martedì 16 maggio 2017

Per par condicio...Sacco amico dei potenti.

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Ndrangheta, 68 fermi a Crotone. A clan Arena 32 milioni dei 100 stanziati per il Cara: “Ai migranti cibo che si dà ai maiali” . Lucio Musolino


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Gli indagati sono accusati di associazione mafiosa, estorsione, porto e detenzione illegale di armi, intestazione fittizia di beni, malversazione ai danni dello Stato, truffa aggravata, frode in pubbliche forniture e altri reati di natura fiscale, tutti aggravati dalla modalità mafiose. Fermati anche il governatore della Misericordie Leonardo Sacco e don Edoardo Scordio, parroco della chiesa di Maria Assunta di Isola Capo Rizzuto.

I soldi per i migranti andavano alla ‘ndrangheta. Su 100 milioni di euro stanziati negli ultimi 10 anni, la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, guidata dal procuratore Nicola Gratteri, ne ha contati almeno 32 che sono finiti nella “bacinella” della cosca Arena. È questo il numero più importante della maxi-operazione “Jonny” che stamattina ha portato all’arresto di 68 persone tra cui il governatore della Misericordie Leonardo Sacco e don Edoardo Scordio, parroco della chiesa di Maria Assunta di Isola Capo Rizzuto.
Sono loro, secondo gli investigatori della polizia, dei carabinieri e della guardia di finanza, i veri promotori dell’organizzazione criminale che faceva capo al clan Arena. Grazie alle convenzioni stipulate con il ministero dell’Interno, la Misericordia in un solo anno, nel 2009, si è accaparrata 6 dei 13 milioni di euro per la gestione dei centri di accoglienza. Attraverso la Misericordia e Sacco, infatti, la cosca Arena, era riuscita ad aggiudicarsi gli appalti indetti dalla prefettura di Crotone per le forniture dei servizi di ristorazione al centro di accoglienza di Isola Capo Rizzuto e di Lampedusa. Appalti che venivano affidati a imprese appositamente costituite dagli Arena e da altre famiglie di ‘ndrangheta per spartirsi i fondi destinati all’accoglienza dei migranti.
Secondo la Dda, la spartizione dei milioni di euro era “semplice”: Sacco prendeva l’appalto con la Misericordia che è una onlus e concedeva in subappalto i servizi ad altre società con scopo di lucro riconducibili agli Arena che di fatto gestivano la mensa. “Leonardo Sacco – è scritto nel provvedimento di fermo – da circa 15 anni ha gestito, quale responsabile della Misericordia di Isola di Capo Rizzuto, il centro di accoglienza di Isola di Capo Rizzuto, nelle sue diverse articolazioni, in modo tale da distrarre, in favore delle diverse famiglie che compongono la criminalità organizzata isolitana, cospicue somme di denaro. Egli ha selezionato i subappaltatori del servizio mensa anche fra intranei al sodalizio isolitano. Ci si riferisce, evidentemente, ai cugini Antonio Poerio e Fernando Poerio, ad Angelo Muraca, i quali, con danaro della consorteria, hanno allestito imprese di ristorazione che, si ribadisce, hanno somministrato i pasti per i rifugiati”.
È proprio del cibo riservato agli ospiti del centro ha parlato in conferenza stampa Gratteri. “Indagando sulla famiglia Arena – ha detto il magistrato – siamo arrivati all’interno del Cara di Isola Capo Rizzuto. All’interno sono successe cose veramente tristi: un giorno sono arrivati 250 pasti per 500 migranti. Ebbene 250 persone hanno mangiato il giorno dopo. Non solo era poco, ma solitamente era un cibo che si dà ai maiali. Questi si arricchiscono sulle spalle dei migranti. Questa è un’indagine che abbraccia quasi 10 anni di malaffare all’interno del Cara gestito in modo mafioso dalla famiglia Arena”. “Il Centro di accoglienza e la Misericordia sono il bancomat della ‘ndrangheta”, ha detto invece il generale Giuseppe Governale, comandante del Ros dei carabinieri, secondo il quale è stata la cosca Arena a scegliere i suoi uomini: “E tra questi ci sono Sacco e il prete Scordio”.
