giovedì 18 maggio 2017

Le 5 isole di plastica che soffocano il mare. - di Nicoletta Pennati


Un'immagine della spiaggia dell'isola Henderson, nel Pacifico meridionale (LaPresse)

La massa dei rifiuti che fluttua nel Pacifico è grande quanto l'Europa e si alimenta di una tonnellata al giorno. Un libro-inchiesta rinnova l'allarme e dà i numeri dei veleni che intossicano gli oceani e il Mediterraneo.

13 gennaio 2014

Le 5 isole di plastica che soffocano il mareFoto Corbis
Lucio Dalla ha scritto Com'è profondo il mare, nella sua casa che guarda Cala Matano, sull'isola di San Domino, alle Tremiti (Puglia). E così si intitola il bel libro di Nicolò Carnimeo, docente di Diritto della navigazione e dei trasporti all'università di Bari appena uscito per Chiare Lettere. Perché questa inquietante inchiesta in difesa del mare parte e ritorna alle Tremiti e perché i versi del grande cantautore erano un grido d'allarme (Così stanno bruciando il mare, cosi_ stanno uccidendo il mare, cosi_ stanno umiliando il mare, così stanno piegando il mare). Ma dal 1977, anno in cui uscì l'omonimo album, l'uomo ha fatto ancora altri e peggiori danni. Ecco alcuni dati e brani tratti dalla prima parte del libro, "Mare di plastica".
Isole di plastica. Non sono segnate sulle carte nautiche, né si possono avvistare dall'alto o su Google Earth. Eppure sono 5 le isole di plastica fluttuante negli oceani censite dall'oceanografo Curtis Ebbesmeyer: due nell'Atlantico, una nell'Oceano Indiano, due nel Pacifico, ma sono soltanto le principali. Ne ha stimato l'estensione totale in milioni di miglia quadrate. Solo quella del Pacifico settentrionale (Great Garbage Patch), scoperta nel 1996 dal capitano californiano Charles Moore, pare sia grande quanto l'Europa

Microscopici frammenti.
 L'isola è formata da centinaia di miliardi di microscopici frammenti di plastica, impalpabili nuvole inquinanti che fluttuano nel mare, si polverizzano e si disperdono, fermandosi in sospensione appena sotto il livello della superficie, oppure, in base alla loro densità, in tutta la colonna d'acqua sino al fondale. Il guaio è che questi frammenti assomigliano al plancton, le particelle elementari da cui si rigenera la vita negli oceani e da cui parte la catena alimentare. Non c'è creatura marina per la quale il plancton non sia alla base dell'esistenza: i pesci e gli uccelli che non lo mangiano direttamente vivono comunque delle altre creature che se ne cibano.
Una tonnellata al giorno. Si è stimato che solo il Great Pacific Garbage Patch venga alimentato da una tonnellata di plastica al giorno.
Buste. Dei cento milioni di tonnellate di plastica prodotta ogni anno il 10 per cento va a finire in mare, da cinquecento miliardi a un trilione sono solo buste; la stessa quantità si registra per piatti, bicchieri, pellicole per alimenti e bottiglie. Così in meno di cinquant'anni gli oggetti che utilizziamo solo per qualche attimo hanno formato un continente artificiale di roba inutile di cui non ci libereremo mai. Galleggerà in eterno senza che si riesca a raccoglierla.
Morte annunciata. Ogni anno, nei mari del mondo, tra tartarughe e mammiferi marini muoiono 100.mila esemplari, e circa 1 milione di uccelli marini vengono sterminati da tappi di plastica, ugelli degli spray, persino soldatini e spazzolini da denti. Gli uccelli avvistano i frammenti dal cielo, si tuffano in picchiata scambiandoli per cibo e quando li hanno nel becco è ormai troppo tardi.
Mediterraneo malato grave. Nel Mediterraneo il problema è più grave: in questo mare chiuso la plastica rimane prigioniera. Qui, in media, ci sono 115.000 pezzetti per chilometro quadrato, il che vuol dire che in tutta l'estensione marina ce ne sono 290.000.000.000 nei primi quindici centimetri d'acqua, ovvero una fascia delicata e preziosa per la riproduzione e l'alimentazione dell'ecosistema marino che i biologi chiamano «neuston».
Costa ligure-tirrenica. Si calcola che nel solo bacino nord-ovest del golfo di Genova si ritrovano in media 200.000 microframmenti per chilometro quadrato. Al largo di Portoferraio (Isola d'Elba) la concentrazione di plastica, forse per un gioco di correnti, raggiunge gli 892.000 microframmenti per chilometro quadrato.
Spiagge. Alle Hawaii sono stati trovati 200.000 frammenti per ogni chilo di sabbia.

