mercoledì 23 marzo 2022

Il negoziato con la “schiuma della terra”. - Antonio Padellaro

 

“La schiuma della terra”: quando lunedì sera, a Otto e Mezzo, Massimo Giannini (sempre assai misurato e mai impulsivo nelle analisi) ha usato questa espressione piuttosto forte, per saperne di più ho cercato su Wikipedia (causa mia approssimativa cultura di base). E ho trovato il titolo del libro autobiografico di Arthur Koestler sul disastro umanitario alla vigilia della Seconda guerra mondiale nella Francia dominata dal caos e dall’impreparazione militare. C’era anche una citazione di Hannah Arendt a proposito dei rifugiati privi dei diritti umani garantiti dalla cittadinanza.

Poi, dopo le declinazioni di schiuma applicata a fenomeni ambientali non particolarmente attraenti, alla voce sinonimi ho letto che schiuma della terra si può anche intendere come rifiuti umani. Effettivamente il direttore della Stampa stava parlando di coloro che nel Parlamento italiano annunciavano di non voler presenziare al discorso di Zelensky. Ovvero, “quel che resta della schiuma della terra gialloverde”, la “faglia” dove il putinismo può “incunearsi” rappresentata dalle “anime morte” di Lega e 5Stelle (qui ho pensato, questo lo so è Gogol).

Ancora scosso dalla presenza di tali inammissibili scorie del politicume ho trovato rifugio in un articolo su Repubblica il cui titolo mi è sembrato come un antidoto alla schiuma di cui sopra: “Libere idee in libero dibattito”, di Luca Ricolfi. Di cui citerò le ultime righe: “La pietà, la solidarietà per le vittime non dovrebbero mai essere scalfite dalla ricostruzione dei torti e delle ragioni delle parti in gioco che – nella storia – sono sempre entità collettive, ovvero partiti, nazioni, imperi, potenze che agiscono sopra le teste della gente comune”.

Eccola finalmente la famosa gente comune che non viene mai interpellata, prevista, considerata e che desidera unicamente l’inizio di una trattativa di pace. Quando, cioè, ci si dovrà sedere, per forza, allo stesso tavolo con il “dittatore assassino e criminale di guerra”(Biden) e con la schiuma della terra.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/03/23/il-negoziato-con-la-schiuma-della-terra/6534455/

lunedì 21 marzo 2022

Ma mi faccia il piacere. - Marco Travaglio

 

Loro Piana, noi pirla. “Loro Piana: ‘Imbarazzati per la nostra giacca da 12mila euro indossata da Putin’” (Repubblica, 19.3). Pensavano che la comprassero solo gli operai metalmeccanici.

Pussy Riott vende moda. “Putin ha parlato in pubblico dopo tempo, maglione dolce vita bianco da cinepanettone” (Gianni Riotta, Repubblica, 19.3). Col caldo che fa a Mosca, si aspettava come minimo canotta e infradito.

Ascolta, si fa Pera. “Dobbiamo prevenire la guerra. Anche con il dispiegamento di armi” (Marcello Pera, Foglio, 17.3). E prevenire la puzza, anche scoreggiando.

Il petomane. “Quando ha dato del criminale di guerra a Putin, il presidente Biden stava parlando dal suo cuore” (Jen Psaki, portavoce della Casa Bianca, 18.3). Sicura che fosse il cuore?

TgPravda. “Su questi scalini Odessa si ribellò ai bolscevichi nel 1905” (Tg1, sulle immagini de La corazzata Potemkin, 12.3). Purtroppo i bolscevichi presero il potere nel 1917, mentre nel 1905 Odessa si ribellò allo zar Nicola II incitata dal leader rivoluzionario Lenin, e i ribelli furono massacrati non dai bolscevichi, ma dagli zaristi.

Par condicio. “Dopo Zelensky, mi piacerebbe che alla Camera parlasse anche Putin” (Nicola Grimaldi, deputato M5S, 18.3). Seguirà, in Antimafia, la lectio magistralis di Matteo Messina Denaro.

