mercoledì 5 febbraio 2014

Cgil-Fiom, Landini risponde alla Camusso: “Richiesta sanzioni è fatto gravissimo”

Maurizio Landini


Il segretario della Fiom risponde alla leader della Cgil, sottolineando che "abbiamo chiesto di ottenere che i lavoratori possano votare e decidere sugli accordi: una richiesta di democrazia minima".

"Se la Cgil” fosse davvero pronta a denunciare la Fiom agli organi di garanzia del sindacato sull’accordo sulla rappresentanza “sarebbe un fatto gravissimo“. E’ la risposta di Maurizio Landini, segretario della Fiom, alla lettera svelata da Il Fatto Quotidiano con cui Susanna Camusso ha chiesto al Collegio statutario del sindacato di attivarsi contro Landini (leggi il testo) “per appurare se è coerente o consentito che il segretario generale di una categoria, la Fiom-Cgil, affermi che le decisioni del comitato direttivo non sono per lui e per la sua categoria un vincolo”.
Intervenendo a L’economia prima di tutto su Radio1 Rai, Landini ha affermato: “Non ne so nulla, per quello che mi riguarda abbiamo chiesto” alla Cgil “di ottenere che i lavoratori possano votare e decidere sugli accordi. Una richiesta di democrazia minima – spiega il leader Fiom – e se a una richiesta simile ci fosse una risposta della Cgil di questa natura” attraverso gli organi di garanzia del sindacato “sarebbe un fatto gravissimo”. Comunque, ha concluso, “quello che mi interessa è concentrarmi su Electrolux, su Fiat, sui lavoratori in cassa integrazione, su chi è in difficoltà e non ha un lavoro: dobbiamo concentrarci su questi temi”.
Lo scontro tra Landini e Camusso ruota attorno al testo unico di rappresentanza sindacale firmato lo scorso 10 gennaio tra Cgil, Cisl, Uil e Confindustria. “La Cgil non ha accettato la consultazione con i diretti interessati, ovvero i dipendenti a cui sarà applicato il contratto, nonostante lo stesso statuto prevede che gli accordi per essere validi devono essere sottoposti al voto dei lavoratori iscritti“, aveva detto, sottolineando che per questo motivo “la Fiom non si sente vincolata dall’intesa e farà di tutto per reagire alla svolta autoritaria della Cgil”.

Boldrini, l’arbitro fa il tifo in curva. - Andrea Scanzi

Laura Boldrini non si può criticare. Mai. Se lo si fa, arriva puntuale la crivella già usata tanto dalla Fornero quanto dalla Madia: “Sessisti”, “maschilisti”. Questo femminismo caricaturale è peraltro a singhiozzo. Vale per la Boldrini, ma non per la Carfagna o per la 5 Stelle Lupo, che si è presa uno schiaffone da un uomo ma che – secondo gli ultrà boldriniani – in fondo se lo meritava. L’esaltazione della Boldrini non è sfumata neanche dopo la sua decisione di applicare, prima volta nella storia repubblicana, la tagliola o ghigliottina. Un istituto, oltretutto, previsto soltanto a Palazzo Madama. Stava per essere sdoganato nel 2009, durante la discussione sullo scudo fiscale, ma allora il Pd (che poi fece passare lo scudo fiscale grazie all’assenza decisiva di alcuni parlamentari) si oppose: come cambiano i tempi.
La sua elezione alla Presidenza della Camera aveva legittimamente alimentato speranze. Per quanto pressoché nuda di esperienza politica, il curriculum era nobile. Quattordici anni come portavoce dell’Alto commissariato delle Nazione Unite per i rifugiati. Più nominata che eletta, come è uso in Italia, la sua ascesa fu comunque letta come simbolo di cambiamento. Di miglioramento. Che non è arrivato. Dopo neanche un anno, la Boldrini è già una delle più grandi delusioni nella storia recente della politica italiana. Per quel gioco eterno della pagliuzza e della trave, l’informazione ama usare il napalm con l’errore grillino e suole abbondare in buffetti se a sbagliare è Laura. E gli errori 5 Stelle sono pure troppi, dal “boia chi molla” ai “pompini”, dai post su “cosa faresti in macchina con Laura” ai commenti orrendamente violenti e (quelli sì) sessisti comparsi in Rete e poi cancellati.
Facile sparare sui 5 Stelle, e in non rari casi giusto. Solo che, dall’altra parte, la Boldrini è nel frattempo diventata colei che ha ammazzato l’opposizione. Contrappasso spietato, per una donna eletta con Sel e teoricamente vicina alle forze minoritarie. Non appena eletta, forse per celare l’emozione o piuttosto l’inadeguatezza, è scattato in lei il virus doppio della Preside-Macchinista. “Preside”, per giunta con voce monocorde robotica da Super Vicky, perché l’approccio è esattamente lo stesso. E “macchinista”, perché la Boldrini suole limitarsi acriticamente ad applicare regole (talora inesistenti). Mai un po’ di elasticità, mai un briciolo di moral suasionmai la capacità di comprendere il momento. Credeva, evidentemente, che per essere brave bastasse il consenso demagogico. Nulla a che vedere con Pertini, ma neanche – in quel ruolo – con Casini e Fini. Inconsapevolmente innamorata dello sbaglio, più ha errato e più si è trincerata dietro un’arroganza piccata. Con vette di umorismo raro, tipo quando bloccò i 5 Stelle (la sua kryptonite) per avere nominato il Presidente della Repubblica. Voleva essere la nuova Nilde Iotti, ma la Boldrini sta ormai a Napolitano come la Biancofiore a Berlusconi.
Domenica, per difendere l’indifendibile (se stessa), ha invaso i palinsesti Rai. Prima Rai 1 da Giletti, poi Rai 3, da Fazio. Parlando e straparlando, tra un balbettio e l’altro, ha esplicitato la sua incapacità di essere arbitro super partes: puoi essere partigiano come deputata, non come Presidente della Camera.Boldrini ha usato toni durissimi: “(Quello dei 5 Stelle) è un attacco eversivo contro le istituzioni che deve essere respinto da tutte le forze democratiche”; “M5S non sa utilizzare gli strumenti democratici, messi a disposizione dell’opposizione dalla Costituzione (…) Ho visto tanta rabbia e odio invece che la voglia di confrontarsi. Queste cose si sono viste solo in dittatura”. La Boldrini ha anche sostenuto che “chi segue il blog di Grillo è quasi un potenziale stupratore”.
Domenica è circolato anche un tweet della Boldrini in cui si riportava quel concetto. Il tweet si è poi rivelato falso, ma quelle parole restano vere. La Boldrini dovrebbe essere arbitroma non può esserlo chi reputa una forza – votata da quasi 9 milioni di italiani – eversiva. Chiedere alla Boldrini di essere baluardo della democrazia parlamentare è un po’ come chiedere a Lupin di fare la guardia alla Gioconda. Forse la Boldrini dovrebbe ammettere a se stessa che non ha requisiti, competenze e lucidità per ricoprire quel ruolo. E dunque dimettersi.

