venerdì 22 luglio 2011

Un piano Marshall da 109 miliardi per salvare la Grecia.

I 17 leader dell'eurozona, riuniti a Bruxelles, discutono un intervento eccezionale per risollevare il paese in crisi. La Finlandia: "Atene dia in garanzia il Partenone". Berlusconi si presenta in ritardo.


Un “piano Marshall europeo”. E’ quello che progettano i leader dell’Eurozona riuniti a Bruxelles. Un intervento massiccio che dovrebbe aggirarsi attorno ai 109 miliardi di euro per risollevare il paese dalla grave crisi in cui è precipato. Serve “una strategia globale per la crescita e gli investimenti”, si legge nella bozza dell’accordo fra i 17 su un nuovo pacchetto di aiuti per Atene. Al vertice era presente anche il premier italiano Silvio Berlusconi. Proprio il premier alla fine del vertice ha commentato il risultato con ottimismo: “Oggi è stata fatta chiarezza sull’impegno dell’Unione europea a non fare fallire nessuno dei suoi stati membri e a garantire l’integrità dell’eurozona”. Il totale dei finanziamenti – ha spiegato Berlusconi – è di 160 miliardi di euro: “Il totale è di 109 dal Fondo Europeo”, a cui si devono aggiungere altri “37 miliardi” dati su base volontaria dagli “istituti privati”. A questa cifra, ha aggiunto, si devono sommare altri stanziamenti vari per un totale “di 160 miliardi”. Un percorso che lo stesso primo ministro greco Papandreou ha definito “sostenibile” per il paese.

In ogni caso resta il riferimento al gigantesco intervento di aiuti americani all’Europa distrutta dalla seconda guerra mondiale per dare l’idea della serietà della situazione: “La Grecia è un caso unico nella sua gravità”, dice ancora la bozza, “per questo richiede una soluzione eccezionale”. Gli stati membri e la Commissione europea, prosegue il documento, “mobiliteranno tutte le risorse necessarie al fine di fornire assistenza tecnica eccezionale per aiutare la Grecia a mettere in atto le riforme”.

Da registrare l’inedita proposta della Finlandia che, a quanto riferiscono fonti diplomatiche, avrebbe chiesto ai greci di offrire in garanzia beni paseggistici e ambientali come l’Acropoli, Partenone compreso, e addirittura qualche isola dell’Egeo. Secondo il governo di Helsinki, lo Stato greco possiede beni per 300 miliardi di euro, sufficienti a garantire i prestiti. Il nuovo governo di Helsinki, di centrodestra e d’impronta euroscettica, aveva annunciato una stretta alla solidarietà comunitaria.

Inoltre, il neodirettore generale del Fondo monetario internazionale, Christine Lagarde, incontrerà il ministro delle finanze greco Evangelos Venizelos il 25 luglio. Ed è stato il governo di Atene chiederlo, anche se un portavoce del Fmi ha escluso che il paese si appresti a chiedere nuovi aiuti.

Intanto la Borsa di Milano ha chiuso in forte rialzo, tra le migliori in Europa, con il Ftse Mib tornato stabilmente sopra i 19 mila punti, in rialzo del 3,76% a 19.490. Dopo un avvio debole, le quotazioni hanno puntato al rialzo proprio in seguito alle notizie provenienti da Bruxelles sui previsti aiuti alla Grecia.



giovedì 21 luglio 2011

Don Gallo - Piazza Alimonda - 20 luglio 2011



Messaggio di don Andrea Gallo da Piazza Alimonda nel decennale della uccisione di Carlo Giuliani durante gli scontri del G8 di Genova. La numerosa folla accoglie con calore il prete genovese di 83 anni che dal 2001 ogni anni si è sempre trovato presente in Piazza alimonda il 20 luglio.

Profilo greco.


La Camera adotta le prime misure di austerità. Inizia a mettere i deputati a pane e acqua.