Un’altra figura importante nell’indagine, infatti, è proprio quella del prete, don Edoardo Scordio che “riceve, senza alcun titolo, cospicue erogazioni di danaro dalla Misericordia. Solo per ricordare, fra le erogazioni più ingiustificate, basti fare riferimento ad una serie di note di debito, emesse dalla Parrocchia Maria Assunta ad Nives, cioè da Don Edoardo Scordio, e pagate da Misericordia fino alla concorrenza di 132.665 euro, per non meglio chiarita assistenza spirituale”. 
Tra gli indagati anche il sindaco di Isola Capo Rizzuto, Gianluca Bruno, che stamattina ha subito una perquisizione. A lui si era rivolto l’indagato Antonio Poerio per lamentarsi degli sprechi commessi dal prete Scordio: “In sostanza Poerio – è scritto nel fermo – richiedeva a Bruno Gianluca un intervento per allontanare il sacerdote da Isola di Capo Rizzuto. Bruno Gianluca lo riteneva inopportuno dicendo testualmente ‘vedi che se se ne va lui….che te lo dico io….ci ripuliscono tutti’. Poerio Fernando (altro indagato, ndr) era d’accordo perché temeva che il prete li accusasse: “che lui poi se la canta”. Bruno soggiungeva che era difficile trovare un adeguato sostituto di don Edoardo”.
In nome del business dei migranti, c’è stata anche la pace tra le due principali cosche del territorio: quella dei Grande Aracri e degli Arena, protagoniste in passato di una faida in cui i killer dei clan hanno utilizzato anche bazooka e kalashnikov. L’inchiesta ha fatto luce anche sul giro di scommesse in tutto il crotonese, gestito dagli indagati che avevano una “posizione dominante” nel settore della raccolta delle scommesse online e del noleggio degli apparecchi da intrattenimento. Le indagini delle fiamme gialle hanno consentito alla Dda di accertare che la società bookmaker Centurion Bet, in mano agli Arena, era presente in Italia con oltre 500 agenzie e aveva ramificazioni in tutto il mondo.
Proprio questa società avrebbe messo a disposizione i propri circuiti di gioco online alla società Kroton Games di Crotone. Espressione della cosca Arena, La Croton Game ha così incrementato i suoi volumi di fatturato, sottratti al fisco, per decine di milioni di euro.
Oltre agli arresti, sono stati sequestrati beni per 84 milioni di euro. I sigilli sono stati applicati all’intero patrimonio immobiliare riconducibile alla Fraternità di Misericordia di Isola di Capo Rizzuto, costituito da un convento di 1700 mq, successivamente ristrutturato ed adibito a poliambulatorio, dal teatro Astorino e da diversi immobili, alcuni dei quali acquistati dallo stesso Sacco da soggetti organici alla cosca Arena, per salvaguardarli da possibili sequestri.  La Dda, inoltre, ha sequestrato la squadra di calcio di Isola Capo Rizzuto di cui Sacco era il presidente.
Dopo l’operazione di oggi è intervenuta la confederazione nazionale delle Misericordie d’Italia. “Abbiamo appreso con forte preoccupazione del fermo di don Edoardo Scordio e di Leonardo Sacco, rispettivamente correttore e governatore della Misericordia di Isola Capo Rizzuto. Otto secoli di storia non vengono cancellati da fatti, seppure presunti, così gravi e pesanti. Continueremo a dare le risposte ai cittadini e alla popolazione più debole, dando continuità ai servizi svolti dalla Misericordia non facendo mancare la risposta ai bisogni di assistenza e di carità”.
“Confermiamo la nostra totale fiducia nell’operato dell’autorità giudiziaria – è scritto sempre nella nota – auspicando una rapida conclusione delle indagini. Annunciamo già da adesso il commissariamento della Misericordia di Isola Capo Rizzuto e della Federazione Regionale Calabrese. Peraltro la gestione del centro di Isola Capo Rizzuto è da tempo affidata al consorzio ‘Opere di Misericordia’, con sede a Firenze, che continuerà i propri compiti nell’interesse degli ospiti secondo i principi che ci contraddistinguono”.
Ecco come funzionano e a cosa servono la maggior parte delle onlus. A fare arricchire i disonesti che fanno leva sulla buona fede e la generosità della gente e per attingere ai finanziamenti pubblici.