Il nuovo Merkel. “L’asse Draghi-Rutte” (Foglio, 17.3). “Draghi è tornato sempre più centrale” (Foglio, 19.3). I nuovi obiettivi di Draghi e la Ue”, “Draghi ha appena incontrato i colleghi di Spagna, Portogallo e Grecia allo scopo di rafforzare l’unità d’azione dei Paesi mediterranei” (Stefano Folli, Repubblica, 19.3). “Draghi, asse con Sànchez e Costa” (Corriere della sera, 19.3). Accipicchia, e poi dicono che non conta niente.

La Recalcàzzola. “La sinistra ideologica e populista – quella che Manconi ha definito ‘sinistra autoritaria’ – che non si schiera apertamente a fianco del popolo ucraino, invocando la retorica del ‘né né’, perde l’occasione per mostrare la sua adesione alla democrazia contro ogni forma di dittatura, ivi compresa quella del popolo che, come sappiamo, è purtroppo una matrice archetipica” (Massimo Recalcati, Repubblica, 19.3). Come fosse antani con scappellamento a sinistra per quattro.

Autobombe. “Civili uccisi a Donetsk. Missile sul Donbass fa più di 25 morti. Non è chiaro chi abbia sparato” (Repubblica, 16.3). Probabile che i russi si bombardino da soli.

Betullate. “I nostri 007 si informano sui giornali” (Renato Farina, Libero, 14.3). Bei tempi quando giornalisti e 007 coincidevano.

Caffè corretto grappa. “Il professor Orsini… la vera star del Pacinarcisismo… sembra posseduto da una sorta di timor panico nei confronti di Putin… La mia speranza rimane che un giorno a Mosca un omologo del professore possa dire in un talk show che i russi fanno schifo come gli occidentali. Significherebbe che anche lì è arrivata la libertà” (Massimo Gramellini, “Il Caffè”, Corriere della sera, 19.3). Come in Italia, dove Orsini viene censurato dalla Luiss e dal Messaggero e Innaro dalla Rai per aver detto la loro sull’Ucraina, mentre i Gramellini, eroicamente silenti sui crimini dell’Occidente in Serbia, Afghanistan, Iraq e Libia, vengono puniti con programmi Rai e prime pagine del Corriere.

Noi chi? “Diamo più armi a Kiev e ci rafforziamo a Est” (Jens Stoltenberg, segretario generale Nato, Corriere della sera, 17.3). Fortuna che ogni tanto confessano.

Saldi e ribassi. “Berlusconi avverte il premier: ‘Leali ma niente sconti sul fisco’” (Giornale, 19.3). A parte quelli che si fa già lui da solo.

Bertoldo. “Palamara ricusa i suoi giudici: ‘Incompatibili, sono dell’Anm’” (Giornale, 16.3). Lui si fa processare solo da giudici iscritti alla Fiom.

Falsini. “Renoldi al Dap porterà la Carta Costituzionale dentro le nostre carceri” (Walter Verini, deputato Pd, Dubbio, 19.3). Quindi i governi Prodi, Draghi, Letta, Renzi, Gentiloni, Conte2 e Draghi – guidati o sostenuti dal Pd da quando esiste – l’avevano cancellata.

Fiandaca Maxima. “Renoldi scelta eccellente. L’antimafia dura e pura è contro la Costituzione” (Giovanni Fiandaca, Dubbio, 16.3). Meglio l’antimafia molle e zozza.

I titoli della settimana/1. “Putin all’ultimo stadio” (Foglio, 19.3). “Putin all’ultimo stadio” (Giornale, 19.3). “All’ultimo stadio” (Manifesto, 19.3). Stesso titolista per risparmiare?

I titoli della settimana/2. “Quelle tristi analogie tra No-vax e filo-Putin” (Luigi Manconi, Stampa, 19.3). Uahahahahahah.

I titoli della settimana/3. “Sul processo al figlio di Grillo si allunga l’ombra della prescrizione” (Luca Fazzo, Giornale, 17.3). Ma non si chiamava assoluzione? Ah no, solo quelle del padrone.