Il voto per l’autorizzazione all’arresto di Papa si è concluso con 319 sì e 293 “potrei esserci io al suo posto”.

Alfonso Papa ha lasciato l’aula tra gli abbracci dei colleghi. Aveva tutta l’aria di un arrivederci a presto.

Fermare l’escalation di arresti”, ha dichiarato Berlusconi dalla cima.

Berlusconi: “Non voterò mai per mettere le manette a qualcuno”. Quelli sono gli infami.

Papa: “Ho detto ai miei figli che forse non tornerò a casa”. Lo so, mi è arrivato l’invito alla festa.

Varata la Finanziaria. Ma il Tavernello non si è infranto.

Dopo l’approvazione, il decreto è stato inviato al Quirinale. Testo greco a fronte.

La manovra colpirà soprattutto le famiglie con figli a carico. Sono più lente nella fuga.

Il testo prevede tagli per gli asili. È ora che anche quei piccoli stronzetti contribuiscano al risanamento del paese.

(Colpite famiglie, istruzione e scuole materne. L’unico modo per sfamare i vostri figli sarà ridurli in stato vegetativo)

“È come sul Titanic” ha detto Tremonti spronando l’orchestrina.

Tremonti: “Siamo come il Titanic”. A parte gli incassi.

G8 di Genova, si celebra il decimo anniversario. Le bottiglie le porta la polizia.

(Sono passati già dieci anni dalle violenze del G8. Sembra oggi)

La cosa più incredibile di quei giorni è che Scajola verrà ricordato per altro.

All’aeroporto di Genova furono installate batterie di missili terra-aria. Ma i gabbiani non attaccarono.

Molti criticarono la creazione di una zona rossa. Tranne l’Avis.

Durante gli scontri, un carabiniere sparò e uccise il giovane Carlo Giuliani. I colleghi intervennero prontamente roteando l’indice.

Gli agenti sostennero di aver fatto solo il loro dovere. In effetti il cartellino dell’estintore diceva: “Ogni abuso sarà severamente punito”.

Una camionetta passò avanti e indietro sul Carlo Giuliani, ancora vivo. Un elegante omaggio a Pasolini.

Oggi Carlo Giuliani avrebbe 33 anni. Ma non un lavoro.

Nella notte la polizia fece irruzione nella scuola Diaz dove dormivano alcuni manifestanti. Per prendere i loro dentini.

Gli abusi degli agenti non passarono sotto silenzio. Le indagini condotte dalla magistratura hanno portato a pesanti promozioni.

A Bolzaneto fu sperimentata la tortura. Poi il centrodestra è stato costretto a tagliare i fondi per la ricerca.

Un’altra immagine emblematica del G8: il vicequestore Perugini che tira un calcio in faccia a un quindicenne mentre i colleghi cercano di fermarlo. Era di seconda.

Per molti, Genova resta ancora una ferita aperta. I poliziotti lavorarono bene.

http://www.spinoza.it/2011/07/21/profilo-greco/


San Raffaele, i sospetti sui conti per i politici. - di Mario Gerevini e Simona Ravizza

Don Luigi Verzè (Fotogramma)

L'affare dell'aereo e gli 11 milioni in Nuova Zelanda.

MILANO - Undici milioni di euro inghiottiti nel buco di una società dall'altra parte del mondo. «Assion nz», scrive su un foglio un dirigente del San Raffaele. L'argomento è: le operazioni sospette di don Luigi Verzé, il fondatore dell'ospedale milanese, e Mario Cal, il vice suicida. È inutile girarci intorno: occorre dare un volto alle voci. A quelle che dicono quanto il San Raffaele sia stato generoso con il mondo politico, in modo tutt'altro che disinteressato. Tangenti, per capirci. E anche a quelle che raccontano di una contabilità parallela e di una diffusa prassi a gonfiare le fatture dei fornitori per creare una disponibilità extra. Il «nero», per essere chiari. Un mare di soldi che in trent'anni avrebbe alimentato conti esteri ben coperti, in parte per uso «istituzionale», in parte personale. In sostanza il tesoretto fuori confine di cui Cal e don Verzé avevano la combinazione e la disponibilità.
Illazioni? Cattiverie? Forse. E certo non aiuta a chiarire i dubbi la riservatezza maniacale con cui i bilanci della Fondazione vengono tenuti sotto chiave. Ma le voci adesso hanno le facce di «raffaelliani» vicini a Cal e a don Verzé. Escono timidamente allo scoperto e quelle operazioni dicono di conoscerle. Hanno paura e non fanno finta. Ovviamente chiedono di non essere identificati.

