domenica 6 aprile 2014

Bussi, preoccupa mercurio in scampi.

 (foto: ANSA)

Forum Acqua rilancia indagine internazionale, agire subito.
"Valori preoccupanti di mercurio negli scampi pescati nel 2009 di fronte a Pescara, nel raggio di 40 miglia, anche nella parte commestibile". È quanto emerge da uno studio condotto da un team dell'Università di Teramo e del Centro di Referenza Nazionale per la Sorveglianza e il Controllo degli Alimenti per gli Animali di Torino, rilanciato dal Forum abruzzese dei Movimenti per l'acqua.
In particolare, le analisi hanno riscontrato 0,78 milligrammi/kg nella 'white meat' contro un limite comunitario di 0,5 milligrammi/kg; la carne bollita che i ricercatori hanno esaminato ha raggiunto anche valori superiori, di 1,05 milligrammi/kg. "Questi dati - evidenzia il Forum Acqua - fanno il paio con quelli dell'Agenzia regionale per la tutela ambientale (Arta) del 2012 relativi ai sedimenti del Porto canale di Pescara, poi dragati con un grande dispendio economico.
La stragrande maggioranza dei campioni, 59 su 75, è risultata avere livelli di mercurio superiore allo standard di qualità fissato dal Decreto ministeriale 56 del 2009 (0,3 milligrammi/kg). Due campioni presentavano valori estremamente elevati, rispettivamente di 14 e 17 milligrammi/kg, addirittura maggiori rispetto ai picchi riscontrati in una delle aree più contaminate da mercurio in Mediterraneo, la laguna di Grado". Sottolineando che "i dati disponibili sulla contaminazione da mercurio nell'area di Pescara, oltre a quella di Bussi, dovrebbero portare immediatamente ad agire", Augusto De Sanctis, del Forum Acqua, spiega che "lo studio è stato pubblicato nel 2013 su una prestigiosa rivista scientifica internazionale.
I ricercatori - dice l'ambientalista - pur non individuando esattamente la fonte di inquinamento dell'ambiente che può aver causato la contaminazione degli animali, esprimono la loro preoccupazione per tale situazione e propongono precise azioni da attuare". 

Casta diplomatica, niente paura per i tagli: pensione di platino al posto dell’indennità. - Thomas Mackinson

Casta diplomatica, niente paura per i tagli: pensione di platino al posto dell’indennità

Guadagnano fino a 600mila euro l'anno e costano 108 milioni di euro. Il ministro Mogherini annuncia un ddl per ridurre gli stipendi d'oro della diplomazia. Ma la riforma, a conti fatti, potrebbe portare ulteriori vantaggi alla categoria e maggiori costi per lo Stato grazie a pensioni ancora più alte.

