Visualizzazione post con etichetta stop. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta stop. Mostra tutti i post

mercoledì 14 luglio 2021

Stop auto e benzina diesel, costruttori: «Scelta irrazionale». Confindustria: pacchetto Ue sfida senza precedenti.

 

Per Acea vietare una singola tecnologia è un errore. Confindustria: dal pacchetto Fit-for-55 una sfida di politica industriale senza precedenti.

La principale associazione europea dei produttori di automobili (Acea) ritiene “irrazionale” lo stop ai motori a benzina e diesel al 2035 come proposta nel nuovo pacchetto clima europeo ’Fit for 55’. L’associazione fa presente alla commissione Ue che sta commettendo un «errore cercando di eliminare le auto a benzina e diesel dalla circolazione entro il 2035». I produttori affermano di sostenere «tutti gli sforzi per rendere l’Europa a emissioni zero entro il 2050, come previsto dalla proposta di legge sul clima, ma vietare una singola tecnologia non è una via razionale da perseguire in questo momento».

Il pacchetto presentato dalla Commissione europea va ben oltre lo stop alla vendita di auto a combustione interna dal 2035 ma include un’estensione del mercato europeo delle emissioni inquinanti a edilizia e trasporto su strada, l’introduzione per la prima volta di un tassa ambientale all’import di prodotti ad alta intensità di emissioni, la revisione della tassazione sui prodotti ernergetici a favore dell’elettricità. Su questo ambizioso piano sono molte le reazioni a caldo.

Confindustria: sfida senza precedenti.

A cominciare da quella di Confindustria. «Con il pacchetto Fit-for-55 l'Europa ha lanciato il guanto di una sfida di politica industriale senza precedenti». Così Aurelio Regina, Delegato per l'Energia e la transizione energetica di Confindustria. «È un obiettivo ambientale importante per le generazioni future che deve impegnare l'intera società a finalizzare, attraverso un dialogo inclusivo e non ideologico, un quadro di riferimento capace di coniugare l'obiettivo di rendere green l'economia UE senza penalizzare le imprese e i Paesi che, come nel caso dell'Italia, hanno progressivamente aumentato gli sforzi per accelerare la transizione energetica e ambientale, raggiungendo oggi posizioni di frontiera in molti settori economici», ha sottolineato Regina.

«La stessa Commissione – ha proseguito - prevede a livello UE un fabbisogno di investimenti complessivo al 2030 di oltre 3.500 miliardi di cui oltre 600 per l'Italia. Si tratta di un piano senza precedenti che ci obbliga a cambiare marcia e a passare dalla discussione sugli obiettivi, ormai decisi, a un dibattito pragmatico sulle soluzioni, considerando tutte le opzioni possibili sulla base del costo e della reale efficacia, per evitare di generare potenziali ripercussioni negative per le imprese europee e un inutile spreco di risorse» ha osservato il Delegato del Presidente di Confindustria.

Legambiente: pacchetto inadeguato.

Critico il giudizio di Legambiente. «Il nuovo pacchetto europeo su clima e energia è inadeguato a fronteggiare la sempre più preoccupante emergenza climatica» afferma Stefano Ciafani, presidente di Legambiente «Per contribuire equamente al raggiungimento dell’obiettivo di 1,5 gradi centigradi previsto dall’accordo di Parigi - osserva - l’Europa deve ridurre le emissioni di almeno il 65% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990, andando ben oltre il 55% previsto dalla legge europea sul clima. La palla passa ora a Consiglio e Parlamento. Serve fare di più. E il nuovo pacchetto clima ed energia sarà il banco di prova della capacità di leadership europea nell’azione globale per fronteggiare l’emergenza climatica. Serve un primo importante segnale già nei prossimi mesi in vista della Conferenza sul Clima (Cop26) del prossimo novembre a Glasgow».

IlSole24Ore

sabato 24 aprile 2021

Stop al vitalizio ai condannati: Senato contro Formigoni&C., il segretario generale ha impugnato la decisione in appello. - Ilaria Proietti

 

Sentenza Caliendo: il ricorso di Palazzo Madama.

