martedì 26 marzo 2013

Caselli al Csm: “Chiedo tutela da accuse Grasso”.


Caselli al Csm: “Chiedo tutela da accuse Grasso”


L'attuale procuratore di Torino si riferisce all'intervento del presidente del Senato Grasso nella trasmissione tv "Piazzapulita" del 25 marzo in cui, scrive, il presidente “si è prodotto in un lunghissimo monologo, a mio giudizio contenente accuse e distorsioni suggestive, con il risultato di prospettare in maniera distorta vari fatti e circostanze afferenti la mia attività di magistrato”.

Non si fermano le polemiche sul neo presidente del Senato, Pietro Grasso. Dopo l’intervento nella trasmissione “Piazzapulita” su La7 - per rispondere alle critiche rivoltegli dal vice direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio - a reagire questa volta è Gian Carlo Caselli, ex procuratore di Palermo e ora responsabile della Procura di Torino. Dall’ex collega, ora a Palazzo Madama, sono arrivate “accuse e allusioni suggestive” che hanno presentato “in maniera distorta vari fatti e circostanze afferenti la mia attività di magistrato”. E così Caselli ha scritto al Csm di “essere adeguatamente tutelato”.
Caselli si riferisce proprio all’intervento di Grasso nella trasmissione tv del 25 marzo in cui, scrive, il presidente “si è prodotto in un lunghissimo monologo, a mio giudizio contenente accuse e distorsioni suggestive, con il risultato di prospettare in maniera distorta vari fatti e circostanze afferenti la mia attività di magistrato”. Nella lettera, indirizzata al vicepresidente del Csm, Michele Vietti, il magistrato rimprovera a Grasso un “comportamento” che  ”mi appare innanzitutto per nulla rispettoso dei principi costituzionali che presidiano la separazione dei poteri e tutelano l’indipendenza della magistratura rispetto ad ogni forma (diretta o indiretta) di condizionamento ed ingerenza del potere politico, specie se tale potere corrisponde ad una delle massime cariche dello Stato. Ritengo inoltre detto comportamento profondamente lesivo dei miei diritti e della mia immagine in particolare là dove si insinua che il mio operato sarebbe stato caratterizzato dalla tendenza a promuovere e gestire processi che diventano gogne mediatiche ma restano senza esiti mentre tutta la mia esperienza professionale si è sempre e soltanto ispirata all’osservanza della legge, al rispetto dei presupposti in fatto e in diritto necessari per poter intervenire e alla rigorosa valutazione della prova”. Un comportamento “ancor più delegittimante nei miei confronti” se si pensa – osserva il magistrato torinese – che si è tenuto “nel giorno stesso in cui veniva pronunciata dalla Corte d’Appello di Palermo sentenza di condanna nei confronti di Marcello Dell’Utri, sentenza relativa a un procedimento avviato dalla procura di Palermo quando il sottoscritto ne era a capo”. Caselli chiede al Csm di “essere adeguatamente tutelato” e annuncia di riservarsi “ogni iniziativa al riguardo”. 
L’ex procuratore nazionale Antimafia ha più volte sottolineato le differenza di metodologia con Caselli dopo aver affermato che “ci sono stati molti processi spettacolari che hanno portato ad assoluzioni. Ma non faccio nomi, non sarebbe elegante…’’. ‘’Ho avuto dei buoni maestri come Caponnetto – ha detto Grasso – che in un suo libro rispondeva alle accuse di non aver proceduto contro l’ex sindaco di Palermo dicendo che questo tipo di processi sarebbe stato sbagliato perché seppur spettacolari sono quelli che portano alle controriforme contro i magistrati, con ritorsioni che danneggiano il funzionamento della giustizia. Pensare ad inchieste come una gogna pubblica, efficace perché distrugge un carriera politica, è una deviazione della funzione delle indagini – ha sottolineato – è anticostituzionale perché la Costituzione dà il potere al magistrato di indagare in funzione del processo. Questi sono i miei maestri – sottolinea – e ho seguito il loro esempio’’.

