mercoledì 5 agosto 2015

STATO: UN DIO IN TERRA, UN DIO MORTALE. - Rosanna Spadini

filippo


Filippo Taddei, responsabile economico del piddì, nonché professore alla prestigiosissima John Hopkins University, dice: «L'intero mercato è destinato a cambiare e con esso anche la mentalità dei lavoratori italiani. Dobbiamo abituare la gente che l'istruzione sarà molto più lunga e costosa, le assunzioni a tempo indeterminato molte di meno, i tempi di lavoro più lunghi, i pensionamenti verranno posticipati. Le riforme non hanno solo un fine economico, ma anche e soprattutto sociale perché servono a modificare la mentalità lavorativa degli italiani.» Capito?


Hanno fatto il deserto e l'hanno chiamato "Europa". È la schiavitù postmoderna, la globalizzazione della miseria, il neocolonialismo di pochi soggetti privati potenti, i banksters e le multinazionali, che giocano con la sorte dei popoli e la vita delle persone. È un vero e proprio piano di schiavitù dichiarato, che si sta realizzando grazie al consenso dei cittadini italiani, e tramite le riforme piddine volute dall'Ocse, che devono procurare   suggestioni comportamentali, istruzioni di condotta formulate in maniera assolutamente esplicita:

1) devi aggiornarti e cambiare mentalità, te lo chiede l'Europa!
2) l'istruzione diventerà privata, quindi sarà molto più costosa, aggiornati!
3) anche la sanità diventerà privata, lo vuole lo zio Sam
4) le assunzioni a tempo indeterminato non esistono più, cosa credevi?
5) dovrai lavorare di più e guadagnare di meno, è la globalizzazione bellezza …
6) alla pensione ci penserai domani, c'è tempo …

Gli infamoni eurocrati procedono indisturbati nel loro piano criminale, sostenendo con ogni mezzo disponibile la solita guerra contro tutto ciò che è pubblico: scuola, sanità, spesa statale, pensioni, welfare state. Il "capitalismo da casinò" sta saccheggiando i paesi che l'hanno adottato, costringendoli fin sull'orlo di un default, oggi è toccato alla Grecia, domani toccherà all'Italia, il cui Sud ha un Pil ancora peggiore, e poi agli altri Piigs, sporchi e luridi maiali che hanno vissuto al di sopra delle loro possibilità e ora osano piangere lacrime di coccodrillo. Non l'ha detto apertamente il presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker, ma insomma … l'ha fatto intendere, durante un'intervista rilasciata ai giornalisti del gruppo Lena (Repubblica).
Juncker avrebbe detto a proposito della Grecia, con falso buonismo: "Sì perché abbiamo evitato il peggio. Ma su questo punto, come sull'immigrazione, ho constatato una rottura di fatto  -  che fino a quel momento era virtuale  -  dei legami di solidarietà in Europa. E dunque esco da questa esperienza contento ma non felice. Ne esco molto preoccupato per il futuro. Non parlo solo della Grecia, c'è un insieme di elementi che ci fanno preoccupare molto. Ad ogni modo l'accordo è buono perché esiste. Nella vita di una coppia ci sono momenti difficili dove ci sono dubbi e ci interroghiamo sul nostro futuro insieme. Poi però torniamo in noi per paura del futuro. A un certo punto avevo detto che il nuovo governo greco si stava per suicidare per paura di morire. Abbiamo evitato la morte e abbiamo fatto di tutto per evitare il suicidio".
Ma Juncker, nel momento in cui pronunciava queste gravi parole, non ha tenuto conto di alcune incongruenze ipocrite che emergevano dalla sua affermazione:

1) il concetto di solidarietà europea in che cosa consiste?
2) se non si parla solo della Grecia, quali altre preoccupazioni ci sono?
3) quale paura esiste per il futuro?
4) l'accordo con la Grecia è "buono" solo perché "esiste"?
5) il governo greco se fosse uscito dall'Eurozona si sarebbe suicidato?
6) con l'accordo greco si è evitata la morte dell'Eurozona?

Insomma Juncker, il "coniglio ebbro", non si è accorto di aver detto alcune enormità illogiche, perché ha parlato della mancanza di solidarietà tra gli stati di una Unione che assomiglia sempre di più ad un vero e proprio lager, che sta smantellando i diritti democratici dei cittadini. Egli parla di fallimento dello Stato come di cosa normale, e non si accorge dell'assurdità giurisdizionale, perché le categorie del diritto pubblico sostengono che lo "stato sovrano" non è un contraente come tutti gli altri, e dunque se per caso incorre in crisi finanziarie che lo mettono in difficoltà, ha diversi modi per onorare i propri debiti, magari non solo con l'austerity, come'è avvenuto appunto nel lager dell'Eurozona, quindi può ad esempio aumentare il prelievo fiscale, ma non in maniera eccessiva per non deprimere la domanda interna, può ridurre il proprio debito attraverso un haircut, può stampare carta moneta, perché la zecca e la sovranità monetaria sono organi vitali dello stato moderno.