Guadagnano fino a 600mila euro l’anno e di retribuzioni ne hanno due, quella a Roma e quella all’estero. Ma ora la musica cambia per tutti. “Basta stipendi d’oro agli ambasciatori d’Italia”, ha promesso il ministro degli esteri, Federica Mogherini, annunciando giovedì 3 aprile un disegno di legge per modificare il trattamento economico del personale diplomatico all’estero. Dopo 48 ore si scopre però che anche invertendo l’ordine dei fattori il costo della Casta non cambia. E forse, se possibile, aumenta. Il ministro ha incontrato i sindacati della Farnesina per presentare le linee guida del piano che deve essere ancora formalizzato in un documento. Le prime reazioni sono di sconcerto. Alcuni delegati sono convinti sia  un’operazione di facciata, utile a dare un contentino al Mef, al Commissario Cottarelli e all’opinione pubblica, che non intaccherà le prebende della diplomazia più costosa al mondo. Al contrario, rimodulando le voci che compongono le loro retribuzioni – in media 15-20mila euro netti al mese – l’intervento potrebbe portare ulteriori vantaggi alla categoria e maggiori costi per lo Stato. Un passo indietro. Quanto guadagna un diplomatico italiano? Due anni fa ilfattoquotidiano.it ha fornito cifre e paragoni con altri Paesi che non si potevano credere e l’economista Roberto Perotti, docente alla Bocconi, le ha confermate un mese fa: l’ambasciatore a Tokyo 27mila euro netti al mese, a Mosca 26mila, a Parigi 21mila  fino a città delMessico, dove l’ambasciatore si “accontenta” di 18mila euro. Trattamenti economici superiori a molti capi di Stato derivanti dalla somma di diverse voci.
Le principali sono il cosiddetto “stipendio metropolitano” cioè quello preso a Roma, tassato e soggetto a trattenute previdenziali, che oscilla mediamente tra i 180-200mila euro netti l’anno, più della media del dirigente pubblico nazionale. Poi c’è l’indennità di servizio estero (Ise), una voce forfettaria onnicomprensiva che varia a seconda della distanza e del coefficiente di disagio della sede, è esentasse e può raggiungere cifre stratosferiche. Mediamente 20mila euro al mese per l’ambasciatore, 13-18mila euro per i consoli. Come si modulano le due voci? Quando il diplomatico va in missione (sono 123 attualmente all’estero) la prima voce pesantemente ma tale riduzione è sostituita e compensata abbondantemente dalla seconda. L’ambasciatore a Parigi, ad esempio, come stipendio riceve “solo” 5.385 euro al mese, per di più soggetti a trattenute fiscali e previdenziali. Ma si consolerà brindando a un Ise da 15.610 euro esentasse. Così messe, non stupisce che le retribuzioni di 901 diplomatici (31 ambasciatori, 201 ministri plenipotenziari e 357 consiglieri e 303 segretari) costino allo Stato 184milioni di euro l’anno, una media per persona di 199mila euro. Poi ci sono le residenze da sogno gratis, le indennità di sistemazione e trasloco, per i famigliari a carico, per l’istruzione dei figli nelle scuole internazionali e così via. Bene. 
Quali sono le linee guida presentate dal ministro per mettere un freno a tutto questo? L’idea da tradurre in legge, secondo le indiscrezioni trapelate nella serata di venerdì, è quella di rimodulare le retribuzioni invertendo i rapporti tra stipendio base e indennità. Grosso modo dovrebbe funzionare così. Indifferentemente che resti a Roma o vada all’estero, il diplomatico italiano riceve lo stipendio metropolitano per intero,  senza decurtazioni e agli attuali livelli ministeriali. Dunque senza le riduzioni che immagina il commissario Cottarelli. Pericolo scampato. L’indennità di servizio all’estero – finora voce forfettaria onnicomprensiva – invece sarebbe abbattuta e sostituita da rimborsi scorporati e riconosciuti a fronte di spese effettivamente sostenute, a garanzia di maggiore trasparenza. Ben venga la trasparenza, certo. Ad addolcire l’amaro calice alle Feluche ci sarebbe però un effetto indiretto che sa di miele. Il calo del superbonus indennità sarà compensato da un formidabile aumento della base imponibile ai fini previdenziali. In pratica tutti e 901 i funzionari della carriera diplomatica riceveranno una pensione ancor più alta di quella che percepiscono oggi, sia che restino a Roma e sia che girino il mondo. Più che una dieta mirata, dunque, un lifting con tonico per tutta la categoria. 
Problema: come indorare la pillola anche per il Mef, che chiede ben altre riduzioni? A quanto risulta al fattoquotidiano.it si cercherà di accreditare che, assoggettando l’intero stipendio agli oneri fiscali e previdenziali, tale impianto avrà effetti positivi sulle entrate tributarie. Così al Tesoro non metteranno paletti e si potrà sostenere che l’operazione fa bene ai conti pubblici. Certo i singoli dettagli sono ancora da definire, ma il quadro generale è già abbastanza complicato da rendere difficile capirne gli effetti. Se in ambasciata la festa è finita o solo rimandata, se il sacrificio di oggi contiene in realtà un regalo più grande domani: uno stipendio d’oro che in nome del risparmio diventa una pensione di platino

Andrea Scanzi.



https://www.facebook.com/TuttiConMarcoTravaglioForever/photos/a.657369040939948.1073741844.438277562849098/774595299217321/?type=1&theater

sabato 5 aprile 2014

Da 'Niente da dichiarare?' a 'Gli equilibristi' L'agenzia delle Entrate mappa l'Italia.




