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giovedì 16 maggio 2019

Dalle mazzette al lavoro, così è cambiato il sistema delle tangenti. - Stefano Elli



La raccomandazione, in Italia, non è certo una novità. La Treccani la definisce come: «Intercessione in favore di una persona, soprattutto al fine di ottenerle ciò che le sarebbe difficile conseguire con i mezzi e i meriti propri o per le vie ordinarie». Vecchio, inossidabile, vizio nazionale. Dagli atti giudiziari delle ultime inchieste per corruzione (l'ultima, ma non solo, quella della Procura di Milano che ha coinvolto alcune municipalizzate lombarde e il sistema degli appalti in Regione) sembrano emergere alcune novità. Ai potenziali corrotti non vengono più soltanto versate le celebri «mazzette», quelle classiche, avvolte in carta di giornale, quelle che, per intenderci, fecero scoppiare il caso Tangentopoli.
Oggi si offre lavoro. Non solo per sé, ma per i propri cari: figli, mogli, amanti, consanguinei. Oppure consulenze inesistenti, mascherate in modi più o meno maldestri. Tangente come segno tangibile di un abbruttimento epocale che vede piegarsi un diritto, anzi, Il Diritto Fondativo della Repubblica, in un mero strumento di pagamento: come a dire: «io ti offro i miei servigi e il mio prezzo è il lavoro dei miei cari». Oppure, ancora, come nell'ultimo caso di cronaca che ha portato agli arresti domiciliari il sindaco leghista di Legnano, Gianbattista Fratus, la neo assessore alle Opere Pubbliche Chiara Lazzarini e in carcere il vicesindaco (e assessore al bilancio), Maurizio Cozzi, entrambi di Forza Italia, lavoro offerto per pilotare affari. 
In questo caso si è trattato di “piazzare” ai vertici apicali di aziende municipalizzate strategiche, dei “vertrauensmenschen”, degli uomini di stretta fiducia. Come? Semplice: truccando i bandi per le loro assunzioni.
Una degenerazione che non è soltanto penalmente rilevante ma pure socialmente avvilente.
Una modalità già vista, per fare un altro esempio, negli atti del «caso Montante», in Sicilia, dove i magistrati sospettano che funzionari dello Stato considerati “infedeli” nulla abbiano chiesto per sé, se non un lavoro per le consorti. Del resto un modo per pagare deve pur esserci: procurarsi contanti con la normativa antiriciclaggio in vigore è sempre più complicato. A uno degli indagati dell'inchiesta milanese che chiede denaro al suo presunto corruttore (per andare in ferie), questi risponde che 2.000 euro deve «prenotarli» e al posto dei contanti gli consegna la carta di credito. Accanto a queste forme, certo, permangono quelle classiche dazioni ambientali che transitano su conti esteri cifrati verso paradisi penali che resistono inossidabili a qualunque pressione internazionale, nonostante tutte le modifiche normative a cominciare dallo scambio automatico di informazioni. Ma il lavoro come «mazzetta», certo, è un cambio di passo.