Carciofi: proprieta', usi e benefici. - Marta Albè

carciofi

Il carciofo è un ortaggio coltivato sia a scopo alimentare che per via delle relative proprietà benefiche, oggetto di attenzione da parte della medicina naturale. 

L'Italia è il Paese europeo in cui i carciofi vengono maggiormente coltivati ed un vero e proprio primato spetta a regioni come la Sardegna, la Sicilia e la Puglia.

Proprieta' e benefici dei carciofi

Come gran parte degli ortaggi, i carciofi sono costituiti principalmente da acqua e fibre vegetali, utili per stimolare il buon funzionamento dell'intestino. Essi rappresentano una fonte importante di preziosi sali minerali, tra i quali troviamo sodio, potassio, fosforo e calcio. I carciofi contengono inoltre vitamina C, e vitamine del gruppo B, con particolare riferimento alla vitamina B1 ed alla vitamina B3. Contengono inoltre vitamina K, ritenuta utile nella prevenzione dell'osteoporosi. Essi rappresentano una fonte di ferro e di rame, elementi impiegati dal nostro organismo nella produzione delle cellule del sangue. Sono inoltre una fonte di betacarotene e luteina, preziosa per proteggere la vista.
Tra i componenti che rendono interessanti i carciofi dal punto di vista curativo vi sono i flavonoidi, tra i quali spicca la rutina, derivati dell'acido caffeico e metaboliti secondari che permettono l'attività farmacologica degli estratti di carciofo. Tra di essi troviamo la cinarina, connsiderata utile in caso di disturbi del fegato. I derivati dell'acido caffeico garantiscono effetti antiossidanti ed epatoprotettivi.
Cinanina è il nome di un composto presente nei carciofi, in grado di renderli un alimento che può contribuire all'inibizione dell'ossidazione del colesterolo LDL e la biosintesi del colesterolo stesso. Possiede inoltre spiccate proprietà depurative e contribuisce all'eliminazione delle tossine da parte dell'organismo.
Un carciofo può contenere fino ad un quarto delle fibre vegetali richieste da parte del nostro organismo giornalmente. I carciofi contribuiscono a migliorare la digestione, rappresentano un diuretico naturale e migliorano la produzione dei succhi digestivi. Gli effetti positivi delle foglie di carciofo sul fegato e sulla riduzione del colesterolo sono stati studiati dal punto di vista scientifico, con buoni risultati. Oltre ad alleggerire il lavoro del fegato, i carciofi risultano benefici per i reni e per la cistifellea, che si troveranno a dover affrontare un minor carico di tossine.

Utilizzi dei carciofi

La medicina naturale e la fitoterapia utilizzano il carciofo soprattutto in caso di disturbi della cistifellea a e del fegato, oltre che in caso di sindrome del colon irritabile. I suoi estratti possono risultare utili in caso di nausea, vomito ed intossicazioni alimentari, per via delle proprietà depurative tipiche del carciofo. Le foglie di carciofo vengono impiegate per ricavare estratti fitoterapici utili nel trattamento di indigestione e dispepsia, oltre che per stimolare la produzione della bile. Gli estratti di foglie di carciofo permettono di mantenere un equilibrio dei nutrienti essenziali al nostro organismo, oltre a migliorare la salute di unghie e capelli, rendendoli più forti e splendenti.
Per quanto riguarda gli utilizzi culinari del carciofo, essi portano immediatamente alle ricette tipiche della cucina regionale italiana. In Liguria i carciofi sono tra gli ingredienti impiegati per la preparazione della torta pasqualina. I carciofi alla romana sono una preparazione tipica di questo ortaggio, che precede che esso venga stufato con prezzemolo, olio extravergine d'oliva, aglio e mentuccia.
I carciofi possono essere utilizzati crudi per la preparazione di insalate, dopo essere stati affettati a lamelle. Essi possono inoltre rappresentare un ottimo ingrediente per la preparazione di salse per il condimento della pasta, dopo essere stati stufati e frullati. Tra i condimenti ideali per i carciofi, oltre all'olio extravergine d'oliva, troviamo il succo di limone, utile per evitare che i carciofi anneriscano dopo essere stati tagliati. Essi possono essere inoltre preparati al forno e gratinati utilizzando pane secco casereccio grattugiato e pinoli.
Sono infine i protagonisti di ricette culinarie molto antiche, entrate nel corso dei secoli ad essere parte della tradizione nazionale.
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Camorra, il figlio del boss ucciso diventato senatore Pdl (a sorpresa). - Vincenzo Iurillo


