famigli a parte, ci vedono benissimo. Sanno che questo è l’ultimo giro di giostra ed è bene tenersi stretto il governo, cioè il cadreghino. Ove mai l’Innominabile se ne andasse, non dietro agli elettori che non ha, ma alle lobby che ha, molti resterebbero dove sono, lasciandolo solo. Anche perché, se del governo Conte sono la ruota di scorta, di un’ammucchiata Draghi (o chi per lui) sarebbero il pelo superfluo.
Quindi, almeno per ora, nulla cambia. A meno che l’intervento del senatore Pd Dario Stefàno non rifletta la posizione del Pd, che a sentire Orlando alla Camera pareva opposta. Noto voltagabbana salentino, passato da Confindustria alla Margherita a Sel, con fuitina presso l’Udc prima di planare nel Pd, lo Stefàno ha chiesto a Conte di “abbandonare la prudenza” per riaprire tutto subito, associandosi agli altri Bolsonaro de noantri che ciarlavano come se il virus fosse scomparso dal suolo patrio e i 205.463 contagiati e i 27.967 morti non fossero mai esistiti (l’unica a ricordarli è stata la M5S Maiorino). E autorizzavano il sospetto di essere tutti pagati da Conte per esaltarne il solitario buonsenso. Geniale anche l’idea di Stefàno di riaprire subito per battere sul tempo le “fughe in avanti di alcune regioni”. Cioè: visto che la Santelli fa cazzate in Calabria, facciamole prima noi in tutta Italia, così la freghiamo. Furbo, lui.

Zagrebelsky: “Chi dice Costituzione violata non sa di cosa sta parlando”. - Silvia Truzzi

Zagrebelsky: “Chi dice Costituzione violata non sa di cosa sta parlando”