Roma - (Adnkronos) - Il fisco 'divide' il territorio in otto aree. I gruppi individuati sono stati nominati con il titolo di un film - GUARDA LA MAPPA - Il direttore AttilioBefera: "Necessario calibrare gli interventi in modo differenziato"

Roma, 5 apr. (Adnkronos) - Otto aree per un'azione più efficace sul territorio. L'Agenzia delle Entrate divide il territorio in gruppi di Province e sceglie e li nomina con il titolo di un film per richiamare in modo efficace un tratto distintivo di ogni cluster: 'Niente da dichiarare?', 'Stanno tutti bene', 'Gli equilibristi, 'Rischiose abitudini', 'Rischio totale, 'Non siamo angeli' , 'L'industriale' e 'Metropolis'.
A incidere sulla valutazione, che porta le province a essere inserite in un gruppo piuttosto che in un altro, sono numerosità del bacino, pericolosità fiscale e, a seguire, pericolosità sociale, tenore di vita, maturità della struttura produttiva, livello di tecnologia e servizi e, infine, disponibilità e fruibilità di infrastrutture di trasporto.
Il nostro Paese, ha osservato il direttore Attilio Befera, in una recente audizione parlamentare "è, infatti, l'insieme di molteplici territori estremamente variegati per cultura, struttura produttiva e condizioni socio - ambientali, ed è necessario calibrare gli interventi in modo differenziato perché la condizione socio-economica è un fattore che influenza l'adempimento spontaneo".
Incrociando i dati dell'Istat con la mappa dell'Agenzia delle Entrate si riscontra che ci sono 11,2 milioni di residenti nelle province 'Rischio Totale'. Seguono i 9,4 milioni di cittadini di altri due gruppi: i'Metropolis', ovvero i 7,1 milioni di residenti delle province di Roma e Milano, e i 'Niente da dichiarare'. Ci sono poi 23,3 milioni di cittadini che abitano in province che il fisco considera tranquille: sono il gruppo 'Industriale' e 'Stanno tutti bene'.

giovedì 3 aprile 2014

Il solito, deludente Sallusti.



https://www.facebook.com/photo.php?fbid=423236887812035&set=a.242494029219656.59087.100003771823358&type=1&theater

Vogliamo i colonnelli? No, grazie. Ci bastano i soldi. - Sergio Di Cori Modigliani



Circa trent'anni fa, il grande regista italiano Mario Monicelli firmò un gustoso film di acuta satira politica che si intitolava "Vogliamo i colonnelli", interpretato da Ugo Tognazzi. 
Era una commedia di costume che pescava nella tradizione classica della cultura cinematografica dell'epoca (quando ancora esisteva chi produceva, finanziava, distribuiva, realizzava, pensava e scriveva film) e pur pescando nell'attualità di quel momento, poneva l'accento su un concetto base dell'italianità di sempre: il cialtronismo becero, la vera firma del patrio tricolore. 
Il film si rifaceva a una tragedia vera istituzionale: il coinvolgimento di apparati dello Stato al servizio di gruppi occulti dell'estrema destra che volevano organizzare un golpe in Italia, guidato dal generale De Lorenzo e dal colonnello Amos Spiazzi. Il golpe abortì e i militari vennero travolti da un gigantesco scandalo politico che fece tremare l'intera impalcatura istituzionale.
Finì nel nulla del consueto dimenticatoio.
Sempre in bilico e privi di equilibrio, sospesi sul baratro che ci divide tra la farsa e la tragedia, noi cittadini assistiamo sgomenti -come in un film di fantascienza- al ripetersi di episodi sconcertanti che si ripropongono a seconda delle decadi seguendo lo stesso identico copione. Cambiano gli attori comprimari, le comparse, la scenografia, la regione, le mode, ma la sceneggiatura è sempre la stessa.
L'arresto operato dai carabinieri questa mattina dei 24 secessionisti veneti, compreso il sequestro di un aspirante carro armato da guerra, a mio avviso si inseriscono molto bene in questo teatro pecoreccio, proprio come nel film di Monicelli (andatevelo a vedere, ve lo consiglio, credo fosse del 1973). Matteo Salvini, il sedicente leader della Lega Nord, un individuo che non ha capito di essere più vicino a Ugo Tognazzi che a Federico Barbarossa, ha dichiarato con gli occhi luccicanti: "Lo Stato non ci fa paura".
Lo credo bene. Ha ragione,