Camorra, il figlio del boss ucciso diventato senatore Pdl (a sorpresa)


Pietro Langella in una relazione per lo scioglimento del Comune di Boscoreale era considerato "esponente dell'omonimo clan". Suo padre Giovanni nel 1991 fu trucidato per ordine della "cupola" agli ordini di Carmine Alfieri, capo della Nuova Famiglia.

Per sollecitare lo scioglimento per infiltrazioni camorristiche del Comune di Boscoreale (Napoli), avvenuto nel gennaio 2006, la commissione d’accesso inviò al ministero dell’Interno una relazione così riassunta dal Tar che bocciò il ricorso per reintegrare l’amministrazione: “Nella composizione consiliare e giuntale vi sono dei soggetti ritenuti permeabili alle pressioni dei gruppi malavitosi; in particolare l’attenzione della commissione si incentra sul presidente del consiglio comunale, esponente dell’omonimo clan e figlio di un soggetto ucciso nel 1991 in un agguato di camorra e facente parte del consiglio comunale già disciolto nel 1998 per i medesimi motivi”.
Quel politico locale figlio di un boss assassinato è Pietro Langella, e da allora, nonostante questo incidente di percorso, di carriera ne ha fatta. Qualche settimana fa è stato eletto senatore. Nella lista Pdl della Campania. Nella lista dalla quale era stato escluso Nicola Cosentino a causa delle sue presunte collusioni camorristiche, oggetto di due processi in corso a Santa Maria Capua Vetere.
Sì, le due vicende non sono omologabili: Langella, al contrario di Cosentino, non è indagato e non è coinvolto nelle scabrose vicende che hanno segnato la storia della propria famiglia. Tanto da protestare veementemente per quella definizione “esponente dell’omonimo clan” messa nero su bianco sulla relazione prefettizia, che ha sempre respinto al mittente e che sperava di aver fatto dimenticare definitivamente. Ma la sua sorprendente elezione – in Campania era dato vincente il Pd da tutti i sondaggi e il Pdl lo aveva inserito al numero 16 – fa tornare di interesse pubblico un episodio del passato.
Il papà del neo senatore, Giovanni Langella, detto “il Paglietta”, era uno dei leader dell’omonimo clan operante nell’area vesuviana. Dopo essere sfuggito a un primo tentato omicidio, Giovanni “Paglietta” fu ucciso all’alba del 2 ottobre 1991 mentre prendeva il caffè in un bar. Tre persone armate di mitraglietta e fucili a pompa fecero irruzione nel locale e gli esplosero contro una trentina di proiettili, prima di finirlo con un colpo di grazia alla testa. Giovanni Langella era il fratello del boss Pasquale Langella, assassinato il 20 febbraio 1991 per ordine della “cupola” camorristica agli ordini di Carmine Alfieri, il capo della Nuova Famiglia rivale della Nco di Raffaele Cutolo. Il sodalizio criminale dei “Paglietta” è però sopravvissuto alla morte dei fratelli Langella, fino a condizionare – secondo le risultanze dei commissari prefettizi – due amministrazioni comunali di Boscoreale.
Tornando alla politica, l’elezione di Pietro Langella in Senato in quota Pdl è un gol in acrobazia segnato in zona Cesarini: pochissimi giorni prima della chiusura delle liste l’imprenditore vesuviano era ancora un assessore provinciale napoletano dell’Udc, partito abbandonato in extremis per protesta contro i criteri scelti per le candidature alle politiche, portandosi appresso una cinquantina di esponenti locali dello scudocrociato di Casini. Peraltro, Langella non è nuovo a improvvisi cambi di casacca: nel 2009 si ricandidò alla provincia di Napoli in quota Udc, partito all’epoca alleato del Pdl, da consigliere provinciale uscente del Pd (era il vice presidente del consiglio). Tutta la sua storia politica odora di trasformismo. Negli anni Novanta ha militato nel Ccd, nei primi anni 2000 ha aderito al Ppi e alla Margherita mentre il centrosinistra campano conquistava le più importanti amministrazioni locali. Ma quando fu chiaro l’imminente crollo del bassolinismo, fu tra i primi a trovare riparo dall’altra parte.
E non venitemi a dire che nei partiti, in principal modo nel Pdl, circola gente di specchiata onorabilità.

