mercoledì 28 ottobre 2020

L’acqua come il petrolio: quotazione finanziaria e via libera alle speculazioni. - Giorgio De Girolamo (Fridays for Future)

 

Il Cme Group, in collaborazione con Nasdaq, ha annunciato la creazione del primo future al mondo su quello che dovrebbe essere un bene pubblico. Eppure il mercato è difficile (è un "materiale" che pesa e complicato da spostare) e limitato, per adesso in alcune valli della California. Come si può pensare di trarre profitto dall'“Oro blu”?

Principio primo della vita per Talete di Mileto, il primo dei filosofi, e diritto fondamentale per le Nazioni Unite dal 2010, l’acqua diventa anche la più preziosa e discutibile delle “commodity”: una materia prima con una sua quotazione finanziaria, come già sono oro e petrolio, e soggetta, quindi, alla legge della domanda e dell’offerta. Ma soprattutto nuova preda della speculazione finanziaria.

È il Cme Group che, in collaborazione con Nasdaq, ha annunciato la creazione del primo future al mondo sull’acqua. Il contratto, che debutterà nel quarto trimestre sulla piattaforma Globex, impiega come sottostante il Nasdaq Veles California Water Index, che rispecchia il prezzo dei diritti sull’acqua in California: un mercato da 1,1 miliardi di dollari, non causalmente inserito in una delle regioni del mondo negli ultimi anni più colpite da incendi e siccità.

L’evidenza dei limiti naturali, di cui è stata (ed è tuttora) tangibile metafora la pandemia di Covid-19, può aprire infatti a due reazioni diametralmente opposte: da un lato la presa di coscienza dell’importanza dei beni comuni e della loro equa ripartizione. Dall’altro, quella vantata, con tutta evidenza, dalla suddetta ultima frontiera della speculazione finanziaria, che nella scarsità di un bene essenziale non vede che l’ennesimo business da costruire.

Non c’è speculazione che non faccia alzare il prezzo di un dato prodotto. Tanto più quando questo è scarso e oggetto di un bisogno fondamentale. È retorico dire che senza acqua non c’è vita. Lo sanno bene gli abitanti di Città del Messico, dove spesso l’acqua costa più della Coca-Cola. E che spendono gran parte del proprio (magro, inutile dirlo) reddito per assicurarsi le forniture di acqua a domicilio attraverso autobotti quando la rete non funziona o dove la rete stessa non arriva.

L’iniziativa del Cme, inoltre, aspira a estendersi a livello internazionale, per diventare, a quanto dichiara, “una sorta di termometro in grado di segnalare il livello di allarme sull’acqua a livello globale”. Anche se più che un nobile interesse, sembra non essere altro che una maschera per celare una palpabile e immorale avidità.

“Ci sono poi anche dei problemi di natura tecnica e ingegneristica”, ci dice Edoardo Borgomeo, honorary research associate presso l’Università di Oxford e tra i massimi esperti di acqua a livello globale, il cui ultimo saggio, Oro Blu, storie di acqua e cambiamento climatico (Laterza, 2020), è un piccolo capolavoro di divulgazione scientifica. “In pratica è molto difficile fare trading dell’acqua, perché l’acqua è pesante e difficile da spostare, perché viene gestita localmente e perché le regole di gestione cambiano da luogo a luogo – prosegue – e non c’è un mercato globale dell’acqua, come esiste per il petrolio o la soia, e neanche un mercato regionale perché l’acqua non è facilmente trasferibile. Esiste un piccolo mercato in alcune valli della California dove l’acqua si può trasportare grazie alle infrastrutture, ma viste le dimensioni e il numero di attori coinvolti, non credo si possa parlare di un grande mercato”.

Al contempo però si vocifera anche che Michael Burry, divenuto celebre per aver scommesso (e vinto)  contro il fenomeno dei mutui subprime, abbia accumulato con altri speculatori terreni agricoli con annesse risorse idriche. Stavolta punterà sul precipitare della crisi climatica, la condizione più adatta per fare profitto con il prezzo dell’acqua.