martedì 4 febbraio 2014

SPARITO L'ORO ITALIANO: LA RISERVA AURIFERA DELLA NOSTRA PATRIA NON E' PIU' IN ITALIA? - Gianni Lannes


 Giorgio Napolitano & Henry Kissinger

Apriamo il dibattito pubblico, allarghiamo il respiro collettivo. Questa volta parliamo di cose serie, non più di signoraggio e strozzinaggio delle banche, della Bce, del Fondo monetario internazionale. Per carità, quisquilie! D'accordo? Però, certi esperti, certi economisti, certi tuttologi fanno pena quando deviano l'attenzione collettiva delle minoranze attive del Belpaese (tipo Mosler) e manipolano il discorso verso temi fuorvianti ed insignificanti! 

Dopo la fregatura europea dell'euro c'è di peggio. Dove sono effettivamente le 2451,1 tonnellate di oro italiano? In via Nazionale a Roma, oppure in Gran Bretagna, Svizzera, Germania e Stati Uniti d'America? Chi ha controllato? In che percentuale le nostre riserve sono conservate all'estero? Esiste un registro? I lingotti sono segnati da numeri seriali?  

http://www.bancaditalia.it/sispaga/riserve/nazionali/tabellaitpd.pdf 

http://www.bancaditalia.it/sispaga/riserve/nazionali

http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/relann/rel12/rel12it/rel_2012.pdf 

Henry Kissinger & David Rockefeller  


Parliamo chiaro, come sempre. Altro che privatizzazione della banca d'Italia, già di fatto acquisita e controllata da banche private ormai da anni. Il nodo cruciale è un altro. 

Gli Stati Uniti d'America hanno sottratto all'Italia l'oro, ossia la nostra riserva aurifera. L'interrogazione parlamentare numero 4/14567 a risposta scritta, presentata da Fabio Rampello e Marco Marsilio il 19 gennaio 2012 al governo Monti non ha mai avuto una risposta. Perché? E per quale motivo, poiché non esiste una ragione giuridica, la banca d'Italia, attualmente non ha neppure la disponibilità della quantità residuale di oro custodita a Palazzo Koch, controllata invece dalla Bce?

 http://aic.camera.it/aic/scheda.html?core=aic&numero=4/14567&ramo=C&leg=16&testo=4%20riserva%20aurea

Esatto, le domande senza prezzo al primo ministro pro tempore Enrico Letta (affiliato alle organizzazioni terroristiche Bilderberg e Trilateral insieme a Mario Monti e tanti altri politicanti tricolori) sono le seguenti: il tesoro italiano è stato trafugato, pardon, trasferito all'estero? Perché l'oro d'Italia non ha più fatto ritorno in patria? A quale titolo gli Stati Uniti d'America (FED)  se ne sono appropriati? Chi lo ha ceduto? 

Mi auguro di essere in errore: ma allora il governo Letta faccia vedere in diretta al popolo sovrano usando le telecamere della Rai (servizio una volta tanto pubblico) il tesoro tricolore, alla presenza di giornalisti realmente indipendenti.

Cos'altro ha celato nel 1992 l'operazione Britannia, a parte la svendita del patrimonio tricolore e il coinvolgimento dei boiardi italiodioti che hanno fatto fulminea carriera, oltre all'eliminazione degli insostituibili magistrati (scogli insormontabili se non con l'uccisione) Falcone e Borsellino?

Allora, mister Giorgio Napolitano, adesso come la mettiamo? Le riserve auree appartengono al popolo italiano ma non alla banca d'Italia né tantomeno alla Bce e alla Fed.

All'Italia occorre un Governo libero e indipendente designato da un vero mandato popolare, non un governicchio allestito con un golpe; soprattutto ci vorrebbero autentici governanti non figuranti dell'ultim'ora.




http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/2014/01/sparito-loro-italiano-la-riserva.html

Ciò che può o non può fare un Presidente della Camera.

@magno                             

Dopo aver controllato la veridicita' delle informazioni contenute nel commento di claudio sarnelli ci e' sembrato opportuno evidenziarlo, e metterlo a conoscenza di tutti.Ringraziandolo per la  precisione e correttezza del sunto, lo postiamo qui' di seguito:

Claudio Sarnelli: presidente della Camera (la Boldrini) Io come cittadino italiano non vorrei vedere mai più scene del genere in parlamento. Ci sono delle regole democratiche da rispettare.
- NON PUO accettare decreti che contengano argomenti riguardanti più temi, in quanto anticostituzionali.
- Accertato che il decreto fosse incostituzionale per il suddetto motivo avrebbe dovuto farlo immediatamente decadere.
- Avrebbe dovuto chiedere spiegazioni a Napolitano sul perchè abbia firmato un decreto incostituzionale.
- NON PUO schierarsi con nessuno in quanto DEVE essere super partes, e DEVE garantire che le opposizioni possano appunto fare opposizione e dandogli il diritto di parola quando la maggioranza tenta di metterli a tacere (invece che fa, li fa tacere lei direttamente con la ghigliottina!)
- L'uso della ghigliottina è prerogativa del Senato NON della Camera (art. 78, comma 5 e art. 55, comma 5), l'uso alla Camera non è previsto dalla Costituzione (infatti alla Camera non è MAI stata usata prima d'ora).
- La ghigliottina, nonostante non sia permessa alla Camera è stata usata e ben 4 ore prima dei termini per il decadimento del decreto (che doveva comunque far decadere in quanto incostituzionale), quindi le opposizioni avrebbero potuto avere diritto di parola per oltre 3 ore. Anche se parzialmente, la presidente doveva dare la possibilità di far esprimere le opposizioni perchè è deputata proprio a questo ruolo.
- NON PUO esprimere parere politico (come invece sta facendo in interviste e programmi tv) in quanto dichiara palesemente di non essere più super partes quindi di non poter garantire alle minoranze politiche (opposizioni) la "protezione" e DEVE essere quindi rimossa dal suo incarico.

