Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
sabato 24 settembre 2011
Berlusconi in viaggio ufficiale a Panama: ad accompagnarlo Lavitola e due ragazze. - di Ferruccio Sansa
Visita di Stato di Silvio Berlusconi, primo ministro italiano e di Valter Lavitola, oggi latitante. Amaro destino: ora Lavitola in Italia troverebbe un cellulare della polizia che l’attende. Un anno fa viaggiava con tutti gli onori sull’Airbus della Presidenza del Consiglio. Ogni dettaglio è immortalato nei video ufficiali del governo panamense del 29 e 30 giugno 2010. Accanto a loro due dame: una bruna misteriosa e una bionda che somiglia tanto a Federica Gagliardi, collaboratrice di Renata Polverini, già avvistata sul volo presidenziale in Canada di due giorni prima.
Le immagini: il tricolore e la bandiera di Panama garriscono nel vento. I notabili della Repubblica centroamericana attendono all’aeroporto con signore. Sono tutti eleganti ed emozionati, non era mai successo che un primo ministro italiano visitasse Panama. Così i vip stringono bandierine, i soldati indossano l’alta uniforme, i bambini in costume offrono doni. C’è addirittura chi espone uno striscione: “Benvenuto presidente Berlusconi”. L’aereo della Presidenza del Consiglio atterra. Lo sportello si apre ed ecco che scende Berlusconi. Subito dopo si affaccia il resto della delegazione italiana che ha viaggiato a spese dello Stato sull’Airbus presidenziale: accanto a Berlusconi… sembra proprio lui, anzi è lui, Valter Lavitola. L’unico senza cravatta. Si guarda intorno come uno che è di casa da quelle parti.
Il Cavaliere e Lavitola sono accolti dalla banda che suona l’inno. Berlusconi stringe mani, Lavitola si scambia pacche sulle spalle con i notabili panamensi. Nell’aria centinaia di palloncini bianchi, rossi e verdi: “Che meraviglia”, sorride il premier. Il rapporto tra Italia e Panama è stretto come non mai. Appena un mese prima era passato anche il responsabile della Farnesina: “È la prima volta per un ministro degli Esteri italiano in 106 anni”, aveva spiegato Franco Frattini sistemandosi i capelli e annunciando accordi anche in materia culturale e universitaria. Ma a che cosa era dovuta la visita tanto attesa nel paese del canale? Una spiegazione l’aveva data nel dicembre 2009 lo stesso Cavaliere durante la conferenza che aveva richiamato in Italia il presidente panamenseRicardo Martinelli: “Devo preparare le valigie per spostarmi a Panama. Mi mancheranno Repubblica, l’Unità, Annozero e i pm. Però cercherò di sopravvivere. Caro Ricardo, preparami un’accoglienza degna. Poi in privato ti prego di provvedere ad altre attrattive che mi stanno molto a cuore”.
I presenti l’avevano presa come una battuta. È un altro video ufficiale di Panama, del 30 giugno 2010, a raccontare le altre ragioni della visita: “Panama e l’Italia sottoscrivono un accordo in materia di lotta all’evasione fiscale e di sicurezza”. Panama non è il principale paradiso fiscale utilizzato dagli italiani, ma a Berlusconi e Lavitola sta particolarmente a cuore. Ed ecco la firma. Le due delegazioni applaudono: dalla parte italiana si intravvedono ufficiali delle forze dell’ordine, poi l’immancabile Lavitola (stavolta con cravatta), vicino a Paolo Bonaiuti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Quindi le due dame, bruna e bionda. Il trattato, senza che nessuno ci facesse troppo caso, è diventato operativo in due tranche, a febbraio e agosto di quest’anno, inserito nel decreto per il finanziamento delle missioni militari all’estero.
Quello che il video panamense non dice è il retroscena dell’accordo (descritto da Il Fatto l’8 settembre scorso): l’Italia passa a Panama sei navi della Guardia Costiera. Un dono che può essere stimato in 35-40 milioni. Un “allegato” per un contratto Finmeccanica.