Ha sfondato quota 100mila firme l’appello con cui il Fatto ha chiesto ai massimi vertici del Senato di rimediare alla decisione di ridare i vitalizi ai condannati portando la questione di fronte alla Corte costituzionale. Sì, perché a Palazzo Madama dieci giorni fa l’organo di giustizia interna presieduto da Giacomo Caliendo di Forza Italia ha cancellato le regole che il massimo organo politico dello stesso Senato si era dato nel 2015 quando aveva deciso di chiudere i rubinetti agli ex inquilini che si fossero macchiati di reati gravissimi, dalla mafia al terrorismo passando per la corruzione. In una sorte di autogolpe, che ha favorito non solo Roberto Formigoni che aveva fatto ricorso per riavere l’assegno, ma pure tutti gli altri, da Berlusconi a Dell’Utri passando per Del Turco a cui era finora rimasto negato per via del casellario giudiziale non esattamente puro come un giglio. Un conflitto tra poteri tutto interno a Palazzo consumato sulla questione dell’argent. Che conta eccome. E ieri Formigoni ha attaccato il Fatto: “Nessun altro esponente di partito si è espresso, riconoscendo la giustezza della Commissione contenziosa. È stato solo il M5S, agitato dal proprio house organ, che è il Fatto Quotidiano, alimentato dagli odiatori, ma ho pietà per loro”.

Non è una pensione.

Così, mentre si riflette sul ricorso alla Consulta, il segretario generale del Senato, Elisabetta Serafin, che guida l’amministrazione di Palazzo Madama, ha impugnato in appello la sentenza di Caliendo&C. Con un ricorso che smonta in radice il presupposto che ha consentito di riaprire i rubinetti a Roberto Formigoni e ad altri 12 condannati (o loro eredi) baciati, diciamo così dalla fortuna. Perché, checché ne dica la Contenziosa, il vitalizio non è affatto una pensione pure se lo si vuol far a tutti i costi credere. “L’affermazione della natura previdenziale dell’assegno degli ex parlamentari che sarebbe contenuta nelle ordinanze delle Sezioni unite del 2019 (ossia la novità giurisprudenziale invocata a sostegno della tesi sostenuta dalla Contenziosa, ndr) non si evince dalla portata delle ordinanze stesse” ha scritto infatti il segretario generale sottolineando come le ordinanze in questione si limitino ad affermare “che il cosiddetto vitalizio rappresenta la proiezione economica dell’indennità parlamentare per la parentesi di vita successiva allo svolgimento del mandato. Ma sulla natura previdenziale non viene specificato nulla di più”.

E non è tutto. Perché nel ricorso il segretario generale evidenzia pure che, per ridare il vitalizio a Formigoni, l’organo di giustizia interna del Senato abbia addirittura smentito se stesso. In altre pronunce precedenti aveva infatti confermato la sospensione del vitalizio ai condannati sulla base della delibera che nel 2015 ha introdotto un nuovo presupposto di onorabilità per poterne godere: ossia le condizioni di dignità e onore che l’articolo 54 della Costituzione prevede per coloro che rivestono cariche pubbliche. Ma allora perché la commissione Caliendo oggi afferma il contrario brutalizzando con l’onta dell’illegittimità la stessa delibera?

La carta: Dignità e onore.

E sì che, come ricorda anche nel ricorso la Serafin, prima di decidere lo stop degli assegni ai condannati, era stata fatta una istruttoria approfondita con la richiesta di pareri a costituzionalisti ma anche al Consiglio di Stato che aveva dato semaforo verde. Anche perché il provvedimento che stabilisce la sospensione dell’assegno al venir meno delle condizioni di dignità e onore, era stato modellato sulla legge Severino (che ha stabilito che le condanne di un certo tipo facciano venir meno il requisito soggettivo per il mantenimento delle cariche pubbliche) ritenuta perfettamente legittima dalla Corte costituzionale.

Ora grazie a Caliendo&C. si vorrebbe tornare all’antico, ma non senza conseguenze.

Perché quella decisione adottata peraltro non per il solo Formigoni ma erga omnes, espone il Senato non solo alle critiche e allo sdegno, ma pure “alla restituzione di rilevanti importi verso i dodici senatori nei confronti dei quali è cessata da anni l’erogazione del trattamento”. Con l’ulteriore complicazione che se in Appello la sentenza venisse ribaltata, l’amministrazione dovrebbe recuperare le somme provvisoriamente ripristinate. Per questo il segretario generale oltre a fare appello ha chiesto che la sentenza, immediatamente messa in esecuzione da Sua Presidenza Casellati, venga sospesa in attesa della definizione del giudizio di secondo grado.