Ecco, questo è ciò che, secondo la legge, può o non può fare un presidente della Camera.

Dopo aver controllato la veridicita' delle informazioni contenute nel commento di Claudio Sarnelli ci e' sembrato opportuno evidenziarlo, e metterlo a conoscenza di tutti.Ringraziandolo per la precisione e correttezza del sunto, lo postiamo qui' di seguito:

Claudio Sarnelli: presidente della Camera (la Boldrini) Io come cittadino italiano non vorrei vedere mai più scene del genere in parlamento. Ci sono delle regole democratiche da rispettare.
- NON PUO accettare decreti che contengano argomenti riguardanti più temi, in quanto anticostituzionali.
- Accertato che il decreto fosse incostituzionale per il suddetto motivo avrebbe dovuto farlo immediatamente decadere.
- Avrebbe dovuto chiedere spiegazioni a Napolitano sul perchè abbia firmato un decreto incostituzionale.
- NON PUO schierarsi con nessuno in quanto DEVE essere super partes, e DEVE garantire che le opposizioni possano appunto fare opposizione e dandogli il diritto di parola quando la maggioranza tenta di metterli a tacere (invece che fa, li fa tacere lei direttamente con la ghigliottina!)
- L'uso della ghigliottina è prerogativa del Senato NON della Camera (art. 78, comma 5 e art. 55, comma 5), l'uso alla Camera non è previsto dalla Costituzione (infatti alla Camera non è MAI stata usata prima d'ora).
- La ghigliottina, nonostante non sia permessa alla Camera è stata usata e ben 4 ore prima dei termini per il decadimento del decreto (che doveva comunque far decadere in quanto incostituzionale), quindi le opposizioni avrebbero potuto avere diritto di parola per oltre 3 ore. Anche se parzialmente, la presidente doveva dare la possibilità di far esprimere le opposizioni perchè è deputata proprio a questo ruolo.
- NON PUO esprimere parere politico (come invece sta facendo in interviste e programmi tv) in quanto dichiara palesemente di non essere più super partes quindi di non poter garantire alle minoranze politiche (opposizioni) la "protezione" e DEVE essere quindi rimossa dal suo incarico.

Ecco, questo è ciò che, secondo la legge, può o non può fare un presidente della Camera.

Carlo Freccero



Carlo Freccero in diretta a Otto e Mezzo: 

« Io ho parlato molto spesso di Grillo criticandolo. Anche aspramente. Di certo non posso definirmi 'grillino', perché non lo sono. Quando il M5S entrò in parlamento lo definìi un'armata Brancaleone! Ma io devo essere onesto: io oggi sono veramente impressionato, molto colpito da questi ragazzi. Mi hanno insegnato tante cose in questi mesi. Dimostrano una competenza, una capacità, un'abilità in Parlamento che molti altri partiti non hanno assolutamente! Tra questi il vice-presidente della Camera Luigi Di Maio, il deputato Alessandro Di Battista, una persona che a differenza di Renzi potrebbe davvero vincere. Sanno affrontare la TV, lavorano sui dossier, rappresentano un cambiamento totale! »

https://www.facebook.com/photo.php?fbid=686220108082696&set=a.177181535653225.35255.177013559003356&type=1&theater