Sorridono tutti, e ne hanno ben donde: Lavitola perché grazie a quella firma incassa una provvigione che potrebbe arrivare a 8 milioni di euro; Finmeccanica che ha intascato un contratto da 165 milioni per il pattugliamento elettronico delle coste contro i narcotrafficanti (interessate Selex, Agusta e Telespazio). E sorride, ovviamente, Martinelli perché si porta a casa sei imbarcazioni di prim’ordine: due pattugliatori di 52 metri (nuovi valgono 35 milioni l’uno, usati più di 10). Più quattro motovedette da 25 metri, del tipo utilizzato per affrontare l’emergenza immigrati a Lampedusa. L’Italia quindi in prima fila per il pattugliamento delle coste. Di Panama. Forse a questo affare si riferisce un’intercettazione contenuta nelle carte dell’inchiesta di Napoli. Al telefono Lavitola e Alessandro Picchio, consigliere militare di Berlusconi: “Sto aspettando di vedere la bozza (del decreto, ndr) che ancora non è stata pubblicata… Comunque lei non mi può far sapere se per caso sorgono problemi nel prossimo preconsiglio?”, chiede Lavitola. “Se uno insiste troppo si crea l’effetto contrario”, ribatte Picchio che, comunque, non manca di garantire il proprio interessamento.
Intanto Lavitola si è rifugiato proprio laggiù. E lancia messaggi sibillini a Niccolò Ghedini, avvocato del premier e suo nemico dichiarato: Ghedini “dal rapporto con Berlusconi ha ottenuto fama, potere e laute parcelle. Io un mare di guai”. E le minacce di prendere a bastonate Ghedini? “È vero che Ghedini e Letta si opposero alla mia candidatura alle elezioni. Avendola ritenuta una vigliaccata ero “infuriato”. Sarebbe, però, interessante se spiegassero perché Berlusconi sosteneva la mia candidatura e loro posero il veto”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/09/24/mi-manda-valterino/159685/
Romano avverte il centrodestra.
«Sono il leader di un partito di governo, se sarò sfiduciato cambia la maggioranza»
Romano dunque non si dimette. E rilancia. Parla delle missioni che lo attendono tra la Cina e l'India e rivendica i risultati del suo primo semestre. Sulla sua testa pende come una spada la mozione di sfiducia ad personam eppure lui si dice «ottimista». La possibilità che la Camera voti le dimissioni non è «un evento nel novero delle cose possibili». L'ex centrista che un anno fa tagliò i ponti con Casini per entrare in maggioranza alla guida del Pid, quattro preziosi voti, è imputato per concorso in associazione mafiosa e rischia di essere rinviato a processo. E così convoca i giornalisti e chiede di essere giudicato per le sue azioni politiche.
La sfiducia presentata dal Pd e appoggiata da terzo polo e Idv sarà messa ai voti il 28 settembre. Romano non ha paura, nella manica sente di avere tre assi. Il primo è Berlusconi, che gli ha rinnovato «stima e fiducia». Il secondo è Bossi, il quale non lo ama però lo ha rassicurato sulla lealtà della Lega per bocca di Marco Reguzzoni: «Bocceremo la sfiducia». E il terzo asso è il regolamento della Camera. Il «verdetto» infatti non avverrà a scrutinio segreto, bensì a voto palese e per appello nominale, come per la fiducia al governo. È questa la differenza sostanziale con Marco Milanese, che ha scampato l'arresto per sei voti. Nel caso di Romano i deputati dovranno metterci la faccia, il che neutralizza i franchi tiratori.
Eppure il tema di un passo indietro «di responsabilità» non è tabù. Nei giorni scorsi tra i deputati di Pdl, Lega e «responsabili» la questione rimbalzava in questi termini: se lasciasse il posto, il governo avrebbe un (grosso) problema in meno. Non solo. La sua poltrona fa gola a tanti, la Lega ci ha rinunciato malvolentieri e certo non disdegnerebbe di ricollocarci uno dei suoi. Romano lo sa e, come è nel suo stile, ci scherza su: «Posso escludere che un ministero così ambito non possa essere accarezzato nei sogni di qualche parlamentare? Sta nelle cose. Ma la sfiducia è una cosa che non si realizzerà». Perché non lascia? «Mai nessuno mi ha chiesto di dimettermi, ho ricevuto solo incoraggiamenti».