Giuseppe Pipitone su fb.

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Quello al centro con gli occhiali si chiama Leonardo Sacco. Lo hanno arrestato oggi in un'operazione anti Ndrangheta. Hanno arrestato anche gli altri due a destra e a sinistra. Dei rapporti con l'unico rimasto libero - che incidentalmente fa il ministro - e di come il business dell'accoglienza sia finito in mano ad un certo partito - che nel frattempo ha cambiato nome - scrivevo qui mesi fa: http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/01/14/migranti-dalla-sicilia-al-veneto-il-business-dei-centri-daccoglienza-e-nelle-mani-del-nuovo-centrodestra/3299226/5/

https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10212903977657638&set=a.1597254414696.2087700.1336071063&type=3&theater

La telefonata. Renzi chiamò papà Tiziano: “Non dire bugie, non ti credo”. - Marco Lillo



Nel libro di Marco Lillo, l’intercettazione sulla cena tra il padre dell’ex premier e l’imprenditore Romeo. E il genitore replica: “Al ristorante mai, al bar non ricordo”.


Il 2 marzo 2017 alle 9.45 di mattina Tiziano Renzi parla al telefono con il figlio Matteo. I magistrati lo stanno intercettando nell’ambito dell’inchiesta Consip nella quale il padre dell’ex premier in quel momento è indagato per traffico di influenze con il “facilitatore” e amico Carlo Russo. Si tratta di una vicenda complicata, svelata dal Fatto Quotidiano e ignorata a lungo dalle altre testate, su un presunto caso di corruzione, traffico illecito di influenze e soffiate istituzionali in cui sono coinvolti un imprenditore napoletano, Alfredo Romeo; alcuni dirigenti della società di via Isonzo che si occupa di gran parte degli acquisti della Pubblica amministrazione; lo stesso Tiziano Renzi; alcuni uomini dell’Arma e l’attuale ministro dello Sport, Luca Lotti, ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio di marcata fede renziana.
L’inchiesta ha due filoni principali. Nel primo, Alfredo Romeo, ora in carcere, è accusato di aver corrotto un funzionario Consip. Mentre Carlo Russo e Tiziano Renzi sono accusati perché di concerto, sfruttando le relazioni esistenti tra il padre del neo segretario Pd e Luigi Marroni (amministratore delegato di Consip), si facevano promettere indebitamente da Romeo l’erogazione di somme di denaro mensili, come compenso per la loro mediazione verso Marroni in relazione allo svolgimento delle gare.
Nel secondo filone, invece, Lotti è accusato, insieme a degli ufficiali delle forze dell’ordine, di aver rivelato ad alcuni dirigenti della centrale acquisti che c’era un’indagine in corso nei loro confronti.
Quel 2 marzo padre e figlio conversano al telefono. Tiziano è stato convocato nella Capitale per il giorno successivo, il 3 marzo. Dovrà recarsi a Piazzale Clodio: alle tre del pomeriggio lo attende una coppia di pm. Paolo Ielo, enfant prodige del pool di Milano ai tempi di Mani Pulite, ora divenuto l’uomo forte della Procura di Roma di Giuseppe Pignatone. Da due mesi il procuratore aggiunto sta svolgendo le indagini sul caso Consip e ha arrestato da poco, con l’accusa di corruzione, proprio Alfredo Romeo. Al fianco di Ielo c’è la pm Celeste Carrano della Procura di Napoli, che ha avviato l’inchiesta e ha raccolto gran parte delle prove con i carabinieri del Noe (Nucleo Operativo Ecologico). Insieme, chi ha costruito l’azione penale e chi l’ha finalizzata, sentiranno la versione di Tiziano Renzi sui suoi rapporti con Romeo, con il “facilitatore” Carlo Russo nonché con l’amministratore delegato di Consip, Luigi Marroni.
Dall’invito a comparire notificatogli due settimane prima, il padre dell’ex premier ha scoperto di essere indagato per traffico illecito di influenze. Il figlio sa bene che per quel reato la pena prevista è molto blanda. La vera posta in gioco non è la reclusione fino a tre anni per il papà ma il destino politico del figlio. Per questo Matteo, dopo la lettura dei giornali, ha un diavolo per capello e quella mattina non ce la fa a trattenersi e chiama il padre, che è intercettato.