Di acqua ce n’è molta sul nostro pianeta: circa il 70% della superficie terrestre è coperta di acqua. Ma per il 97% si tratta di acqua salata, utilizzabile solo se sottoposta a un processo costoso ed energivoro di desalinizzazione. Resta uno scarso 3%, di cui solo un terzo è considerato di facile accesso per l’uomo.

Inoltre siamo sempre di più a viverci, su questo Pianeta; e tutti, a ragione, vogliamo vivere meglio. L’equazione, fatta propria già da molti analisti, porterebbe alla certa previsione di futuri conflitti, molto più aspri ed estesi di quelli già in corso, con al centro la lotta per l’acqua. E conseguenti flussi migratori di misura sempre più ampia. Ma forse non è un tale catastrofismo malthusiano l’unica soluzione possibile. Ci sono fin troppi strumenti per collaborare a livello globale e contrastare la crisi climatica; anche dal fronte di quella idrica, che non è altro che una delle sue molteplici manifestazioni. Basterebbe usarli, metterli al centro di un interesse comune: che, ricordiamolo, non è l’interesse di tutti: bensì l’interesse dei molti (spesso poveri, affamati o assetati) che, appropriandosene, possono contrastare l’interesse dei pochi che tentano di opprimerli. A partire dagli speculatori del Cme. Perché dalla scarsità non si fanno solo profitti. Ma si possono anche costruire soluzioni per migliorare, senza aspettarsi alcun ritorno, quell’orto comune che ci ospita per il breve tempo di una vita.

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Viaggiano in treno fino a Napoli i test lombardi. - Natascia Ronchetti e Stefano Vergine

 

A Varese - Fino a 10 giorni per l’esito.

“Il motivo per cui il sistema dei tamponi si è impallato di nuovo è semplice: non hanno voluto comprare macchine per processare i tamponi negli ospedali perché dicevano che sarebbe stato costoso, e invece preferiscono inviarli in treno a Napoli ogni giorno”. Lo racconta al Fatto un medico di famiglia della provincia di Varese, dove in queste ore il sistema sanitario impiega anche 10 giorni per fornire ai cittadini i risultati dei test molecolari, con buona pace del tracciamento della cerchia di contatti, nel caso di esito positivo. La fonte preferisce rimanere anonima, ma è la stessa Ats Insubria a confermare quanto sta avvenendo nelle province di Varese e Como, tra le più colpite in Italia da questa seconda ondata della pandemia e, dopo Milano, in Lombardia.

“Inviamo parte dei tamponi effettuati sul territorio in altra Regione” spiegano da Ats Insubria. “Il numero dei cittadini che quotidianamente si sottopongono al tampone è superiore al quantitativo che può essere processato all’interno del perimetro regionale, che è bene sottolineare accoglie un sesto dei cittadini italiani. Regione Lombardia, tramite la centrale di acquisti Aria spa, ha bandito una gara per effettuazione in service di test molecolare per la ricerca di Sars Cov2. La gara è stata aggiudicata ad Ames Srl”.

Diretto da Antonio Fico, Ames è il centro polidiagnostico che ogni pomeriggio intorno alle 15 ritira migliaia di tamponi fatti in Lombardia, li carica su un treno a Milano, in Stazione Centrale, e li porta fino a Casalnuovo, fuori Napoli. A 800 chilometri di distanza. È qui che si trova infatti il principale laboratorio del gruppo, recentemente perquisito dai carabinieri nell’ambito di un’inchiesta della Procura partenopea sulla gestione degli appalti affidati dalla Regione Campania durante la pandemia. Fico, il direttore della Ames, è indagato per concorso in turbativa d’asta insieme ad Antonio Limone, direttore dell’Istituto zooprofilattico di Portici (Napoli), una delle strutture a cui Vincenzo De Luca ha affidato l’analisi dei tamponi effettuati in regione. Al di là dell’inchiesta giudiziaria sulla Ames, a preoccupare è soprattutto lo stato in cui la Lombardia si ritrova ad affrontare anche questa seconda ondata.