Operazione Auckland
Una delle nostri fonti insiste su «Assion nz», cerchia il nome sul foglio: «Vada a vedere quell'operazione». Il suicidio di Cal ha smosso l'omertà che circondava il San Raffaele. Si coglie un senso di ribellione verso la cappa di potere esercitata dal prete-manager.
«Sì, Assion, l'aereo - picchia l'indice sul foglio un altro ex fedelissimo -; in Nuova Zelanda con quella transazione è stata creata disponibilità per un uomo politico lombardo molto importante». Una mazzetta, insomma. Prove? Nessuna. Però in effetti le anomalie dell'affare sono molte.
L'operazione parte nel 2007. A farla è la Airviaggi controllata indirettamente dalla Fondazione Monte Tabor (al vertice del gruppo). «La controllante - si legge in un documento - ci ha finanziato l'acquisto dell'intero capitale di una società di aeronautica (Assion Aircraft & Yachting Chartering Service ltd di Auckland-New Zeland) titolare di un contratto di acquisto di un aeroplano Challenger CL604 in locazione finanziaria...». Da Milano a Auckland spediscono 8,5 milioni che aumentano inspiegabilmente a 12 milioni l'anno successivo. Però nel 2009 improvvisamente si scopre un buco da 11 milioni che la Fondazione deve coprire inviando altri soldi. Per la cronaca uno dei due amministratori della Assion è tale Reinhard Kurz delle Seychelles. Cioè un signore delle Seychelles amministra una finanziaria neozelandese utilizzata da una società italiana per acquistare un jet che va e viene da Milano.
Ultimo passaggio: Assion Aircraft viene chiusa il 28 aprile scorso. Non è un'operazione normale ma da qui a sostenere che è stata pagata una mazzetta ce ne passa.

Cassaforte a Vaduz?
E il tesoretto estero? Il deputato del Pdl Enrico Pianetta, secondo una delle fonti interne, avrebbe favorito in passato il flusso di fondi dall'Italia verso l'estero (soprattutto Brasile dove il San Raffaele ha molte attività). Ma prima di arrivare a destinazione quel patrimonio avrebbe fatto «sosta» in Svizzera, per poi ripartire più leggero. Illazioni anche queste? Forse. L'anno scorso parlò di cose simili ai pm di Palermo, sebbene in termini piuttosto confusi e generici, la pentita di un traffico di droga, Perla Genovesi, già assistente parlamentare di Pianetta quand'era senatore. Raccontava di finanziamenti a suo dire poco trasparenti procurati al San Raffaele dall'onorevole tramite la Commissione del Senato sui Diritti umani, da lui presieduta tra il 2001 e il 2006.
All'arcipelago estero apparterrebbero oggi fondazioni con funzione di casseforti occulte. Si fa il nome della Joseph Foundation di Vaduz in Liechtenstein che avrebbe in portafoglio, tra l'altro, proprietà e terreni a Gerusalemme.

http://www.corriere.it/cronache/11_luglio_21/san-raffaele-i-sospetti-sui%20conti-per-i-politici_8e74321a-b366-11e0-a9a1-2447d845620b.shtml


L'ex assessore pdl Prosperini arrestato di nuovo per tangenti.


Era responsabile regionale del Turismo e dello sport. Finito in carcere nel 2009, aveva patteggiato una condanna a tre anni e cinque mesi. Indagati due dirigenti del Pirellone.