L’attuale segretario del Pd ha appena letto l’intervista ad Alfredo Mazzei pubblicata su Repubblica. Il titolo annuncia tempesta: “Il teste e la cena nella bettola: ‘Il manager parlò di strategie con il padre di Matteo’”. La mano freme e si avvicina al cellulare. L’attacco del pezzo gli fa scendere un brivido lungo la schiena: “Una cena segreta. Un tavolo per tre. Tiziano Renzi, Alfredo Romeo e Carlo Russo. In una ‘bettola’ romana, il padre dell’ex premier, l’imprenditore accusato di una ‘sistematica offerta di corruzione’ e il rampante ‘facilitatore’ toscano amico del Giglio magico siedono insieme. E discutono di affari. Romeo li raggiunge ‘da un ingresso riservato attraverso il cortile di un palazzo’. L’incontro riservato dunque – scrive quel giorno il quotidiano diretto da Calabresi – ci fu. Un testimone eccellente ora racconta”.
È troppo. Matteo Renzi picchia le dita sullo schermo del suo iPhone. Se il padre ha incontrato Alfredo Romeo nel periodo in cui l’amico Carlo Russo contrattava un pagamento di 30 mila euro al mese per Tiziano con lo stesso Romeo, la cosa è grave. Matteo vuole capire. Il papà lo ha messo in una situazione che può costare la sua candidatura a premier.
Il pezzo è uscito su Repubblica, non sul Fatto Quotidiano. Stavolta il “rottamatore” non può far finta di nulla e le rassegne stampa non possono ignorare la notizia come puntualmente hanno fatto per due mesi e mezzo con gli scoop del nostro giornale sulle indagini relative alle soffiate presunte di Lotti e dei carabinieri o sui pizzini di Romeo a Russo con i 30 mila euro per “T”, Tiziano Renzi, secondo gli inquirenti.
Stavolta tutti ne parleranno e l’ex premier non può girarsi dall’altra parte. Alfredo Mazzei, il testimone che tira in ballo Tiziano, Matteo lo conosce bene. È l’ex tesoriere del Pd della Campania, in ottimi rapporti con i fedelissimi del neo segretario: l’avvocato Alberto Bianchi e Maria Elena Boschi. Non è, dunque, solo un amico di Alfredo Romeo. Inoltre, quelle cose dette a Repubblica, Mazzei le ha già dette tre mesi prima ai pm. Non c’è da scherzare.
E Matteo che chiama al telefono il padre. Sa che rischia di essere intercettato e non a caso dice cose da manuale di educazione civica tipo: “Babbo devi dire tutta la verità ai magistrati”. Però qua e là nella conversazione esce fuori l’animo “familista” del leader del Pd. Come quando suggerisce di non rivelare che a un ricevimento con alcuni imprenditori era presente anche sua madre, Laura Bovoli. Durante la chiamata emerge chiaramente la sfiducia di Matteo verso Tiziano: il figlio teme che il padre possa mentire anche a lui. Non solo all’Italia e ai pm. Renzi in quel momento non è più premier né deputato. È solo un figlio infuriato con il padre che rischia di rovinargli la carriera politica.
Appena Tiziano risponde al telefono il figlio gli fa: “Non puoi dire che non conosci Mazzei perché lo conosco anche io”. Matteo Renzi è terrorizzato dall’interrogatorio che si terrà il giorno dopo a piazzale Clodio. Dice al padre che “è una cosa molto seria” e gli intima: “Devi ricordarti tutti gli incontri e i luoghi, non è più la questione della Madonnina e del giro di merda di Firenze per Medjugorje”.
Tiziano, che è devoto alla Madonna e crede nelle sue apparizioni, lo ferma: “Non devi dire così” ma il neo segretario del Pd in quel momento se ne frega del santuario, dell’Erzegovina e dei pellegrinaggi e pensa solo alle conseguenze politiche del caso Consip: “Stai distruggendo un’esperienza”, dice. Si capisce che non si fida del padre alla vigilia dell’interrogatorio: “Devi dire nomi e cognomi” gli intima e poi aggiunge che questa storia è delicata per lui perché “Mazzei è l’unico che conosco anche io”.