Infatti fondamentale per la nascita dello Stato Moderno fu l'istituzionalizzazione del diritto di coniare moneta e la conseguente affermazione di un'economia monetaria. Le retribuzioni professionali cominciarono ad avvenire tramite salari pagati in valuta corrente e non più in natura, come invece accadeva nel sistema feudale. In particolare lo Stato si afferma in Europa intorno al XV secolo, in seguito ad un progressivo accentramento del potere e della territorialità. Scompare infatti la frammentazione verticistica del sistema feudale , a vantaggio di potere centrale che governa su di un determinato territorio, che subordina anche la Chiesa al potere dello Stato. Questo processo è rafforzato dall'emergere della borghesia e dalla sua esigenza di solidità economica e protezione del patrimonio.
Le prime avvisaglie della nascita della nuova classe sociale borghese si ritrovano in molti testi anche anteriori, per esempio in molte novelle del "Decameron" di Giovanni Boccaccio (1348-53). La splendida novella di Federigo degli Alberighi, termina con una frase molto significativa. " Li fratelli, udendo l'animo di lei e conoscendo Federigo da molto, quantunque povero fosse, sì come ella volle, lei con tutte le sue ricchezze gli donarono. Il quale così fatta donna e cui egli cotanto amata avea per moglie vedendosi, e oltre a ciò ricchissima, in letizia con lei, miglior massaio fatto, terminò gli anni suoi." Tutti ricorderanno la novella in cui Federigo, della nobile famiglia degli Alberighi, sperpera tutte le proprie ricchezze per catturare l'amore di monna Giovanna, ed arriva addirittura a sacrificare il suo "buon falcone" per amore di lei, offrendoglielo arrostito come piatto prelibato, non avendo più alcuna possibilità di dedicarle un pranzo convenientemente sontuoso. Insomma alla fine della novella, quando monna Giovanna decide di sposarlo e di renderlo quindi di nuovo ricco, grazie alle enormi ricchezze da lei ereditate, il Boccaccio dice una cosa molto curiosa, appunto che Federigo da quel momento in poi divenne "miglior massaio". La novella dunque attesta la morte dell'aristocrazia, divenuta ormai una classe sociale improduttiva e parassitaria in quel dato momento storico e certifica la nascita della borghesia, che mirava appunto ad essere una "buona massaia" della modernità, cioè attenta alla solidità economica e preoccupata della tutela del proprio patrimonio.

Un'altra delle dinamiche fondanti degli stati moderni sono state anche le guerre di religione del '500, prodotte dalla perdita di centralità della cristianità medievale, e nate dalla Riforma Protestante. Il risultato di questo processo fu l'affermazione tecnica e secolare della sovranità dello stato, che inizia ad utilizzare un apparato amministrativo professionale per l'esercizio concreto del potere, secondo procedure sempre più organizzate.
Questa nuova forma di potere, sostenuta espressamente dalla borghesia, rappresenterà la garanzia di una maggiore stabilità del potere politico, sempre più svincolato dalla religione, attraverso quel tipico processo di secolarizzazione che permetterà la nascita dei valori democratici, sorti durante l'Illuminismo, e affermatesi nell'unica dimensione storicamente possibile: lo Stato Nazione.
«Questa è l'origine del grande "Leviatano" - dirà Thomas Hobbes - o meglio, per parlare con più riverenza, di quel "Dio mortale" (Mortal God) al quale noi dobbiamo, al di sotto del "Dio immortale", la nostra pace e la nostra difesa. Infatti con l'autorità concessagli da ogni singolo individuo dello Stato, egli possiede tanto potere e tanta forza, che è in condizione di ridurre tutte le volontà alla pace comune in patria e al reciproco aiuto contro nemici esterni. Proprio in ciò consiste l'essenza dello Stato; esso è, per volerlo definire, una persona dei cui atti una grande moltitudine, in base a dei patti reciproci, si è considerata essa stessa l'autrice, affinché tale persona possa usare la forza e i mezzi di tutti, nel modo che riterrà più utile, per la loro pace e la comune difesa.» (Th. Hobbes, Leviathan)
Un “dio in terra” dunque, un “dio mortale”, però le ragioni della sua eventuale morte erano tutte di diritto pubblico, conflitti intestini o sconfitte in guerra, e non erano certo ragioni di diritto commerciale, cioè di diritto privato. Se invece oggi Juncker può affermare, senza ombra di imbarazzo, che lo Stato può fallire, è perché il suo attributo fondamentale, cioè la sovranità gli è stata defraudata. Contro di lui si erge un potere che non solo lo può condizionare, ma lo può addirittura distruggere. Lo Stato dunque perde, fallisce, muore di fronte a una nuova sovranità, la sovranità dei creditori privati. E dove muore lo stato, muore la democrazia.
Però … non ditelo troppo in giro … non vi crederanno !!


http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=15389

martedì 4 agosto 2015

Melanzane sott’olio senza cottura: la ricetta originale.