Soldera: perché lascio il Consorzio del Brunello.



Gianfranco Soldera lo chiama «il fatto». Un sabotaggio che ha cambiato la sua vita, la sua azienda, i suoi rapporti. Sono passati 4 mesi da quando un ex dipendente distrusse, sversandoli nelle fogne, più di 600 ettolitri di Brunello di Case Basse, 5 annate (2007-2012). La sentenza è arrivata: 4 anni di condanna. All’indomani Soldera ha annunciato le sue dimissioni dal Consorzio del Brunello. Il suo è un atto d’accusa destinato ad alimentare la guerra del vino di Montalcino che ha raggiunto il massimo grado 5 anni fa quando la Finanza scoprì che qualcuno, violando le regole, aggiungeva Merlot al Sangiovese per «ammorbire» il vino. Ora Soldera accusa i produttori che sfornano Brunello «come se moltiplicassero pani e pesci» evitando «gli studi che garantiscono il consumatore». Accusa il Consorzio di avergli «proposto una truffa, offrendo vino altrui da imbottigliare come mio». Dopo il sabotaggio, Soldera (76 anni, ex broker trevigiano, definito il purista del Brunello) parlò di un azione in odor di mafia. Poi sfumò: oggi ritiene che il movente sia ancora oscuro. E annuncia che è riuscito a salvare circa 7.000 bottiglie per ogni annata colpita.
Perché ha rotto con il Consorzio del Brunello?
«Da tanti anni non c’è feeling con chi comanda e ha una linea diversa dalla mia: io sono per il Brunello con il Sangiovese al 100%, sono per l’aumento dei controlli e delle ricerche».
Quali ricerche e perché sono importanti?
«Quelle che ho presentato a Montecitorio nei giorni scorsi, ricevendo anche una bellissima lettera di Napolitano. Vado avanti grazie agli aiuti degli americani del Ttb (Alcohol and Tobacco Tax Trade Bureau): il telerilevamento con i droni, gli studi sul Dna e sull’indice di vigoria delle singole vigne per ottenere un vino più garantito per chi lo beve. Ho consegnato il Premio Soldera ai ricercatori che si occupano di questo ma mi sarebbe piaciuto che anche il Consorzio partecipasse, come proposi nel 2005 con Franco Biondi Santi (il grande vecchio del Brunello, ndr)».
Il Consorzio le ha dato solidarietà dopo il sabotaggio.
«Volevano donarmi vino: avrei dovuto imbottigliarlo come mio, non sapendo da dove venisse. Proposta era irricevibile e offensiva, una truffa al consumatore. Finanziate gli studi a Montalcino, ho chiesto. Ma non se n’è fatto nulla».
Quali sono stati gli altri punti di frattura?
«Per tantissimi anni le mie proposte sono state bocciate. Quando è scoppiata Brunellopoli ho chiesto che tutti i coinvolti facessero un passo indietro. C’erano il presidente, il direttore e altri. Ho avuto 3 voti a favore, 120 contro».
Brunellopoli appare sempre sullo sfondo.
«Ha portato al sequestro di 10 milioni di bottiglie e al patteggiamento di 17 condanne. Montalcino può dare molto, ma bisogna lavorare meglio, come impone anche la crisi. Le truffe forse avvengono anche in altre parti del mondo, ma qui erano così tranquilli che le facevano spudoratamente».
Quanto ha pesato il sabotaggio sulla decisione di rompere?
«Sarei uscito lo stesso anche se non fosse successo. Ma mi ha fatto molto riflettere. A fine marzo venderò di nuovo il mio Brunello, prima di ricominciare ho comunicato la rottura».
Quante bottiglie ha salvato?
«Tra il vino che era nelle vasche inox e quello già in bottiglia riuscirò a vendere una media di 7.000 bottiglie nei prossimi 5 anni. Negli ultimi 30 anni ho venduto una media di 15 mila bottiglie l’anno. Anche quando tutta Montalcino ne vendeva 700 mila. Ora puntano ai 10 milioni. Non credo alla moltiplicazione del pane e dei pesci. Non c’è il terreno, non c’è manodopera valida. Sono per il vino senza bisogno di additivi o conservanti. Il produttore deve usare solo le sue uve altrimenti come fa a sapere cosa c’è in un acino?».
Qualche collega l’ha chiamata dopo lo strappo? 
«Non c’è bisogno di parlare, lo sanno bene perché sono uscito dal Consorzio e forse sono contenti. Parlo con poche persone, ma anche perché manca comunità di intenti».
Che pensa della sentenza?
«È stata riconosciuta la tesi del pm Nicolini, sono soddisfatto. Resta da capire il movente. Avevo rimproverato quell’operaio che pulendo i tini aveva sversato acqua sulle querce, danneggiandole. Lui se n’era andato. È strano però che siano trascorsi tre mesi da quel rimprovero alla vendetta. Non è stato un impeto di rabbia. I dubbi restano. Non spetta a me fare indagini, ma da profano direi che un rimprovero non può provocare una reazione così a distanza».