Poi Matteo arriva al dunque: “È vero che hai fatto una cena con Romeo?”. La risposta non è netta ma sibillina. I carabinieri nel brogliaccio annotano: “Tiziano dice di no e che le cene se le ricorda ma i bar no”. Cioè, Tiziano Renzi nega un incontro al ristorante (“la bettola”) come è stato riferito ai pm e ai giornali da Mazzei che a sua volta l’aveva appreso da Romeo in persona. Però, se il no sui ristoranti è netto, non lo è altrettanto quello su un possibile incontro con l’imprenditore campano in un bar.
La telefonata assume un tono drammatico e quasi edipico. Al figlio che gli ha appena detto che su questa storia rischia di chiudersi la sua esperienza politica, Tiziano non riesce a replicare con voce autorevole da padre: “Matteo ascolta: io non ho mai incontrato Romeo. Fidati”. No, Tiziano cincischia e fa davvero tenerezza ascoltare questo nonno di 65 anni con nove nipoti che si trova a rispondere all’interrogatorio del figlio 42enne rifugiandosi in corner nella distinzione tra i bar e i ristoranti. A questo punto Matteo gli dice: “Non ti credo”. Il leader Pd lo incalza e i carabinieri annotano: “Matteo gli dice che non crede che non si ricordi di avere incontrato uno come Romeo”. Tiziano è all’angolo tiene il punto e insiste: “Non me lo ricordo” poi però aggiunge: “L’unico può essere stato…”. Matteo lo interrompe e gli ribadisce la sfiducia: “Non ti credo e devi immaginarti cosa può pensare il magistrato. Non è credibile che non ricordi di avere incontrato uno come Romeo, noto a tutti e legato a Rutelli e Bocchino”.
Allora Tiziano si arrovella pensando al passato e dice che “quando lui ha fatto il ricevimento al Four Season c’erano una serie di imprenditori ma c’era anche Lalla (Laura Bovoli, madre di Matteo Renzi, nda) e siamo andati via subito”. Probabilmente Tiziano fa riferimento a un convegno al Four Season con esponenti del mondo delle imprese ai tempi delle primarie di fine 2012 contro Bersani. Ma Matteo non lo fa finire e gli dice: “Non dire che c’era mamma altrimenti interrogano anche lei”. (…) Matteo sa che quella del Four Season comunque non è una situazione legata all’indagine Consip e torna a chiedere: “Hai incontrato Romeo in un’altra situazione?”. Tiziano ancora una volta risponde che non ne ha memoria. A quel punto Matteo molla la presa e formula la sua fosca previsione sul destino di entrambi: “Andrai a processo, ci vorranno tre anni e io lascerò le primarie”.
Tiziano si difende: “Se non me lo ricordo non posso farci nulla”. Matteo con tono beffardo gli dice di continuare a dire che è andato da Luigi Marroni per la storia dell’installazione della Madonnina all’ospedale Meyer e che Carlo Russo è solo un padrino di battesimo. Però poi aggiunge freddo: “Io non voglio essere preso in giro e tu devi dire la verità in quanto in passato la verità non l’hai detta a Luca e non farmi aggiungere altro. Devi dire se hai incontrato Romeo una o più volte e devi riferire tutto quello che vi siete detti”.
Dopo l’invito a non dire della mamma, Matteo torna però istituzionale in chiusura di telefonata: “Non puoi dire bugie o non mi ricordo e devi ricordarti che non è un gioco”. Poi chiede a che ora vedrà l’avvocato Bagattini e Tiziano dice “ora”. Matteo ribadisce: “Digli tutta la verità”. Poi lo saluta e attacca.
(Dal libro “Di padre in figlio” di Marco Lillo (Paper First), giovedì in edicola e in libreria, anticipiamo parte del capitolo 1: “La telefonata”.)
Dalle intercettazioni si nota subito che il figlio prende le distanze dal padre, sa di essere intercettato e vuole far credere che non è a conoscenza dei fatti e che vuole venga fatta chiarezza. La sua furbizia nell'agire è impressionante. C'è da chiedersi che cosa stia tramando per uscirne indenne. 