Barattolo di melanzane sott'olio

Le melanzane sott’olio rappresentano un ottimo contorno o un antipasto sfizioso e si accompagnano molto bene con una varietà di alimenti. La preparazione delle melanzane sott’olio è di solito diversificata a seconda della provenienza territoriale e della tradizione famigliare, però ci sono dei procedimenti standard, originali, che andrebbero sempre seguiti. Nella seguente ricetta sono presenti le istruzioni per preparare le melanzane sott’olio senza cottura, nella maniera tradizionale. Sono molto rapide e particolarmente gustose, però ricordate di mettere sotto sale le melanzane la sera prima, altrimenti potrebbero conservare il loro gusto amarognolo.
Andiamo in cucina e passiamo subito alla nostra gustosa ricetta.
Ingredienti
- 10 melanzane lunghe
- 1 Kg di sale fino
- Aceto di vino bianco
- 1 lt di olio d’oliva
- 1 testa d’aglio
- Origano
- Peperoncini freschi
Le quantità di origano e di aglio decidetele voi, ognuno deve basarsi sui proprio gusti personali, soprattutto quando si parla di un ingrediente come l’aglio non facile da digerire.
Preparazione
Lavate e tagliate le melanzane a fette spesse circa mezzo centimetro e lunghe una decina di centimetri circa. Ora bisogna metterle sotto sale per eliminare il liquido che conferisce alla melanzana quel caratteristico sapore amarognolo. Disponete le fette a strati, cospargendole di sale fino, dentro un contenitore forato e poggiatelo su un recipiente che servirà a raccogliere il liquido. Mettete sopra le melanzane un piatto o un peso per schiacciarle e lasciatele drenare per tutta la notte. Fate lo stesso con i peperoncini, dopo averli tagliati a fettine sottili.
Il giorno dopo prendete le melanzane e immergetele in una soluzione composta per una metà di acqua e per l’altra di aceto. Dopo dodici ore scolate le melanzane e sistematele su un panno bianco, pulito, quindi strizzatele e infilatele in vasetti di vetro sterilizzati (per farle durare anche diversi mesi) e a chiusura ermetica, condendole con due spicchi d’aglio tritato, due peperoncini a pezzetti e una spolverata di origano per ogni barattolo.
Versate l’olio d’oliva ogni tre o quattro strati e alla fine rimboccate fino all’orlo se necessario. È importante che tutte le melanzane siano ricoperte do olio.
La ricetta originale, ad onor del vero, prevede che le melanzane vengano immerse in aceto puro; io l’ho diluito per non sentirne il sapore troppo forte, ma se al contrario vi piace, non aggiungete l’acqua.
Chi invece vuol sentire il meno possibile l’aceto può tenere le melanzane in ammollo solo per un paio d’ore, oppure procedere con la cottura in acqua aceto; questa soluzione è però consigliata ai soli esperti, perché anche pochi secondi in più di bollitura possono rovinare le melanzane.


L’utilizzo dell’aceto, in ogni modo, serve ad evitare la formazione di muffa. A Napoli la ricetta tipica infatti prevede solo olio d’oliva, tralasciando quindi l’immersione nell’aceto..a voi la scelta!

lunedì 3 agosto 2015

Car parking wthout garage at china.