A giugno, come aveva raccontato Il Fatto, in piena procedura d’urgenza, la Regione guidata da Attilio Fontana ha affidato infatti una commessa da 72 milioni di euro alla Ames per analizzare 20mila tamponi rinofaringei al giorno. Il gruppo si è aggiudicato la maxi commessa offrendo uno sconto di oltre il 50% sulla base d’asta fissata, così che per ogni tampone analizzato l’incasso sia di 29,4 euro. La convenzione per appaltare all’azienda campana l’analisi di 20 mila tamponi è stata però attivata il 25 giugno, quando ormai la situazione epidemiologica iniziava ad andare meglio. La convenzione sarebbe dovuta durare due mesi – si legge sui documenti pubblici – e poteva al massimo essere prorogata fino al 15 ottobre. Poi in teoria Attilio Fontana e i suoi uomini avrebbero dovuto essere autosufficienti. Ma non è andata così.

Il 15 ottobre scorso l’Ats Insubria ha così deliberato una proroga della convenzione con Ames “oltre la scadenza”, si legge nella delibera di affidamento. Ma anche l’Asst Lariana (che copre i territori di Como, Cantù, Menaggio) si è affidata ad Ames fuori tempo per processare i propri tamponi scolastici e quelli dell’ospedale di Como: il 22 ottobre, infatti, ha varato un affidamento del valore di 604.427 euro e della valenza di due mesi. In base a tale accordo, i tamponi vengono prelevati ogni giorno alle 15, inviati a Napoli e l’esito arriva il giorno dopo. Un po’ meglio rispetto ai “fino 10 giorni” per processare un tampone a Varese. L’azienda sanitaria pubblica locale pagherà quindi al gruppo privato campano altri 2.199.954 euro per analizzare 74.600 tamponi. Fino a quando? Non si sa: la scadenza dell’appalto non è nemmeno prevista.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/10/27/viaggiano-in-treno-fino-a-napoli-i-test-lombardi/5980977/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=oggi-in-edicola&utm_term=2020-10-27

Cretini sintomatici. - Marco Travaglio

 

Nell’Italia dei positivi asintomatici e dei cretini sintomatici, che chiedono le dimissioni di Conte perché la seconda ondata travolge il mondo e sfasciano le vetrine dei commercianti per solidarizzare con i commercianti, diventa geniale persino questa frase di Mattarella: “Il vero nemico è il virus, non dimentichiamolo: il responsabile di lutti, sofferenze, sacrifici, restrizioni è il virus”. Parrebbe un’ovvietà, come ci dice la cartina dell’Europa: un lazzaretto di Paesi che, per numero di contagi in rapporto agli abitanti, stanno quasi tutti come noi (Germania, Danimarca, Lussemburgo, Ungheria, Bulgaria) o peggio di noi (Spagna, Francia, Belgio, Regno Unito, Olanda, Polonia, Repubblica Ceca, Austria, Slovenia, Croazia, Romania). Invece, dall’aria che tira, si direbbe che il nemico sia il governo. E solo quello italiano, anche se naviga a vista sui dati del giorno proprio come tutti gli altri governi del pianeta, chi meglio (pochi) e chi peggio (molti). La curva dei positivi è impetuosa e inarrestabile quasi dappertutto: per fortuna non corrisponde a quelle di morti e malati. Ma basta a stressare i sistemi sanitari, anche quelli meglio organizzati. La ricetta miracolosa non ce l’ha nessuno: le misure di Conte sono molto simili a quelle di Merkel, Macron, Sánchez eccetera.

