Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
martedì 5 luglio 2011
Così è se vi pare ed anche se non vi pare.
Rifiuti: Bonelli, Lega dice no? Campania rimandi a Bossi quelli tossici.
09 febbraio 2008 — pagina 5 sezione: NAPOLI
Manovra, il Quirinale spiazzato "Non ne sapevamo nulla"
Crescono i dubbi sulla possibilità che Napolitano firmi il decreto.
ROMASpiazzati. E irritatissimi. Al Quirinale la scoperta di una norma che consente alla Fininvest di rinviare il maxiindennizzo dovuto alla Cir di Carlo De Benedetti per l’affaire Mondadori non è piaciuta affatto. Nei giorni scorsi, infatti, dopo aver appreso che nella prima bozza della manovra il governo intendeva inserire misure riguardanti la giustizia, dal Colle era iniziato un intenso pressing nei confronti del governo. Con l’esplicita richiesta di fare grande attenzione, ovviamente di non forzare la mano e di lasciar fuori dal decreto ogni provvedimento che non avesse a che fare con l’aggiustamento dei conti. Tra le altre cose erano state ipotizzate norme sul processo breve, che avevano visto salire subito sulle barricate l’opposizione (a cominciare da Di Pietro), ma poi l’esecutivo aveva lasciato perdere. Segno che i suggerimenti erano serviti a qualche cosa.
Lo stupore ieri dei consiglieri di Napolitano è stato ancora più grande nello scovare in coda all’articolo 37 del decreto il codicillo pro Berlusconi. Negli ultimi giorni, infatti, nelle varie bozze della manovra scritte, smontate e poi riscritte nel corso dei vari vertici e poi approdate al Consiglio dei ministri di giovedì non c’era traccia di questo tipo di interventi. E peraltro ieri, quando dopo mezzogiorno il testo «finale» è stato recapitato al Quirinale, nessuno si è premurato di avvisare di queste ultime novità.
Il problema, tra la sorpresa generale, è scoppiato nel primo pomeriggio quando quasi in contemporanea il famigerato comma 23, con le modifiche al Codice di procedura civile, è finito sotto la lente degli esperti del Quirinale e dell’ufficio legale di Confindustria. Che proprio al Quirinale si sarebbe rivolto per chiedere lumi sulla novità, mentre il sito del «Sole 24 Ore», il quotidiano di casa, lanciava per primo la notizia del blitz pro Fininvest. Per tutti si trattava di un «intervento incomprensibile».
Ieri sera fonti della Presidenza della Repubblica hanno fatto sapere che, come sempre avviene in questi casi, su tutto il decreto «com’è naturale, si riserva tutto il tempo necessario per fare un attento e scrupoloso esame di tutti gli aspetti della manovra economica» all’insegna del principio di leale collaborazione che contraddistingue i rapporti col governo su tutta la materia legislativa.
In realtà sul comma salva-Fininvest la verifica sarà ancora più scrupolosa. Gli uffici del Quirinale, infatti, intendono verificarne innanzitutto la ragion d’essere, la consistenza tecnica e quindi la collocazione nell’articolato complessivo del decreto. Verrà valutata la necessità o no di adottare un provvedimento del genere, come pure l’urgenza di procedere attraverso lo strumento del decreto, che una volta siglato dal Capo dello Stato e pubblicato in Gazzetta Ufficiale diventa immediatamente esecutivo. Infine sarà analizzata con grande attenzione l’omogeneità di una misura del genere col resto della manovra. Il giudizio finale sembra quasi già scritto. Come si concilia il rinvio all’ultimogrado di giudizio del pagamento di una sanzione con indicazioni che dovrebbero riguardare «Disposizioni per lo sviluppo» (questo il titolo sotto cui sono inquadrate le misure sulla giustizia) e un articolo intitolato «Disposizioni per l'efficienza del sistema giudiziario e la celere definizione delle controversie»? Stando all’opposizione e ai magistrati dell’Anm il comma 23 «è incostituzionale». Al Quirinale non si spingono a tanto, ma è evidente che sarà molto difficile dare il via libera a una misura di questo tipo.
Holding di governo. - Massimo Giannini.
