L’indice di densità criminale nelle attività illecite di una parte della popolazione è stimato al 27%, a fronte del 12% in Campania, del 10% in Sicilia e del 2% in Puglia
“Dalle indagini in corso è risultato che in cittadine di 10-15 abitanti vi sono 300 o 400 affiliati ai locali di ‘ndrangheta, numero che probabilmente oggi si raggiunge con difficoltà in una città come Palermo. L’indice di densità criminale in Calabria, cioè il coinvolgimento, a vario titolo, nelle attività illecite di una parte della popolazione è stato stimato al 27%, a fronte del 12% in Campania, del 10% in Sicilia e del 2% in Puglia”.
Durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario di Reggio, il procuratore capo Giuseppe Pignatoneha snocciolato numeri che devono far riflettere. La ‘ndrangheta è un fenomeno nazionale di cui il governo deve farsi carico, non solo quando è il momento di arrogarsi i meriti degli arresti dei latitanti o delle brillanti operazioni antimafia.
Il leit-motiv della cerimonia in riva allo Stretto è stata “la carenza degli organici” che riguarda più o meno tutti gli uffici giudiziari. Un problema a cui, secondo Pignatone, devono aggiungersi “le difficoltà oggettive dell’azione di contrasto alla criminalità organizzata”. A partire dalla forza numerica ed economica delle cosche calabresi.
La ‘ndrangheta è una forza che supera di gran lunga le altre organizzazioni criminaliitaliane: Una presenza talmente massiccia che non trova “riscontro nelle altre organizzazioni mafiose operanti in Italia”. Nella sola provincia di Reggio Calabria, quasi in ogni agglomerato urbano, “la ‘ndrangheta trae la sua forza non solo dalla potenza militare ed economica, ma anche dal radicamento sul territorio e dal consenso sociale”, dice Pignatone.
È sufficiente riascoltare un’intercettazione ambientale, inserita nel fascicolo dell’operazione Crimine, per capire con quale velocità in alcune città della provincia reggina le cosche “arruolino” affiliati, “nuove piante” che sostituiscano immediatamente quelli che finiscono nella rete della Direzione distrettuale antimafia. A Rosarno, per esempio, due o tre giovani a settimana vengono “battezzati” e giurano fedeltà alla ‘ndrangheta. Ne va orgoglioso il boss Domenico Oppedisano, l’anziano “capo crimine” arrestato nell’ambito della maxi-retata del luglio scorso.
“A Rosarno siamo più di 250, – dice il boss a un affiliato – ci sono settimane che non ne facciamo ma l’altra sera ne abbiamo fatti sette, le nuove piante… Cicciareddu, sette nuove piante… i figli di Vincenzo tutti e tre”.
“Questo – spiega il procuratore Pignatone – è un dato quantitativo che per la sua rilevanza diventa un dato qualitativo della potenza e pericolosità delle cosche di ‘ndrangheta e della loro capacità di condizionare la vita di una città”.
Per comprendere i numeri è sufficiente fare il paragone con Bagheria, paese in provincia di Palermo che, nel momento di massimo “splendore” criminale del boss Provenzano, contava 50 uomini d’onore su 58 mila abitanti.
Ecco perché, gli oltre 250 ‘ndranghetisti di Rosarno su 10-15 mila abitanti possono essere considerarti un esercito sempre pronto a rigenerarsi. A cambiare pelle, ma non l’anima. Un esercito, quasi il 2% della popolazione rosarnese, che agisce localmente, ma pensa in maniera internazionale.
Lo dimostrano le numerose indagini della Dda reggina, come quelle coordinate dal procuratore aggiunto Nicola Gratteri, il primo ad aver avvertito (già negli anni novanta) la Germania circa l’espansione della ‘ndrangheta oltre i confini nazionali. Pensando di avere a che a fare con un fenomeno quasi folkloristico, solo all’alba del 15 agosto 2007, con la strage di Duisburg, i tedeschi si sono accorti che le principali cosche mafiose avevano colonizzato interi quartieri di della città, di Karst e Dussendolf.
Sempre secondo Pignatone, “per effetto dei processi di globalizzazione dei mercati e della necessità di spostare persone e merci sul territorio dell’Unione europea, la ‘ndrangheta ha costituito basi operative anche fuori dai nostri confini, anche grazie alle differenze di legislazione e della minore efficienza di alcune strutture di contrasto estere”.
Anche la relazione del presidente della Corte di Cassazione Ernesto Lupo parla di ‘ndrangheta: “E’ necessario assumere l’espansione della ‘ndrangheta come emergenza nazionale, apprestando gli indispensabili rimedi di potenziamento straordinario del settore investigativo e giudiziario, ai quali non possono essere lesinate le necessarie risorse economiche”.
Nessun commento:
Posta un commento