Matteo Renzi, il premier che gettò la maschera. - Saverio Lodato


Detesta la magistratura. 
Detesta il controllo di legalità. 
Detesta le inchieste. 
Mal sopporta Procure e investigatori. Non ritiene che il Paese abbia bisogno di grandi verità sul passato recente e remoto. Non gliene frega niente di stragi, grandi delitti e mandanti esterni. Una volta a Firenze, a una giornalista che gli chiese che ne pensasse della strage di via dei Georgofili, rispose infastidito: "chieda alla mia segretaria". Elegante, non c’è che dire. E soprattutto rispettoso del dolore dei parenti delle vittime.
Detesta il confronto. Detesta la dialettica parlamentare. Gli piace la Cavalcata delle Valchirie, ma a colpi di voti di fiducia.
Non capisce perché lo Stato debba reggersi sull’equilibrio di tre poteri, quando ne basterebbe uno solo, il suo. Odia i giornali e i giornalisti, quelle rare volte che lo mettono in cattiva luce. Gli va il sangue al cervello, e metterebbe, metaforicamente, s’intende, la mano alla fondina, al solo sentir parlare di intercettazioni telefoniche, soprattutto se è anche lui a finirci dentro, come è accaduto quando anticipava che avrebbe licenziato Letta senza preavviso.
Non pronuncerà mai, né l’ha mai pronunciata, la parola "valori". Lo stesso dicasi per la "questione morale" che sembra diventata in Italia, da quando c’è lui, parola ricoperta dalla muffa della Crusca. Se scoppiano scandali che denotano un tasso di corruzione che ha fatto ormai dell’Italia una nazione irrecuperabile, fa finta di reagire con “gli strumenti della politica", nominando "consulenti" e "commissari", pretendendo la verità senza la quale "chi ha sbagliato pagherà". Tutto il mondo ha capito come Roma sia diventata negli anni la capitale dello Stato-Mafia. Ma consulenti e commissari, servizievoli al suo dettato, trovano il modo di non scioglierne il consiglio comunale, quando al Sud, per un decimo di quanto è accaduto a Roma, ne sono stati sciolti a bizzeffe.
Non lo sentirete mai pronunciare il nome di Nino Di Matteo, il pubblico ministero palermitano che rischia la vita. Non hai mai fatto riferimento, né lo farà mai, al processo sulla Trattativa Stato-Mafia che, fosse per lui, andrebbe spianato da una ruspa.
E’ solito abbracciarsi agli "impresentabili" in campagna elettorale, per l’immancabile foto ricordo.
E’ solito bistrattare i suoi stessi compagni di partito, pensiamo alla Bindi, o allo stesso Orfini, quando si sono permessi in alcune occasioni, anche se magari solo a parole, di alzare la cresta innalzando l’asticella della legalità.
Quando poi la temperatura sale eccessivamente, la contesa si fa rovente, i problemi esplodono, è lo specialista della fuga.
Fughe intercontinentali, fughe a lunga percorrenza, da un continente all’altro.
Fugge all’estero, America o Israele non fa differenza, perché aspetta che la situazione interna si calmi e giornali e televisioni abbiano ormai altro a cui pensare.
E lui, che non solo è il premier, ma il segretario del PD, pretende una sua "presenza blindata" alla Festa nazionale dell’Unità. Come se Papa Francesco, per affacciarsi in piazza San Pietro, pretendesse fucili mitragliatori che fanno capolino dalle persiane. Ma c’è di più, e di peggio, come si sarebbe detto una volta. Alla fine, alla Festa dell’Unità non c’è neanche andato, accontentandosi di incontrare, in un’improvvisata, i cuochi che se lo son visti catapultare in mezzo a pentole e padelle. Temeva un fitto lancio di uova e pomodori di stagione.  
Direte che è arrogante.
Che è un cialtrone, un cialtroncello o un cialtronaccio, a usare i diminutivi e i peggiorativi della parola "cialtrone" riportati dal dizionario Treccani. E sbagliereste di grosso. Direte che è un superficiale, un approssimativo, un giovane Narciso dirottato da palazzo Pitti a Palazzo Chigi.
Direte che a suo tempo, uno dei suoi primi gesti mediatici fu rendere omaggio a Silvio Berlusconi nella sua dimora. Questo è vero. Ma può bastare quest’indizio, piatto forte per i "colpevolisti", per spiegare chi è oggi l’uomo che ha definitivamente gettato la maschera? Noi pensiamo di no.
Per giustificare il salvataggio del senatore Azzollini, con intercettazioni a suo carico che chiuderebbero qualsiasi udienza processuale cinque minuti dopo, ha avuto il coraggio, o la faccia tosta, se preferite, di complimentarsi con i senatori che avevano riscontrato il "fumus persecutionis" dei magistrati non accettando di far da "passacarte delle Procure". E le sue ministre ebetine, ma anche qualche suo ministro particolarmente signorsì, annuirono. Come d’abitudine. 
Cosa vi aspettate di diverso da un premier così?
Da un premier che è amico di famiglia, essendone amico anche il suo papà, di un tal Verdini per quattro volte rinviato a giudizio? 
O vi aspettavate che Matteo Renzi, perché è di questo signore che fino a ora abbiamo parlato, fosse un "passacarte delle Procure"?
No, no. Non lo capite? Questo premier sta cambiando l’Italia.
In che modo lo stia facendo, giudicatelo da soli.

Addio a Giovanni Conso, presidente emerito della Corte Costituzionale.




È morto stanotte a Roma Giovanni Conso, presidente emerito della Corte costituzionale. Conso era nato a Torino il 23 marzo 1922. 

Professore ordinario di procedura penale, era stato nominato Giudice Costituzionale il 25 gennaio 1982. Era stato eletto presidente il 18 ottobre 1990 e aveva esercitato le funzioni fino al 3 febbraio 1991.

I funerali si terranno mercoledì 5 agosto alle ore 11, nella chiesa di Santa Maria degli Angeli a Roma. La camera ardente sarà invece domani, dalle 10.30 alle 13.30, presso il Palazzo della Consulta.

Il personaggio. Nato a Torino il 23 marzo 1922, giurista e accademico italiano, Giovanni Conso è stato ministro della Giustizia del governo Amato (12 febbraio - 28 aprile 1993) e del governo Ciampi (28 aprile 1993-16 aprile 1994), e presidente dell'Accademia dei Lincei. Nominato Giudice Costituzionale dal Presidente della Repubblica Sandro Pertini il 25 gennaio 1982 Conso ne diventa presidente il 18 ottobre 1990 fino al 3 febbraio 1991 quando cessa dalla carica per scadenza del mandato. Avvocato, professore universitario, ha insegnato procedura penale nelle facoltà di giurisprudenza delle Università di Genova, Urbino, Torino, della «Sapienza» di Roma e della Lumsa di Roma. Professore emerito di Procedura penale presso l'Università di Torino è stato membro laico del Consiglio Superiore della Magistratura dal 1976 al 1981. Durante il suo mandato come Guardasigilli, nel marzo del 1993, si aprì a Palermo l'indagine giudiziaria per associazione mafiosa nei confronti di Giulio Andreotti.


http://www.ilmessaggero.it/PRIMOPIANO/CRONACA/giovanni_conso_morto_presidente_consulta/notizie/1498219.shtml