Il professore - “I Dpcm discendono da due decreti legge, uno dei quali votato dal Parlamento. Il governo non ha usurpato poteri non concessi”.
In questi giorni alcuni leader politici stanno scoprendo la Costituzione (Salvini), mentre altri la riscoprono dopo tentativi di sfregio (Renzi). Gustavo Zagrebelsky ha scritto su Repubblica: “Mi chiedo quanto ci sia di esagerato e di strumentale in questi ‘al lupo, al lupo’ e quanta incomprensione della natura del problema che abbiamo di fronte”. Proviamo a rispondere.
Professore, volano parole grosse sia da parte di esponenti politici che di suoi colleghi: “Scandalo costituzionale”, “Costituzione violata”, “democrazia sospesa”, un premier “che scavalcando il Quirinale compie un mezzo golpe”.
Quando scendono in campo i giuristi, vuol dire che non siamo molto ben messi. Ci si rivolge ai giuristi per avere una parola chiara e normalmente se ne ottengono molte e oscure, spesso contraddittorie. Una delle più frequenti prestazioni dei giuristi, nel loro insieme, è di rendere meravigliosamente oscure (Rabelais) persino le questioni chiare.
Si mette in discussione la legittimità dei provvedimenti del governo. Lei che pensa?
Stiamo ai testi. Abbiamo due decreti-legge, il primo convertito in legge e il secondo, a quanto mi risulta, non ancora esaminato dal Parlamento, ma in vigore. E poi 11 decreti del presidente del Consiglio, gli ormai celeberrimi dpcm. I decreti legge sono equivalenti alle leggi, che servono, secondo Costituzione, a fronteggiare i “casi straordinari di necessità e urgenza”. Credo che nessuno dubiti che si sia in uno di questi casi. Il decreto legge numero 6 di febbraio stabilisce che le autorità competenti sono “tenute ad adottare ogni misura di contenimento e gestione adeguata e proporzionata all’evolversi della situazione epidemiologica”. Successivamente indica le materie in cui tali misure possono intervenire: circolazione, trasporti, scuola, manifestazioni pubbliche, ecc. In breve: le misure attuative (i dpcm) sono autorizzate dalla legge e il governo ha fatto uso dell’autorizzazione in quanto “autorità competente”. Il governo non ha usurpato poteri che non gli fossero stati concessi dal Parlamento. Undici decreti sono tanti, ma l’autorizzazione data al governo prevede precisamente che l’attuazione sia, per così dire, mobile, seguendo ragionevolmente l’andamento dell’epidemia.
Quindi tutto bene?
Sto parlando degli aspetti formali. Le restrizioni dei diritti costituzionali in situazioni come quella che stiamo vivendo e nei limiti ch’essa richiede devono avvenire in base alla legge, ed è ciò che è avvenuto. “In base alla legge” e non necessariamente dalla legge approvata dal Parlamento: ci immaginiamo che cosa sarebbe una discussione parlamentare articolo per articolo? Nella sostanza, le misure oggetto della decretazione possono essere valutate come si vuole, ma questa è un’altra questione. L’opinione di chi sostiene che i diritti costituzionali siano stati limitati per arroganza del governo è errata.
C’è chi dice che il governo e il suo capo si siano dati i famigerati pieni poteri.
Appunto: c’è chi lo dice, ma non è detto che sappia quel che dice. Questi cosiddetti pieni poteri in realtà sono stati attribuiti dal Parlamento e dunque non se li sono “presi”. In secondo luogo, si tratta di poteri tutt’altro che pieni, essendo limitati dallo scopo: il contenimento della diffusione del virus. Fuori da questa finalità sarebbero illegittimi.
Non le sembra che il Parlamento sia emarginato?
In un certo senso sì, perché una grande questione nazionale come è questa meriterebbe dibattiti e deliberazioni d’alto livello, appelli alla solidarietà nazionale, dimostrazioni di consapevolezza della gravità del momento, insomma ciò che ci si aspetterebbe dai nostri “eletti”. La sede naturale è il Parlamento. Se il Parlamento (o meglio alcune forze politiche) lamenta l’emarginazione, la imputi a se stesso che ha votato l’autorizzazione con una sua legge. In ogni caso, il Parlamento dispone in qualunque momento di strumenti per aprire dibattiti e confronti, per modificare ed, eventualmente, anche per togliere al governo ogni potere e riprenderselo. Se vuole e può, lo faccia. Ma mi pare piuttosto che si preferisca litigare per mostrare di esistere e fare propaganda.
C’è una forte tensione anche tra Stato e Regioni.
La tensione è politica. Giuridicamente, la questione è risolta dal principio costituzionale di sussidiarietà: la competenza segue la dimensione del problema. È come un cursore che si arresta e conferisce la competenza nel punto (alto o basso che sia) adeguato alle funzioni da gestire: funzioni piccole, in basso; funzioni grandi, in alto. Il cursore va dai Comuni fino allo Stato, passando per le dimensioni intermedie. Questa è una pandemia: il minimo è che se ne occupi lo Stato.
Se le responsabilità sono statali, si possono ammettere deroghe locali come in Calabria?
Date le dimensioni dell’emergenza, la responsabilità è del governo. Le Regioni possono essere autorizzate a prendere misure più o meno restrittive, a seconda delle condizioni in cui si trovano. Ma non possono agire di propria iniziativa. Ci possono essere trattative, però è il governo che apre o chiude i rubinetti perché del governo è la responsabilità generale.
Si è parlato di scaglionare la popolazione in base all’età: è costituzionalmente ammissibile?
La “questione anziani” è emersa nella prima fase dell’emergenza in maniera drammatica, quando le strutture sanitarie disponevano di poche risorse rispetto alle necessità. Si poneva un dilemma tremendo. Non potendo assistere tutti, a chi dare la precedenza? Oggi per fortuna non siamo più in queste condizioni, perché la pressione sulle strutture di terapia intensiva è diminuita. Tuttavia, è emerso allora un pensiero, un retropensiero che, come un virus, è, per ora silenziosamente, tra noi. I vecchi hanno già vissuto la loro vita, che cosa pretendono rispetto a chi la sua vita deve ancora viverla? Questione terribile, che dobbiamo essere preparati ad affrontare perché ritornerà, tanto più in quanto gli anziani saranno percepiti come soggetti improduttivi, pesi e costi per la società tutta intera che, in nome del proprio sviluppo, non può permettersi di sostenere. Il darwinismo sociale busserà alle nostre porte finché il valore essenziale proposto alle nostre vite sarà il successo. Ogni mattina, quando mi alzo dal letto, mi assale l’idea che la mia vita vale, agli occhi degli altri, un po’ meno del giorno prima, fino al momento in cui arriverà finalmente la rottamazione. Poi si è proposto di prolungare l’isolamento solo per gli anziani perché più vulnerabili. Le limitazioni dei diritti si possono mettere in atto solo se, come dice la Costituzione, si mettono in pericolo i diritti altrui, non i propri. Alla propria salute ognuno pensa per sé. L’essere anziano non è sinonimo di particolare pericolosità.
È arrivato il momento in cui la competenza mostra la sua importanza?
Ci sono questioni che non possono essere affrontate e risolte in base soltanto alle proprie preferenze, o ai propri capricci, come vorrebbero i bambini. Detto questo, l’appello che si fa alla comunità scientifica, non sempre, anzi quasi mai, è risolutivo. All’interno della comunità scientifica esistono divergenze di opinione. Aggiungo che, contro le apparenze, non è un male per la democrazia: se la scienza si pronunciasse all’unanimità in nome di una verità assoluta e indiscutibile, non ci sarebbe nulla da fare se non ubbidire. Buona cosa è che la scienza prospetti argomenti, ma poi la scelta è responsabilità della politica. In una situazione d’incertezza come è questa nostra, la politica gioca necessariamente d’azzardo. Le decisioni che le si richiedono, non possiamo dire con certezza quali effetti potranno avere. Gli uomini politici responsabili, che studiano e agiscono con prudenza ascoltando chi ne sa più di loro meritano comprensione e rispetto, pur nella totale libertà di tutti di manifestare il proprio dissenso. Ma, anch’esso è basato sull’azzardo senza, però, la corrispondente assunzione di responsabilità. Facile criticare, più difficile decidere.
A proposito: si parla di un governo tecnico per gestire la ripresa.
Il governo tecnico si dice tale perché composto da persone competenti che non debbono agire per ottenere un consenso elettorale. Ma la tecnica non è mai neutra. La versione più ovvia è quella conservatrice. Tra non molto ci troveremo davanti alla domanda della “ripartenza”: così “come eravamo”, o secondo visioni nuove della salute, dell’ambiente, del lavoro, dell’abitazione, della produzione e del consumo, eccetera? La risposta innovatrice non la darà la tecnica.