L'ex assessore regionale al Turismo e allo sport Piergianni Prosperini (Pdl, già Lega e An) è finito agli arresti domiciliari con le accuse di corruzione e false fatturazioni in relazione a tangenti ricevute per favorire un imprenditore in una gara d'appalto per la promozione di eventi in Valtellina. L'inchiesta è condotta dalla Procura di Milano. Con lui è finito ai domiciliari anche Luca Spagnolatti, ex assessore a Sondrio e già agli arresti domiciliari nell'ambito di un'altra inchiesta della Procura di Sondrio. Gli inquirenti avrebbero trovato prova di una tangente da 10mila euro legata alla promozione di alcuni eventi in Valtellina. Prosperini ha dimostrato una elevata capacità a delinquere e ha continuato a commettere reati anche quando sapeva già di essere indagato, si legge nell'ordinanza.


Il traffico di armi. Prosperini avrebbe anche cercato di vendere in Eritrea materiali di armamento: in particolare visori notturni per fucili di precisione. E' quanto emerge dall'ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Andrea Ghinetti, che non ha accolto la richiesta di arresto avanzata dai pm Alfredo Robledo e Paolo Storari per il reato di traffico di materiale d'armamento. Secondo il gip non c'è la prova che i visori per i fucili siano arrivati effettivamente in Eritrea, ma soltanto che l'ex assessore abbia provato a trafficare in questi materiali. Dunque per Prosperini, che aveva un ruolo di fiduciario nei confronti del governo eritreo, resta aperto un procedimento penale a piede libero per queste ipotesi di reato. Il reato di false fatturazioni, invece, per il quale l'ex assessore è finito agli arresti, riguarda l'intermediazione nella compravendita di armamenti e pescherecci sempre nei confronti dell'Eritrea. Secondo l'accusa, l'ex assessore avrebbe messo in piedi un giro di false fatture, attraverso società cartiere, per farsi pagare in nero il suo ruolo di mediazione negli acquisti, evadendo così anche le tasse.

L'arresto nel 2009.
L'ex assessore era finito in carcere nel 2009 e aveva patteggiato una condanna a tre anni e cinque mesi per altre vicende di tangenti. Stando alla ricostruzione dell'accusa, Prosperini, quando era assessore al Turismo avrebbe incassato dei soldi per favorire eventi di promozione turistica nell'ambito della Bit (Borsa internazionale del turismo). L'arresto è stato disposto dal gip Andrea Ghinetti. Prosperini aveva patteggiato in passato per altre accuse la condanna a tre anni e cinque mesi di carcere.

L'orologio alla funzionaria del Pirellone. Nell'inchiesta del procuratore aggiunto Alfredo Robledo e del pm Paolo Storari sono indagati anche un attuale dirigente e un attuale funzionario dell'assessorato regionale lombardo al Turismo. In particolare è indagato per truffa aggravata il dirigente Roberto Lambicchi, a cui vengono contestati alcuni episodi di truffa del 2009 per i quali Prosperini era già stato arrestato. Il funzionario Isabella Molina, invece, è indagata per corruzione perché avrebbe ricevuto un orologio di lusso come ringraziamento per aver affidato a una società la realizzazione di alcune brochure per una manifestazione turistica. Anche in questo caso i pm avevano chiesto l'arresto, ma il gip interrogherà la funzionaria per valutare un'eventuale misura interdittiva.

Quando fu arrestato in diretta tv Prosperini legionario, ma la foto è taroccata Crociato e supereroe nei calendari.


Lo strappo finale. - di MASSIMO GIANNINI



CHIUSO nella trincea di Palazzo Grazioli, ormai trasformata in Palazzo d'Inverno, il premier incassa la sconfitta più amara. In tre anni di sfascismo politico e processuale, la Lega non lo aveva mai lasciato solo sul fronte della giustizia. Aveva coperto ogni sua legge-vergogna, ogni sua intemperanza verbale e costituzionale. Ma con il voto su Papa, il Carroccio consuma lo strappo finale. Il Cavaliere rimane davvero solo. Il moribondo governo Berlusconi-Bossi non esiste più. Resiste solo l'inverecondo sub-governo Berlusconi-Scilipoti.