IL NECROLOGIO SUL MULLAH CENSURATO DAL CORRIERE DELA SERA. - Massimo Fini

mullah-omar


L’altro ieri ho telefonato all’Ufficio necrologi del Corriere della Sera. “Qual è il nome del defunto?” mi ha chiesto la gentilissima signorina. “Mullah Omar”. “Lei è un parente?”. “No”. “Pensa che ci saranno altri necrologi per questo defunto? Perché, sa, noi dobbiamo accorparli”. “Credo proprio di no”. “Ma mullah non è un nome e il Corriere ha come regola di mettere nome e cognome del defunto”. “Non è proprio così- ho risposto- molte volte ho visto solo dei Gigi, dei Pigi, dei Lallo. Comunque non ha importanza, si chiamava Mohammed. Quindi mettiamo Mohammed Omar, va bene?”. “Sì. Ma ho un intoppo nel computer. Potrei richiamarla fra dieci minuti?”. 


“Senz’altro”. Dopo dieci minuti l’impiegata sempre molto gentile, collaborativa e pure simpatica (mi aveva trovato anche il codice fiscale che non ricordo mai) mi ha richiamato. “Ma lei è uno del mestiere”. “Più che altro un ex. Sono in pensione da anni”. “Dalle fotografie non si direbbe. Sembra molto più giovane”. “Grazie. Purtroppo gli anni ci sono. Possiamo andare?”. Ho dettato quindi il necrologio che recitava così:

Massimo Fini rende onore al Mullah
Mohammed Omar
combattente, giovanissimo, contro gli invasori sovietici, perdendo un occhio in battaglia, combattente, vittorioso, contro i criminali ‘signori della guerra’ che avevano fatto dell’Afghanistan terra di abusi, di soprusi, di assassinii, di stupri, di taglieggiamenti e di ogni sorta di violenze sulla povera gente, riportandovi l’ordine e la legge, sia pure una dura legge, la Sharia, peraltro non estranea, almeno nella vastissima area rurale, ai sentimenti e alle tradizioni della popolazione di quel Paese, infine leader indiscusso per quattordici anni della resistenza contro gli ancora più arroganti e moralmente devastanti occupanti occidentali. Che Allah ti abbia sempre in gloria, Omar”.

Finito il testo lei mi ha detto: “Mi perdoni, per un necrologio del genere devo chiedere l’autorizzazione”. “Capisco. Mi può far sapere nel pomeriggio se la cosa è andata a buon fine?”. “Se non mi sente troverà il necrologio sul Corriere e sul corriere.it. Altrimenti la chiamo”. Verso le sei mi ha telefonato, molto imbarazzata: “Per ordini superiori il suo necrologio non può essere pubblicato. Mi spiace molto, mi scusi”. “Non si preoccupi. Non è lei che, semmai, deve scusarsi”.

E così la censura è arrivata anche sui necrologi. Credo sia la prima volta che ciò accade in una democrazia, luogo deputato della libertà di pensiero e di espressione delle proprie opinioni.
Recentemente sono stato insignito del Premio Montanelli alla carriera che dovrebbe essermi consegnato a ottobre a Fucecchio, a meno che nel frattempo non mi sia revocato per indegnità, sempre in nome della libertà di informazione. Sono certo che il vecchio Indro non avrebbe condiviso nemmeno un fonema del mio necrologio sul Mullah, ma sono altrettanto certo che non si sarebbe mai sognato di bloccarlo. Caso mai ci avrebbe riso su, considerandolo una provocazione, anche se provocazione non era. Perché Montanelli era un vero liberale. Quando i liberali esistevano ancora.

Massimo Fini

Fonte: www.ilfattoquotidiano.it

http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=15395

CAMBIO DI REGIME IN RUSSIA ? NO GRAZIE. PENSATECI DUE VOLTE, NEOCONS. - NEIL CLARK

putin-ukraine


Come gli eventi in Siria hanno dimostrato, la Russia e’ il mattone piu’pesante da spostare negli infiniti piani delle lobby volti al dominio mondiale; ecco perchè la rimozione di Putin ed il suo rimpiazzo con una marionetta che esegua a bacchetta ogni comando e volere dei neocons e’ l’obiettivo principe dell’intera politica attuale dei neocons suddetti.