PS: sempre nella stessa pagina potete leggere anche:

Corruzione, traffico di influenze illecite e fuga di notizie.

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Alfredo Romeo, noto immobiliarista napoletano, è in carcere dal 1° marzo con l’accusa di aver corrotto un dirigente della Consip, la centrale acquisti della Pubblica amministrazione, versandogli 100 mila euro in cambio di informazioni riservate. Il gruppo Romeo partecipò nel 2014 alla gara Facility management 4 da 2,7 miliardi di euro per le forniture e la gestione degli uffici pubblici di tutta Italia, piazzandosi in testa in tre dei 18 lotti in cui era diviso il bando. Romeo era in contatto con Carlo Russo, amico di Tiziano Renzi, che secondo l’amministratore delegato di Consip Luigi Marroni parlava a nome del padre dell’ex premier. Nei foglietti scritti a mano da Romeo mentre parlava con il suo collaboratore Italo Bocchino, ex parlamentare di An, e recuperati dai carabinieri del Noe tra i rifiuti, c’è scritto tra l’altro “30 mila al mese per T.” e “5 mila C.R” dove “C.R.” e “T.” secondo gli inquirenti sarebbero proprio Russo e Tiziano Renzi, indagati per traffico di influenze illecite. Le indagini sono state condotte dai pm napoletani Celeste CarranoEnrica Parascandolo e Henry John Woodcocke in seguito trasmesse per competenza territoriale alla Procura di Roma dove se ne occupano il procuratore aggiunto Paolo Ielo e il pm Mario Palazzi, che hanno chiesto e ottenuto l’arresto di Romeo. Prima però i magistrati partenopeo hanno scoperto che i vertici di Consip erano stati avvisati delle indagini e avevano “bonificato” gli uffici dalle microspie piazzate dai carabinieri. Nelle indagini sulla fuga di notizie sono emersi i nomi del ministro Luca Lotti, del comandante generale dei carabinieri generale Tullio Del Sette e del comandante dell’Arma in Toscana generale Emanuele Saltalamacchia: sono indagati per favoreggiamento e rivelazione di segreto. L’intricata vicenda si è infine arricchita del falso ideologico contestato al capitano del Noe Giampaolo Scafarto per un’informativa che contiene dati non veritieri o incompleti: in un caso ha attribuito a Romeo la frase “l’ultima volta che ho visto Renzi”, pronunciata in realtà da Bocchino mentre Romeo afferma di non conoscere né Matteo né Tiziano Renzi; in un altro non conteneva le generalità di un passante che avrebbero permesso di escludere il suo coinvolgimento in un presunto spionaggio di imprecisati Servizi ai danni del Noe.

lunedì 15 maggio 2017

"Se muoiono 100 persone con questo filtro non va in galera nessuno". Le intercettazioni choc del luminare della Terapia del dolore Guido Fanelli. - Giacomo Talignani



Diceva: "Io procuro i malati e mi prendo il 10%". Le mazzette erano affare di famiglia. Indagati anche moglie e due figli.


Fare soldi con il dolore degli altri era un affare di famiglia. Tale da far dire a Guido Fanelli, luminare delle cure palliative e padre della legge 38, che lui portava "i malati e mi prendo il 10%". Chi soffre è roba da calcolare in percentuali, in volume d'affari, sosteneva il docente di Anestesia e Rianimazione di Parma in una intercettazione con la moglie.