mercoledì 17 maggio 2017

Italia: addio classi sociali, crescono disuguaglianze.



La fotografia nel rapporto annuale Istat. Scompaiono borghesia e proletariato. Sette giovani su dieci a casa con i genitori.


L’Istat traccia la nuova mappa socio-economica dello Stivale, suddividendo le famiglie italiane in 9 gruppi sociali. Ma quello che ne esce è un ritratto impietoso. Sette giovani su dieci ancora a casa con i genitori, aumentano le disuguaglianze, Italia prima in Europa per invecchiamento della popolazione. Inoltre, il paese presenta una "perdita dell'identità di classe legata alla precarizzazione e alla frammentazione dei percorsi lavorativi". Così l’Istat nel suo Rapporto annuale 2017, presentato oggi a Montecitorio

Fotografia Italia: “esplodono” le classi sociali
Quello che viene fotografato è un Paese che sta cambiando volto. "La diseguaglianza sociale non è più solo la distanza tra le diverse classi, ma la composizione stessa delle classi". La classe operaia e il ceto medio, osserva l’Istat, "sono sempre state le più radicate nella struttura produttiva del nostro Paese" ma "oggi la prima ha abbandonato il ruolo di spinta all'equità sociale mentre la seconda non è più alla guida del cambiamento e dell'evoluzione sociale". Secondo il rapporto dell’Istat, segmenti della popolazione non possono più essere inquadrati secondo le partizioni classiche. “Giovani con alto titolo di studio sono occupati in modo precario, stranieri di seconda generazione che non hanno il background culturale dei genitori, stranieri di prima generazione cui non viene riconosciuto il titolo di studio conseguito, una fetta sempre più grande di esclusi dal mondo del lavoro dovuta - sottolinea l'Istituto - anche al progressivo invecchiamento della popolazione".
Ecco che nella nuova geografia dell'Istat "la classe operaia", che "ha perso il suo connotato univoco", si ritrova "per quasi la metà dei casi nel gruppo dei 'giovani blue-collar'", composto da molte coppie senza figli, e "per la restante quota nei due gruppi di famiglie a basso reddito, di soli italiani o con stranieri". Anche la piccola borghesia si distribuisce su più gruppi sociali, in particolare "tra le famiglie di impiegati, di operai in pensione e le famiglie tradizionali della provincia". Secondo l'Istituto "la classe media impiegatizia è invece ben rappresentabile nella società italiana, ricadendo per l'83,5% nelle 'famiglie di impiegati'".

Giovani a casa, Neet e anziani
La situazione dei giovani mostra che quasi sette su 10 tra gli under 35 vivono ancora nella famiglia di origine: nel 2016 i ragazzi tra i 15 e i 34 anni che stanno a casa dei genitori sono 8,6 milioni, il 68,1% dei coetanei. Ed è ancora maglia nera in Europa per i Neet, i giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano e non studiano: sono scesi a 2,2 milioni nel 2016, con un'incidenza che passa al 24,3% dal 25,7% dell'anno prima, ma si tratta ancora della quota "più elevata tra i paesi dell'Unione" europea, dove la media si ferma al 14,2%. L'Italia, inoltre, appare come un Paese sempre più vecchio: al 1 gennaio 2017 la quota di individui di 65 anni e più ha raggiunto il 22%, collocando il nostro Paese al livello più alto nell'Unione Europea e "tra quelli a più elevato invecchiamento al mondo". Con questo dato l'Italia supera anche la Germania che per anni si è collocata ai vertici della classifica europea per quota di over-65 sulla popolazione complessiva. Sono in 13,5 milioni gli italiani che hanno più di 65 anni; gli ultraottantenni sono 4,1 milioni.