Una fattispecie giuridica ritagliata alla perfezione per la holding del premier, sulla quale pende proprio questa settimana il verdetto del giudice di secondo grado, a proposito del maxi-risarcimento dovuto alla Cir per la vicenda del Lodo Mondadori. Grazie al codicillo infilato nottetempo nel decreto che dovrebbe risanare i conti pubblici italiani, dunque, la Fininvest sarà legittimata a non versare un euro di indennizzo alla sua controparte, qualunque sia la somma che i giudici di Milano riterranno opportuna a titolo di risarcimento, per le sentenze a suo tempo comprate dal Cavaliere e dai suoi uomini durante la cosiddetta Guerra di Segrate. In primo grado questa somma era stata quantificata in 750 milioni di euro. In appello potrebbe ridursi, ma non di molto. E dunque potrebbe pesare in modo esiziale sui conti Fininvest, e dunque sul portafoglio della famiglia Berlusconi.
Ecco spiegato l'audace colpo dei soliti noti. Un'altra legge ad aziendam, e il gioco è fatto. Ora si capisce anche perché nei giorni scorsi, al momento di presentare il bilancio della holding, i manager Fininvest avevano annunciato di non aver messo in conto nessun accantonamento, a copertura dell'eventuale risarcimento. Evidentemente il braccio armato aziendale sapeva che non ce ne sarebbe stato bisogno, perché il braccio armato politico stava nel frattempo lavorando per difendere, come sempre, i nobili interessi del premier.
Siamo al consueto, vergognoso e intollerabile rito di una democrazia sotto sequestro e sotto ricatto, piegata ai bisogni di un singolo e umiliata nei suoi valori collettivi. Con questo blitz di una maggioranza screditata e soggiogata, arriviamo all'ennesima legge ad personam, da quando il Cavaliere fece la sua mitica discesa in campo nel 1994. Questa volta il beneficiario è diverso solo nella forma, l'azienda. Ma nella sostanza, è ancora lui, il presidente del Consiglio, che usa la sua funzione per distorcere il codice e abusa della sua posizione per violentare lo Stato di diritto. E quello che è più grave è che non può più farlo fingendo di avere con sè il suo popolo che lo acclama. Gli italiani, persino quelli che lo hanno seguito entusiasti nella folle avventura di questo quasi Ventennio, hanno cominciato a voltargli le spalle. Hanno capito, finalmente, che l'unica "ditta" per la quale il premier ha lavorato e lavora non è l'Italia, ma è la sua.
lunedì 4 luglio 2011
È il nuovo "patto di ferro" portato avanti con la Compagnia delle Opere e la benedizione di Formigoni e Bossi
di Ferruccio Pinotti
da "Il Fatto Quotidiano"1 ottobre 2009
È il nuovo asse segreto della politica, dell'economia e della finanza. È l'intesa di cui non si può parlare. È il "patto di ferro" che nei prossimi mesi muterà molti scenari in una serie di delicati scacchieri fatti di grandi business, di appalti, di equilibri politici e istituzionali. Comunione e Liberazione ha infatti scelto la Lega come partner forte per un progetto di vasto impatto e di lunga gittata. Un disegno che si articola su una serie di capisaldi, per ora percepiti con difficoltà dagli osservatori esterni, ma ben chiari ai vertici di Cl e del Carroccio.
Pietra angolare dell'intesa è il federalismo. L'obiettivo dei due movimenti è sfruttare la de-strutturazione dello Stato, e il progressivo passaggio di molte sue competenze alle Regioni, per trasferire dal pubblico al privato una serie di aree di lucrose attività che vanno dalle scuole all'energia, dalle autostrade alla sanità, dalla formazione all'immigrazione. Braccio operativo sarà la Compagnia delle Opere, la potentissima organizzazione vicina a CL che raggruppa 34.000 imprese, per un fatturato stimato in 70 miliardi di euro. Spetterà alla CdO il compito di trasformare l'indebolimento dello Stato unitario in una gigantesca opportunità di business.
Il piano prevede una serie di step , che sono stati anticipati da Roberto Formigoni in agosto durante il meeting di Rimini. Il primo ruota intorno ai decreti attuativi della legge sul federalismo già approvata: il governo deve emanarli entro due anni. Ma, nei decreti attuativi è possibile infilare di tutto, e di questo Cl e Lega sono ben consci.