Ad ogni modo, le loro possibilità di raggiungere questo loro ambizioso obiettivo sono parecchio scarne e le motivazioni costruite e pretestuose almeno quanto le fantomatiche armi di distruzione di massa di Saddam in Iraq. La nuova “guerra fredda” contro la Russia, di istigazione neoconservatrice, che avrebbe dovuto indebolire l’economia Russa, così portando a proteste anti-governative stile Maidan, ha in realtà fatto schizzare la popolarità del presidente Putin alle stelle, come evidenziano i sondaggi.
Le percentuali di apprezzamento per quest’uomo, per demonizzare il quale i neocons non hanno risparmiato nessuna energia, almeno negli ultimi 12 anni, sono a livelli di record assoluto, quasi il 90% dei Russi hanno una opinione positiva del loro presidente.
L’appoggio alle sue politiche estere è altrettanto solido, con un 70% che approva le scelte in materia di crisi Ucraina.
Il politico pacifista Britannico George Galloway ha twittato:
“La popolarità di Putin tocca livelli record sfiorando il 90% di gradimento delle sue capacità di gestire gli eventi da parte della popolazione. Un’altra storia di successo per la NATO!!”
Ma non è soltanto la popolarità di Putin a rappresentare un macigno che blocca i piani neoconservatori per il cambio di regime. La principale e più agguerrita opposizione a Putin ed al suo partito Russia Unita non è costituita da liberali pro-NATO e pro-Israele, bensi’ dal partito comunista Russo, che è il secondo maggior partito della Nazione,
Il leader comunista Gennady Zyuganov ha ottenuto il 17% dei consensi alla scorsa tornata elettorale (nel Dicembre 2011), e i comunisti nel loro complesso hanno ottenuto 92 seggi sui 450 seggi totali alla Duma.
I comunisti hanno fatto pressione su Putin nell’assumere un ruolo ancora più fermo e deciso contro coloro che essi considerano nemici della Russia. Nel Maggio 2013 presentarono una mozione per suggerire che la Russia convocasse il consiglio di sicurezza ONU in seguito a bombardamenti illegali Israeliani sulla Siria.

“La Siria non è nè la prima, nè certamente l’ultima tra le vittime dell’espansione globale degli Stati Uniti e dell’alleanza NATO. Gli eventi degli ultimi 20 anni mostrano che la Russia stessa si trova costantemente in bilico. Considerato questo, la protezione dei nostri confini passa anche dalle città Siriane, attualmente scena di duri e intensi combattimenti. La Russia non può permettersi di girarsi dall’altra parte mentre la sovversione violenta degli Americani e dei loro satelliti si scaglia contro i nostri alleati”. Così recitava la dichiarazione del comitato centrale del partito comunista.
I sovvertitori di regime seriali dell’Occidente si trovano di fronte a una situazione in cui l’unica opposizione credibile esistente a un leader che vorrebbero vedere eliminato sarebbe ancora più decisa nel seguire politiche che gli risulterebbero ancora più complicate da digerire.

E allora che fanno? Con evidente disprezzo delle vedute del popolo Russo e totalmente ignorando il fatto che il partito comunista rappresenta il secondo partito nazionale, ci dipingono i cosiddetti “liberali”, che godono di livelli di supporto popolare del tutto esigui (attualmente intorno all’1%!) come l’ “opposizione democratica”!!!

La linea neoconservativa così recita: “in nome della democrazia i partiti più impopolari tra gli elettori dovrebbero governare la Russia”. Una interpretazione della parola democrazia che straccia 1984 di Orwell.
“Per quanto cambio di regime sia diventata una espressione sporca, la cosa migliore che potrebbe accadere alla Russia, ai suoi vicini, ed al mondo intero, sarebbe un cambiamento, dall’autoritarismo dal pugno duro firmato Vladimir Putin a una qualche forma di democrazia”, ha sostenuto Alexander Motyl su Newsweek in Gennaio, articolo che Newsweek riprese da una prima pubblicazione sul blog del Consiglio Atlantico...
Dunque, in altre parole, l’uomo con il gradimento record dovrebbe essere eliminato così che qualcuno molto meno popolare possa governare la Russia. Tutto, certo, come sempre nel nome di “diffondere la democrazia”!

In ogni caso, semmai non bastasse quanto è stato detto, i piani neoconservatori per la promozione della loro democrazia non democratica in Russia sono sbarrati da un ulteriore macigno, la legislazione Russa sugli agenti stranieri. La legge prevede che tutte le organizzazioni non governative che ricevono finanziamenti esteri e che svolgono attività politiche debbano registrarsi come “agenti esteri”. Inoltre, per i partiti politici Russi è vietato farsi sponsorizzare o svolgere qualsiasi tipo di affari, o forme di partnership con organizzazioni non governative distinte dallo status di “agente estero”.
Questo rende la possibilità di “rivoluzioni colorate” alimentate da finanziamenti esteri parecchio pià difficile a materializzarsi. E mi sembra scontato dirlo, ai neoconservatori qeusta legge non piace affatto:
“La legge di Putin sugli agenti esteri sta distruggendo alcune delle migliori organizzazioni civili in Russia“ http://t.co/fyAeyqUSa2

