lunedì 17 settembre 2012

Airpod, auto ad aria compressa fa 100km con un euro: sarà prodotta in Sardegna.




di Giorgio Scura
ROMA - Sarà finalmente arrivata la volta buona? Il mercato aspetta da 5 anni AirPod, la prima automobile ad aria compressa che promette discrete prestazioni con consumi irrisori. Dopo infiniti rinvii, sembra che finalmente i tempi siano maturi. Il piccolo guscio in vetroresina sarà messo in produzione nei prossimi mesi e disponibile a partire dai primi mesi del 2013.
Si tratta di un progetto della casa francese Mdi in collaborazione con il colosso indiano Tata e non prevede concessionarie, ma la vendita direttamente nelle mini fabbriche (solo in Italia saranno una ventina) che potranno arrivare a una produzione di 140 mila esemplari all'anno per ciascun stabilimento: "La prima sarà in Sardegna che ha le caratteristiche ideali per questa innovazione" ha detto il progettista francese Cyril Negré.
Il punto di forza della AirPod è sicuramente il prezzo (circa 7 mila euro per il modello base) e gli irrisori costi di esercizio: con un pieno di 1-2 euro si dovrebbero arrivare a percorrere 100 km. Il rifornimento si potrà fare in stazioni di servizio abilitate oppure con metodi fai da te. Non avrà il volante, ma un joystick e potrà arrivare alla velocità massima di 80 km/h (anche se con queste prestazioni l'autonomia cala).

Inutile nascondersi dietro a un dito, il punto debole è un design davvero pessimo, ma necessario per ridurre il peso e permettere al debole motore (appena 4 kW) di spingere il mezzo e i tre passeggeri massimi. Riuscirà l'AirPod a conquistare il cuore degli italiani?


http://www.nocensura.com/2012/09/airpod-auto-ad-aria-compressa-fa-100km.html

Si può fare!



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Dopo 60 anni ancora a fare cabaret sulle navi da crociera ...




Il nostro ex premier Silvio Berlusconi si trova a bordo della Msc Divina, in crociera assieme ai lettori de Il Giornale. In oltre due ore di "chiacchierata" con il direttore Alessandro Sallusti - immaginatevi l'asprezza delle domande - naturalmente ne sono uscite di ogni colore. Impossibile non fare una selezione, e pubblicare "il meglio". Perché sì, tutto quello che leggerete, è vero.

«In questi quasi dieci anni di governo io ho l'orgoglio di dire che abbiamo fatto tante cose giuste. Abbiamo fatto circa quaranta riforme».

«Grazie alle nostre riforme mezzo milione d'italiani ha smesso di fumare e sono calati i casi di cancro ai polmoni». 
«Il voto non va frazionato. Lo inizio a dire adesso perché poi con la parcondicio non avremo più la possibilità di parlare».
«In politica estera abbiamo fatto miracoli: l'Italia non contava niente, era in ginocchio in Europa di fronte alla Germania e alla Francia. Io in ginocchio non mi sono mai messo di fronte ai leader di questi due Paesi».

«Abbiamo rafforzato l'amicizia con moltissimi Paesi, con i Paesi africani del Mediterraneo, Egitto, Tunisia, Libia, Libano».

«In politica estera mi hanno accusato di praticare la politica del "cucù". Non è vero, ho fatto non la politica del “"cucù”", o delle pacche sulle spalle, ma ho stabilito con i miei colleghi un'amicizia non solo cordiale ma affettuosa. Per cui è facilissimo trattare le cose direttamente al telefono».

«Il "cucù" con la Merkel? La Merkel aveva avuto il “cucù” da Vladimir Putin, che me l'aveva raccontato, e io quindi l'ho bissato per la facilità di rapporto che avevo con la Merkel che, oltre tutto, è una mia compagna di partito».

