Visualizzazione post con etichetta Funicello. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Funicello. Mostra tutti i post

domenica 21 novembre 2021

Draghiciello. - Marco Travaglio

 

All’avvento dei Migliori, tutto avremmo immaginato fuorché di ritrovarci tal Antonio Funiciello, ex veltroniano poi renziano, noto per aver presieduto il Comitato Basta un Sì (quello del referendum stravinto dai No) e chiesto la nostra cacciata dalle tv, poi promosso a capo di gabinetto del premier Gentiloni. Ora, dalle carte dell’inchiesta Open, salta fuori che faceva – per usare un’espressione dell’amico Matteo su Letta – “marchette”: alla British American Tobacco (Bat) e al gruppo Toto. Nessun reato, per carità: non risulta indagato. Ma fatti perlomeno inopportuni, documentati dalle sue chat col pr di Bat Gianluca Ansalone e con Alfonso Toto. Bat, a fine 2017, teme un emendamento in Senato alla legge di Bilancio che aumenta le tasse sulle sigarette di fascia bassa. E a chi si rivolge per cancellarlo? Ai renziani, a cui finanzia Open e la Leopolda dal 2014. L’8.11. 2017 Ansalone attiva Funiciello, capo di gabinetto di Gentiloni, che si scapicolla e lo informa via via: “Ok, cerco di capire”, “Sono già all’opera, complicato però”, “Bene… non ancora chiusa, ma bene”, “In via di rassicurazione”. Il 14.11 è fatta: niente tasse in più. Ansalone scrive a Funiciello: “Un grazie non formale per aver condiviso merito e contenuto delle nostre preoccupazioni. Abbiamo evitato una cosa molto pericolosa”. Ma un mese dopo riciccia alla Camera lo stesso emendamento. Ansalone rimobilita Lotti, Bianchi e Funiciello per “disinnescare la bomba”. Il 19.12 missione compiuta: “Caro Antonio, finalmente dopo un nuovo round alla Camera possiamo rilassarci un attimo. Ti voglio ringraziare sinceramente per il tuo ascolto e il supporto”. Il 21.12 Bat, riconoscente, bonifica 20 mila euro alla fondazione Open.

La scena si ripete con Alfonso Toto, ceo del gruppo autostradale concessionario dello Stato, che si scrive un emendamento alla manovra 2017, “nel superiore interesse pubblico”, sullo scaglionamento dei fondi pubblici per la manutenzione dell’A24 e A25, poi lo fa presentare e approvare dal Pd renziano. Un affare da decine di milioni che passa – scrive la Gdf – grazie all’“interessamento di Boschi, attivata da D’Alfonso, e di Funiciello”. Toto scrive a D’Alfonso: “Sono stato da Funiciello e Canalini che hanno lavorato ventre a terra avendo compreso la drammaticità della ns infrastruttura”. Anche Toto finanzia Open tramite Bianchi.

Sapete dov’è ora Funiciello? Di nuovo a Palazzo Chigi come capo di gabinetto di Draghi, regista fra l’altro della lottizzazione selettiva della Rai. Nell’atto di nomina, ad aprile, Draghi precisa che dovrà esercitare le funzioni “unicamente per finalità di interesse generale”. Escluse, par di capire, le marchette alle lobby. Che aspetta ora ad accompagnarlo alla porta?

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/11/21/draghiciello/6399963/

martedì 16 febbraio 2021

Cafone il Censore. - Marco Travaglio

 

La stima che nutriamo per Draghi ci fa escludere che sia stato lui a scegliersi come capo di gabinetto Antonio Funiciello. Basta scorrere le biografie dei due per escludere che si siano mai incontrati neppure per sbaglio, in treno, in aereo, in ascensore. Né, nel Governo dei Migliori, possono esser bastati gli slurpissimi tweet del Funiciello all’avvento di Draghi: “DRAGONS. L’alba dei Nuovi Cavalieri”, “Poi parve a me che la terra s’aprisse tr’ambo le ruote, e vidi uscirne un #drago…” (Dante, Purgatorio), o i sobri retweet “Da pochi giorni Città della Pieve sembra Versailles” e “Grazie Presidente! #Mattarella” (by Gentiloni). No, qualcuno deve aver tirato un pacco a SuperMario, approfittando della confusione generale. Nato a Piedimonte Matese (Caserta) 45 anni fa, il nostro eroe è laureato in Filosofia e giornalista pubblicista, il che gli fa credere di essere un “intellettuale liberale”. Ha pubblicato alcuni libri all’insaputa dei più e collaborato con Riformista, Europa, Liberal (tutti falliti) e poi col Foglio e l’Espresso (auguri ai colleghi). Blairiano e clintoniano fuori tempo massimo e all’insaputa di Blair e Clinton, è un patito degli States, soprattutto del Texas, che sta a lui come il Kansas City stava a Nando Mericoni. Ma la sua vera vocazione è il consigliere dei principi o presunti tali. Per 10 anni portaborse di Morando e poi di Zanda, che sono già belle soddisfazioni, divenne veltroniano e napolitaniano, poi si avvicinò persino a Ichino e Tonini, che ne fecero il direttore di una cosa denominata “Libertà Eguale”. E aggiunsero la sua firma a un mitico “Appello per l’Agenda Monti”. Epifani lo promosse financo a “responsabile Cultura” del Pd: ma fu un attimo, poi lo riconobbero. Lui, deluso, passò al servizio dell’Innominabile, che lo elevò a direttore del comitato referendario BastaunSì e – riferivano le cronache, senza offesa – “braccio destro di Lotti”.

Nel 2016 questo Anzaldi minore divenne l’occhiuto censore dei due-tre critici della schiforma Boschi- Verdini, “monitorando tutti i programmi tv” e presentando un “esposto all’Agcom” per disinfestare La7 dalla “persistente manifesta violazione della normativa” perpetrata invitando giornalisti del Fatto “che si sono espressi chiaramente per il No”, anziché far parlare a reti unificate il Sì. Molto liberale, ma soprattutto fine, Cafone il Censore definì Chiara Appendino in dolce stil novo “bocconiana come Sara Tommasi”. E divenne capostaff di Gentiloni. Ora siede alla destra di Draghi. Eppure ancora nel 2018 il peripatetico rampicante tuonava sul contro “i lacchè e piaggiatori che danneggiano le leadership e rovinano lo Stato con l’adulazione”. E lui, modestamente, lo nacque.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/02/16/cafone-il-censore/6102556/