lunedì 3 febbraio 2014

Laura Boldrini: al lupo al lupo arriva il fascismo. - Saverio Lodato

lodato-boldrini
A leggere le dichiarazioni di certi politici riportate enfaticamente da giornali e televisioni, sembra che l’Italia sia eternamente sull’ orlo del precipizio. Che abbia le ore, anzi, i minuti contati. Il fascismo è alle porte. E’ in atto un disegno eversivo. Stanno scardinando le fondamenta della democrazia. Vogliono paralizzare e sabotare il Parlamento. C’è un complotto contro il capo dello Stato. C’è un complotto contro il capo del governo. Il nuovo fascismo è alle porte. E’ tornato di moda lo squadrismo. E potremmo continuare all’infinito, con questo diffusissimo "al lupo, al lupo" che sembra non risparmiare più nessuno.
Favoletta vuole che quando il lupo finalmente arrivò, nessuno ci credeva più, e il lupo ebbe partita vinta. Allora, andiamoci piano, per favore. Dovesse accadere che il lupo arriva per davvero e poi nessuno se ne accorge…
Magari commetteremo un grande errore di superficialità, non saremo all’altezza di una lettura approfondita della situazione politica e istituzionale, non vedremo tanto lontano come i più accreditati osservatori politici, ma siamo sereni, fiduciosi, tranquilli: il fascismo non è alle porte, le fondamenta della democrazia non stanno per essere scardinate, complotto scaccia complotto (un po’ come chiodo scaccia chiodo), semmai, questo sì, c’è un bel manipolo di mascalzoni - individuati e riconosciuti - che si è insediato in tutti i piani della piramide istituzionale e da troppo tempo spadroneggia in danno dell’intera collettività.
Ma per non prenderla troppo alla lontana, va detto che scriviamo queste note sull’onda mediatica (enorme) dell’"affaire Boldrini". La presidente della Camera, infatti, è stata volgarmente apostrofata da alcuni giudizi via Internet talmente ripugnanti che si sono infatti ritorti come un boomerang contro gli stessi autori firmatari.
Laura Boldrini, presidente della Camera, si è difesa e ha contrattaccato, con numerose interviste televisive e ai giornali, ottenendo tutta la solidarietà che le era dovuta in un caso come questo.
Secondo noi, però, ha strafatto.
Infatti  – a costo di apparire politicamente maleducati, maleducatissimi e qualunquisti, qualunquistissimi - osiamo dire che, fra le tante cose giustissime dette in tutela della sua onorabilità, della sua dignità, e dell’incarico che ricopre - una, la Boldrini, ne ha detta di pessimo gusto. E di repellente contenuto.
Questa: "I commenti sul blog di Grillo sono scritti da potenziali stupratori". 
Frase pacchiana. E non poteva, e non doveva dirla, pur liberissima di pensarla così fra le mura di casa sua, proprio per l'altissimo incarico ricoperto; alias, la terza carica dello Stato. E la terza carica dello Stato non può scendere di livello sino a questo punto.
Un movimento per il quale hanno votato otto milioni di italiani, può essere visto come un territorio in cui possono mimetizzarsi, facendola franca, "potenziali stupratori"? Certo che no.
Quando qualche giorno fa un pacco contenente una testa di maiale è stato recapitato alla Sinagoga di Roma, forse che gli israeliani hanno detto che in Italia siamo alla "vigilia di un nuovo Olocausto"? Certo che no.
Quando qualche settimana fa, il ministro Kyenge, è stata crocifissa dalla Lega, e dai suoi massimi rappresentanti istituzionali - ripetutamente, ossessivamente - per il colore della sua pelle, lei ha forse contrattaccato dicendo che in Italia siamo alla vigilia dell’ Apartheid o che "i barbari sognanti", che piacciono tanto a Maroni, sono le cellule di un nuovo Ku Klux Klan in salsa italica? Certo che no.
Corrado Augias, in risposta a quell’imbecille che - orgogliosamente (e, parafrasando Dante, verrebbe da dire: più che l’imbecillità poté l’orgoglio) - ha dichiarato di aver bruciato un suo libro, ha forse annunciato di voler espatriare dall’Italia, come il giovane filosofo ebreo Leo Lowenthal che lasciò la Germania perché sconvolto dal "rogo dei libri" voluto da Hitler? Certo che no.
Speriamo che si sia capito quello che intendiamo dire. C’è però qualcosa che resta sullo sfondo e, francamente, ci irrita. A quando, ad esempio, una presa di distanza "forte e  chiara" della presidente della Camera da quel "Questore" che ha rifilato a freddo un bel ceffone a un’onorevole grillina? Le donne vanno sfiorate solo con un fiore, scrisse qualcuno. E qualcuno ha forse detto che i "picchiatori" la fanno da padroni in Parlamento? Certo che no. Ma una parolina, la Boldrini poteva dirla. Giusto?
Poi, che sia stata Laura Boldrini, presidente della Camera, non solo ad avvalersi della "ghigliottina" parlamentare, ma a non aver mosso un dito per scorporare la telenovela dell’Imu dall’horror delle regalie agli istituti di credito, sono fatti. Fatti di solare evidenza.
Finiamola qui.
Notizia di oggi: "L’Unione europea: La corruzione in Italia vale 60 miliardi, metà del totale d’Europa".
Ci permettiamo di suggerire alla presidente della Camera di dire la sua anche su questo argomento: appena il caso che l’ha investita si sarà placato, rifaccia il giro delle sette chiese televisive e giornalistiche, e usi la durlindana un’altra volta. Agli occhi degli italiani, anche un simile tasso di corruzione è ripugnante.

Se..... - Sergio Di Cori Modigliani




"Alla violenza inaudita del potere contro il M5S non si risponde abboccando, ma tramutando la rabbia in azioni intelligenti e inattaccabili che deridono il potere: senza insulti volgari ( perche' loro vogliono insulti volgari ), con uno sberleffo ironico, un sorriso di compatimento, il silenzio di chi li ignora, perche' e' necessario andare oltre. Questa e' una guerra ( prima di tutto psicologica) che si combatte e si vince senza violenza, con l'intelligenza, la forza di volontà, contro-informando. Loro ti danno del "violento"? sii ancora più pacifico; ti danno del "volgare" ? sii ancora più educatamente spietato nel denunciare le loro malefatte.... "

          Matteo Incerti , capo ufficio stampa gruppo parlamentare al senato di M5s




Secondo la presidente della Camera dei Deputati, onorevole Laura Boldrini, io sarei un potenziale stupratore. Ha dichiarato pubblicamente che lo sono tutti i frequentatori del blog di Beppe Grillo. Il che consente, legalmente, al commissario di polizia del mio quartiere, nella città dove risiedo e abito, di poter aprire una cartellina "informativa" sulla mia persona e sulla mia attività, perchè rappresento un pericolo sociale per la comunità. E' a rischio anche la mia compagna, se non altro sono a rischio i suoi nervi, essendo la convivente di un potenziale stupratore ma allo stesso tempo avendo scoperto che le istituzioni della Repubblica considerano anche lei un potenziale stupratore. 
Una new entry sociale esistente soltanto in Italia: da ieri sera hanno stabilito che anche le cittadine italiane di sesso femminile sono potenzialmente delle stupratrici. Una novità sociologica che può aprire una stagione di profondi dibattiti antropologici. E' la modalità con la quale la terza carica istituzionale dello Stato vive e interpreta il Senso delle pari opportunità di genere.

Basterebbe questo per qualificare la nostra Repubblica come un paese anormale.
No comment.

Ma se invece, l'Italia, fosse un paese normale, di che cosa si parlerebbe oggi?
Di che cosa avremmo parlato, discusso, litigato, dibattuto e argomentato nelle ultime due settimane?
Quali sarebbero stati i titoloni, oggi, sulle prime pagine dei quotidiani?.

Ecco come si vivrebbe in un paese normale:
A caratteri cubitali, sulla prima pagina, avremmo trovato la notizia del giorno:


Confindustria: è scontro industriali-governo
Gli imprenditori vanno all'attacco dell'esecutivo, lamentando i mancati pagamenti dei crediti alle imprese e denunciando la violazione della normativa Ue. Giorgio Squinzi dichiara: "O si cambia passo o il governo se ne va e andiamo subito al voto".