Ed è proprio dalle intercettazioni dei Nas dell'operazione Pasimafi, quella che ha portato a 19 arresti fra dirigenti medici e imprenditori del settore farmaceutico, e 75 indagati, che emerge il ruolo scioccante di Fanelli, insieme a moglie e figli (tutti indagati), e il metodo di corruzione impostato con le case farmaceutiche.
Una frase, contenuta nelle oltre 500 pagine dell'ordinanza, fa capire ancora meglio come ragionava il professore: "Se muoiono 100 persone con questo filtro non va in galera nessuno...". E' datata 2015 e spiega bene come l'organizzazione considerava il ruolo della ricerca scientifica nel delicato campo delle cure palliative.
Lui stesso, che aveva messo in piedi un sistema in cui testava i farmaci su pazienti ignari, creava false relazioni o smentite per promuovere i farmaci e pilotava i convegni medici a favore delle case farmaceutiche amiche spiega come funzionava il modus operandi.
"Non è che faccio il boss, sono io e basta, comando io, ho creato un sistema" dice intercettato dai carabinieri.
"Io prendo soldi dall'uno e dall'altro in maniera uguale e paritaria, sono bravo a tenere il piede in quattro o cinque scarpe. Io ho il centro hub del dolore più grosso di Italia con 19mila interventi all'anno, ho la forza di spostare milioni di euro perchè con la forza scientifica tutti danno credito a ciò che scriviamo"
Dai nuovi dettagli delle indagini si evince che il figlio Roberto era a capo della Crag Up, società di comodo per il riciclaggio del denaro, la stessa che possedeva lo yacht Pasimafi (usato dalla famiglia per le vacanze) sul quale campeggiava il logo di una ditta farmaceutica.
La moglie di Fanelli, Fiorella Edi Nobili, era referente come dirigente medico in Lombardia mentre l'altro figlio, Andrea, avrebbe redatto lavori scientifici richiesti ad hoc dalle case farmaceutiche dall'alto del suo ruolo in una struttura medica di Bologna. Tutti i componenti della famiglia sono indagati.
"Il Pasimafi c'ha il logo della Mundipharma sulla poppa eh!" dice il professore a un altro indagato, azienda che per Fanelli ha incassato "40 milioni col farmaco Targin: sopra ci sono le mie iniziali" dice.
A Parma, dove Fanelli era molto conosciuto sia per le puntuali apparizioni televisive (dalla Rai alle radio), sia per il suo stile di vita (fatevi un giro sul suo profilo Facebook per avere un'idea) il ruolo del medico era chiacchierato da tempo. Tanto che l'Azienda ospedaliero-universitario aveva già sollecitato l'università di Parma a sospenderlo.
Pur di incassare, faceva qualsiasi cosa. "È così io procuro malati e gente per il dolore ... vengono perché ci sei tu e di mezzo ci sono io mollano il 10% e permetti non è che lo facciamo sempre per loro. Loro guadagnano i soldi e noi un cazzo..." si legge sempre nelle intercettazioni del 62enne che definiva i manager delle case farmaceutiche come "marchettari".
In un'altra, sempre parlando con la moglie, dice che "mi sono arrivati dei files bellissimi, notizie scientifiche molto interessanti (che gira su Whatsapp ad amici, ndr). Sai è il mio lavoro lo spionaggio industriale...".
Il gip di Parma, Maria Cristina Sarli, non ha dubbi su Fanelli: "Un uomo che in modo incessante e, a tratti compulsivo, agisce con tutti i mezzi a sua disposizione per realizzare i propri obiettivi".
http://www.huffingtonpost.it/2017/05/09/se-muoiono-100-persone-con-questo-filtro-non-va-in-galera-nessu_a_22077892/

L'uomo è l'essenza dell'intero universo, ha, pertanto, il potere di esprimere quanto di più bello o di più cruento possa essersi verificato nel trascorrere del tempo. In alcuni casi, come questo ad esempio, suscita disgusto, e lo suscita anche nel più incallito degli animi umani.

Embrione di dinosauro rivela una nuova specie di giganti.

Due esemplari di Beibeilong sinensis impegnati nella cove delle uova (fonte: Zhao Chuang) © Ansa
Due esemplari di Beibeilong sinensis impegnati nella cove delle uova (fonte: Zhao Chuang)RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA/Ansa

Simili a uccelli da 3 tonnellate, facevano nidi larghi 3 metri.

L'embrione perfettamente conservato del cucciolo di dinosauro 'Baby Louie', morto 90 milioni di anni fa in Cina subito dopo essere sbucato dal guscio, rivela l'esistenza di una nuova specie di giganti preistorici, quella dei Beibeilong sinensis ('piccoli draghi cinesi'): questi dinosauri, dotati di becco e ali piumate come gli uccelli, potevano diventare lunghi fino a 8 metri, pesavano 3 tonnellate e facevano dei nidi 'extra-large', con un diametro di tre metri, dove deponevano e covavano dozzine di uova. Lo ha scoperto un gruppo di paleontologi cinesi, canadesi e slovacchi, che pubblica su Nature Communications il primo ritratto di questa specie inedita. 