«Dopo la vicenda Bini Smaghi l'ex presidente francese Sarkozy si rivolgeva a me come se io non avessi mantenuto la parola. Addirittura una volta ci incontrammo fuori dal Consiglio europeo, gli tesi la mano e lui la scartò. Una persona in cui l'arroganza vince sull'intelligenza».

«Noi, sommando il Pil emerso e sommerso e guardando per il debito e attivo, siamo la seconda nazione dall'economia più solida in Europa subito dopo la Germania. E non a caso il tenore di vita delle famiglie italiane è considerato il primo in Europa».

«Come abbiamo abrogato l'Ici così abrogheremo subito l'Imu».

«Vi chiederete perché sono qui oggi ... Non sono andato nemmeno ad Atreju. Per cui oggi è la prima intervista dopo le dimissioni . Ho pensato che qui avrei incontrato tante persone che la pensano come me e che sono fedeli alla nostra idea di democrazia e libertà dalla fondazione del Giornale. E siccome il Giornale è stata la principale e forse l'unica bandiera di libertà che è sventolata in Italia dal '92-'93 e anche prima con Indro, ho pensato che se ancora ci sono degli abbonati al Giornale che hanno ritenuto di riunirsi tutti insieme per venire qui anche per sentire questa conversazione, per incontrare Silvio Berlusconi, dovevo ringraziarli».
«Con tutto quello che gli hanno fatto, è incredibile la forza che ha ancora», (commento di Nancy Sartorelli, "bresciana di talento" presente a bordo, riporta Il Giornale)
«Angelino Alfano è una persona speciale. Di tutti i politici in campo è il migliore. È una persona di grande e profonda intelligenza, di grandissima lealtà, di grandissimo amore per l'Italia. Io gli voglio bene come a un figlio, sono sicuro di essere ricambiato di un amore filiale verso colui che lui considera il suo padre nel servizio ai cittadini. È 35 anni più giovane di me e ha portato e porterà un'ondata di freschezza, di gioventù, di novità, nella vita politica italiana».

«Matteo Renzi porta avanti le nostre idee. Se vincesse le primarie e fosse lui il leader del Pd si verificherebbe in Italia questo miracolo: che finalmente il Partito comunista italiano diventerebbe un partito socialdemocratico. Quindi tanti auguri a Matteo Renzi».

«Beppe Grillo è uno straordinario attore comico. È sempre stato bravissimo. Io l'ho avuto in televisione. Adesso sta facendo esattamente lo stesso mestiere che faceva prima. Ha qualcuno che gli scrive il copione e lui recita con un'adesione totale al copione in tutte le città d'Italia. Io ho visto tre interventi di Grillo, a Gorizia, a Verona, a Palermo».  

«Noi dobbiamo cominciare da adesso a raccontare agli italiani come si deve votare».

«Io non sono mai uscito dal campo, in questi mesi ho sempre lavorato dalle 7 di mattina alle 2 di notte nella politica e nella mia formazione politica. Il mio futuro dipende dalla legge elettorale».

«Non ho mai sentito un politico fare una scelta migliore di aggettivi e sostantivi» (insegnante in pensione presente a bordo, riporta Il Giornale).

«All'università inanellavo 110 e lode».

«Mi imbarcavo d'estate, per portare a casa qualche soldo, sulle navi Costa e Grandi Viaggi. Di mattina facevo i giochi sul ponte, di pomeriggio la guida turistica anche in città che non avevo mai visitato in vita mia, ma su cui mi preparavo sui libri; di sera prima cantavo nell'orchestra jazz, poi di notte, da solista voce e chitarra, sempre Dani Daniel. Dopo le tre, invece ...».

«Quando cantavo a Parigi con lo pseudonimo di Dani Daniel, Le Figaro scrisse che davo particolare espressione alle parole delle canzoni». 