Col raddoppio settimanale dei contagiati, che rendono impossibili i tracciamenti e premono sui pronto soccorso e gli ospedali anche se non ne hanno bisogno, e con i malati che riempiono sempre più i reparti Covid e le terapie intensive, c’è poco da fare. Anche se il governo fosse stato perfetto, le Regioni avessero usato i fondi e i mezzi inviati dal governo e nessuna avesse riaperto le discoteche d’estate, il sistema reggerebbe magari due-tre settimane in più: ma poi collasserebbe ugualmente sotto il peso inesorabile dei numeri. Si può discutere – e l’abbiamo fatto – su ristoranti, bar, cinema e teatri. Ma ora è fondamentale far funzionare la cura per risparmiarci un altro lockdown totale (quelli locali sono inevitabili). Quindi ben venga il ritorno della conferenza stampa della Protezione civile per spiegarci come leggere i dati. E ben vengano le banalità di Mattarella che, tra analfabeti di ritorno e di andata, sono slogan rivoluzionari: il nemico è il virus, non Conte, i Dpcm, le ambulanze. La pandemia è un fatto fisiologico e inarrestabile, almeno fino al vaccino, o alla cura, o all’immunità di gregge. Nell’attesa si può solo frenarla per evitare il collasso, ancora lontano ma non impossibile. Senza panico né isterie, ma anche senza balle negazioniste. Chi non ci crede prenda carta e penna, riempia una pagina di aste, poi scriva cento volte le seguenti frasi: “Il virus esiste”, “Il nemico è il virus” e “Sono un coglione”.

https://www.blogger.com/blog/post/edit/2372701819119034825/1805746818585239575

martedì 27 ottobre 2020

Rita Stilli

 

Presidente, la sua risposta al maestro Muti, è troppo in alto per certi che strisciano come vermi, a cui non importa niente della cultura vera, del teatro, della musica, dell'Arte. A costoro importa solo mangiare, bere e stare al cellulare.
Quello l'hanno sempre carico, e i negozi che gli vendono, sono sempre pieni. Mi domando poi, come possano sentire tanti italiani la mancanza della cena fuori casa, a parte una bella pizza a domicilio, la domenica, io credo che, secondo le loro lamentele, non possano permettersi. Gli aiuti per chi ci lavora, nei ristori, arriveranno, ne sono certa. Come lo sono ancora di più, che ad usufruirne saranno i soliti delinquenti, che piangono miseria nelle piazze, e se la ridono fra di loro. E' inutile che si continui a dire che si muore di fame, non ho ancora visto nessuno stramazzare per terra, denutrito! Ma si muore e si soffre di covid, di altre malattie gravi che non possono essere curate per mancanza di posti, che non dipende da questo governo, ma da ben altre scelte scellerate, dettate dai soliti, che adesso si uniscono a questa sceneggiata patetica, ma purtroppo tragica, folle, che va fermata subito. Ci vuole l'esercito, per fermare questi delinquenti. Da parte mia, mi auguro che basti una bara, portata via in silenzio, senza nome, e dimenticata fra i numeri che stanno al posto dei nomi che ogni giorno lasciano questo mondo insieme al dolore delle loro famiglie. Il mondo è agli sgoccioli, lo sappiamo, la Vita non ha più valore, la cultura viene presa come scusa, e chi soffre davvero, comprende e fa di tutto per salvare il salvabile. Sempre che ci sia rimasto qualcosa. Non spero nei giovani, a cui, in Svizzera, viene data possibilità di vivere, non sapendo che cosa potrà combinare ancora per dare il colpo finale alla vita sulla Terra. Se dovesse succedere anche in Italia, me ne andrei, come fanno gli elefanti, a morire lontano da tutto e da tutti. Con il sollievo di lasciare un Inferno ormai nelle mani di demoni posseduti dalla bramosia del tutto a tutti i costi.
Grazie Presidente.
Se ce la fa, se riesce a sopportare questa croce, non si faccia scrupoli, vada avanti con la sua coscienza, non si preoccupi di chi non ha preoccupazioni, se non quella di sfogare la propria rabbia contro tutto e tutti, solo perché non può farlo contro se stesso!
Grazie ancora. E grazie a chi, consegna la borsa, ma non la vita, nelle mani di criminali.