Non si capisce per quale astruso motivo i leghisti dovrebbero avere paura di uno stato che li ha sostenuti, finanziati, sovvenzionati, alimentati, custoditi, esaltati ed eccitati, dato che la loro storia politica -sulla carta con documenti alla mano- ruota soltanto intorno ad appalti, nomine in enti pubblici decotti lombardi, piemontesi, veneti, emiliani; privilegi abnormi, giganteschi sprechi di danaro pubblico dei contribuenti a beneficio di famiglie private leghiste. E' stato davvero buono e generoso lo Stato con i leghisti, è un loro amicone, è il loro sponsor più fedele, perchè mai dovrebbero averne paura? 
Non si capisce neppure perchè concorrano all'attuale tornata elettorale europea, visto che nel periodo 2009-2014 su 412 riunioni ufficiali della specifica commissione di Bruxelles che si occupava di problemi dell'agricoltura e dell'industria riguardanti anche l'Italia, Matteo Salvini abbia segnato una partecipazione nell'ordine dello 0,1%. Si è visto soltanto alla 412esima riunione, l'ultima in calendario, quando è stato sbeffeggiato dal Presidente che gli ha detto "lei è un vero fannullone, non è mai venuto a lavorare neppure un giorno; nessuno l'ha mai visto a Bruxelles".
In compenso l'abbiamo sempre visto in televisione, ospite fisso di tutti i talk show, per 5 anni.
E' il suo vero e unico lavoro.
Quello è l'investimento della Lega Nord, così come quello del PD e di Forza Italia.
Matteo Salvini è il BPT dei sedicenti secessionisti.
BPT è un acronimo che sta per Buoni Poliennali del Tesoro.
In questo caso sta per Bambolotti Promozionali Televisivi: è tutto ciò che sono.
Dietro non c'è nulla.
Così come non c'è niente dietro questa cosiddetta secessione, se non il dato sociologico che a me interessa: la cupola mediatica ha annunciato in televisione il risultato del referendum che dava 3 milioni di voti ai veneti amanti della rottura, mostrandoci sindaci con la banda diagonale di un inedito colore, mentre poi andando a fare i conti è venuto fuori che i votanti erano stati 128.000 di cui -curiosamente- ben 32.000 provenienti dalla Repubblica del Cile nell'estremo Sud America, nobile nazione che non ci risulta abbia niente a che spartire con i dogi di Venezia.
Quindi, il risultato autentico è stato moltiplicato per trenta volte.
E' come dire che Il M5s alle ultime elezioni ha ottenuto 265 milioni di voti validi: tanto per rendersi conto della folle idiozia del teatro becero che stanno costruendo.
Si tratta di prove generali di falsificazione mediatica pilotata, di cui avevamo avuto già i primi accenni con Silvio Berlusconi e i suoi "personal bpt" che alla tivvù urlavano che lo avevano votato in più di 10 milioni quando erano stati, invece, 7, 3 milioni. Nessun giornalista ha mai neppure accennato a una correzione. Così come nessuno ha corretto Matteo Renzi quando sosteneva che al governo ci è andato perchè glie lo hanno chiesto i 3 milioni di votanti alle primarie, mentre invece lui ha preso soltanto 1 milione e 850 mila voti. Neppure Civati e Cuperlo che erano stati votati hanno osato ricordare l'esistenza dei propri elettori.
Così come Saccomanni aveva detto che la crisi era finita.
Così come oggi ci spiegano che la ripresa è iniziata e l'Italia sta cambiando.
Sono prove generali di falsificazione mediatica, tutto qui.
Tanto abboccano tutti.