Il libro intervista La mafia addosso , in cui spiega che i sospetti sui rapporti con Cosa nostra sono per lui «come una maglietta fradicia di sudore», è fresco di stampa. E adesso Romano, nei panni dell'avvocato di se stesso, prova a rafforzare la sua posizione con una dettagliata «relazione programmatica» sull'attività dell'Agricoltura dal 23 marzo al 23 settembre. Da quando è diventato ministro col disappunto del Quirinale (era già indagato), si è dato da fare per la terra ai giovani e l'etichettatura dei prodotti alimentari, il contrasto alle frodi e la pesca marittima, gli ogm e il tabacco italiano, il vino e i fondi comunitari... E ora, a colpi di dati e tabelle, conta di suffragare la sua tesi di fondo: «La sfiducia è una vicenda paradossale. Devo rispondere non per fatti inerenti a una attività politica, ma alla mia qualità di persona. E parliamo di vicende che risalgono a otto anni fa e che non possono inficiare l'attività svolta». Tra i fedelissimi di Romano c'è chi guarda con sospetto a Forza del Sud, ma lui smentisce: «Con Micciché ho un ottimo rapporto». La partita si giocherà sulle assenze. Alcuni leghisti potrebbero lasciare vuoti i loro scranni e così qualche esponente del Pdl, che già dovrà scontare la mancanza di Alfonso Papa (in carcere) e di Pietro Franzoso, gravemente infortunato. L'opposizione non ha i numeri, ma in giorni di tensioni fortissime nulla è scontato. Antonio Buonfiglio, uscito da Fli per entrare nel gruppo misto, ammette: «Non ho deciso». E Mimmo Scilipoti, che milita nel gruppo dei «responsabili» fondato proprio da Romano, prende tempo: «Giudicherò secondo coscienza, dopo aver letto il libro e le carte giudiziarie».
Monica Guerzoni
I pm di Napoli davanti al Riesame “Berlusconi da vittima a imputato”
Il reato ipotizzato dalla procura è l'induzione a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria. Un illecito sanzionato dall’articolo 377 bis del codice penale
Il ruolo di Silvio Berlusconi nella vicenda Tarantini-Lavitola potrebbe cambiare e in maniera sostanziale: da vittima di un ricatto a istigatore di bugie riferite ai giudici. Al momento è solo uno scenario di una inchiesta che sta presentando profili giuridici ogni giorno più complessi, tanto che gli stessi addetti ai lavori – magistrati e avvocati – alle richieste incalzanti dei cronisti sul destino di questa indagine formulano solo una ridda di ipotesi senza però “scommettere” su nessuna in particolare, a cominciare dalla competenza territoriale.
Il nuovo colpo a sorpresa è costituito da un argomento, uno dei tanti affrontati nel corso dell’udienza davanti al Tribunale del Riesame durata oltre 4 ore, introdotto dai pm Francesco Curcio, Vincenzo Piscitelli e Henry John Woodcock: in sintesi i magistrati affidano ai giudici del Riesame il compito di valutare, oltre alla sussistenza del reato contestato nelle ordinanze cautelari a carico di Gianpaolo Tarantini e Valter Lavitola (estorsione ai danni del premier), anche un’ipotesi alternativa che si è fatta strada nel prosieguo delle indagini – ovvero dopo gli arresti – e alla luce degli atti acquisiti da Bari sulla vicenda delle escort, ovvero la prospettazione del reato di induzione a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria. Un illecito sanzionato dall’articolo 377 bis del codice penale.
Il riferimento esplicito dei pm è alle affermazioni fatte dall’imprenditore barese quando ai giudici di Bari ha raccontato che il presidente del Consiglio non era consapevole del fatto che le ragazze portate da Tarantini alle feste di Arcore e Palazzo Grazioli fossero escort, e alle dichiarazioni rese dallo stesso Gianpi nel carcere di Poggioreale, quando ha sostenuto che i versamenti di ingenti somme di denaro da parte del premier rappresentassero soltanto un atto di liberalità e non fossero dunque da mettere il relazione con i timori di una eventuale diffusione di notizie scandalose.