La seconda mossa riguarda, invece, la cosiddetta trattativa con lo Stato. Che cosa sia Formigoni lo ha spiegato il 24 agosto quando, davanti ai vertici entusiasti del movimento di Umberto Bossi, annunciato che Lombardia e Veneto intendono sottrarre al governo centrale il maggior numero possibile di competenze. Le due regioni, insomma, non puntano solo al federalismo fiscale, ma vogliono la gestione di un'ampia serie di aree strategiche che comprendono le strade, l'ambiente, la scuola, forse persino il nucleare, quanto meno in termini di attuazione del piano nazionale di realizzazione delle centrali. Nell'attuazione del federalismo, ha detto il governatore ciellino, "un passo importante è quello di sfruttare la possibilità offerta dall'articolo 116 della Costituzione, come la Lombardia sta cercando di fare. La Carta prevede infatti che, su iniziativa della Regione, lo Stato possa attribuire, con una legge, la competenza esclusiva su alcune materie che sarebbero, di norma, riservate allo Stato". "Molte cose", ha annunciato Formigoni, "si possono fare senza ricorrere ad un cambiamento della Costituzione , ma con una trattativa per ottenere competenze specifiche. Noi siamo pronti ad occuparci esclusivamente delle dodici materie che abbiamo già richiesto". Un'idea che ha trovato subito d'accordo uno degli ospiti d'onore del Meeting di Cl, il ministro leghista Roberto Calderoli, che ha parlato di una "modifica della Costituzione per dare più potere alle Regioni" lasciando intravedere la linea di programma comune tra il movimento fondato da don Giussani e il Carroccio. Così Formigoni ha metaforicamente indossato la camicia verde e, mutuando linguaggio leghista, ha parlato di un "diritto da parte dei cittadini ad autodeterminarsi e scegliere il proprio modello di riferimento". Poi, tra gli applausi scroscianti, ha recitato il mantra "meno burocrazia per le aziende", scandendo gli obiettivi: "La sanità va gestita tutta in ambito regionale. Solo certe materie possono restare al governo. Ogni cittadino ha il diritto di farsi curare dove vuole e di scegliere in quale scuola mandare i figli. Abbiamo finanziato in questi anni 10.000 progetti di famiglie lombarde tramite l'associazionismo, contro la logica centrali-sta. Ricco di prospettive, nell'accordo Cl–Lega, è pure il business delle infrastrutture. Formigoni al Meeting ha ammesso candidamente: "Abbiamo già l'ente lombardo Cal (Concessioni Autostradali Lombarde, ndr) per le autostrade, a metà tra Stato, Anas e Regione. Siamo forti nel trasporto ferroviario per i pendolari con Fs e Ferrovie Nord: è ora di dire basta alla direzione romana".
I leitmotiv del leader politico di Cl sono gli stessi della Lega: "Bisogna stabilire livelli diversi di imposizione fiscale tra regioni e attrarre investimenti; serve un accordo delle Regioni con Province e Comuni per la gestione dei soldi e per il federalismo fiscale".
Anche i servizi pubblici, nella nuova filosofia di Cl e Lega, vanno ricalcolati in base a nuove unità di misura. Per Formigoni "il passaggio dalla logica del costo storico a quella del costo standard, ottenuto con il federalismo fiscale, rappresenta il passaggio dal vizio alla virtù".
LA SPARTIZIONE DELLE REGIONI DEL NORD
In questo scenario, una partita chiave è quella della spartizione delle grandi regioni del Nord. Cl ha un ruolo di mediazione chiave tra Pdl e Lega, che si contendono Lombardia e Veneto, con un pensiero attento anche al Piemonte.
La Lega, alle regionali del 2010, vorrebbe prendersi le tre regioni più ricche d'Italia, Lombardia, Piemonte e Veneto, ma sa che se vuole un patto sul fronte degli affari deve arrivare a un compromesso politico. L'ipotesi che sta quindi maturando, all'interno del Carroccio, è lasciare la Lombardia non tanto a Forza Italia, quanto a Formigoni, ovvero a Cl e alla Compagnia delle Opere, in cambio della presidenza del Veneto (il laico Galan non è amato da Cl e il suo regno è messo in discussione dalla Lega) e magari del Piemonte.