«Da bambino andavo nei mercati vicino a casa mia il martedì e il sabato, raccogliendo i fogli di carta gialla che si usavano allora, li portavo a casa, li bagnavo nella vasca, poi li asciugavo e li vendevo per accendere le stufe».
«Quando andavo a comprare chili di mais e li portavo a casa a piedi, davo a una vecchietta bisognosa i soldi che la mamma mi aveva dato per il tram».
 http://nonleggerlo.blogspot.it/2012/09/dopo-60-anni-ancora-fare-cabaret-sulle.html ...

Quanto costa Bankitalia: dai 7 milioni per i giardini agli 819 per il personale. Thomas Mackinson


banca d'italia interna nuova


Mentre la vigilanza va alla Bce via Nazionale resta un carrozzone da 7mila dipendenti che costa cifre mostruose tra stipendi, diarie per missioni e trasferimenti. E poi 15 milioni per i videocitofoni nuovi di zecca, poltrone d'oro e consulenze per tutti. E ancora sprechi, appalti milionari, doppi incarichi. Ecco come il tesoretto degli italiani si disperde, sotto gli occhi distratti del governo.


Bruxelles arriva la resa dei conti sull’acquisto di titoli di Stato dei Paesi in crisi e già si profila lo tsunami della vigilanza centralizzata che porterà ulteriore scompiglio negli assetti di potere delle banche nazionali. Come risponderà a tutto questo la Banca d’Italia? In via Nazionale si guarda ai prossimi direttivi della Bce con crescente apprensione e intanto si varano speciali contromisure: un plotone di giardinieri armati di semi, piante ornamentali e annaffiatoi pronti a sparare sul mercato una micidiale raffica di fiori. Fiori per sette milioni di euro. Tanto costa la manutenzione delle piante e dei giardini nelle sedi di rappresentanza e nel parco sportivo del Tuscolano a Frascati, quartier generale dell’istituto con campi da tennis, calcio e piscina. Non mancano progetti per l’orto didattico e la raccolta delle olive made in Bankitalia. E se non si fermano gli attacchi speculativi? Suoniamo l’allarme generale aggrappati ai videocitofoni e campanelli nuovi di zecca da 15 milioni di euro appena acquistati. 
Tutto pagato con fondi propri della Banca d’Italia, cioè nostri. Perché pur essendo in mano a banche private, che detengono il 94,33% delle quote, la Banca d’Italia è un istituto di diritto pubblico ed esercita su mandato la funzione di Tesoreria dello Stato. Alla fine dei conti il bilancio è sempre attivo grazie alla gestione del portafoglio di titoli pubblici e riserve (nel 2011 ha prodotto utili per 1,1 miliardi): in pratica, l’istituto ha nel suo forziere i buoni dello stato acquistati dagli italiani e le riserve auree. Ma tanti sono anche i soldi che volano letteralmente fuori dalla finestra di Palazzo Koch.
Spese difficili da mandar giù in tempi di crisi e più ancora da quando la Banca d’Italia s’è ristretta. Da tempo non si occupa più di politica monetaria e presto anche i compiti di vigilanza andranno a Francoforte“Sprechi e inefficienze ci sono ovunque ma la Banca d’Italia è un’eccellenza rispetto alle altre banche centrali europee”, spiega Donato Masciandaro, docente di economia monetaria alla Bocconi e direttore del Centro Paolo Baffi su banche centrali e regolamentazione finanziaria: “Il punto vero – continua – è che presto dovrà essere presto riformata in profondità per sostenere l’urto del nascente sistema di vigilanza accentrato nella Bce”. Intanto, però, i costi restano extra-large. Sulle spalle degli italiani è infatti rimasto il carrozzone dei tempi gloriosi, con un carico di settemila dipendenti, centinaia di immobili di pregio e una serie di costi, sprechi e privilegi che partono dall’alto: il presidente Ignazio Visco, per fare un esempio, guadagna 750mila euro l’anno, cioè il doppio dell’omologo tedesco Jens Weidmann, capo della potente Bundesbank che ha tenuto al guinzaglio i governi di mezza Europa sull’acquisto di titolo di Stato dei Paesi in crisi.