Presenza femminile nelle aziende
Il rapporto offre anche un quadro sociale sull’occupazione femminile. Nelle grandi imprese italiane solo il 12,2% dei top manager è donna. La presenza femminile è maggiore nelle imprese familiari, dove le donne appartenenti alla famiglia proprietaria vengono inserite più facilmente nel Cda e nel top management. Nel middle management le donne arrivano al 23,1%, indicatore del fatto che salendo nella scala gerarchica aumenta lo svantaggio delle donne. Le maggiori incidenze di top manager donne sono diffuse nelle cooperative attive nei comparti dei servizi alla persona, delle pulizie, e dell'assistenza familiare e sanitaria. Le famiglie di impiegati vedono come persona di riferimento, principale percettore di reddito, una donna in 7 casi su 10. Nonostante la "superiorità di genere" delle donne quanto a livello di istruzione, si legge nel Rapporto annuale dell’Istat, nel 2016 il gap nei tassi di occupazione è ancora forte: 18,4 punti percentuali a sfavore delle donne. La quota di donne che lavorano è più alta nelle famiglie di impiegati, in quelle della classe dirigente e dei giovani blue collar. Il tasso di occupazione femminile passa dal 29,8 con al massimo la licenza media al 73,3% delle laureate.


http://www.sky.it/eveningnews/2017/736/web/homepage.html?lightbox=3&extid=26dddf71a02cf36617643234d957f76aaf746bac2393b6e9

martedì 16 maggio 2017

Manovra, spunta la stretta sul bollo auto e l’addio alle monete da 1-2 centesimi. - N. Cottone



Oltre un terzo degli emendamenti alla manovra non passa il vaglio di ammissibilità. 
Tra i circa 900 emendamenti cassati per estraneità di materia - sui circa 2600 presentati - compare anche la serie di proposte 'fotocopia' presentate da Pd, Sc e Lega per applicare, in modo certo e definitivo, l’Iva al 4% anche ai pani speciali. Stessa sorte per l’emendamento a firma Zanetti-Sottanelli che chiedeva di introdurre una flat tax al 10% per attrarre i pensionati stranieri. Fra le proposte di modifica alla cosiddetta manovra correttiva dei conti pubblici all’esame della commissione Bilancio della Camera, accanto alla web tax transitoria, ci sono tante curiosità.

Da 2018 addio monete 1-2 centesimi. 
Addio, a partire dal primo gennaio 2018, alle monete da 1 e 2 centesimi. È quanto propone invece un emendamento del Pd alla manovra-bis (primo firmatario Boccadutri), in cui si specifica che il risparmio derivante dallo stop al conio è destinato al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato. «A far data dal 10 gennaio 2018 - recita l’emendamento - è sospeso il conio delle monete da 1 e 2 centesimi. Il risparmio derivante dagli effetti della norma è destinato al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato. Con decreto del ministro dell'Economia e delle finanze, da adottarsi entro il primo settembre 2017, - si legge - si stabiliscono le modalità attraverso cui i pagamenti effettuati in contanti sono arrotondati nel periodo di sospensione».

Non è la prima volta che si tenta questa iniziativa. Tre anni fa la Camera dei deputati ha approvato una mozione (primo firmatario Sergio Boccadutri, allora di Sel) che impegnava il Governo a sospendere il conio delle monete da 1 e 2 centesimi di euro. In un comunicato Sel affermava che le monetine da uno e due centesimi, oltre a non essere accettate da distributori automatici, parcometri e caselli automatici delle autostrade, costano molto più di quel che valgono. Per fare un centesimo si spendono 4,5 centesimi di euro; per fare la monetina da due centesimi, 5,2. Il risparmio che si potrebbe ottenere, sospendendo anche solo le monete da uno e due centesimi, è di 21 milioni di euro l’anno.