Il primo dato politico forte, che emerge dal doppio voto segreto dei due rami del Parlamento, è esattamente questo. Il Cavaliere esce a pezzi dall'ordalia di Montecitorio, dove le camicie verdi del Senatur, dopo un penoso tira e molla durato una settimana, sparano "fuoco amico" contro l'avvocato pidiellino sotto accusa nell'inchiesta sulla P4.

Sono voti pesantissimi. Contraddicono clamorosamente gli appelli lanciati a più riprese dal premier e dalla sua claque. Svelano palesemente l'ormai insostenibile cortocircuito nel quale si avvita la strategia della Lega. La fedeltà personale di Bossi nei confronti di Berlusconi non può più coesistere con l'irriducibilità politica di una base che invoca ad alta voce mani libere. Al Grande Capo della tribù padana, stanco e debilitato, non basta più il carisma sacrale e autocratico per spiegare le ragioni di un'alleanza asimmetrica, dalla quale il Carroccio incassa ormai molti più perdite che profitti.

Esiste un "fattore monetine". La Lega, e l'intera opposizione, ha fiutato il clima che si respira nel Paese, attraversato da una vena antipolitica che (come avvenne ai tempi di Craxi davanti al Raphael) non avrebbe perdonato alla "Casta" l'ennesima guarentigia. In un'Italia bastonata dalla manovra di Tremonti e indignata per i privilegi della nomenklatura che quella stessa manovra ha risparmiato, il no all'arresto di Papa sarebbe stato intollerabile. O per lo meno lo sarebbe stato per i leghisti, che ai tempi di Tangentopoli, fomentati dagli elettori secessionisti delle valli alpine, agitavano i cappi nell'aula di Montecitorio.

La Lega è dunque tornata alle origini. Ma la frattura con il Pdl su Papa è in realtà solo un'altra tappa, in un'escalation di autonomizzazione che ormai abbraccia l'intero spettro dell'azione di governo: dai rifiuti di Napoli alle missioni all'estero.

L'unico a non aver compreso la fase, e a ostinarsi a riscrivere la storia a suo abuso e consumo, è il presidente del Consiglio. Urla alla luna, gridando il suo sdegno contro il giacobinismo delle toghe e contro "l'inaccettabile deriva delle manette" dalle quali la politica si deve difendere.

La sua ossessione lo tormenta. Lo costringe alle solite nefandezze, come il rilancio dell'inaccettabile legge-bavaglio sulle intercettazioni. Lo induce alle solite menzogne. In un Paese squassato dagli scandali (che vanno dalla Struttura delta alla P4, dalla collusione con la mafia alla corruzione della Guardia di Finanza) il problema non è l'azione penale della magistratura, ma il malaffare della politica. Stigmatizzare la prima, senza vedere il secondo, è un'operazione di pura disonestà intellettuale.

Esiste una "questione morale". La si può chiamare anche in un altro modo, per non scomodare una "formula" impegnativa come quella che coniò a suo tempo Enrico Berlinguer. Ma non la si può nascondere. Lacera il centrodestra, e investe anche il centrosinistra, come dimostrano le inchieste su Pronzato, su Morichini, ora anche su Penati.

Per questo ciò che è accaduto al Senato, con il voto segreto parallelo sulla richiesta d'arresto di Alberto Tedesco, deve far riflettere. Se è vero che a votare no, nel segreto dello scranno, è stata anche una parte dei senatori del Pd (in dissenso con la linea del partito concordata sia a Palazzo Madama sia a Montecitorio) allora c'è davvero poco da esultare. Il Partito democratico deve far chiarezza al suo interno. In tutti i sensi. La trasparenza dei comportamenti, sia in Parlamento che fuori, è materia non negoziabile. E comunque non trattabile con le furbizie o le geometrie variabili tra un ramo e l'altro delle due Camere.