Salvini, Meloni, Renzi, l'accozzaglia politica che avanza spedita verso il baratro...

Adesso Salvini e la Meloni incalzano Renzi: "Metta fine a governo ...

I tre fanno parte di schieramenti diversi, Salvini e Meloni di destra e Renzi di sinistra, ma, stranamente, la pensano allo stesso modo e votano le stesse leggi.
Esaminiamo le loro personalità.

- Salvini - è il classico grezzo, cresciuto e pasciuto in politica, senza arte, nè parte (cultura e intelligenza, che non dico che non abbia, ma che applica poco) non saprebbe che altro fare fuori dal contesto parlamentare, e non inteso in senso materiale, perchè è un accanito assenteista, ma in senso di convenienza. Una volta vinto il biglietto della lotteria, è difficile rinunciarvi, a meno che, prendendo ad esempio l'operato di alcuni suoi predecessori, approfittando opportunisticamente della politica, non riesci a crearti un businnes che ti dia la possibilità di far quattrini a volontà anche fuori dal quel contesto.

- Meloni - di lei so molto poco, come se non esistesse, anche se pare che abbia un buon seguito; dalla sua ha il fatto di essere cresciuta, politicamente parlando, sotto la guida del Berlusca, buon mentore se non fosse per le sue pessime frequentazioni, per il liberalismo eccessivo e per i suoi molteplici vizietti. Di lei ho impresso il tono fastidioso della voce quando arringa le folle, gli occhi sgranati, la nullità dei suoi slogan, e la volgarità che emana. 


- Renzi - lui è un caso a parte, fuori da ogni contesto logico; ha rivestito cariche di una certa importanza da sindaco di Firenze - è non è poco - a segretario di un partito del quale non ha capito nulla, a Presidente del Consiglio. Ammiratore sfegatato del Berlusca, che ha cercato di emulare senza averne le basi (intelligenza) e gli appoggi economici (Banca Rasini&C.), ama frequentare personaggi altolocati: ha partecipato anche ad una riunione del gruppo Bilderberg.
Peccato, però, che la sua famiglia non gli sia d'aiuto commettendo svariati reati penali che speravano sarebbero rimasti impuniti grazie alle sue millantate influenze in magistratura..
A questo punto mi sorge il sospetto che non sia stato lui a voler uscire dal partito per crearne uno suo, ma che sia stato il partito a defenestrarlo. viste le svariate performance negative prodotte. Ha, oltretutto, una scarsa conoscenza della Costituzione e non si riesce a comprendere come abbia potuto conseguire una laurea in giurisprudenza pur essendo a digiuno degli elementi basilari della stessa. E' un flop, questa è la definizione che gli si addice maggiormente. Non ha più un seguito, tranne quei pochi che si sono fusi e bruciati con lui. 

Infine c'è da.... dire che. che non ha più niente da.... dire, e non si può....dire che prima lo facesse.
Cetta.

giovedì 30 aprile 2020

Confindustria, Bonomi: 'Fase 2, incerta e contraddittoria. Lavoriamo ad un piano Italia 2030-2050'.