Poichè non siamo un paese normale, la dichiarazione del Presidente di Confindustria non ha meritato nessuna attenzione da parte della cupola mediatica, sia cartacea che televisiva. Vanno, invece, a caccia dei potenziali stupratori seriali.

Io scelgo, invece, di fingere di vivere in un paese normale, e quindi mi occupo della questione principale di cui si occuperebbero tutti in Usa, in Gran Bretagna, Olanda, Belgio, Cekia, ecc.
Da cui la prima domanda: perchè e come mai un solido imprenditore, noto per la sua caratura razionale, moderata, diplomatica, con grande esperienza di gestione dei rapporti industriali con il mondo della politica italiana, fa il salto della quaglia, e annuncia l'autentico teatro dello scontro in atto -preavviso di una furiosa battaglia- facendo intendere che non soltanto è falso sostenere che la crisi è finita e risolta, ma addirittura fornisce cifre, date e dati, in netta opposizione a quelli rilasciati dal governo? Perchè questo attacco frontale?
C'è un motivo.


Ed è l'occhio del ciclone che l'oligarchia al potere non vuole che si veda.
Tantomeno vogliono che se ne parli.
A questo serve l'arma di distrazione di massa (e per le masse) che ha lanciato il nuovo gioco sociale, immediatamente divenuto un trend collettivo sui social network, introdotto dal suo eccezionale testimonial istituzionale: tu a quale categoria di stupratore appartieni?

Giorgio Squinzi è un professionista italiano di successo, un imprenditore "normale". 
Produce oggetti che poi vengono venduti e consumati: si chiama attività industriale. Rappresenta gli interessi di coloro che sono gli unici a poter avviare la ripresa del paese, perchè sono gli unici a essere in grado di inventare ciò di cui l'Italia ha bisogno: lavoro e occupazione. Da cui deriva il profitto -per chi rischia il capitale- e il reddito -per i salariati che lavorano- producendo un meccanismo automatico di circolazione della moneta reale che abitualmente fa ripartire il volano del consumo interno, e quindi alimenta la diffusione di benessere, consentendo la ripresa del ciclo economico. E gli industriali italiani hanno capito che questo governo porterà in brevissimo tempo il paese verso il totale fallimento perchè ha scelto la strada esattamente opposta a quella necessaria da percorrere per far riprendere l'economia: togliere risorse finanziarie alle imprese e spostarle nel campo della finanza.

Un tempo, gli imprenditori italiani erano legati a doppio filo alla classe politica, e le loro sorti erano vicendevoli, con i sindacati e le istituzioni che fungevano da intercapedine per gestire le diseguaglianze sociali, e fare in modo di aumentare la ricchezza collettiva allargandolo a uno spettro sempre più ampio di popolazione. Non è più così.
E' la ragione principale per cui l'attuale classe dirigente governativa non è in grado di prospettare in alcun modo una politica industriale e una strategia di impiego: non le interessa.

Il mondo dell'imprenditoria non è più legato alla politica.
La politica viene ormai foraggiata dalla finanza che si è impossessata del mercato, e ha trasformato le istituzioni governative in mere centrali operative di interessi finanziari decisi altrove, al di fuori dell'Italia. La prova lampante di ciò che è accaduto nelle ultime settimane sta proprio nel varo della nuova legge su Bankitalia, e sulla scelta della presidente della Camera di applicare la cosiddetta ghigliottina, considerandola una "normativa di importanza strategica per il funzionamento dello Stato". 
Come mai questa improvvisa emergenza? 
C'era tutta questa fretta? 
Poteva essere avviato un dibattito in aula, su quella legge? 
Perchè, proprio adesso, invece di rimandarla a dopo e intanto dibattere sulle riforme?

C'è un motivo, ed è quello di cui non vogliono che noi parliamo.
E' una vecchia conoscenza: si chiama Monte dei Paschi di Siena.
Si sapeva che il caso sarebbe finito in parlamento.
E così è stato.
E' avvenuto nella maniera peggiore: all'italiana.

E' iniziato tutto a Bruxelles, circa tre mesi fa, quando la apposita commissione europea ha stabilito che la banca senese doveva rispettare gli obblighi presi con il precedente governo Monti e doveva restituire -con gli interessi dovuti- i 4 miliardi di euro avuti nell'autunno del 2012. Erano i soldi della rata dell'Imu che finirono in Mps. La commissione finanza europea ha inviato una lettera alla Banca d'Italia, una al governo, una specifica al Ministero del Tesoro. Siccome si trattava di una questione formale e sostanziale che era pubblica (non c'era nulla di segreto) ha rilasciato anche una nota ufficiale a disposizione dell'ufficio stampa. 
Lì è intervenuto il governo italiano. 
Gli ha impedito che la nota venisse diffusa.
Ha fatto in modo che la commissione di Bruxelles non rendesse pubblica la vicenda (in realtà apparentemente irrilevante) e hanno cominciato a discutere della vicenda. A Bruxelles si sono insospettiti e hanno avviato una procedura di controllo. Come è andata a finire? 
Ecco la risposta: il governo, il Ministero del Tesoro, il Ministero delle Finanze e il Ministero degli Interni, hanno provveduto a iscrivere l'intera questione patrimoniale relativa alla Banca Monte dei Paschi di Siena sotto la dizione "Segreto di Stato". 
E a Bruxelles sono stati costretti a fermarsi per non provocare un incidente diplomatico.

Va da sè che a nessun italiano è stata detta neppure una parola, nè tantomeno c'è stato nessun giornalista (soprattutto quelli economici) che ha diffuso la notizia. Perchè il buco di Mps si è allargato a dismisura, diventando un gigantesco calderone che ha coinvolto l'intero sistema bancario nazionale. Non solo. La banca avrebbe dovuto dimostrare come dove quando e per quanto aveva utilizzato i 4 miliardi di euro ricevuti dallo Stato, perchè così prevedeva la clausola della commissione europea finanze che aveva consentito a Monti di avviare il prestito. Poichè è diventato un "segreto di Stato", la banca, adesso risponde soltanto al Ministero degli Interni, a quello della Difesa e al Presidente della Repubblica. 
Fine dei giochi.

