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giovedì 11 gennaio 2018

I giovani? Pagati 6.500 euro in meno dei coetanei europei. - Alberto Magnani



L'attacco (con retromarcia) di Berlusconi al Jobs act ha fatto riemergere numeri e risultati della riforma voluta dal governo Renzi nel 2014. Tra i primi beneficiari della legge ci sarebbero dovuti essere i giovani, una delle categorie che ha sofferto e continua a soffrire di più sul mercato italiano. Come è andata dal 2015 ad oggi? Gli ultimi dati Istat hanno registrato una disoccupazione giovanile al 32,7%, dato che brilla rispetto ai picchi di oltre il 40% raggiunti dopo la crisi. Ma la statistica inquadra il fenomeno solo in parte. In primo luogo perché con «giovanile» si intende esclusivamente la fascia dai 15 ai 24 anni, in larga parte assorbita dagli studi secondari e universitari (dove è più raro dedicarsi a tempo pieno alla ricerca di lavoro, l’attività che qualifica appunto come disoccupati). In seconda battuta perché non contempla alcuni fattori integrati all'occupazione in sé, dalla tipologia di contratto alla retribuzione media.
Se si dà uno sguardo all'andamento delle assunzioni tra 2015 e 2017, secondo i dati stimati dall'Inps, emerge un quadro un po' più articolato. Le assunzioni dei giovani sono in crescita, ma con contratti a termine e retribuzioni basse sia rispetto agli altri blocchi anagrafici che alla media in Europa.
Crescono le assunzioni, cala la stabilità 
Per iniziare dai contratti, il triennio 2015-2017 rispecchia l'andamento complessivo del mercato: un calo delle assunzioni a tempo indeterminato che si bilancia alla crescita di quelle a termine, incoraggiate anche dall'obbligo di stabilizzare i vecchi rapporti di collaborazione (aboliti proprio dal Jobs Act). Il risultato è che, nell'arco di tre anni, si è passati dalle 397.878 nuove assunzioni a tempo indeterminato per 15-29enni nel periodo gennaio-ottobre 2015 alle 235.600 dello stesso periodo del 2017: 
144.278 rapporti permanenti in meno rispetto agli standard di tre anni prima, nonostante il viatico delle cosiddette tutele crescenti. Viceversa, i contratti a termine per under 29 sono lievitati nello stesso periodo dai circa 1,01 milioni del 2015 agli 1,5 milioni del 2017.
La prevalenza dei rapporti a termine non è di per sé patologica, e si allinea agli standard europei sui cosiddetti temporary contracts (contratti temporanei). Su scala continentale, secondo dati Eurostat, il 43,8% dei lavoratori dai 15 ai 24 viene assunto con contratti a breve termine, con picchi di oltre il 70% in paesi come la Slovenia e Spagna, del 66,3% in Portogallo e del 58,3% in Francia. Il problema è che nel resto d’Europa la percentuale scende al 13,1% quando si passa alla fascia 25-49 anni d’età. In Italia, sempre tra 2015 e 2017, i lavoratori nella fascia 25-29 anni hanno visto aumentare le assunzioni a termine da 501.386 a 690.718 (+189.332) e calare quelle a tempo indeterminato da 222.727 a 132.288 (-90.439).
Stipendi al palo: in Germania un giovane guadagna 11mila euro in più. 
L’instabilità si fa sentire anche in busta paga. Sulle circa 4 milioni di assunzioni a tempo attivate nel 2017, quelle che prevedono retribuzioni sotto ai 1.500 euro lordi sono oltre 1,4 milioni. Più di una su tre. Le retribuzioni dei giovani, però, sembrano anche più confinate in una sorta di limbo distante sia dalla media delle altre fasce anagrafiche sia, e soprattutto, rispetto alle attese dei coetanei assunti in Francia e Germania. JobPricing, una società, di ricerca, ha evidenziato che la Ral (retribuzione annua lorda) per il 2017 nella fascia 25-34 anni viaggia sui 25.632 euro lordi, contro i 29.238 euro lordi della platea complessiva di lavoratori dai 15 ai 55 anni. E il dato è anche generoso rispetto a quello rilevato dall’Istat per il blocco 16-29 anni nel 2015, anno di debutto del Jobs Act: 13.553 euro lordi, in discesa dai 13.667 euro del 2014.
Potrebbe essere ovvio che la retribuzione cresca con l’esperienza, permettendo a un over 50 di guadagnare di più di un 26enne ai primi contratti. Ma l’anomalia italiana sta nel fatto che la curva degli stipendi viaggia a un ritmo rallentato rispetto alla media Ue: nel resto del Continente le remunerazioni salgono già dai primi anni e raggiungono l’apice a 40, in Italia bisogna aspettare oltre ai 55 per avvicinarsi alle stesse condizioni.
Non a caso il paragone si fa più pesante su scala europea, termine di confronto naturale per neolaureati e professionisti disposti a trasferirsi (anche) a seconda delle retribuzioni. Secondo dati di Willis Tower Watson, una società di consulenza, un giovane assunto comeentry level (contratto di ingresso) dopo la laurea magistrale in Germania guadagna in media 37mila euro lordi all’anno: circa 11mila euro in più rispetto ai 25-34enni italiani fotografati da JobPricing. Se si allarga il confronto ad altri paesi Ue, la forbice si allarga a oltre 6.500 euro lordi: dai circa 25.600 euro lordi che si guadagnano in Italia ai 32.214 euro nella media dei laureati magistrali tra Francia Irlanda, Olanda, Regno Unito, Spagna e Svezia .