L’ora dei deboli. - Tommaso Merlo

 

È in momenti come questi che ai deboli saltano i nervi. Violenza fisica, violenza verbale. Nelle strade, nell’informazione. Con alle spalle enormi responsabilità politiche. Se per mesi accarezzi il negazionismo e ti scagli contro un governo liberticida, alla fine qualcuno ci abbocca. Non si contano più gli appelli alla responsabilità e all’unità alle classi dirigenti. Tutti ignorati per qualche boccone di vanità. Per fortuna la maggioranza dei cittadini è molto migliore di certa politica e di certa informazione, altrimenti saremmo in guai ben più seri. Per le strade son scesi fanatici cronici e hooligans orfani della curva. Deboli che usano mani e piedi per esprimere il loro dissenso. Deboli che usano mani e piedi per sfogare frustrazioni esistenziali camuffate con qualche credo. Ma non solo. In piazza sono scesi anche cittadini che non vogliono più pagare il prezzo delle nuove restrizioni. Perché per loro di questo di tratta. Di un prezzo. Non sono più disposti a sacrificare i propri interessi per quello collettivo. Qualche mese fa la paura li aveva convinti ad adeguarsi, oggi invece si sentono abbastanza forti da ribellarsi. Enormi responsabilità politiche alle spalle. Sono i frutti che raccogli dopo mesi che usi perfino la pandemia per farti propaganda. Sono i frutti che raccogli dopo mesi che discrediti le istituzioni e la scienza. Per fortuna la maggioranza dei cittadini è molto migliore di certa politica e di certa informazione, altrimenti saremmo in guai ben più seri. Alcuni manifestanti inneggiano alla libertà. Come se nel bel mezzo della peste del secolo le restrizioni fossero prepotenza dall’alto e non indispensabile buonsenso. Una concezione di libertà davvero deprimente. Libertà di ammalarsi e di contagiare gli altri. Libertà quando sono schiavi di mille padroni. A partire dal loro ego. Perché è debolezza ma anche egoismo. Libertà di farsi gli affari propri e fregarsene del mondo che li circonda. Dei malati e delle vittime e di chi lotta in prima linea e della tenuta del sistema sanitario e di tutto il contesto. Paraocchi egoistici. Nervi che saltano. Perché siam sempre meno abituati ad aderire davvero ad una comunità nazionale, ad un destino comune. Troppo avvezzi ad occuparci del nostro orticello personale e di quello della mandria di appartenenza. Un mondo sempre più piccolo dove al di fuori son tutti marziani o concorrenti. Paraocchi egoistici. Nervi che saltano. Perché siamo sempre meno abituati all’incertezza del domani, all’ignoto. Troppo avvezzi a riempirci la vita di false certezze che la pandemia ha tramortito. Un mondo sempre più piccolo dove al di fuori son tutti pericolosi invasori. Derive che certa politica cavalca promettendo praterie per ogni egoismo e offrendo la sicurezza di qualche sovrano di cartone e di qualche muro anche mentale in cui rinchiudersi. È in momenti come questi che ai deboli saltano i nervi. Perché la violenza è debolezza. Non forza. Violenza fisica, violenza verbale. Nelle strade, nell’informazione. Con alle spalle enormi responsabilità politiche. Per fortuna la grande maggioranza dei cittadini è molto migliore. Altrimenti saremmo in guai ben più seri.