Resta l'incognita Udc. Ma di fronte a un patto chiaro con gli uomini di Pierferdinando Casini anche la Lega dirà di sì al governatore Formigoni. Il presidente della Regione Lombardia ne è convinto e ha auspicato che l'alleanza con l'Udc possa essere confermata a cominciare dalle regionali del prossimo anno in Lombardia. "I rapporti con la Lega in Regione", ha detto al Meeting, "sono ottimi. Noi lavoriamo per allargare l'alleanza, per rinnovare il patto con l'Udc su basi chiare e valori condivisi. Spero sia un patto a 360 gradi su tutto il territorio nazionale e sono convinto che anche la Lega, di fronte a una proposta chiara di alleanza, dira di sì. La Lega è un partito intelligente e abile e finché non vede patti chiari dirà di no. Ma la chiarezza interessa anche a noi, non vogliamo papocchi o pasticci. Se faremo un patto chiaro lo sottoporremo agli amici della Lega". Il tema della presidenza della Regione Lombardia continua comunque ad essere spinoso, ha lasciato capire Calderoli. Ma la stanza di compensazione di Cl saprà certamente risolvere i contrasti. La sanità, la scuola e i trasporti sono alcuni tra i molti e ricchi settori di business per Cl. Ma non c'è ambito al quale il braccio della Compagnia delle Opere non guardi con lungimiranza. Uno di questi è il nucleare, una materia in cui la programmazione è ancora tutta da stendere, consentendo perciò alle aziende della Compagnia delle Opere di inserirsi a vario titolo. Non a caso, a discutere di nucleare al meeting erano presenti Fulvio Conti, ad e dg di Enel; Umberto Quadrino, ad di Edison; Giuliano Zoccoli, presidente di A2A, la potente azienda nata dalla fusione tra la Asm di Brescia e la Aem di Milano. I top manager dell'energia italiana si sono definiti "vecchi amici del meeting" e a benedire l'intesa si è mosso fino a Rimini il ministro dello sviluppo economico Claudio Scajola.
RELIGIONE E FINANZA VANNO D'ACCORDO
Ma a progettare il nucleare italiano con i big ciellini erano anche l'ad di Ansaldo Nucleare, Roberto Adinolfi, così come il responsabile della localizzazione degli impianti nucleari Enel, Igino Chellini; come pure Franco Cotana, promotore della Piattaforma Tecnologica Nucleare Sostenibile Italia; Frantisek Pazdera, vicepresidente della consorella europea Sustainable Nuclear Energy Technology Platform; Silvio Bosetti, dg della Fondazione Energylab.
Cl non aspetta che le occasioni di business succedano, le anticipa. In questo disegno complessivo di appropriazione delle aree in cui la competenza dello Stato verrà progressivamente erosa a favore del business di Cl e Cdo, ha un ruolo importantissimo la finanza, chiamata ad erogare credito alle aziende "amiche" a sostenere grandi progetti infrastrutturali. La Compagnia delle Opere ha costruito un sistema oliatissimo, un network nel quale ogni azienda aiuta l'altra, in un rapporto committente-fornitore che disegna un'economia ciellina forte e integrata, quasi un mondo a parte, isolato dal mercato.
Già nel 2000 il titolare dell'impresa edile Romagnoli, Camillo Agnoletto, impegnato nella ricostruzione del Teatro La Fenice di Venezia, raccontava all'Espresso: "Noi non abbiamo aderito per motivi ideali. Con Cl io non c'entro, sono un uomo di sinistra. Ma l'adesione ti garantisce le informazioni giuste sui bandi di gara, i finanziamenti Ue, le opere pubbliche; ti offre un colloquio privilegiato con le banche; può sveltire i rimborsi dalla Regione; ti assiste nel ginepraio delle leggi urbanistiche. In due parole, se ti metti con loro hai dei vantaggi". Dal 2000 la situazione nell'economia e nella finanza è molto peggiorata, l'11 settembre 2001 e lo tsunami finanziario del 2008 hanno reso fragili molte imprese, che sono divenute estremamente bisognose di una "rete", di un network efficiente e solidale.
Proprio ciò che la Compagnia delle Opere è in grado di offrire. Dall'86 ad oggi la Cdo ha compiuto passi da gigante, divenendo un sistema di assistenza alle imprese estremamente integrato ed efficiente. "Ormai, se non sei della Compagnia delle Opere ormai non hai quasi più accesso al credito; con la Cdo invece entri dappertutto, hanno le "loro" banche, in qualche modo garantiscono per te anche se hai problemi", racconta al Fatto il titolare di un'impresa veneta che preferisce non essere menzionato. In effetti la Cdo ha stretto in questi anni rapporti preferenziali con molti istituti, in molti casi anche informaufficiale.Traglisponsordel30°meetingdi Cl c'era il primo gruppo bancario italiano, Intesa-San Paolo. Il suo ad Corrado Passera si muoveva con scioltezza nei palazzi della fiera di Rimini, regalando sorrisi e predicando la necessità di "un piano concreto di lungo termine", per "uno shock positivo all'economia ed alla società", "investendo sulla coesione sociale".
Passera suadente annunciava: "Fra i 500 miliardi di Intesa per il credito, una cifra considerevole, un terzo del Pil, ci sono 60-70 miliardi di linee di credito affidate ma non utilizzate, soprattutto alle medie, piccole e piccolissime imprese". Un chiaro messaggio al
mondo della CdO. Un altro big presente al Meeting era Carlo Fratta Pasini, presidente del Banco Popolare, il colosso della finanza cattolica che negli anni del cattolicissimo Fazio a Bankitalia è stato un protagonista nell'ambito delle merger & acquisitions bancarie.