Se il Tribunale della Libertà aderisse a questa ipotesi, i giudici potrebbero pertanto invitare la procura a procedere nei confronti di Berlusconi per istigazione a mentire. Ma quale procura? Sì, perchè in questa aggrovigliata vicenda giudiziaria resta sempre in piedi la questione della competenza territoriale dopo che per due volte, l’ultima ieri, il gip Amelia Primavera, lo stesso magistrato che aveva disposto gli arresti, ha affermato la propria incompetenza ordinando la trasmissione degli atti alla procura di Roma.
E proprio oggi i magistrati della capitale hanno provveduto all’iscrizione di Tarantini e Lavitola nel registro degli indagati per il reato di estorsione. Ma i pm di Napoli durante l’udienza davanti al Tribunale del Riesame hanno ancora una volta rivendicato il proprio diritto a proseguire l’inchiesta, ritenendo l’attribuzione della competenza a Roma tutt’altro che pacifica, visto non è stato stabilito con certezza il primo (e probabilmente anche l’ultimo) episodio costituente reato. Nell’incertezza, affermano in sintesi, la competenza appartiene ancora a Napoli o, magari, a Bari o Lecce, dove si procede per la vicenda delle escort.
E resta sul tappeto la questione principale sulla quale è chiamato a pronunciarsi il Riesame: le istanze di annullamento o di attenuazione delle misure cautelari per Tarantini e Lavitola. I legali – gli avvocati Alessandro Diddi e Ivan Filippelli per l’imprenditore detenuto a Poggioreale, l’avvocato Gaetano Basile per il direttore dell’Avanti latitante a Panama, hanno ribadito oggi le proprie richieste e pare abbiano sottolineato anche la competenza dell’autorità giudiziaria romana. La decisione è attesa per lunedì prossimo. Azzeccare un pronostico appare impresa assai ardua.
Il nuovo colpo a sorpresa è costituito da un argomento, uno dei tanti affrontati nel corso dell’udienza davanti al Tribunale del Riesame durata oltre 4 ore, introdotto dai pm Francesco Curcio, Vincenzo Piscitelli e Henry John Woodcock: in sintesi i magistrati affidano ai giudici del Riesame il compito di valutare, oltre alla sussistenza del reato contestato nelle ordinanze cautelari a carico di Gianpaolo Tarantini e Valter Lavitola (estorsione ai danni del premier), anche un’ipotesi alternativa che si è fatta strada nel prosieguo delle indagini – ovvero dopo gli arresti – e alla luce degli atti acquisiti da Bari sulla vicenda delle escort, ovvero la prospettazione del reato di induzione a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria. Un illecito sanzionato dall’articolo 377 bis del codice penale.
Il riferimento esplicito dei pm è alle affermazioni fatte dall’imprenditore barese quando ai giudici di Bari ha raccontato che il presidente del Consiglio non era consapevole del fatto che le ragazze portate da Tarantini alle feste di Arcore e Palazzo Grazioli fossero escort, e alle dichiarazioni rese dallo stesso Gianpi nel carcere di Poggioreale, quando ha sostenuto che i versamenti di ingenti somme di denaro da parte del premier rappresentassero soltanto un atto di liberalità e non fossero dunque da mettere il relazione con i timori di una eventuale diffusione di notizie scandalose.
Se il Tribunale della Libertà aderisse a questa ipotesi, i giudici potrebbero pertanto invitare la procura a procedere nei confronti di Berlusconi per istigazione a mentire. Ma quale procura? Sì, perchè in questa aggrovigliata vicenda giudiziaria resta sempre in piedi la questione della competenza territoriale dopo che per due volte, l’ultima ieri, il gip Amelia Primavera, lo stesso magistrato che aveva disposto gli arresti, ha affermato la propria incompetenza ordinando la trasmissione degli atti alla procura di Roma.