In una prospettiva post-berlusconiana, proprio il tema delle geometrie variabili fa emergere il secondo dato politico forte, dello show-down di ieri a Montecitorio. I voti delle opposizioni, sommati a quelli in libera uscita della Lega, hanno prodotto un risultato numerico significativo: 319. Più o meno la stessa "quota" con la quale il Cavaliere governa dal 14 dicembre dell'anno scorso, cioè da quando Fini ruppe il patto e Futuro e Libertà cambiò schieramento.

È nata un'altra maggioranza? Siamo ai primi vagiti di quell'"alleanza costituzionale" che, mettendo insieme Pd, Terzo Polo e Lega, potrebbe sostenere un governo di emergenza nazionale? È difficile capire se, oltre all'ipotesi aritmetica appena dimostrata, possa reggere alla prova anche l'ipotesi politica. Ed è altrettanto difficile capire oggi quale scenario sia migliore per il prossimo autunno, tra un governo di salute pubblica e le elezioni anticipate. L'unica cosa che non può reggere, con assoluta certezza, è il governo Berlusconi-Scilipoti. L'Italia, nel mirino della speculazione internazionale, non se lo può più permettere.



Un pomeriggio appesi alla radiolina poi esplode l'urlo: "Papa in galera". - di Francesca Paci.

Studenti e pensionati in piazza davanti alla Camera: «Stavolta le monetine non sono servite».

Non erano tantissimi gli "indignados" italiani che aspettavano il verdetto su Papa al di là delle transenne di piazza Montecitorio. Una trentina di persone al massimo, ma determinate a far sentire la propria rabbia come quelle che il 30 aprile 1993 si radunarono davanti all'hotel Raphael di Roma per contestare Bettino Craxi lanciandogli addosso simboliche monetine. Un testimone ideale che i cittadini esasperati di oggi raccolgono da quelli di ieri.

Alle 18,20 la radiolina intorno a cui sono tutti in ascolto annuncia che il voto sarà segreto. «Ci hanno fregato, adesso si aggiusteranno come vogliono» commenta sconsolata l'insegnate elementare Carla. Troppo presto però: dopo neppure un quarto d'ora l'urlo liberatorio di Daniele rivela che per il deputato del Pdl si sono aperte le porte della prigione.

«Ladro, ladro, in-ga-le-ra...» ripete Daniele Catanzaro, 24 anni, studente di giurisprudenza. E' venuto apposta: «Finalmente la Camera sbatte dietro le sbarre qualcuno. La gente è stufa, non è possibile che se io commetto un reato vengo arrestato e i politici no. Papa si difenderà e se è innocente sarò felice per lui ma oggi va bene così. Là dentro hanno capito che rischiano grosso, altro che lancio delle monetine...». Esce Landolfi ma si tiene lontano dalle transenne. Daniele aziona la sirena della polizia che ha portato per suonare la riscossa della giustizia: «Sono un elettore di centrosinistra ma sono furioso con tutta la classe politica. Da due anni poi non ci vedo più dalla rabbia. Sono disposto a votare chiunque in modo trasversale purchè sia una persona pulita. Ormai la pensiamo tutti così, mio fratello che non sa neppure se l'Italia sia una repubblica presidenziale mi ha detto stamattina di essere stufo. Tangentopoli non è servita a niente, prima si rubava per il partito e oggi invece si ruba per se stessi». Tangentopoli, già. Il pensionato Roberto Piperno, 65 anni, ex responsabile dell'etica aziendale in una grande società americana, c'era. «Lo spirito è quello del '92, dobbiamo ripartire da lì, il livello etico è troppo scaduto» afferma brandendo un cartello con scritto «Parolisi sì e Papa no? Non esasperateci». Roberto non è un esagitato, parla pacatamente e non si scalda: «I miei nipoti fanno di tutta l'erba un fascio, io no. Non sono tutti ladri ma ce ne sono diversi ed è ora di veder trionfare la giustizia. Non è bello vedere qualcuno arrestato ma se deve valere la presunzione di innocenza allora deve valere per tutti. Ho visto Murdoch interrogato a Londra e qui niente, i nostri politici si offendono anche se gli chiedi conto di ciò che fanno». E' ottimista però, e non solo per l'arresto di Papa: «Da tempo partecipo alle manifistezioni civili, prima eravamo solo pensionati ma ora ci sono molti giovani».