Il corpo fossilizzato di Baby Louie, lungo appena 38 centimetri dal muso alla base della coda, è stato rinvenuto agli inizi degli anni Novanta nella provincia cinese di Henan insieme ad altre uova giganti della stessa covata: lunghe fino a 45 centimetri e pesanti circa 5 chilogrammi, sono tra le uova di dinosauro più grandi mai ritrovate finora. Il mistero della loro identità è rimasto fitto per anni. 

“Dato che nelle rocce di Henan sono stati ritrovati fossili di grandi teropodi come i tirannosauri, alcuni hanno cominciato a pensare che anche le uova fossero di tirannosauro”', racconta Darla Zelenitsky dell'università canadese di Calgary. Grazie a Baby Louie, invece, “ora sappiamo che queste uova sono state deposte da giganteschi oviraptorosauri”, simili agli enormi uccelli australiani casuari, ma un po' più 'cresciutelli'. “Doveva essere uno spettacolo vedere un animale da tre tonnellate come questo seduto sul nido pieno di uova”, conclude l'esperta.


http://www.ansa.it/canale_scienza_tecnica/notizie/terra_poli/2017/05/12/embrione-di-dinosauro-rivela-una-nuova-specie-di-giganti-_658b71f1-e888-446d-95f5-bb23a1a95449.html

Ricerca italiana: impiantata la prima retina artificiale organica, test sugli animali.

Ricerca italiana: impiantata la prima retina artificiale organica, test sugli animali

La protesi è in grado di trasformare gli stimoli luminosi in impulsi elettrici per i neuroni.


Un gruppo di ricercatori italiani dell'Iit di Genova ha realizzato la prima retina artificiale organica altamente biocompatibile. La protesi, descritta sulla rivista Nature Materials, si è dimostrata in grado di rimpiazzare i fotorecettori degenerati in animali portatori di mutazione spontanea di uno dei geni implicati nella retinite pigmentosa umana. La retina bio-tech è formata da due strati di polimeri organici capaci di convertire gli stimoli luminosi nell'attivazione elettrica dei neuroni.

Efficace per 10 mesi - I test hanno evidenziato il "ripristino" di riflesso pupillare, risposte corticali elettriche e metaboliche agli stimoli luminosi, acuità visiva e orientamento nell'ambiente guidato dalla luce. Questo importante recupero funzionale è rimasto efficace per oltre 10 mesi dopo l'impianto della retina artificiale, senza causare l'infiammazione dei tessuti o la degradazione dei materiali che compongono il dispositivo.

I polimeri organici, alternativamente semiconduttore e conduttore, sono stratificati su una base di fibroina, la cosiddetta proteina della seta. La stimolazione luminosa dell'interfaccia provoca l'attivazione della retina priva di fotorecettori, mimando il processo a cui sono deputati i coni e bastoncelli presenti nella retina sana.

I vantaggi della retina artificiale - "Questo approccio - ha precisato Fabio Benfenati, direttore del Centro Iit-Nsyn di Genova - rappresenta un'importante alternativa ai metodi utilizzati fino ad oggi per ripristinare la capacità fotorecettiva dei neuroni. Rispetto ai due modelli di retina artificiale attualmente disponibili, basati sulla tecnologia del silicio, il nostro prototipo presenta vantaggi quali la tollerabilità, la lunga durata e la totale autonomia di funzionamento, senza avere la necessità di una sorgente esterna di energia".

Test sull'uomo entro quest'anno - L'obiettivo della ricerca è quello di ripristinare parzialmente la vista in pazienti resi ciechi dalla degenerazione dei fotorecettori, che si verifica in numerose malattie genetiche della retina (come ad esempio la retinite pigmentosa). La prima sperimentazione sull'uomo potrebbe essere inaugurata nella seconda metà del 2017. L'impianto potrebbe rappresentare una svolta nel trattamento di patologie retiniche estremamente invalidanti.


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