Tommaso Merlo

https://repubblicaeuropea.com/2020/10/27/lora-dei-deboli/?fbclid=IwAR10GqX_njmWa7O2UssTWieOg2DMul-3RSW_-fTnuW_Dvuh6L68Ct5US-zE

Giuseppe Conte, l’intervento sul Fatto Quotidiano: “Ecco perché ho chiuso alle 18. Nessuno ora soffi sul fuoco.” - di Giuseppe Conte*

 

Abbiamo appena varato un Dpcm con misure più restrittive, ma necessarie. Quel Dpcm è nato da un lungo confronto tra tutte le forze di maggioranza, rappresentate dai rispettivi capi-delegazione. Queste misure non sono in discussione. Piuttosto vanno spiegate a una popolazione in sofferenza, che legittimamente chiede di capire i motivi delle scelte del governo. In queste ore molti ci chiedono: perché chiudete proprio i ristoranti, perché le palestre, i cinema e i teatri, che pure applicano rigorosamente i protocolli di sicurezza? A queste categorie – e ai cittadini tutti – va data una risposta razionale, perché razionali sono i criteri che ci hanno ispirato.

Non abbiamo deciso queste chiusure indiscriminatamente. Tutte le misure messe in campo rispondono alla necessità di tenere sotto controllo la curva dei contagi. Con lo smart working e il ricorso alla didattica a distanza nelle scuole secondarie di secondo grado, puntiamo a ridurre momenti di incontri e soprattutto l’afflusso nei mezzi di trasporto durante il giorno, perché sappiamo che è soprattutto lì che si creano affollamenti e quindi occasioni di contagio. Acquistare subito centinaia di nuovi mezzi pubblici è impossibile, per questo andava decongestionato il sistema del trasporto pubblico agendo su scuola e lavoro e altre occasioni di uscita come lo sono l’attività sportiva in palestre e piscine. Stessa cosa abbiamo fatto la sera: abbiamo ridotto tutte le occasioni di socialità che spingono le persone a uscire nelle ore serali e a spostarsi con i mezzi pubblici. Uscire la sera per andare al ristorante, cinema o teatro significa prendere mezzi pubblici o taxi, fermarsi prima o dopo in una piazza a bere qualcosa o a incontrarsi con amici abbassando la propria soglia di attenzione e creando assembramenti. Ecco perché abbiamo sospeso le attività di ristoranti, cinema e teatri. Così si è meno incentivati a uscire di casa.

Non solo: diminuendo le occasioni di socialità, abbassiamo anche il numero di contatti che ognuno di noi può avere, rendendo così più facile fare i tracciamenti nel caso in cui una persona risulti positiva. Senza queste misure la curva è destinata a sfuggirci di mano.

Sono queste le motivazioni che ci hanno spinto ad adottare misure che sappiamo essere dure. Ora è il momento della responsabilità. La politica – e questo vale soprattutto per chi è al governo – deve saper dar conto delle proprie scelte ai cittadini, assumersi la responsabilità delle proprie azioni e non soffiare sul fuoco del malessere sociale per qualche percentuale di consenso nei sondaggi. Ora è il momento di mettere il Paese in sicurezza, evitando la diffusione del contagio e il rischio di non riuscire a garantire cure e ricoveri adeguati e di non riuscire a preservare il tessuto economico e produttivo.

Siamo tutti pienamente consapevoli delle ricadute economiche di queste misure, delle difficoltà a cui molti cittadini italiani vanno incontro, penso a chi lavora nel settore della ristorazione, del turismo, dello spettacolo, della cultura, delle palestre e di tutti i settori connessi. Ma proprio per questo oggi approviamo un decreto importante con ingenti risorse che ci permette di ristorare tutte queste persone, di dare loro in maniera rapida e diretta risorse per colmare le perdite dovute alle chiusure. Saranno soldi certi e rapidi.

* presidente del Consiglio

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/10/27/perche-ho-chiuso-alle-18-nessuno-ora-soffi-sul-fuoco/5980963/

Vauro.