In un paese normale si sarebbe avviata una interpellanza parlamentare basata sul principio "ce lo chiede l'Europa". 
Non da noi.
Una volta messa la toppa grazie all'imbavagliamento dell'Europa (che cosa ci avranno chiesto in cambio per accettare?) Saccomanni è andato a elemosinare presso le grandi banche. Perchè, oltre alla mancata restituzione dei Monti bonds c'era anche l'aggiunta del fatto (e qui entra in gioco il nostro bravo Squinzi) che dei famosi 40 miliardi di euro "ufficialmente" stanziati nel marzo del 2013, divenuti poi -così aveva dichiarato Saccomanni- "20 immediatamente" il 30 giugno 2013 e poi altri 20 miliardi "entro e non oltre il 30 settembre 2013" da destinare ai crediti dovuti alla piccola e media industria, ebbene....non è arrivato neppure un euro. Nada de nada.
Nel frattempo sono fallite diverse migliaia di aziende e quindi è diminuito il gettito fiscale per lo Stato e le banche hanno iniziato ad accumulare perdite per crediti inesigibili. Poichè il sistema bancario italiano è -per l'appunto- "italiano", cioè anormale, ovvero non esiste la concorrenza tra le banche (nonostante in teoria siano aziende private) ma sono tutte interconnesse tra di loro dato che possiedono giornali, televisioni, fondazioni, e sono i proprietari delle esistenze della classe dirigente politica,  si passano debiti e crediti tra di loro a seconda di come gira il vento. Queste banche sono venute a battere cassa allo Stato che ha avuto la bella pensata di varare il fantomatico decreto legge che ha dato inizio la scorsa settimana alla rissa parlamentare. 
In tal modo, Banca Intesa si è trovata diversi miliardi di euro da poter spalmare tra tutte le banche del consorzio politico e nel calcolo degli azionisti (nuovi proprietari di Bankitalia) ci sono finiti anche il gruppo Allianz (tedesco) e altri importanti gruppi italiani (solo di firma) che appartengono alle banche tedesche.
Che cosa ha fatto Banca Intesa non appena ha saputo che la Boldrini aveva dato il via al decreto legge? Ha dato ordini ai propri dirigenti di avviare il credito alle imprese come aveva promesso a Squinzi?
Nient'affatto.

Si è fatta i conti e ha calcolato che ha un buco di ben 55 miliardi di euro di cui nessuno aveva mai parlato: è la cifra ufficiale (lo ripeto a scanso di equivoci: ufficiale) che la seconda banca nazionale italiana ha accumulato sotto la ipocrita voce "crediti in sofferenza"; questa locuzione drammatica, tradotta in termini reali vuol dire "debiti dovuti da imprenditori che nel frattempo si sono suicidati, oppure sono falliti, oppure sono scappati via oppure sono rovinati".
E così ha deciso di "inventare" una Bad Bank, un'idea diabolica della tecnica bancaria: una banca virtuale che assorbe tutte le perdite sulle quali costruire un bel derivato speculativo, per cui sulla carta il debito scompare perchè lo ha "acquistato" una banca terza.

Ecco perchè era fondamentale per il governo italiano votare quel decreto.
Ecco perchè era fondamentale per il governo italiano che nessuno dibattesse.
Ecco perchè seguita a essere fondamentale per il governo italiano che la cittadinanza si occupi e si preoccupi degli stupratori seriali piuttosto che dei propri conti correnti.
Ecco perchè è fondamentale evitare che esista in maniera attiva un pericoloso gruppo parlamentare come quello di M5s che, all'improvviso, e in un qualunque momento, può rompere le uova nel paniere al sistema bancario italiano legato a doppio filo all'attuale dirigenza politica.
Ecco perchè Squinzi è insorto.
Gli hanno spiegato che l'industria italiana che complessivamente accusa un credito di ben 116 miliardi di euro dovuti non ne vedrà neppure uno, non vedranno neppure un dollaro, neppure una sterlina, neppure uno yuan, neppure una corona danese. 
Lo Stato è al servizio delle proprie Istituzioni politiche, le quali sono alimentate e foraggiate da un circuito di corruttela continua e permanente, gestito dai consorzi bancari attraverso il meccanismo perverso delle fondazioni che le controllano, e quindi i soldi di Bankitalia non finiranno sul mercato dei capitali per avviare l'economia, bensì rimarranno all'interno di un circuito chiuso i cui garanti guardiani sono i deputati nominati che votano a comando.

Di tutto ciò ne hanno parlato soltanto due testate: Il Fatto Quotidiano in Italia (articolo pubblicato in data 2 Febbraio 2014) e il britannico Financial Times che annuncia agli investitori internazionali il varo della Bad Bank di Banca Intesa, grazie ai soldi ottenuti.

Questo è il teatro nel quale ci muoviamo.
Ditemi voi: che cosa c'entrano i potenziali stupratori?

Ecco, qui di seguito, il succinto commento di Marin Arnold e Rachel Sanderson apparso sul Financial Times di ieri che sta provocando in borsa l'emorragia dell'intero sistema bancario nazionale e poi, a seguito, il pezzo -davvero ottimo- a firma Giorgio Meletti, pubblicato l'altro ieri su Il Fatto Quotidiano.

Buona lettura, cari stupratori seriali.