— Anne Applebaum (@anneapplebaum) Febbraio 16, 2015
I piani neoconservatori per un cambio di regime in Russia cercano di fare leva sulla crisi Ucraina e sul conflitto Siriano. Possiamo ricondurli indietro fino al 2003 quando iniziò a essere chiaro che Putin non aveva intenzione di fare compromessi sugli interessi nazionali legittimi della Russia, a differenza del più malleabile Boris Yeltsin. Il primo presidente post’perestrojka infatti se ne stette a guardare con una bottiglia di wodka in mano (e bustarelle nelle tasche..) mentre fuori casa la NATO bombardava illegalmente la Jugoslavia e dentro casa oligarchi appoggiati dalle potenze militari Occidentali saccheggiavano la Russia, con l’impoverimento rapido e drastico di milioni di persone come risultato del processo.
Come ho sostenuto in un editoriale precedente, il punto di svolta furono   le azioni decise contro gli oligarchi corrotti con fortissimi legami con l’occidente.
Ricostruire l’economia ed innalzare gli standard di vita dei normali cittadini Russi richiedeva necessariamente una azione forte contro determinati oligarchi, che avevano saccheggiato le loro vastissime fortune durante gli anni di Yeltsin. Tali oligarchi, come Boris Berezovsky o Michail Khodorkovsky godevano di sostenitori potentissimi in Occidente. Come ho esposto in un articolo per il New Statesman nel Novembre 2003, neoconservatori molto influenti in USA, collegati agli oligarchi Russi, colsero l’occasione dell’arresto di Khodorkovsky per frode ed evasione fiscale per spingere verso un inasprimento delle politiche USA verso Mosca.
All’arresto seguirono domande neoconservatrici di sanzioni contro la Russia, richieste poi ripetute all’infinito durante gli anni successivi. Tale crociata anti-Putin si è poi gonfiata a dismisura, raggiungendo un ulteriore livello di gravità, a partire dalla temerarietà di Putin nell’intervenire a bloccare le macchinazioni per un “cambio di regime” in Siria.
Nel suo articolo “come la guerra alla Siria si perse per strada”, l’ex ufficiale CIA Ray McGovern riferisce di come si trovò nello stesso studio della CNN con i due ultrafalchi militaristi Paul Wolfowitz e Joe Lieberman, poco dopo che i piani USA del 2013 per bombardare la Siria furono abbandonati.
McGovern descrisse l’atmosfera come “da funerale”.
“Mi sentivo a una veglia funebre con gente sobriamente vestita, senza cravatte color pastello, che si commiserava per il recente decesso della tanto amata guerra”.

Non apppena dopo che Damasco riuscì così a risparmiarsi i bombardamenti aerei, una megaondata di attacchi anti-Russi iniziò ad inondare i mass media dell’elite. Il neoconservatore della “sinistra” Britannica, che nel 2012 scrisse un articolo intitolato “la Russia stra prendendo i democratici europei per il culo”, si lamentò che Putin aveva fatto passare Obama per “un imbroglione al soldo dei conservatori”.

Pensieri simili a quelli di Michael Weiss, che, scrivendo per la ultra-neoconservatrice Henry Jackson society nel 2012 “rimproverò” l’amministrazione Obama per “inisistere ancora a ingraziarsi il Cremlino” dopo due veti consecutivi della Russia al tentativo di fare passare una risoluzione presso il consiglio di sicurezza ONU di “condanna del regime Assad”.
Allora l’Ucraina è stato il terreno dove i neocons hanno cercato vendetta per il blocco delle loro intenzioni bellicose in Siria. Come ho sostenuto in un altro precedente editoriale su RT: “Il cambio di regime a Kiev sotto sponsorizzazione USA, in presa in cui Victoria Nuland, del dipartimento di Stato, moglie del cofondatore del think’thank “progetto per il nuovo secolo Americano”, ha giocato un ruolo chiave, ha finalmente consentito ai falchi di mettere le grinfie su quello a cui da un decennio aspiravano: il sanzionamento della Russia. La politica del pugno duro contro la Russia per cui facevano pressione da un decennio è finalmente la linea ufficiale degli USA e dei maggiori stati Europei. La demonizzazione del presidente Putin in Occidente è ormai mainstream”.
I neocons contavano sulle sanzioni per scatenare proteste di massa contro il governo Putin. Ma , come possiamo osservare dai sondaggi, è successo semmai il contrario e Putin è più popolare che mai. Fare i bulli contro la Russia non ha sortito altro effetto che rendere la popolazione Russa più determinata che mai a opporsi a quello che i falchi occidentali vorrebbero.
La domanda adesso è, che cosa faranno i neoconservatori a questo punto? Ci sono pressioni per sanzioni ancora pià aspre alla Russia, fino al punto di una esplusione dal sistema bancario SWIFT, un esempio:

@b_judah Bandire le banche Russe dal sistema SWIFT. Rispediamo la Russia al medioevo, lasciamoli a minacciare l’Occidente con arco e frecce!
— shay culligan (@shaymultimedia) March 24, 2015
In Febbario, un editoriale intitolato “Niente più concessioni” sul Times, proprietà di Rupert Murdoch, il più estremo tra i quotidiani neoconservatori linea’dura Britannici, dichiara il suo supporto per “sanzioni più dure di quelle già in essere”. Nel frattempo Victoria Nuland ha avvertito pochi giorni fa che “il costo per la Russia salirà” se aumenta la violenza a Donetsk e Lugansk, anche se chiaramente la violenza su iniziativa di Kiev, o tra Kiev stessa e “il settore destro”, quella non conta.
In ogni caso il problema della Nuland e del London Times è che gli stati Europei invece sono al contrario ansiosi di alleggerire le sanzioni, siccome le loro già compromesse economie stanno soffrendo a causa delle controsanzioni del Cremlino.
Quanto a lungo ancora le maggiori compagnie dell’Europa occidentale consentiranno che i loro profitti siano danneggiati da un pugno di estremisti politici con una ossessione per eliminare Putin dal governo? E quanto a lungo ancora i governi europei accetteranno di sottoscrivere una politica di sanzioni palesemente contraria agli interessi nazionali?
C’è chi sostiene che i neoconservatori non si farebbero scrupoli a suscitare la guerra pur di averla vinta loro sulla questione.