Ai tempi del rigore era inevitabile che la spending review bussasse al 91 di via Nazionale. Lo ha fatto però in punta di piedi, battendo un colpo all’ultimo minuto con un emendamento dei relatori al Senato poi ribadito dal governo, nero su bianco, giusto la settimana scorsa: a partire dal 2013 anche il salotto delle banche dovrà adeguarsi ai dettami della revisione di spesa con tagli su auto blu, ferie, buoni pasto e consulenze. Ma a ben guardare sarà una potatura leggera perché bilancio, affidamenti, acquisti della Banca d’Italia rivelano ben altri sprechi e risorse, mele d’oro in un giardino delle Esperidi dove neppure i super tecnici s’addentrano. E allora ecco come si disperde l’oro degli italiani sotto l’occhio distratto del governo.
Esercito di dipendenti e poltrone d’oro. Visco: un tecnico da 750mila euroA scorrere il bilancio della Banca d’Italia due voci balzano all’occhio: il costo del personale per 819 milioni e le spese di amministrazione per 420. Cifre mostruose a discapito di un ruolo sempre più ridotto a favore della Bce. Partiamo dalla punta dell’iceberg perché in Banca d’Italia è d’oro anche quella. Il direttorio di nomina governativa che controlla l’autorità bancaria costa in organi collegiali e periferici 3,1 milioni di euro l’anno in compensi. Ma non si tratta di centinaia di persone ma poche decine: i 13 consiglieri superiori prendono 371mila euro, i cinque componenti del collegio sindacale 137mila. Ed ecco la punta, platino: al governatore Ignazio Visco, come detto, vanno 757.714 euro, al direttore generale Fabrizio Saccomanni vanno 593mila euro, i quattro vice-direttori (oggi tre, perché il 12 luglio Anna Maria Tarantola ha lasciato l’incarico per assumere la presidenza della Rai) hanno emolumenti da 441mila euro
I dipendenti sono 7.315 con 2mila tra funzionari e dirigenti mentre il precariato è poco da queste parti, il personale a contratto si ferma a 33 unità. Il punto è che questo personale da anni è in sovrannumero e finisce per costare una follia: 819 milioni di euro l’anno tra stipendi, accantonamenti per oneri maturati, diarie per missioni e trasferimenti. La spesa media per dipendente è di 109.300 euro. Com’è possibile? Semplice, il personale della Banca d’Italia eredita le conquiste degli anni migliori sul fronte dei trattamenti economici e dei servizi interni. Roba da gridare hip hip hooray! se il costo poi non ricadesse sugli altri italiani che questi “servizi” ormai se li sognano. Ecco alcuni esempi. L’assistenza sanitaria privata costa 32 milioni di euro l’anno, l’assicurazione 33,5 (fino al 2015). Il taglio dei buoni pasto della spending si farà sentire poco da queste parti. Le sedi di Roma, Frascati e 11 filiali hanno la sede interna: in cinque anni costa 41 milioni, otto all’anno. Le altre filiali hanno servizi mensa in convenzione. Il servizio di trasporto per i tragitti casa-lavoro per il personale dell’area romana un milione e due.
Prima che Draghi lasciasse via Nazionale per andare in Europa ha preferito esser certo che laggiù, a Roma, capissero bene quando dall’Eurotower parla di spread e fiscal compact. Così la Banca d’Italia ha affidato a un’agenzia un programma di formazione di inglese da 620mila euro, che per dei corsi di lingua non sono noccioline, soprattutto perché i bandi di assunzione dell’ente richiedono espressamente una conoscenza avanzata dell’inglese. Prima dell’assunzione, non dopo. Senza contare che da anni sette consulenti-traduttori sono a libro paga dell’ente al costo di mezzo milione di euro. E qui si apre il capitolo consulenze, un dossier sempre corposo e soprattutto costoso visto che al 30 agosto i consulenti esterni a libro paga di Bankitalia sono già 112 e totalizzano incarichi per due milioni e mezzo di euro. Alcuni sono plurimi e molti affondano le radici in rapporti che si sono persi nel tempo, rinnovati di anno in anno fin dagli anni Novanta e senza un termine o soluzione di continuità. La spending review qui non ci mette mano. 