Intesa move reignites ‘bad bank’ debate
By Martin Arnold in London and Rachel Sanderson in Milan. 
February 2nd 2014

Intesa Sanpaolo is working on plans to become the first Italian lender since the financial crisis to set up an internal “bad bank” by setting aside a chunk of its €55bn of gross non-performing loans ahead of banking stress tests by the European regulator. Carlo Messina, Intesa’s new chief executive, and chairman Giovanni Bazoli are expected to discuss the move with shareholders of Italy’s second-biggest bank by market capitalisation in the next few weeks, according to people familiar with the matter. They are due to present their new strategic plan alongside annual results on March 28. Intesa declined to comment.

http://www.ft.com/cms/s/0/d735e96a-8c00-11e3-bcf2-00144feab7de.html#axzz2sG8jhiRw


Monte dei Paschi, il mistero dei bilanci è un segreto di Stato


Monte dei Paschi di Siena

Da due mesi il governo italiano impedisce agli uffici di Bruxelles di rendere nota la decisione con cui la Commissione europea il 27 novembre scorso ha imposto alla banca senese di restituire entro il 2014 tre dei quattro miliardi di aiuti di Stato ottenuti un anno fa. - di Giorgio Meletti

Il documento chiave è secretato. Da due mesi il governo italiano impedisce agli uffici di Bruxelles di rendere nota la decisione con cui la Commissione europea ha imposto il 27 novembre scorso al Monte dei Paschi di Siena di restituire entro il 2014 tre dei quattro miliardi di prestito statale (i cosiddetti Monti bond) ottenuti un anno fa. Il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni si avvale del diritto di espungere dal testo “informazioni considerate confidenziali”. Un lavoro di sbianchettatura evidentemente laborioso che indica come la vicenda Mps sia ormai affare di Stato.
Il triangolo delle Bermude - Il comunicato emesso lunedì scorso dalla Banca d’Italia lo conferma. Il governatore Ignazio Visco e il direttore generale Salvatore Rossi hanno ricevuto – con un rappresentante del ministero dell’Economia – il presidente di Mps Alessandro Profumo con l’amministratore delegato Fabrizio Viola e il presidente della Fondazione Mps (azionista di controllo della banca) Antonella Mansi con il direttore generale Enrico Granata. Banca, vigilanza e governo – intorno a un tavolo triangolare sempre più somigliante al triangolo delle Bermude – comunicano la loro compattezza: “L’incontro si è svolto in un clima costruttivo, nella responsabile consapevolezza di tutte le parti che il Monte possa continuare a rappresentare una realtà bancaria importante nell’economia del Paese, a condizione di poter contare su un adeguato supporto patrimoniale e su un assetto azionario stabile”. In termini calcistici lo schema di gioco adottato è il catenaccio. Adesso tenete bene a mente l’espressione “adeguato supporto patrimoniale” per capire che cosa c’è sotto.
Tutto comincia nell’autunno del 2011. Lo spread supera quota 500, nasce il governo Monti. L’Eba (European banking authority) ordina a Mps una trasfusione di capitali freschi da 3,3 miliardi di euro. La banca senese è pesantemente esposta sui titoli di Stato italiani, la cui perdita di valore è misurata dall’impennata dello spread. Scatta l’allarme. Il direttore generale Antonio Vigni viene sostituito con un uomo di fiducia della Banca d’Italia, Viola. Il presidente del Monte, Giuseppe Mussari, prima minaccia un ricorso alla Corte di giustizia europea contro la raccomandazione Eba, ma poco dopo si dimette. I suoi amici del Pd senese e nazionale chiamano Profumo.
Per quasi tutto il 2012 il nuovo vertice tratta la crisi Mps come difficoltà fisiologica. Il 9 ottobre 2012, agli azionisti che invocano l’azione di responsabilità contro Mussari, Profumo replica seccamente: “Non abbiamo elementi”. È vero che già dai primi di maggio il Monte dei Paschi è oggetto di perquisizioni a tappeto per l’inchiesta sulla acquisizione della banca Antonveneta, l’operazione del novembre 2007 che segna l’inizio della fine. Ma il 20 giugno Mussari è stato confermato presidente dell’Abi, l’associazione delle banche, all’unanimità. E, soprattutto, il 9 ottobre Profumo non ha elementi, però il 10 ottobre Viola scova in fondo a una cassaforte in uso al suo predecessore Vigni l’ormai celebre mandate agreement, la prova che inchioderebbe Mussari, oggi a processo per ostacolo alle autorità di vigilanza. Nei giorni scorsi la dirigente della Consob Guglielmina Onofri ha testimoniato al tribunale di Siena che gli uomini di Viola avevano già trovato il 20 settembre – venti giorni prima – copia di contratto, con l’indicazione che l’originale si trovava in quella cassaforte. Elio Lannutti, presidente dell’associazione di risparmiatori Adusbef, ha denunciato Viola per falsa testimonianza.
Per capire tante stranezze va spiegato il mandate agreement. Nel 2009 Mussari sta andando con i conti in rosso sotto il peso della sciagurata acquisizione di Antonveneta, pagata 9 miliardi quando ne valeva forse la metà. Per rinviare i problemi convince Nomura e Deutsche Bank a ricontrattare operazioni che vedono Mps in forte perdita. Le due banche fanno il favore, ma a fronte della ricontrattazione con cui rinunciano ai guadagni di due operazioni (rispettivamente Alexandria e Santorini) ottengono una nuova complicata manovra su titoli di Stato (Btp a scadenza 2034) con cui si rifanno abbondantemente ma a lungo termine, consentendo a Mussari di nascondere per un po’ il buco del bilancio.
Gli ispettori di Consob e Bankitalia notano già a fine 2011 queste operazioni in pesante perdita, ma fare cattivi affari non è vietato. E al processo, incalzati dalle domande della difesa di Mussari, argomentano che senza il mandate agreement, il contratto che appunto lega le due operazioni (Btp 2034 e ristrutturazione Alexandria), l’operazione in Btp restava un’operazione in Btp, anche se somigliava terribilmente a un “derivato sintetico” con perdita automatica incorporata.