I titoli della settimana/4. “Stefania Craxi: ‘Bettino avrebbe capito le intenzioni di Putin’” (Verità, 16.3). E gli avrebbe chiesto subito una mazzetta.

Il titolo della settimana/5. “Fucile e lecca lecca. ‘Vi spiego perchè ho fotografato così la mia bambina di 9 anni’” (Corriere della sera, 13.3). Perché sei un imbecille.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/03/21/ma-mi-faccia-il-piacere-261/6531960/

Yemen, la guerra non è finita: ancora attacchi e decine di morti. E gli Usa ci guadagnano. - Riccardo Noury

 

Nonostante i mezzi d’informazione non ne parlino quasi più e osservatori e analisti parlino di un conflitto prossimo alla conclusione, la guerra iniziata nel marzo 2015 nello Yemen non è affatto terminata.

Il 17 gennaio un attacco del gruppo armato huthi ha colpito una struttura petrolifera di Abu Dhabi, negli Emirati arabi uniti, causando tre vittime civili. Sei giorni dopo un altro missile ha colpito il sud dell’Arabia Saudita, ferendo due civili. La reazione della coalizione guidata dall’Arabia Saudita è stata spietata, con la consueta pioggia di missili che hanno colpito la capitale yemenita Sana’a e altre zone dello Yemen distruggendo infrastrutture, danneggiando servizi e facendo decine di vittime.

Il 20 gennaio il porto di Hudaydah è stato ripetutamente colpito da attacchi aerei che hanno causato numerosi morti, tra cui tre bambini. Uno ha centrato la sede delle telecomunicazioni, provocando il completo black-out dei servizi Internet per quattro giorni. L’attacco più sanguinoso è stato portato a termine tra i due attacchi degli huthi, il 21 gennaio, contro un centro di detenzione a Sa’adah, nello Yemen settentrionale. Ha causato almeno 80 morti e 200 feriti.

La bomba a guida laser usata nell’attacco era stata prodotta dall’azienda statunitense Raytheon: esattamente il modello GBU-12 del peso di 500 libbre. Per l’ennesima volta, dunque, armi statunitensi sono state utilizzate dalla coalizione a guida saudita per compiere crimini di guerra. Una GBU-12 era stata usata dall’aviazione saudita il 28 giugno 2019 contro un palazzo nella zona di Ta’iz: erano morti sei civili, tra cui tre bambini.

Da anni, le autorità statunitensi sanno perfettamente che le loro armi inviate agli stati del Golfo membri della coalizione anti-huthi vengono usate per compiere attacchi illegali contro la popolazione yemenita. Eppure, lo scorso settembre, al momento dell’approvazione del bilancio annuale della difesa Usa, l’emendamento che chiedeva la fine del sostegno alle operazioni offensive e agli attacchi aerei dell’Arabia Saudita nello Yemen è improvvisamente scomparso.

Il presidente degli Usa Joe Biden ha ben presto abbandonato gli impegni presi all’inizio del suo mandato: porre fine al sostegno alle operazioni offensive nello Yemen, compresa la cessazione della vendita delle armi, rendere i diritti umani un elemento centrale della politica estera e assicurare che i responsabili delle violazioni dei diritti umani sarebbero stati chiamati a rispondere delle loro malefatte.

Dal novembre 2021 l’amministrazione Biden ha approvato la vendita all’Arabia Saudita di missili (sempre della Raytheon) per un valore di 560 milioni di dollari, ha confermato l’impegno a vendere aerei da combattimento, bombe e altre munizioni agli Emirati arabi uniti per un valore di 23 miliardi di dollari e ha assegnato alle aziende statunitensi contratti per il valore di 28 milioni di dollari per la manutenzione degli aerei da combattimento sauditi. Il tutto non solo in violazione del diritto internazionale ma anche della stessa normativa statunitense: il Foreign Assistance Act e le Leahy Laws vietano la vendita di armi e le forniture di aiuti militari a stati che violano gravemente i diritti umani.