Stretta contro l’evasione del bollo auto.
Prevista anche, se l’emendamento sarà approvato, una stretta contro l’evasione del bollo auto. Gli uffici del dipartimento dei Trasporti e le autofficine autorizzate a fare la revisione dovranno controllare che i proprietari dei veicoli abbiano sempre pagato tassa di proprietà e tassa di circolazione del proprio mezzo e che non sia sottoposto a fermo amministrativo. Lo prevede un emendamento presentato dal Pd, primo firmatario Francesco Ribaudo. In caso di mancato pagamento, non è possibile procedere con la revisione del veicolo e il proprietario è obbligato ad effettuare i pagamenti mancanti.


Arrivano proposte sui nuovi voucher, anche libretto famiglia. 
Arrivano poi da tutti i gruppi come emendamenti alla manovra le proposte per sostituire i voucher. Si va dall’introduzione dei “coupon” per il lavoro 'breve', come propone Ap, a una “card” per il lavoro saltuario, come chiede la Lega, oppure un vero e proprio «libretto famiglia» per pagare le prestazioni occasionali di colf, badanti ma anche insegnanti che danno ripetizioni ai figli a scuola, come chiede il Pd. Molte propongono di limitare comunque il lavoro occasionale ad alcune categorie, come studenti, pensionati o casalinghe.


Minisanatoria per i dirigenti delle Entrate.
Spunta anche una sorta di 'minisanatoria' per chiudere la vicenda dei dirigenti dell’Agenzia delle Entrate dichiarati illegittimi dalla Corte Costituzionale perché nominati senza concorso. Un emendamento alla manovra firmato da Rocco Palese (Cor) prevede infatti una 'stabilizzazione' nel ruolo di dirigenti di chi sia in servizio da almeno 5 anni in area apicale e abbia svolto negli ultimi 8 anni almeno 3 anni da dirigente con valutazioni positive. L'emendamento vuole risolvere la questione garantendo «la regolare funzionalità dell’amministrazione finanziaria, anche al fine di non pregiudicare il buon esito delle manovre fiscali» contenute nel decreto. Tra le proposte a firma Palese anche quella di bandire un concorso per 25 magistrati contabili da inserire nell’organico della Corte dei conti, sospendendo nel frattempo i collocamenti a riposo.


Non passa ememendamento sul pane speciale
Non ha passato invece il vaglio di ammissibilità gli emendamenti che puntavano a fare chiarezza sull’aliquota da applicare a nuovi prodotti della panificazione
o sostitutivi del pane, applicando, in modo certo e definitivo, l’Iva al 4% anche ai pani speciali, contenenti «gli zuccheri già previsti dalla legge, ovvero destrosio e saccarosio, i grassi e gli oli alimentari industriali ammessi dalla legge, cereali interi o in granella e semi, e semi oleosi, erbe aromatiche e spezie di uso comune».


Ddl indici affidabilità entra nella manovrina
Il ddl di iniziativa parlamentare per la definizione degli indici di affidabilità fiscale confluisce nella manovra-bis. Un emendamento di maggioranza (primi firmatari Pelillo, Pd, e Bernardo, Ap) ripropone infatti il testo del disegno di legge presentato a fine aprile. Come disposto dal decreto fiscale dello scorso anno, gli indici dovranno sostituire gli studi di settore a partire dall'anno di imposta 2017. Gli indici, elaborati con una metodologia basata su analisi di dati e informazioni relativi a più periodi d'imposta, si legge nell'emendamento, «rappresentano la sintesi di indicatori elementari tesi a verificare la normalità e la coerenza della gestione aziendale o professionale, anche con riferimento a diverse basi imponibili, ed esprimono su una scala da 1 a 10 il grado di affidabilità fiscale riconosciuto a ciascun contribuente».


http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2017-05-15/manovra-emendamenti-spunta-stretta-bollo-auto-e-mini-sanatoria-dirigenti-entrate-132442.shtml?uuid=AEfArZMB

Leggi anche:
http://it.ibtimes.com/manovrina-pannolini-iva-bollo-auto-monetine-da-un-centesimo-voucher-lavoro-tutti-gli-emendamenti

Per par condicio...Sacco amico dei potenti.