E proprio oggi i magistrati della capitale hanno provveduto all’iscrizione di Tarantini e Lavitola nel registro degli indagati per il reato di estorsione. Ma i pm di Napoli durante l’udienza davanti al Tribunale del Riesame hanno ancora una volta rivendicato il proprio diritto a proseguire l’inchiesta, ritenendo l’attribuzione della competenza a Roma tutt’altro che pacifica, visto non è stato stabilito con certezza il primo (e probabilmente anche l’ultimo) episodio costituente reato. Nell’incertezza, affermano in sintesi, la competenza appartiene ancora a Napoli o, magari, a Bari o Lecce, dove si procede per la vicenda delle escort.
E resta sul tappeto la questione principale sulla quale è chiamato a pronunciarsi il Riesame: le istanze di annullamento o di attenuazione delle misure cautelari per Tarantini e Lavitola. I legali – gli avvocati Alessandro Diddi e Ivan Filippelli per l’imprenditore detenuto a Poggioreale, l’avvocato Gaetano Basile per il direttore dell’Avanti latitante a Panama, hanno ribadito oggi le proprie richieste e pare abbiano sottolineato anche la competenza dell’autorità giudiziaria romana. La decisione è attesa per lunedì prossimo. Azzeccare un pronostico appare impresa assai ardua.
venerdì 23 settembre 2011
Incontri istituzionali: Berlusconi due ore a colloquio con Sabina Began.
Il Cavaliere ci dimostra ogni giorno che ha a cu…ore l’interesse del paese
Mattinata di incontri, stamane a Palazzo Grazioli, per il premier Silvio Berlusconi. Il Cavaliere si è intrattenuto per circa un’ora e mezza con niente popò di meno che Sabina Began. La signora, indagata nell’inchiesta della procura di Bari per il caso Tarantini, ha fatto ingresso in taxi nella residenza romana del premier e ha lasciato il Palazzo dopo circa 90 minuti.
ANGELINO E’ IL DOVERE – A seguire (prima il piacere e poi il dovere), il premier ha ricevuto il segretario del Pdl Angelino Alfano, con il quale si è intrattenuto a pranzo. E con Vespa, subito dopo. Interpellato dai cronisti sui motivi della visita al Cavaliere, il giornalista ha esibito la custodia del laptop. “Sono qui per il libro”, ha chiarito riferendosi alla tradizionale uscita in libreria di Vespa, che quest’anno si intitolera’ “Questo amore”.http://www.giornalettismo.com/archives/151153/incontri-istituzionali-berlusconi-due-ore-a-colloquio-con-sabina-began/
La Procura di Napoli al Riesame: perseguire Berlusconi come imputato.
Nuova mossa dei pm campani:
"Pressioni del premier sui testi"
GUIDO RUOTOLO
NAPOLI
Nuova mossa della Procura di Napoli contro Berlusconi. I pm hanno presentato una richiesta al tribunale del Riesame per valutare se il presidente del Consiglio, alla luce dell'inchiesta sul caso Tarantini, non sia perseguibile come imputato. L'articolo richiamato dai magistrati è il 377 bis del codice penale: "Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria".
L'articolo testualmente dice: «Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, con violenza o minaccia, o con offerta o promessa di denaro o di altra utilità, induce a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci la persona chiamata a rendere davanti alla autorità giudiziaria dichiarazioni utilizzabili in un procedimento penale, quando questa ha facoltà di non rispondere, è punito con la reclusione da due a sei anni».
Nuova mossa della Procura di Napoli contro Berlusconi. I pm hanno presentato una richiesta al tribunale del Riesame per valutare se il presidente del Consiglio, alla luce dell'inchiesta sul caso Tarantini, non sia perseguibile come imputato. L'articolo richiamato dai magistrati è il 377 bis del codice penale: "Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria".
L'articolo testualmente dice: «Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, con violenza o minaccia, o con offerta o promessa di denaro o di altra utilità, induce a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci la persona chiamata a rendere davanti alla autorità giudiziaria dichiarazioni utilizzabili in un procedimento penale, quando questa ha facoltà di non rispondere, è punito con la reclusione da due a sei anni».