Il pensionato Piperno effettivamente è in minoranza. C'è Paolo Leccese, 26 anni, studente di filosofia, impiegato presso un centro per disabili e e coordinatore per Roma dei giovani dell'Idv: «Peccato che Tedesco si sia salvato. Dopo Tangentopoli le cose sono peggiorate, nel '92 si stimava che la corruzione ammontasse al corrispettivo 90 miliardi di euro oggi siamo passati a 900 miliardi di euro. All'epoca la malattia fu curata male e ce la ritroviamo rafforzata». C'è Giuseppe Bonprisco, 23 anni, studente di medicina: «Qualcosa sta cambiando, il vento è girato. Il cittadino informato non può essere truffato». C'è l'informatico ventisettenne Alberto che saluta gli altri dando loro appuntamento al prossimo arresto e c'è Danilo Bartolucci, 38 anni, disoccupato: «Lavoravo ai servizi per il verde pubblico, faccio parte di una categoria protetta perchè da piccolo ero sempre malato, mi hanno liquidato lo scorso ottobre con 452 euro di liquidazione e ora sono tornato a vivere dai miei genitori. Se penso che i parrucchieri di Montecitorio sembra guadagnino 133 mila euro l'anno...»

Addossato alle transenne c'è il tendone del «Presidio Sciopero della Fame a Oltranza». I cartelli appesi qua e là recitano: «Il nostro debito siete voi», «Voi siete i nostri dipendenti», «Riduzione dello stipendio ai parlamentarie amministratori pubblici del 50%, risparmio annuo di 12 miliardi». Gaetano Ferrieri, veneziano, consulente immobiliare, è qui dal 4 giugno. Beve succhi di frutta, integratori, prende proteine solubili, ha perso dieci chili: «In virtù dell'articolo 50 abbiamo presentato 3 petizioni molto tecniche alla Camera: per chiedere l'abbattimento dei costi della politica risparmiando 37 miliardi di euro, per modificare la legge elettorale con un comitato di cittadini che aiuti a scrivere le riforme risparmiando 17 miliardi di euro e perchè la camera si dimetta giacchè i deputati non sono scelti dal popolo ma dai politici». Una sessantina di persone lo sostengono dandogli il cambio a rotazione ma sulla pagina Facebook www.presidiomontecitorio.it ci sono già 450 mila visualizzazioni e 10 mila adesioni. L'obiettivo è una megamobilitazione: «L'idea è quella di Ghandi. Siamo stati ricevuti dal capo gabinetto di FIni che ci ha detto di portare in piazza 3 milioni di persone per ottenere ciò che vogliamo. Abbiamo convocato un sit in per il 23, 24 e 25 luglio qui davanti se ce ne fossero molte migliaia sarebbe già un successo». Gaetano è stato intervistato dalla Cnn e dalle tv di mezzo mondo ma non è riuscito a parlare con i suoi rappresentanti politici: «Non si ferma nessuno e non solo del governo. Di Pietro è passato tante volte, Prodi e la Bindi ridono dicendo che moriremo di fame, Barbato si è fatto una foto qui ma non ci ha parlato». In compenso è venuto a salutare il presidio Patrick Joseph Kennedy, potenza della globalizzazione comunicativa. Il web intanto rilancia la buona novella della giornata.