Stando così le cose, è difficile immaginare quando la guerra dello Yemen possa terminare.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/01/31/yemen-la-guerra-non-e-finita-ancora-attacchi-e-decine-di-morti-e-gli-usa-ci-guadagnano/6471530/

domenica 20 marzo 2022

L’amica geniale. - Marco Travaglio

 

A chi crede o vuole far credere che la guerra in Ucraina sia iniziata il 24 febbraio 2022 con l’attacco criminale di Putin e dimentica i 16mila morti in otto anni nel Donbass, gli accordi di Minsk sull’autonomia della regione russofona traditi da Kiev e altre cosucce, segnalo un fatterello che mi ha ricordato il lettore Angelo Caria. La protagonista è Victoria J. Nuland, oggi sottosegretario agli Affari politici di Joe Biden (democratico), ieri pedina-chiave dell’amministrazione di George W. Bush (repubblicano), che la promosse consigliere del suo vice Dick Cheney (2003-05) e ambasciatrice alla Nato (2005-08), e poi dell’amministrazione di Barack Obama (democratico), che nel 2013 la nominò Assistente del Segretario di Stato (John Kerry) per gli Affari Europei ed Eurasiatici. Moglie del superfalco neocon Robert Kagan, fervida sostenitrice delle guerre in Afghanistan, Iraq, Libia, Siria, nel dicembre 2013 la Nuland dichiara: “Gli Usa hanno investito 5 miliardi di dollari per dare all’Ucraina il futuro che merita”. Poi vola a Kiev a promuovere la “rivolta di Euromaidan”: la sanguinosa protesta nazionalista che il 22 febbraio 2014, con l’ausilio di milizie neonaziste, caccerà il presidente eletto Viktor Yanukovich, filo-russo ma anche filo-Ue.

A fine gennaio, un mese prima del ribaltone, mentre Obama&C. inneggiano all’autodeterminazione degli ucraini, la Nuland si fa beccare da uno spione (forse russo, che pubblica il leak su YouTube) al telefono con Geoffrey Pyatt, ambasciatore Usa in Ucraina. Nella conversazione, tuttora in rete, i due già sanno che Yanukovich cadrà e decidono – non si sa bene a che titolo – chi dei suoi oppositori dovrà fare il premier e il ministro del futuro governo. La Nuland confida di aver esposto il suo piano di “pacificazione” dell’Ucraina al sottosegretario per gli Affari politici dell’Onu, l’americano Jeffrey Feltman, intenzionato a nominare un inviato speciale d’intesa col vicepresidente Usa Joe Biden e all’insaputa degli alleati Nato e Ue. “Sarebbe grande”, chiosa la Nuland. Che non gradisce come futuro premier ucraino il capo dell’opposizione, l’ex pugile Vitali Klitschko (“Non penso sia una buona idea”): meglio l’uomo delle banche Arseniy Yatsenyuk, che infatti andrà al governo di lì a un mese. Pyatt vorrebbe consultare l’Ue, ma la Nuland replica con una frase che è tutta un programma, infatti sarà il programma di Obama e Biden sull’Ucraina e sull’Europa: “Fuck the Eu!” (l’Ue si fotta!). La Merkel e il presidente del Consiglio europeo Van Rompuy protestano perchè sono “parole assolutamente inaccettabili”. Ma non perché gli Usa decidono il governo e il futuro dell’Ucraina come se fosse una loro colonia. Già: come se fosse.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/03/20/lamica-geniale/6531427/

Energie rinnovabili: si punta su tessuto industriale e idrogeno, la Regione italiana è pronta a farlo. - Claudia Rossi

                                                 (Pale eoliche (Foto di Markus Distelrath da Pixabay)

Le energie rinnovabili sono il tema caldo di questi giorni. Il nostro paese è davvero pronto ad abbandonare i combustibili fossili? L’Abruzzo punta su ricerca e sviluppo.

L’Italia muove i primi passi nell’ottica di agevolare la diversificazione energetica. Il Pnrr vanta fra i vari passaggi la ripresa sostenibile della produzione energetica e l’abbandono graduale dei combustibili fossili. Risalta subito all’occhio la complessità della situazione: la crisi energetica causata dal conflitto di Russia e Ucraina vede vacillare il 40% dell’energia importata dal Belpaese, energia a metano, gas.