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Ndrangheta, 68 fermi a Crotone. A clan Arena 32 milioni dei 100 stanziati per il Cara: “Ai migranti cibo che si dà ai maiali” . Lucio Musolino


Risultati immagini per centro misericordi isola di capo rizzuto

Gli indagati sono accusati di associazione mafiosa, estorsione, porto e detenzione illegale di armi, intestazione fittizia di beni, malversazione ai danni dello Stato, truffa aggravata, frode in pubbliche forniture e altri reati di natura fiscale, tutti aggravati dalla modalità mafiose. Fermati anche il governatore della Misericordie Leonardo Sacco e don Edoardo Scordio, parroco della chiesa di Maria Assunta di Isola Capo Rizzuto.

I soldi per i migranti andavano alla ‘ndrangheta. Su 100 milioni di euro stanziati negli ultimi 10 anni, la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, guidata dal procuratore Nicola Gratteri, ne ha contati almeno 32 che sono finiti nella “bacinella” della cosca Arena. È questo il numero più importante della maxi-operazione “Jonny” che stamattina ha portato all’arresto di 68 persone tra cui il governatore della Misericordie Leonardo Sacco e don Edoardo Scordio, parroco della chiesa di Maria Assunta di Isola Capo Rizzuto.
Sono loro, secondo gli investigatori della polizia, dei carabinieri e della guardia di finanza, i veri promotori dell’organizzazione criminale che faceva capo al clan Arena. Grazie alle convenzioni stipulate con il ministero dell’Interno, la Misericordia in un solo anno, nel 2009, si è accaparrata 6 dei 13 milioni di euro per la gestione dei centri di accoglienza. Attraverso la Misericordia e Sacco, infatti, la cosca Arena, era riuscita ad aggiudicarsi gli appalti indetti dalla prefettura di Crotone per le forniture dei servizi di ristorazione al centro di accoglienza di Isola Capo Rizzuto e di Lampedusa. Appalti che venivano affidati a imprese appositamente costituite dagli Arena e da altre famiglie di ‘ndrangheta per spartirsi i fondi destinati all’accoglienza dei migranti.
Secondo la Dda, la spartizione dei milioni di euro era “semplice”: Sacco prendeva l’appalto con la Misericordia che è una onlus e concedeva in subappalto i servizi ad altre società con scopo di lucro riconducibili agli Arena che di fatto gestivano la mensa. “Leonardo Sacco – è scritto nel provvedimento di fermo – da circa 15 anni ha gestito, quale responsabile della Misericordia di Isola di Capo Rizzuto, il centro di accoglienza di Isola di Capo Rizzuto, nelle sue diverse articolazioni, in modo tale da distrarre, in favore delle diverse famiglie che compongono la criminalità organizzata isolitana, cospicue somme di denaro. Egli ha selezionato i subappaltatori del servizio mensa anche fra intranei al sodalizio isolitano. Ci si riferisce, evidentemente, ai cugini Antonio Poerio e Fernando Poerio, ad Angelo Muraca, i quali, con danaro della consorteria, hanno allestito imprese di ristorazione che, si ribadisce, hanno somministrato i pasti per i rifugiati”.
È proprio del cibo riservato agli ospiti del centro ha parlato in conferenza stampa Gratteri. “Indagando sulla famiglia Arena – ha detto il magistrato – siamo arrivati all’interno del Cara di Isola Capo Rizzuto. All’interno sono successe cose veramente tristi: un giorno sono arrivati 250 pasti per 500 migranti. Ebbene 250 persone hanno mangiato il giorno dopo. Non solo era poco, ma solitamente era un cibo che si dà ai maiali. Questi si arricchiscono sulle spalle dei migranti. Questa è un’indagine che abbraccia quasi 10 anni di malaffare all’interno del Cara gestito in modo mafioso dalla famiglia Arena”. “Il Centro di accoglienza e la Misericordia sono il bancomat della ‘ndrangheta”, ha detto invece il generale Giuseppe Governale, comandante del Ros dei carabinieri, secondo il quale è stata la cosca Arena a scegliere i suoi uomini: “E tra questi ci sono Sacco e il prete Scordio”.