Bankitalia real estateFin qui il personale. Ma a gravare sui conti dell’istituto sono anche i costi di struttura legati alla manutenzione di un patrimonio immobiliare sterminato che la Banca d’Italia ha collezionato dai tempi della sua nascita a oggi. Correva l’anno 1893, la capitale era Firenze e c’era ancora Umberto I. Da allora la corsa al mattone dell’istituto non si è più fermata e nell’anno corrente – dicono i bilanci di via Nazionale – il patrimonio per fini istituzionali ha raggiunto una consistenza pari 4,2 miliardi (1.3 quelli a garanzia dei trattamenti di quiescenza del personale). Un centinaio di immobili, per la maggior parte stabili di gran pregio nei centri storici delle città capoluogo di regione e provincia dello Stivale (oltre a terreni per una valore di quasi due miliardi). Alcuni beni non più necessari sono in affitto (dalle locazioni entrano 27 milioni) mentre nel triennio 2008-2010 una parte eccedente del patrimonio è stata razionalizzata fino alla chiusura di 39 sedi provinciali. Nel 2010 è partita l’operazione di vendita di oltre 60 immobili affidata a un’advisor (Colliers International Italia – EXITone) per due milioni di euro. Dovevano arrivare 326 milioni ma ancora nessuno è stato venduto e i tempi stringono perché l’operazione era prevista entro tre anni. Siamo ancora alla pubblicazione del primo lotto da 16 immobili. Il secondo dovrebbe arrivare in autunno.
L’attuale rete operativa conta 20 filiali regionali e provinciali, 25 sportelli e 18 centri per la vigilanza, trattamento del contante, tesoreria dello Stato. Più tre sedi distaccate a New York, Londra e Tokyo.
Il budget per la manutenzione di questo patrimonio, stando agli affidamenti in corso, ha un budget 30 milioni di euro. Gli edifici del centro storico della Capitale ne impegneranno altri 14,6. Solo per mettere telecamere e citofoni al complesso di via Nazionale 91, Tuscolana e del Centro Donato Menichella a Frascati si stanno per spendere in progettazione, installazione e mantenimento 15 milioni (oltre Iva). Poi c’è l’area di via Tuscolano 417, quartier generale dell’istituto, che ha in corso affidamenti per 21 milioni. Per gli edifici romani e per il “Centro Donato Menichella” di Frascati, che ospita buona parte delle strutture di elaborazione dati, è in arrivo una green revolution: è in corso di affidamento una gara per la manutenzione del verde e il noleggio di piante ornamentali, fioriere, composizioni di fiori recisi e aiuole per sette milioni di euro. Solo gli interventi di manutenzione dell’ex Cinema Quirinale, portone di rappresentanza della Banca, costano 3 milioni di euro.
Il turismo è in crisi? Domanda da 8 milioni di euroIl fiore all’occhiello di Bankitalia è sempre stato il suo Ufficio Studi, munifico produttore di studi comparati, analisi dei settori produttivi e degli scenari economici. Alcuni studiosi, imprenditori e giornalisti hanno però iniziato a rimpiangere gli anni d’oro, la stessa Confindustria ha lamentato che anche questo ramo di attività si sta seccando. L’ultima relazione annuale al Parlamento, a onor del vero, da conto di una grande attività con 950 note congiunturali sull’Italia, l’area euro e i mercati internazionali e ancora studi su studi. Ma i programmi di ricerca vengono fatti spesso all’esterno con costi esorbitanti.
Qualche esempio. Che il turismo sia fiacco lo sanno tutti, basta chiedere a un albergatore di Venezia o Riccione. Ma a Palazzo Koch vogliono vederci chiaro e così hanno commissionato una Indagine statistica campionaria (in pratica interviste) sul turismo internazionale. L’intento, semplificando, è capire quanto spendono turisti e uomini d’affari durante il loro soggiorno italiano. Peccato che per saperlo spenda otto milioni di euro e che l’ultima ricerca di questo tipo risalga ad appena tre anni fa. Bankitalia pensa anche ai bilanci delle famiglie italiane. E lo fa commissionando un’indagine per gli anni dal 2013 al 2016. Anche qui l’intento è nobile perché si tratta di capire come si distribuiscono nel tempo la ricchezza e il reddito in un Paese in crisi. Le modalità sono le classiche interviste su un campione di 10mila famiglie in 600 comuni ma il costo è di tre milioni di euro. Qualche famiglia, questa è una certezza, si sarebbe accontentata di qualche dato in meno e qualche soldo in più.