“La pià risoluta spinta guerrafondaia nel 2015 arriva da neoconservatori e vari interventisti che vogliono uno scontro diretto anti-Putin e un cambio di regime in Russia ad ogni costo”, avvisa il commentatore paleoconservatore Americano Patrick J. Buchanan qualche mese fa.
Sicuramente durante i periodi di conflitto a fuoco più accesi in Ucraina è sembrato proprio che tutto quello che alcuni, in Occidente, desideravano fosse una escalation definitiva: “Bisogna fermare Putin, e a volte per fermare qualcuno armato di pistola occorre avere una pistola!” era il titolo di un articolo sulla linea guerrafondaia firmato Timothy Garton-Ash, articolo in cui incensava di lodi il guerrafondaio seriale Sen. USA John McCain, meritevole di aver operato decise pressioni sul Congresso per il passaggio dell’ “atto di sostegno alla libertà Ucraina”, che consistette in pratica nell’autorizzazione a rifornire il governo Ucraino di armamenti.
Vale la pena di notare, però, che ai conservatori piace attaccare i paesi deboli, non certo quelli forti. Iraq si è beccata l’operazione “Shock and awe” (“sciocca e sorprendi”) non perchè aveva armi di distruzioni di massa, ma casomai perchè non ne aveva! La Libia era vulnerabile perchè le sue difese erano deboli e Muhammar Ghedddafi aveva tempo prima decommissionato le sue armi ad alto impatto. 

La Russia, al contrario, ha un arsenale nucleare enorme, armi convenzionali allo stato dell’arte, e 771.000 soldati in servizio permanente attivo.
Un attacco diretto alla Russia su istigazione neocon è un evento improbabile, ma non possiamo sentirci di escluderlo al 100%, visto il cieco fanatismo del genere di gente di cui stiamo parlando. Lo scorso Dicembre, Robert Parry ha scritto proprio delle caratteristiche di patologia mentale del progetto di cambio regime forzato istigato dai neocon per fare cadere Vladimir Putin:
“Assistiamo ad un tipico processo passo dopo passo verso un sovvertimento di regime per mano neocon, in quanto il demonio straniero bersagliato continua a rifiutarsi di compiere i ragionevoli passi indietro dettati da Washington e quindi va affrontato, non importa il livello di escalation necessario, nel modo più severo possibile a forzare il demone a farsi da parte, possibilmente facendo soffrire il suo popolo finchè queste sofferenze non aprano gli spazi per il cambio di regime desiderato”

Perry ha messo in guardia che addirittura il futuro del pianeta era a rischio, se questi “sforzi occidentali” per il cambio di regime in Russia fossero proseguiti ad oltranza.
L’anziano giornalista pluripremiato John Pilger ha ammonito di un “nuovo Olocausto” se non si riuscirà a fermare il fanatisco dei guerrafondai seriali. “Quando l’uomo a Mosca era Boris Yeltsin, uno che mentre si ubriacava regalava pezzi della sua nazione agli Occidentali, tutto andava benissimo. 

Poi è arrivato Vladimir Putin a ristabilire la Russia come Nazione sovrana, e questo è il suo crimine”.

Pochi giorni fa il New York Times ha pubblicato uno scritto dell’ex ministro degli esteri nel governo Yeltsin, Andrei Kozyrev, intitolato “cambio di regime in vista in Russia”, dove ha sostenuto che tale cambio di regime fosse “inevitabile, probabilmente imminente”. Ma sondaggi che mostrano un apprezzamento del leader al 90% non credo proprio che consentano di prendere questa visione per realistica.
Nonostante tutti gli sforzi titanici ed ossessivi, forzare un cambio di regime a Mosca è una questione troppo grossa per essere alla portata persino dei neocons. I Russi sicuramente possono desiderare tutto meno che essere rispediti al 1990 e ovviamente non accetterebbero mai un pupazzo verificato e certificato dai neocon come presidente. Inoltre la Russia è preparata tecnicamente e psicologicamente a difendere se stessa semmai l’incubo della guerra dovesse per forza materializzarsi. E se avete qualche dubbio al riguardo, andate a rivedere i filmati della parata per il giorno della vittoria nella grande guerra patriottica.

Infine, come possiamo mettere termine a questa “nuova guerra fredda? Non sta alla Russia cambiare atteggiamento, dal momento che non ha fatto niente di sbagliato o avventato, ma certamente a questi cosiddetti neoconservatori Occidentali....Ma quale parte della parola NYET! Non riescono a capire?

Neil Clark
Fonte: www.rt.com
Link: http://www.rt.com/op-edge/310744-neocons-regime-change-russia/
25.07.2015

Traduzione per www.comedonchisciotte.porg a cura di CONZI

http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=15396