L’italia saprà davvero capace di rinnovare le proprie energie? L’Arap Abruzzo (Azienda Regionale delle Attività Produttive) sembra rispondere con un sonoro sì. Graziano Marcovecchio, presidente del consiglio di amministrazione Pilkington Italia, accetta di collaborare con la regione Abruzzo all’adozione di energie rinnovabili come l‘idrogeno.

Energie rinnovabili: l’idrogeno verde.

Energie rinnovabili idrogeno Alternatore
Alternatore, turbina (Foto di Nino Carè da Pixabay)
Pilkington Italia è un’azienda a forte impatto energivoro, necessita e consuma, cioè, grandi quantità di energia. In particolare è stata la presenza nell’azienda di due altiforni a convincere Graziano Marcovecchio, che è presidente anche di Assovetro, a dare la propria disponibilità a collaborare con la regione. L’obiettivo comune è l’implementazione e la messa a terra di progetti che permettano l’utilizzo dell’idrogeno verde come fonte energetica.

Riguardo la strategia per il passaggio alle rinnovabili, il dr. Marcovecchio dichiara: “Tutte le iniziative volte a cogliere obiettivi sulla transizione ecologica energetica che ci coinvolgerà da oggi al 2030 sono bene accette. Abbiamo ricevuto la visita di Regione Abruzzo, ci hanno illustrato questa iniziativa (…) e potremmo noi essere l’interlocutore. Proviamo a costruire insieme questo progetto essendo il nostro stabilimento fortemente energivoro. “

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https://www.orizzontenergia.it/2022/03/18/energie-rinnovabili-punta-su-idrogeno-italia-pronta-farlo/

sabato 19 marzo 2022

Invasori, invasi, invasati. - Marco Travaglio

 

Come ha detto Antonello Ciccozzi, docente di Antropologia culturale all’Università dell’Aquila, intervistato in radio da Selvaggia Lucarelli, “in Ucraina alla rappresentazione dualistica invasi-invasori dovremmo aggiungere un terzo elemento: gli invasati”. Che però sono in grossa crisi. Le Sturmtruppen de noantri sognano la terza guerra mondiale, ma purtroppo i negoziati avanzano. E la caccia alle quinte colonne di Putin segna il passo: sgominato Povia, speravano in qualche emulo che li aiutasse a compilare liste di proscrizione un po’ meno ridicole di quelle di Pussy Riot, ma niente. Anche Al Bano ha disertato, mollando l’amico Vladimir e accogliendo addirittura dei profughi ucraini: il sempre acuto Gramellini puntava tutto su di lui e ora, deluso, lo squalifica sul Corriere chiamandolo “questo conterraneo del professor Canfora”. E dire che i nostri Ghostbuster ne troverebbero un sacco, di putinisti nostrani, se solo guardassero nella giusta direzione. Tipo l’inchiesta del consorzio Investigative Europe ha messo in fila i maggiori fornitori di armi alla Russia in barba alle sanzioni e all’embargo post-Crimea. E fra questi i più generosi furono Francia (152 milioni), Germania (121) e Italia (22). I soliti governi populisti di Conte? No, quelli di Renzi e Gentiloni, gli ultimi che piacevano alla gente che piace prima dell’avvento di SuperMario, ora ridotto a bonsai. Ne avete mai sentito parlare in qualche talk o giornalone? No, l’ha scritto solo il Fatto, notoriamente finanziato da Mosca.