ILFQ

venerdì 10 febbraio 2017

Jobs Act, stop a disoccupazione per collaboratori nel 2017. Inps: “Non c’è stata proroga”.

Jobs Act, stop a disoccupazione per collaboratori nel 2017. Inps: “Non c’è stata proroga”

Il Dis-Coll era stato introdotto nel 2015 per Co.co.co e contratti a progetto, e riproposto nel 2016. In assenza di nuova proroga, l’Istituto annuncia la fine delle erogazioni per i “licenziati” quest’anno.

Era stata istituita dal Governo Renzi con il Jobs act in via sperimentale in caso di disoccupazione. Avviata nel 2015, era stata prorogata per il 2016. Ma non per il 2017: per i collaboratori non sarà più possibile ricevere l’indennità di disoccupazione Dis-Coll istituita nel 2015 a fronte delle cessazioni involontarie di contratti di collaborazione coordinata e continuativa. Pertanto, in assenza di previsione normativa, spiega l’Inps, “non sarà possibile procedere alla presentazione delle domande di indennità Dis-Coll per le cessazioni involontarie dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, verificatesi dal 1°gennaio 2017”.
La misura prevedeva che fosse corrisposta mensilmente per la metà dei mesi di contribuzione presenti nel periodo compreso tra il 1° gennaio dell’anno solare precedente l’evento di cessazione del rapporto di collaborazione e l’evento stesso (con almeno tre mesi di contribuzione accreditata) fino a un massimo di sei mesi. La fruizione dell’indennità Dis-coll non dava diritto alla contribuzione figurativa. La misura della prestazione era pari al 75% del reddito medio mensile se inferiore all’importo di 1.195 euro. In ogni caso l’importo dell’indennità non poteva superare la misura massima mensile di 1.300 euro per l’anno 2015, rivalutato annualmente.
“La prestazione di disoccupazione Dis-coll – istituita in via sperimentale dall’art. 15 del Decreto legislativo n. 22 del 2015 a favore dei collaboratori coordinati e continuativi, anche a progetto, per gli eventi di disoccupazione verificatisi nell’anno 2015 e successivamente prorogata dall’art. 1 comma 310 della Legge n. 208 del 2015 per gli eventi di disoccupazione verificatisi nell’anno 2016, non è stata oggetto di proroga in relazione agli eventi di disoccupazione intervenuti a fare data dal 1° gennaio 2017″, scrive l’Inps. L’istituto di previdenza aggiunge inoltre che “in assenza di previsione normativa, non sarà possibile procedere alla presentazione delle domande di indennità Dis-Coll per le cessazioni involontarie dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, verificatesi dal 1°gennaio 2017″.
I beneficiari – Obiettivo della Dis-coll – che sostituiva l’indennità una tantum prevista dalla legge Fornero – era assicurare un sostegno a co.co.co. e co.co.pro., esclusi amministratori e sindaci, rimasti disoccupati. Per comprovare il proprio status di disoccupato, il richiedente doveva prima presentarsi al centro per l’impiego, dichiarare l’attività lavorativa appena cessata e l’immediata disponibilità a trovare lavoro. I beneficiari dovevano essere iscritti solo alla gestione separata dell’Inps, non potevano essere pensionati né avere partita Iva. Inoltre, dovevano avere versato almeno tre mesi di contributi a partire dal 1 gennaio 2014, di cui una mensilità nel 2015. Quest’ultimo requisito era soddisfatto anche con un mese di lavoro che abbia generato un reddito pari ad almeno 647,83 euro.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/02/10/jobs-act-stop-a-disoccupazione-per-collaboratori-nel-2017-inps-non-ce-stata-proroga/3381559/

Fanno leggi "pro bono populi" di breve durata per attingere voti durante le elezioni, e le rinnovano solo in caso di "loro" necessità. Naturalmente, se le leggi riguardano una loro agevolazione, le fanno con applicazione retroattiva e con durata "sempiterna". Ma c'è ancora chi crede in loro.....
by Cetta

Infatti:

http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/02/10/partiti-defunti-lemendamento-dellex-tesoriere-ds-proroga-la-cassa-integrazione-per-i-dipendenti/3379766/