Il presidente designato di Confindustria Carlo Bonomi ©
Il presidente designato di Confindustria Carlo Bonomi.

Inaccettabile l'avvio di una campagna di nazionalizzazioni dopo aver indotto le aziende a iperindebitarsi' ha detto al consiglio di confindustria. Scelti i vicepresidenti.

"Un conto è chiedere un freno alla corresponsione dei dividendi, altro e del tutto inaccettabile è avviare una campagna di nazionalizzazioni dopo aver indotto le imprese ad iperindebitarsi": il presidente designato Carlo Bonomi, parlando al Consiglio generale di Confindustria, avverte "La tentazione di una nuova stagione di nazionalizzazioni è errata nei presupposti e assai rischiosa nelle conseguenze, sottraendo risorse preziose alle aziende per soli fini elettorali". 
"Stiamo andando verso una riapertura delle attività economiche purtroppo caratterizzata da un caotico susseguirsi di misure incerte e contraddittorie". Il presidente designato di Confindustria, Carlo Bonomi, lo ha sottolineato parlando a porte chiuse agli industriali riuniti, oggi, in videoconferenza per il consiglio generale di via dell'Astronomia. Emerge da un audio trapelato dalla riunione e pubblicato dal sito Affari Italiani. "Sono personalmente stupefatto che nel 'dpcm riaperture' non ci sia alcun metodo di massa di tracciamento dei contatti finalizzato ad una diagnostica precoce da parte delle sanità regionali". E "l'app immuni non risulta collegata e validata da sanità centrali e regionali", dice Bonomi, che avverte: "Non c'è un Paese democratico al mondo che va verso il terzo mese di misure restrittive senza aver adottato un preciso metodo di raccolta dati epidemiologici e di concentrazione degli interventi sanitari territoriali". Poi aggiunge: "Dobbiamo batterci perché tra pochi giorni sia assicurata la tenuta del trasporto pubblico locale poiché le misure adottate appaiono difficilmente conciliabili con l'intensità dei flussi nelle grandi conurbazioni dove recarsi al lavoro non è possibile massivamente con mezzi privati". E "anche la chiusura persistente delle scuole è un enorme problema che impatta sulla serenità dei nostri collaboratori, sulla conciliazione del lavoro". "Il Governo agevoli quel confronto leale e necessario in ogni impresa per ridefinire dal basso turni, orari di lavoro, numero giorni di lavoro settimanale e di settimane in questo 2020", "da definire in ogni impresa e settore al di là delle norme contrattuali", dice il presidente designato, Carlo Bonomi. "Senza questo sforzo collettivo la ripresa resta sotto ipoteca. E' impossibile pensare di perdere lì8/10%, del pil e che dopo due mesi possa tutto ritornare come disposto dai contratti vigenti".
"Le scelte che ci attendono sono da togliere il respiro. Chiedono una dedizione integrale e il meglio delle risorse intellettuali e morali". Il presidente designato Carlo Bonomi parla agli industriali riuniti a porte chiuse per il Consiglio Generale di via Confindustria e dice: "Per questo dobbiamo metterci rapidamente al lavoro perché entro l'estate sia pronto un grande piano Italia 2030-2050. Un grande libro bianco di medio periodo degli obiettivi dell'industria e della crescita dell'Italia.
Bonomi ha scelto i suoi vice. Nella squadra dei vicepresidenti, 13 in tutto, entrano Luigi Gubitosi, Maurizio Stirpe, Maria Cristina Piovesana, Emanuele Orsini, Barbara Beltrame, Giovanni Brugnoli, Francesco De Santis, Alberto Marenghi, Maurizio Marchesini, Natale Mazzuca. Si aggiungono i tre vicepresidenti 'di diritto': Carlo Robiglio, Alessio Rossi, Vito Grassi. 
"Un conto è chiedere un freno alla corresponsione dei dividendi, altro e del tutto inaccettabile è avviare una campagna di nazionalizzazioni dopo aver indotto le imprese ad iperindebitarsi".
E chi sarebbe stato il farabutto che ha indotto le imprese ad iperindebitarsi?
Ah! Capisco, il coronavirus che ha una sua personalità materiale, quindi agisce...
Io sarei favorevole ad una nazionalizzazione, invece, perché eviterebbe a voi di speculare su tutto spendendo meno per guadagnare di più e di creare, conseguentemente, le basi per il verificarsi dei disastri ai quali ci avete fatto assistere inerti, e che abbiamo dovuto pagare in termini di vite e di denaro, anche se a pagare sareste dovuti essere voi in termini penali e pecuniari.
Cetta.