martedì 8 gennaio 2013

Lavoro, tasso disoccupazione giovanile a novembre 37,1%. Record dal ’92.


Lavoro, tasso disoccupazione giovanile a novembre 37,1%. Record dal ’92


Secondo l'Istat il tasso di disoccupazione a novembre resta all’11,1%, lo stesso livello di ottobre e quindi ancora ai massimi da gennaio 2004. A novembre 2012 tra i 15-24enni le persone in cerca di lavoro, ovvero disoccupate, sono 641 mila e rappresentano il 10,6% della popolazione. Italia quarta per livelli di disoccupazione tra i giovani in Europa.

In Italia più di un giovane, tra i 15 e i 24 anni, non aveva un lavoro nel mese di novembre. Un dato drammatico se si pensa che è lo stesso tasso del 1992. Secondo i dati dell’Istat, infatti, il tasso di disoccupazione giovanile è stato pari al 37,1%: record assoluto, ai massimi sia dalle serie mensili, ovvero da gennaio 2004, sia dalle trimestrali, cominciate nel quarto trimestre di venti anni fa. A novembre 2012 tra i giovani italiani le persone in cerca di lavoro sono 641 mila e rappresentano il 10,6% della popolazione nella stessa fascia d’età.
In generale a novembre gli occupati sono 22 milioni 873 mila, in diminuzione dello 0,2% sia rispetto a ottobre (-42 mila) sia su base annua (-37 mila). Il tasso di occupazione, pari al 56,8%, è in diminuzione di 0,1 punti percentuali “nel confronto congiunturale e invariato rispetto a dodici mesi prima” informa l’Istituto di statistica. Il tasso di disoccupazione a novembre resta all’11,1%, lo stesso livello di ottobre e quindi ancora ai massimi da gennaio 2004, inizio serie mensili, e dal primo trimestre del 1999, guardando alle serie trimestrali. Su base annua il tasso è in aumento di 1,8 punti.   
In termini generali la fotografia dell’Istat non è meno infelice. A novembre il numero di disoccupati resta vicino ai 2,9 milioni, precisamente pari a 2 milioni 870 mila, in lieve calo (-2 mila) rispetto a ottobre ma solo perché la diminuzione riguarda la sola componente femminile).  Su base annua, invece, la disoccupazione cresce del 21,4%, ovvero di 507 mila unità. A novembre 2012 gli occupati sono 22 milioni 873 mila, in diminuzione dello 0,2% sia rispetto a ottobre con un calo di 42 mila unità, sia su base annua, con una diminuzione di 37 mila unità. 
“A novembre l’occupazione maschile cala dello 0,2% in termini congiunturali e dell’1,5% su base annua. L’occupazione femminile cala dello 0,2% rispetto al mese precedente, ma aumenta dell’1,7% nei dodici mesi – rileva l’Istat -. Il tasso di occupazione maschile, pari al 66,3%, diminuisce rispetto a ottobre di 0,2 punti percentuali e di 0,9 punti su base annua. Quello femminile, pari al 47,3%, cala di 0,1 punti percentuali in termini congiunturali, mentre cresce di 0,9 punti rispetto a dodici mesi prima”.
Rispetto a ottobre la disoccupazione aumenta dell’1,3% per la componente maschile e diminuisce dell’1,7% per quella femminile. “In termini tendenziali la crescita interessa sia gli uomini (+28,3%) sia le donne (+14,0%) – continua l’Istat -. Il tasso di disoccupazione maschile, pari al 10,6%, cresce di 0,1 punti percentuali rispetto a ottobre e di 2,2 punti nei dodici mesi; quello femminile, pari al 12,0%, cala di 0,2 punti percentuali rispetto al mese precedente e aumenta di 1,2 punti rispetto a novembre 2011″. Il quadro che ne emerge è quello di una crescita del numero di coloro che non hanno un’occupazione: “Il numero di inattivi aumenta nel confronto congiunturale per effetto della crescita sia della componente maschile (+0,1%) sia di quella femminile (+0,4%). Su base annua si osserva un calo dell’inattività sia tra gli uomini (-3,0%) sia tra le donne (-3,6%)”. 