I cacciatori di autocrati si son lasciati sfuggire anche la ghiotta occasione di prendere in castagna Orbán, il premier ungherese amato da Salvini che, rara avis in Europa, rifiuta pervicacemente di inviare armi all’Ucraina per non contrariare l’amico Putin. Perché non lo inchiodano alle sue responsabilità? Perché, da paria d’Europa bersagliato dalle procedure d’infrazione, è diventato buono. Ieri, in una spettacolare intervista alla Meli sul Corriere, il ministro della Guerra Lorenzo Guerini (con una erre sola) ha comunicato alla Nazione: “Ho intensificato le interlocuzioni con l’Ungheria, dove parteciperemo a esercitazioni militari congiunte”. Con le truppe di Orbán: evvai. Del resto, per difendere i “nostri valori”, non si butta via niente, nemmeno i nazisti con la svastica del battaglione Azov che stiamo alacremente armando: “L’Ucraina per difendersi usa anche i nazisti ma non è nazista”, è “liberaldemocratica” (Pietro Salvatori, Huffington Post). Intanto le tv di tutto il mondo ripristinano le corrispondenze da Mosca, tranne la Rai, perché sennò deve far parlare Marc Innaro. Però, volendo, Innaro potrà passare ogni tanto dietro la Maggioni con un cartello.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/03/19/invasori-invasi-invasati/6530758/

venerdì 18 marzo 2022

Scemi di guerra. - Marco Travaglio

 

Dall’inizio della guerra i veri esperti, come Caracciolo, Mini e Orsini (che da oggi scriverà sul Fatto), spiegano che uno dei primi guai dell’Ucraina è l’enorme quantità di armi. Lo era già prima dell’aggressione russa. Lo è durante le ostilità (difficile distinguere gli obiettivi civili da quelli militari). E lo sarà vieppiù nei negoziati che – come molti, ma non tutti, sperano – potrebbero chiudere la guerra. Per paura di dare ragione a Putin (mission impossible), le nostre Sturmtruppen hanno negato quest’evidenza, finché il loro spirito guida – il sempre lucido Biden – l’altroieri ha confessato: da almeno sette anni, cioè dalla rivolta spintanea che cacciò il presidente filorusso Yanukovich (vincitore delle elezioni nel 2010), gli Usa armano Kiev. E – come osserva Caracciolo – Putin ha attaccato adesso perché tra un anno l’armamento ucraino avrebbe rappresentato una seria minaccia per la Russia. Ora, non contenti, Biden manda altre armi per 1 miliardo di dollari e la Ue per 1 miliardo di euro, senza che nessuno si domandi a chi, visto che l’esercito regolare ne già ha a sufficienza.

Gli scemi di guerra raccontano che armiamo la gente comune per resistere. Ma il trasporto è affidato ad agenzie private di mercenari, che non le consegnano certo al ragioniere di Kiev o al panettiere di Mariupol aspiranti partigiani: le passano a gente del mestiere, come le milizie paramilitari che affiancano le truppe regolari senza che il governo faccia un plissé. Incluso il battaglione Azov, la milizia neonazista inquadrata nella Guardia nazionale, che sventola vessilli con la svastica e bandiere Nato, segnalata da Onu e Osce per crimini di guerra, torture e stragi di civili in Donbass e non solo. L’altroieri un miliziano di Azov s’è fatto un selfie con un mitra Beretta Mg42/59 appena giunto dall’Italia. E il sottosegretario ai Servizi Franco Gabrielli, su Rete4, ha candidamente ammesso che sappiamo bene di armare anche i neonazi, ma “quello è un ragionamento che faremo dopo: ora urge portare Putin al tavolo delle trattative”. Già, ma se ci sarà un “dopo”, chi glielo spiega a quei gentiluomini che devono ridarci le armi? E, se non ce le ridanno, non saranno un ostacolo alla pace, che inevitabilmente passa per il ritiro delle truppe russe e il disarmo di queste opere pie? Non sarebbe il caso, mentre il negoziato procede, di bloccare le armi non ancora partite, onde evitare che al prossimo giro – come al solito – qualche amico divenuto nemico ce le punti contro e ci spari?

Ps. Resta da spiegare la malattia mentale che ha portato tutti i partiti ad aumentare la spesa militare italiana da 26 a 38 miliardi l’anno, quando non c’è un euro neppure per il caro-bollette. Ma lì servirebbe un esercito di psichiatri e la sanità è quella che è.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/03/18/scemi-di-guerra/6529597/