http://divini.corriere.it/2013/03/26/soldera-perche-lascio-il-consorzio-del-brunello/

Leggi anche: 
http://www.caleno24ore.it/wordpress/12139/consorzio-del-brunello-di-montalcino-il-filo-diretto-pignataro-toscana-potrebbe-creare-problemi-ecco-perche.html

Da un po' di tempo a questa parte c'è la ferma volontà, innescata da forze oscure, di distruggere le nostre eccellenze per aumentare i propri profitti.

La Padania? A Sud della Svizzera. Italiani vittime del razzismo elvetico. - Fabio Sebastiani



Due anni e mezzo fa furono ritratti come topi ('Bala i ratt'), ora, con le comunali che si avvicinano,l’immagine che simboleggia l’accusa di essere “ladri di lavoro” è un manifesto con un gruppo di uomini in mutande. Siamo a Lugano, nel “Sud della Svizzera”, in uno dei luoghi simbolo della Padania. A difendere i lavoratori c'è il sindacato Unia che sottolinea la loro insostituibilità. 
Ad interpretare i “neri” sono ottomila lavoratori italiani che ogni giorno attraversano la frontiera per racimolare reddito. Ironia della sorte, il partito che porta avanti l’odiosa campagna si chiama Udc. Niente a che vedere con il “democristo” Pier, ovviamente. Diciamo che sono un po’ più a destra sui temi sociali. Ma il trattamento razzista a due passi dalla casa della Lega fa ugualmente impressione.
Come nella campagna dei 'ratti' anche in questo caso fra i promotori oltre all'Udc vi e' la stessa agenzia pubblicitaria che nel 2010 ideo' l'immagine dei grossi topi che rosicchiavano formaggio emmenthal. "I nostri lavoratori sono messi sotto pressione dagli accordi bilaterali, soprattutto nel settore terziario. Sempre piu' sostituiti da lavoratori frontalieri, i nostri disoccupati tendono inesorabilmente ad aumentare" spiega l'Udc ticinese. Le elezioni comunali si terranno a Lugano, Mendrisio e Terre di Pedemonte il 14 aprile
Le campagne dell'Udc, note in tutta la Svizzera per i toni violenti e xenofobi, hanno precedenti anche in Ticino. Nel caso della campagna "Balairatt" (ballano i ratti) delle legislative, furono raffigurati tre ratti (italiani e romeni) intenti a divorare il formaggio svizzero.
Quest'anno l'attenzione più che sulle fabbriche punta sul terziario e denuncia una sorta di sostituzione tra personale ticinese e italiano, a minor costo, a volte fino al 40% inferiore. I cartelloni chiedono "un po' di lavoro anche per i nostri..."
Il lavoro degli stranieri in Svizzera viene difeso dal sindacato Unia, che nei giorni scorsi ha lanciato una campagna contro la xenofobia distribuendo cartoline e bandiere da esporre sul balcone di casa. Il sindacato mette in evidenza come la Svizzera non possa più funzionare senza le lavoratrici e i lavoratori migranti. Infatti, senza frontalieri e lavoratori stranieri residenti in Svizzera, non sarebbe praticamente possibile costruire case, produrre cioccolata, curare i malati o fare ricerca e innovazione. Basti pensare che il 69 % dei lavoratori edili non ha il passaporto svizzero come pure circa il 60 % delle ricercatrici e dei ricercatori e del personale addetto alla produzione di cioccolato.