La lista di politici gay scatena polemiche e spacca la comunità omosessuale
Roma - «Una pagina da operetta: la strombazzatissima lista di politici gay omofobi è stata pubblicata con ben 20 minuti di anticipo, e contiene 10 nomi di politici, nessuna prova, nessuna evidenza della loro omofobia, nessun dossier, nessuna fonte verificata o verificabile, almeno per ora». Non usa mezzi termini Paolo Patanè, presidente nazionale Arcigay, in merito alla lista, pubblicata sul sito Listaouting, di nomi di esponenti politici che sarebbero omosessuali non dichiarati.
«Qui siamo oltre la valutazione dello strumento outing, da cui ci siamo da subito discostati in coerenza con la nostra cultura, la nostra tradizione ed i nostri principi, qui siamo di fronte ad un miserevole rigagnolo di pettegolezzi senza fondamento preciso che finisce per ingannare le aspettative delle persone, la loro rabbia e la sofferenza per la mancanza di diritti. L’operazione così conclusa non ha alcun valore ma solo il ridicolo della sua inconsistenza e il cinismo con cui ha giocato sulla stanchezza delle persone lgbt», ha concluso Arcigay.
Di orrori del passato parla invece il ministro per le Pari Opportunità, Mara Carfagna. «Una
Il ministro Carfagna |
http://www.ilsecoloxix.it/p/italia/2011/09/23/AOxmM36-omosessuale_polemiche_comunita.shtml
Scoperti più di settanta geni chiave nella rigenerazione delle connessioni neurali.
Li hanno identificati i ricercatori della University of California di San Diego. I sei geni che inibiscono
la riparazione degli assoni sono forse i più importanti
(Archivio Corsera) |
LA RICERCA - Per riuscire a individuare i geni che davvero hanno un ruolo nella ricostruzione degli assoni, i biologi statunitensi si sono avvalsi dell'involontaria collaborazione di 10 mila Caenorhabditis elegans, vermi nematodi della lunghezza di circa un millimetro e tra gli organismi modello più utilizzati nello studio della biologia dello sviluppo. Il primo passo è stato quello di creare mutazioni genetiche di questi vermi trasparenti per ognuno dei 654 geni sotto esame. In seguito i neuroni di questi nematodi sono stati evidenziati grazie all'uso di una proteina fluorescente verde e quindi, tramite l'impiego di un precisissimo laser chirurgico, è stato danneggiato un assone specifico. Grazie all'osservazione dei fenomeni di rigenerazione, o della loro assenza, a distanza di 24 ore dalla lesione gli scienziati sono stati in grado di determinare quali tra i 654 geni fossero effettivamente coinvolti nel processo di «guarigione» degli assoni. «Non si sa molto delle capacità di ricrescita degli assoni dopo che sono stati danneggiati - ha detto Andrew Chisholm, coautore dello studio - Quando ci si trova davanti a una lesione del midollo spinale o a un ictus, i danni sono ingenti e le capacità rigenerative sono inefficienti».
76 CONTRO 6 - Nonostante sia altamente probabile che i geni identificati nei vermi abbiano le stesse funzioni nei mammiferi (le loro funzioni sono rimaste pressoché inalterate nel corso dell'evoluzione), il team di biologi della UCI di San Diego ha stretto una collaborazione con altri ricercatori per verificare sui topi quali tra i geni in esame abbia un ruolo davvero rilevante. Per il momento i risultati dello studio californiano, pubblicato sul numero di settembre della rivista Neuron, sottolineano che alcuni tra i 76 geni «ricostruttivi»erano già noti per avere altre funzioni, come per esempio la regolazione del rilascio di neurotrasmettitori. Ma ancora più interessante è stata l'individuazione dei sei geni che bloccano la ricrescita degli assoni: «La scoperta di questi inibitori è probabilmente il risultato più eclatante - dice ancora Chisholm - poiché identificare ed eliminare questi fattori potrebbe avere la stessa incidenza dei meccanismi biochimici che favoriscono la rigenerazione degli assoni a seguito di lesioni midollari o di altri danni neurologici».
Emanuela Di Pasqua
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