“L’aumento della disoccupazione e le previsioni negative per il 2013 non sono un fallimento del governo Monti” dice il ministro del LavoroElsa Fornero, intervistata da Radio Capital. “Ci sono forze e tendenze di lungo periodo e noi paghiamo errori di lungo periodo – ha spiegato -. C’è molto nella riforma del lavoro che tende a contrastare la precarietà, soprattutto per giovani e donne, ma si deve dire che il lavoro non si fa a comando ma ricostituendo l’economia e migliorando la formazione”. Fornero ha sottolineato che al centro della riforma “c’è l’apprendistato” e che nei due mesi che restano lavorerà “ogni giorno per una aggiunta di costruzione al nuovo apprendistato”.  E sulla definizione dei giovani come schizzinosi, Fornero precisa: “E’ un episodio che rivela le difficoltà avute nella comunicazione. Io non ho detto che i giovani sono ‘choosy‘. Un tempo usavo dire ai miei studenti di non esserlo, oggi invece i giovani non sono nella condizione di esserlo, perché hanno solo lavori precari. E’ quasi il contrario di quanto mi è stato attribuito. Poi dire che non lo avevo detto è stato inutile, pazienza”.
Anche a livello europeo i dati sono sconfortanti. Cresce ancora il record di disoccupazione nell’Eurozona. A novembre 2012, secondo i dati Eurostat depurati dalle variazioni stagionali, ha raggiunto l’11,8% (11,7% a ottobre), pari a 18,8 milioni di persone. Nello stesso mese del 2011 i senza lavoro erano il 10,6%. In 12 mesi la disoccupazione ha colpito 2,015 milioni di persone in più. Nell’insieme dell‘Unione europea a 27, la disoccupazione a novembre scorso è stata registrata al 10,7%, stabile rispetto al mese precedente. A novembre 2011 era al 10,0%. Secondo l’ufficio europeo di statistica i senza lavoro nei 17 paesi della valuta comune in un mese i disoccupati sono cresciuti di 113.000 unità. In Italia la disoccupazione di novembre è all’11,1%, stabile rispetto a ottobre 2012. Dodici mesi prima era al 9,3%. In un anno i senza lavoro sono aumentati in 18 degli stati membri della Ue-27, si è ridotta in sette tra i quali la Germania (da 5,6% a 5,4%) e le repubbliche baltiche.
Gli aumenti più forti su base annuale, in Grecia (dal 18,9% al 26,0% registrato da settembre 2011 a settembre 2012), Cipro (dal 9,5% al 14,0%), Spagna (dal 23,0% al 26,6%) e Portogallo (dal 14,1% al 16,3%). A novembre scorso il tasso di disoccupazione giovanile nell’Eurozona ha raggiunto il 24,4% (24,2% ad ottobre), pari a 3,788 milioni di persone. Rispetto ad un anno fa, quando era al 21,6%, ci sono 420mila giovani disoccupati in più. L’Eurostat, per l’Ue a 27, indica un tasso di disoccupazione giovanile del 23,7%.  L’Italia, con il 37,1% di disoccupati tra i giovani fino a 25 anni registrato a novembre scorso, è quarta nell’Eurozona per i livelli di disoccupazione giovanile. A ottobre era al 36,5%, nel novembre 2011 al 32,2%. Peggio, soltanto la Grecia (57,6%, dati di settembre 2012), la Spagna (56,5%) ed il Portogallo (38,7%).
E "loro" che fanno? Si preoccupano di cucire alleanze e assicurarsi il posto in poltrona anche comprando voti, sempre ed esclusivamente con i nostri soldi.