Come cambia il pensiero di Profumo - La distinzione è decisiva per capire la portata dell’affare di Stato. L’esistenza del mandate agreement viene rivelata dal Fatto il 22 gennaio 2013, con un articolo di Marco Lillo. Lo scandalo esplode e Mussari si dimette dall’Abi. Due giorni dopo a Siena si svolge un’infuocata assemblea degli azionisti, chiamati a un aumento di capitale da 4,1 miliardi al servizio della eventuale conversione dei Monti Bond. Infatti a dicembre 2012, prima dello scandalo, Profumo ha avuto dal governo Monti un prestito di quell’importo, perpetuo ma convertibile in azioni quando lo decida la banca. Trattandosi di un aiuto di Stato, la Commissione europea dà la necessaria approvazione, provvisoria in attesa di un piano di ritrutturazione della banca. All’assemblea del 25 gennaio, nonostante la fresca scoperta dei derivati nascosti di Mussari, Profumo non perde l’aplomb: “La necessaria richiesta del supporto pubblico si riconduce prevalentemente alla crisi del debito sovrano e solo in misura minore anche alle attività di verifica ancora in corso sulle operazioni Alexandria, Santorini e Nota Italia di cui tutti parlano”. Profumo ha dunque chiesto gli aiuti di Stato lamentando difficoltà esogene, come si dice in gergo, cioè non dovute alla gestione di Mussari ma alla crisi mondiale. Il commissario europeo alla Concorrenza, Joaquin Almunia, se ne ricorderà.
Il 6 febbraio Mps comunica di aver calcolato in 730 milioni la perdita su Alexandria e Santorini. All’assemblea degli azionisti del 29 aprile successivo torna in ballo l’azione di responsabilità contro Mussari, e Profumo sfodera un argomento opposto rispetto a tre mesi prima: “La rilevazione operata a fini Eba a fine settembre 2011 ha evidenziato per la Banca una riserva AFS negativa per 3,2 miliardi circa (di cui 1,2 miliardi imputabili all’operazione Nomura e 870 milioni imputabili all’operazione Deutsche Bank), costringendo la Banca a ricorrere a onerose azioni di rafforzamento patrimoniale”. Dunque le operazioni di Mussari hanno lasciato in eredità un buco patrimoniale di 2,07 miliardi, che Profumo fino a quel giorno aveva ascritto alla “crisi del debito sovrano”.
Qui parte l’attacco di Almunia. A luglio 2013 scrive a Saccomanni (fino a due mesi prima direttore generale della Banca d’Italia) minacciando l’Italia di una procedura d’infrazione sugli aiuti di Stato a Mps. Ai primi di settembre, a Cernobbio, scopre le carte. Prima dichiara che l’aumento di capitale da un miliardo prospettato da Profumo è insufficiente. Poi concorda con Saccomanni che l’aumento dovrà essere da tre miliardi, finalizzati alla rapida restituzione del 74 per cento dei Monti Bond. Strano. Profumo lavora su un rafforzamento patrimoniale da 5,1 miliardi (4,1 di Monti Bond più un miliardo di aumento di capitale). Almunia invece impone di restituire 3 miliardi di Monti Bond, e, siccome un decimo dell’aumento di capitale da 3 miliardi va in spese, la banca ci deve mettere 300 milioni suoi, mentre svanisce anche il miliardo di maggior patrimonio che Profumo voleva chiedere al mercato. Risultato: il di cui sopra “adeguato supporto patrimoniale” scende da 5,1 a non più di 3,8 miliardi, e per Mps non è una bella notizia.
Le ragioni del castigo inflitto da Almunia a Mps – compreso il ridimensionamento da terza banca italiana a banca regionale – sono scritte nel documento che il governo italiano non vuole rendere pubblico. All’assemblea del 28 dicembre scorso l’azionista Giuseppe Bivona, rappresentante del Codacons, ha sostenuto, logica e Trattato europeo alla mano, che Almunia, imponendone la restituzione, ha di fatto bocciato gli aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 108 del trattato europeo, secondo il quale una mazzata simile è ammessa se “tale aiuto e` attuato in modo abusivo”. Ma attenzione: la scelta di rimborsare i Monti Bond, indebolendo la banca e ribaltando una decisione di pochi mesi prima, è tutta italiana. Per Almunia andava bene anche la conversione in azioni dei Monti Bond, che avrebbe nazionalizzato il Monte quasi azzerando gli azionisti attuali, a cominciare dalla Fondazione. Per Bruxelles basta che gli azionisti non risolvano i loro problemi con i soldi di Pantalone. Perché dunque gridare in coro “tutto ma non la nazionalizzazione!”, visto che i soldi dei contribuenti erano stati già versati senza rimpianti un anno fa? Forse per evitare che un giorno emergano altre sorprese che – trattandosi di banca controllata dallo Stato – gravino sui conti pubblici. Qui si può solo formulare un’ipotesi, visto che il documento ufficiale è segretato nell’evidente imbarazzo di banca, vigilanza e governo.
Fino a che Mussari era presidente dell’Abi… - Per tutto il 2012 Profumo e Viola, in sintonia con Bankitalia e Consob, non hanno visto i perniciosi derivati del presidente dell’Abi in carica, continuando a battezzarli come operazioni in Btp. Così anche dopo la scoperta del mandate agreement Mps ha continuato a contabilizzare quelle operazioni esattamente come le contabilizzava Mussari, che è sotto processo per ostacolo alla vigilanza ma non per falso in bilancio. Lo ha confermato Viola il 28 dicembre scorso: “In data 10 dicembre 2013, la Consob ha di fatto confermato il trattamento contabile applicato dalla banca, che risulta conforme ai principi contabili IAS/IFRS ed è stato concordato con i revisori esterni Kpmg sino al 2010 e Ernst & Young dal 2011”. È quel “di fatto” a segnalare una continuità quantomeno sospetta. Infatti, a dimostrazione di una situazione confusa, la stessa Consob ordina a Mps anche di allegare al bilancio i cosiddetti prospetti pro-forma, che mostrano il bilancio come sarebbe se quelle operazioni in Btp fossero considerate derivati: con miliardi di euro che vanno e vengono da una partita all’altra. Adesso l’unico obiettivo del triangolo Mps-Bankitalia-governo è portare a casa al più presto l’aumento di capitale da 3 miliardi: eviterebbe le insidie della nazionalizzazione e coprirebbe tutto, prima che dal nuovo esame europeo di fine anno (in gergo asset quality review) emerga un nuovo fabbisogno di capitale. O che dal documento secretato di Almunia i mitici mercati scoprano qualche scomoda verità.