Nessuno ricorda nulla, nessuno mantiene memoria di nessun evento o persona, nessuno custodisce i dati della realtà oggettiva perchè ciò che conta è l'ordine di scuderia del momento.
Due sere fa, Lilly Gruber ha titolato la sua trasmissione 8 e 1/2 così: "Tremonti: l'anti Grillo". In studio c'era il giornalista Giannini di Repubblica. Entrambi i membri onorari della cupola mediatica hanno presentato agli italiani la novità della stagione, Giulio Tremonti, come se stessero parlando di una new entry nella politica nazionale, senza neppure menzionare o ricordare che nel 2011 era Ministro dell'economia e ha portato l'Italia sull'orlo della bancarotta, difendendo l'euro con tutto se stesso. Adesso, questa novità elettorale ha scritto un libro per spiegare perchè l'euro non va bene, così come Salvini, Maroni, Zaia, i quali si sono battuti con il coltello tra i denti per difendere l'euro nel 2001, 2002, 2003, 2004, 2005, 2006, 2007, 2008, 2009, 2010, 2011, 2012, facendosi sovvenzionare, finanziare, sostenere e dando un solido contributo al dissesto sia nazionale che europeo. Da quando sono stati esclusi dalle manovre di palazzo (quelle oscure, clandestine e di corridoio) all'improvviso sono contro l'euro, non si comprendono le motivazioni di tale cambiamento. 
Un'ora dopo la trasmissione nella quale Gruber e Giannini avevano introdotto la novità elettorale del momento, su Rai3 Giovanni Floris osava presentare una novità del Nuovo Centro Destra, il volto nuovo della politica bella del governo, l'onorevole Nunzia De Girolamo, record europeo di faccia di bronzo, cacciata a calci dal governo Letta, travolta da uno scandalo.
Non le è stata rivolta neppure una domanda su quella penosa vicenda di piccolo squallore familista locale in quel di Benevento, perchè ciò che conta è cancellare la memoria, falsificare la realtà e cercare di valorizzare i BPT di regime.
Capisco perchè Mario Monicelli, due anni fa, si sia buttato dalla finestra in seguito a disperazione esistenziale, nell'accorgersi quanto fosse attuale il suo delizioso film del 1973.
Noi abbiamo la possibilità di fare di meglio, per evitare il suicidio della nazione.
Buttiamo via dalla finestra le illusioni e la visibilità legata alla falsificazione del reale.
Ma soprattutto buttiamo via dall'Europa questi avanzi di se stessi, ricordando chi siamo e da dove veniamo, per poter avere una possibilità di comprendere dove vogliamo andare.
Euro o non euro è irrilevante, dato che ciò che davvero conta è chi controlla il meccanismo e con quale obiettivo. Che cosa ci facciamo di un ritorno alla lira se a gestirla è un fannullone?
Tutta questa cagnara è paccottiglia per palati beceri.
Cerchiamo di affrontare la complessità del reale e parlare dei temi che contano per davvero.
Lasciamo perdere i colonnelli e cerchiamo di leggere la realtà.
La borsa di Milano vola. 
Confindustria adesso è contenta. 
Le banche pure. 
Il governo anche.
In compenso l'Istat ci comunica che la disoccupazione è aumentata ancora toccando il 13,2%.
Alla fine di quest'anno raggiungerà il 14%.
Per loro non conta.
Per noi sì.
In Europa bisogna andarci con un unico chiaro obiettivo: pretendere di cambiare rotta e subito, per rilanciare investimenti massicci e produrre lavoro e occupazione. Il resto non conta.
I programmi ci sono, i soldi anche, le idee operative pure: questa è la realtà.
Parliamo di questo invece dei secessionisti inventati dai BPT.
Come dicono a Venezia, queste non sono altro che ciacole da comare.
La farsa diventa tragedia quando ci si accorge che la gente pensa che siano cose serie.
Questo sì è davvero tragico.


http://sergiodicorimodiglianji.blogspot.it/2014/04/vogliamo-i-colonnelli-no-grazie-ci.html