La presenza di Passera e Fratta Pasini delina bene i contorni di una finanza ciellina da tempo in movimento. A ben guardare, l'abbraccio tra Lega e Cl ha radici profonde nel progetto di una grande Banca Padana caldeggiato da Giampiero Fiorani nel tentativo di scalata alla Banca Antonveneta, poi fallito per l'esplodere delle inchieste giudiziarie sul banchiere. Ma in questa direzione si muoveva anche la banca della Lega, la Credieuronord (un buco da14miliardidilire),salvata proprio da Fioranicon l'assenso del governatore di Bankitalia An
Proprio le complicità segrete della sinistra rendono forte e pregnante l'intesa tra CL e Lega. Al meeting di Rimini 2009 gli invitati d'onore, oltre ai vertici della Lega, sono stati Luigi Bersani ed Enrico Letta, non Silvio Berlusconi, il cui mancato invito (il Cavaliere non è stato gradito nemmeno per un saluto) è apparso un segnale chiarissimo: la galassia di Comunione e Liberazione considera già archiviato Berlusconi. E guarda con interesse a chi, come la Lega,garantiscevantaggiosealleanzeanchesulpiano dei progetti imprenditoriali. Ma pure a chi, come certe componenti della sinistra, è pronto ad accordi operativi nelle aree di proprio dominio.
In questo caso, il terreno d'intesa è quello delle cooperative (una grande realtà, che vale il 7% del Pil nazionale) in cui Cl e Cdo hanno avviato accordi che prefigurano un "super inciucio" degli affari. Il presidente di Coop Italia - che raggruppa 10.000 imprese agricole - Vincenzo Tassinari, non ha esitazione ad ammettere, da noi intervistato per Il Fatto al Meeting di Cl: "Sono 15 anni che siamo presenti al Meeting di Cl e riconosciamo che la Compagnia delle Opere ha gli stessi valori predicati e praticati da noi. La Cdo ha un grande patrimonio di valori: lavoreremo insieme per altri 30 anni".
Ai vertici delle cooperative rosse evidentemente non disturba il fatto che nel
Né il fatto che nel
GLI AFFARI TRASVERSALI CON LA POLITICA
Proprio l'inchiesta Why Not ha mostrato quanto forti siano le trasversalità di Cl e Compagnia delle Opere. Alleanze così estese da riflettersi nel cosiddetto "Intergruppo Parlamentare per la Sussidiarietà", nato nel 2003 come tavolo di discussione bipartisan sulla sussidiarietà, la parolina che è il grande "cavallo di Troia" con il quale si fa a pezzi il pubblico per favorire il business dei privati. Il promotore, l'onorevole Maurizio Lupi del Pdl, è vicepresidente della Camera ed un politico in forte ascesa. Insieme a lui, nell'Intergruppo, gli azzurri Luigi Casero, Angelino Alfano, Gianfranco Blasi; per l'Udc la senatrice Maria Grazia Sestini e Luca Volontà; per la sinistra il diessino Pierluigi Bersani, Enrico Letta ed Ermete Realacci della Margherita. Tutti insieme appassionatamente per battaglie come la legge 80, inserita nel decreto sulla competitività, nota come la "Più dai, meno versi" e l'introduzione del 5 per mille nella Finanziaria 2006, ma anche per l'approvazione della legge delega in materia dell'impresa sociale.
Ma la vera novità, oggi, è senza dubbio quell'intesa organica di Cl con la Lega che ha spinto Bossi a recarsi in Vaticano e a dichiarare "Siamo noi il vero interlocutore della Chiesa", così come a utilizzare la battaglia del Giornale contro Dino Boffo per piazzare alla guida del quotidiano dei vescovi,Avvenire, un direttore (il nome che più circola è quello del ciellino doc Roberto Fontolan) gradito alla grande lobby di Comunione e Liberazione. Sul territorio, intanto,fioriscono poi realtà, come Padania Cristiana, che costituiscono il trait d'union naturale tra il leghismo militante e integralismo cattolico.
Si prepara così,a poco a poco, un blocco moderato, cattolico e affaristico, pronto a gestire con efficacia e preparazione il tramonto dell'Unto del Signore.
http://www.cdbchieri.it/rassegna_stampa_2009/cl_e_lega.htm