http://www.controlacrisi.org/notizia/Politica/2013/3/26/32185-la-padania-a-sud-della-svizzera-italiani-vittime-del/

Ecco spiegato l'innaturato razzismo dei leghisti...adottano con i loro concittadini lo stesso metodo utilizzato dai loro denigratori d'oltralpe.

Direzione Pd, tra no comment e silenzi un camion tampona l’auto di Bersani - Manolo Lanaro



Bocche cucite al termine della direzione Nazionale del Partito Democratico che si è svolto a Roma, in via Sant’Andrea delle Fratte. L’automobile del segretario Pier Luigi Bersani viene posizionata davanti all’ingresso della sede del partito, così da facilitare l’uscita dei partecipanti alla riunione del “parlamentino democratico” convocata per le ore 19 e trasmessa in diretta streaming. Ma ostacolando così il lavoro dei cronisti e delle tv. L’auto ha creato intralcio al traffico ed è anche stata tamponata da un camion in transito. Non si ferma a parlare con i giornalisti neanche Nichi Vendola, che era entrato nella sede del Pd al termine della direzione nazionale. “Non ho niente da dichiarare” dice il leader di Sel prima di entrare in macchina.  


Ora è una certezza: Bersani ed il Pd copiano Grillo e il m5s in tutto...anche con i silenzi.

Con un poco di zucchero. - MASSIMO GRAMELLINI


Massimo Gramellini - Turin, Italy

Stazione di Brescia, treno fermo da un’ora. L’altoparlante interno irradia scuse per il ritardo «dovuto all’investimento di una persona». Qualche passeggero si scruta le tasche del cuore alla ricerca di scampoli di pietà, ma è interrotto dal prorompere stentoreo di una signora: «Non poteva buttarsi sotto un altro treno?» Lo ripete tre, quattro, cinque volte. Chiudo gli occhi per resistere alla tentazione di buttare di sotto lei e mi appare un’immagine di dieci anni prima, quando durante la discesa nella piramide di Cheope fui colto da un malore.  

Mi appoggiai a una parete dell’orrido budello, reprimendo il desiderio di vomitare. Venni scavalcato da una comitiva di tedeschi, che non mi degnò di uno sguardo, e da una di francesi, che mi rivolse smorfie schifate, come se fosse inciampata nei detriti di un debosciato. Poi sentii una voce: «Ehi mister? Mister… ahò!» Alzai gli occhi e nell’oscurità del budello inquadrai la sagoma di un ragazzino con le braccia tatuate e la maglia numero 10 di Totti. Non poteva sapere di che nazionalità fossi: indossavo un capellino da baseball e un giubbotto pieno di scritte in inglese. Ero semplicemente un essere umano. «You are ok?» si informò. Rantolai qualcosa e allora lui cercò la risposta nelle saccocce dei suoi jeans. Estrasse una bustina di zucchero da bar, sudaticcia e spiegazzata, e me la porse.  

In qualche modo riemersi alla luce, ma quella bustina giace tuttora in un cassetto della mia scrivania. Ogni volta che penso a quanto siamo diventati cupi e rabbiosi, apro il cassetto e mi dico che ho torto. Che anche sotto l’egoismo amaro dei disperati giace uno strato di zucchero. Basta scavare.