Domanda retorica.



Ma se la Fiat dovesse CHIUDERE DEFINITIVAMENTE gli stabilimenti italiani (come presto farà, ora che la legge Fornero permette i licenziamenti), creando CENTINAIA DI MIGLIAIA di disoccupati nell'indotto, questi BUFFONI "demoKratici" convintamente pro-Marchionne CON CHE FACCIA pensano di poter chiedere ancora il "voto dei lavoratori" alle prossime elezioni? (VB)

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PROCEDIMENTI GIUDIZIARI A CARICO DI SILVIO BERLUSCONI.



1 Elenco riassuntivo
2.1 Indagine su rapporti con società svizzere
2.2 Traffico di droga

2.3 Falsa testimonianza
2.4 Tangenti alla Guardia di Finanza
2.5 Bilanci Fininvest 1988-1992
2.6 Processo All Iberian
2.6.1 All Iberian 1 (finanziamento illecito al PSI)
2.6.2 All Iberian 2 (falso in bilancio aggravato)
2.7 Processo Lentini (falso in bilancio)
2.8 Medusa cinematografica
2.9 Falso in bilancio nell'acquisto dei terreni di Macherio
2.10 Lodo Mondadori
2.11 Consolidato Fininvest
2.12 Processo SME
2.12.1 Processo SME, capo di accusa A
2.13 Spartizione pubblicitaria Rai-Fininvest
2.14 Tangenti fiscali sulle pay-tv
2.15 Stragi del 1992-1993
2.16 Concorso esterno in associazione mafiosa
2.17 Diffamazione aggravata dall'uso del mezzo televisivo
2.18 Telecinco (in Spagna)
2.19 Caso Saccà
2.20 Compravendita di diritti televisivi
2.21 Mediatrade
2.22 Inchiesta Mediatrade di Roma
2.23 Corruzione dell'avvocato David Mills
2.24 Voli di Stato
2.25 Inchiesta di Trani
2.26 Il caso Ruby
2.27 Unipol
2.28 Laurea di Antonio Di Pietro




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Romano, ambasciator porta ritardo. - Marco Travaglio


Marco Travaglio

Carta Canta - l'Espresso, 14 settembre 2012

Con tutto il rispetto per l'ambasciatore Sergio Romano, quando si legge un suo editoriale sulCorriere della sera, non si capisce mai se ci è o ci fa. L'altro giorno, in uno stupefacente articolo intitolato “Le liste pulite prima garanzia”, auspicava partiti “capaci di accordarsi sui concetti di corruzione e concussione” per punirle più adeguatamente con una nuova legge. Come se non fosse fin troppo chiaro che non ne vogliono sapere, visto che corruzione e concussione sono due specialità della casa. Poi, tomo tomo cacchio cacchio, Romano si spingeva a scrivere: “Non vorremmo trovare nelle liste persone impresentabili”. Come se fosse appena calato da Marte e non fosse al corrente del fatto che dal 1996 i maggiori partiti italiani inbottiscono le loro liste di personaggi impresentabili. A cominciare dal leader del centrodestra che, essendo lui stesso impresentabile, attira e candida i suoi simili. E che un certo Sergio Romano, in tutti questi anni, ha ripetutamente difeso dall'”accanimento” dei magistrati cattivi e dei giornalisti giustizialisti. Il 14 marzo 2001, per esempio, chi scrive fu ospite del “Satyricon” di Daniele Luttazzi e rivolse alcune domande a Silvio Berlusconi sui suoi rapporti con la mafia e sull'odore dei suoi soldi. Tre giorni dopo un certo Sergio Romano scrisse sul Corriere: “Non si può pretendere che Berlusconi spieghi come si è arricchito. Una pretesa inquisitoria, frutto di vecchio anticapitalismo, a cui non furono assoggettate le dinastie dei Kennedy e dei Bush”. Lo svagato ambasciatore dimenticava, pur avendo girato il mondo, le centinaio di inchieste, programmi tv e libri sui Kennedy e su tutti gli altri presidenti e aspiranti presidenti degli Stati Uniti, culla del capitalismo. Tant'è che di lì a poco la bibbia del capitalismo, The Economist, uscì con la copertina dedicata ai misteri delle fortune del Cavaliere, anche per questo “unfit” a governare l'Italia.

Ora, d'improvviso, Romano scopre le “liste pulite”. Il finale dell'articolo è roba da far impallidire il Tartuffe di Molière: “Siamo garantisti e sappiamo che un'indagine non equivale a una condanna. Ma le segreterie, dal momento che non vogliono privarsi del diritto di scegliere i candidati, dovrebbero almeno impegnarsi pubblicamente a rispettare questo elementare principio di moralità politica: non servirsi del Parlamento per mettere qualche loro compagno al riparo dalla giustizia”. E quando mai, di grazia, negli ultimi 15 anni, Romano ha denunciato con nomi e cognomi i leader che candidavano inquisiti per sottrarli alla giustizia, compresi se stessi? Nei “V-day” del 2007 e del 2008 Beppe Grillo riunì centinaia di migliaia di persone nelle principali piazze d'Italia per raccogliere firme su tre referendum e tre leggi d'iniziativa popolare che chiedevano, fra l'altro, un “Parlamento pulito”: una norma semplice semplice, già in vigore negli enti locali, per l'ineleggibilità dei condannati per reati dolosi di una certa entità. Non risulta che Romano abbia mai sostenuto quella battaglia, anzi, al contrario, la demonizzò dalle colonne del Corriere. A suo avviso, quelle centinaia di migliaia di cittadini che chiedevano “liste pulite” cinque anni prima di lui, erano protagonisti di un “carnevale plebeo e volgare”, animati da “sentimenti beceri e forcaioli”. Infine l'ambasciatore fulminava Grillo, che quella proposta lanciava, con una memorabile previsione-maledizione: “La irresistibile ascesa del comico-politico dura generalmente qualche mese o pochi anni e si spegne quando il pubblico si stanca di ascoltare sempre le stesse battute o si accorge che nessuna soluzione politica potrà mai venire dal mondo dell'avanspettacolo. Cosa che accadrà, suppongo, anche nel caso di Beppe Grillo”.

Ora che il Movimento 5 Stelle si è talmente “spento” da insidiare il Pdl e il Pdl e finalmente, con la dovuta calma, Romano è giunto alle stesse conclusioni, gli basterebbero tre paroline per riconoscerne la primogenitura al legittimo titolare e magari fare ammenda: “Aveva ragione Grillo”. Invece Romano scrive come se le liste pulite fossero una sua folgorante invenzione. Ambasciator non porta pena. Ma porta parecchio ritardo.