Un’altra figura importante nell’indagine, infatti, è proprio quella del prete, don Edoardo Scordio che “riceve, senza alcun titolo, cospicue erogazioni di danaro dalla Misericordia. Solo per ricordare, fra le erogazioni più ingiustificate, basti fare riferimento ad una serie di note di debito, emesse dalla Parrocchia Maria Assunta ad Nives, cioè da Don Edoardo Scordio, e pagate da Misericordia fino alla concorrenza di 132.665 euro, per non meglio chiarita assistenza spirituale”. 
Tra gli indagati anche il sindaco di Isola Capo Rizzuto, Gianluca Bruno, che stamattina ha subito una perquisizione. A lui si era rivolto l’indagato Antonio Poerio per lamentarsi degli sprechi commessi dal prete Scordio: “In sostanza Poerio – è scritto nel fermo – richiedeva a Bruno Gianluca un intervento per allontanare il sacerdote da Isola di Capo Rizzuto. Bruno Gianluca lo riteneva inopportuno dicendo testualmente ‘vedi che se se ne va lui….che te lo dico io….ci ripuliscono tutti’. Poerio Fernando (altro indagato, ndr) era d’accordo perché temeva che il prete li accusasse: “che lui poi se la canta”. Bruno soggiungeva che era difficile trovare un adeguato sostituto di don Edoardo”.
In nome del business dei migranti, c’è stata anche la pace tra le due principali cosche del territorio: quella dei Grande Aracri e degli Arena, protagoniste in passato di una faida in cui i killer dei clan hanno utilizzato anche bazooka e kalashnikov. L’inchiesta ha fatto luce anche sul giro di scommesse in tutto il crotonese, gestito dagli indagati che avevano una “posizione dominante” nel settore della raccolta delle scommesse online e del noleggio degli apparecchi da intrattenimento. Le indagini delle fiamme gialle hanno consentito alla Dda di accertare che la società bookmaker Centurion Bet, in mano agli Arena, era presente in Italia con oltre 500 agenzie e aveva ramificazioni in tutto il mondo.
Proprio questa società avrebbe messo a disposizione i propri circuiti di gioco online alla società Kroton Games di Crotone. Espressione della cosca Arena, La Croton Game ha così incrementato i suoi volumi di fatturato, sottratti al fisco, per decine di milioni di euro.
Oltre agli arresti, sono stati sequestrati beni per 84 milioni di euro. I sigilli sono stati applicati all’intero patrimonio immobiliare riconducibile alla Fraternità di Misericordia di Isola di Capo Rizzuto, costituito da un convento di 1700 mq, successivamente ristrutturato ed adibito a poliambulatorio, dal teatro Astorino e da diversi immobili, alcuni dei quali acquistati dallo stesso Sacco da soggetti organici alla cosca Arena, per salvaguardarli da possibili sequestri.  La Dda, inoltre, ha sequestrato la squadra di calcio di Isola Capo Rizzuto di cui Sacco era il presidente.
Dopo l’operazione di oggi è intervenuta la confederazione nazionale delle Misericordie d’Italia. “Abbiamo appreso con forte preoccupazione del fermo di don Edoardo Scordio e di Leonardo Sacco, rispettivamente correttore e governatore della Misericordia di Isola Capo Rizzuto. Otto secoli di storia non vengono cancellati da fatti, seppure presunti, così gravi e pesanti. Continueremo a dare le risposte ai cittadini e alla popolazione più debole, dando continuità ai servizi svolti dalla Misericordia non facendo mancare la risposta ai bisogni di assistenza e di carità”.
“Confermiamo la nostra totale fiducia nell’operato dell’autorità giudiziaria – è scritto sempre nella nota – auspicando una rapida conclusione delle indagini. Annunciamo già da adesso il commissariamento della Misericordia di Isola Capo Rizzuto e della Federazione Regionale Calabrese. Peraltro la gestione del centro di Isola Capo Rizzuto è da tempo affidata al consorzio ‘Opere di Misericordia’, con sede a Firenze, che continuerà i propri compiti nell’interesse degli ospiti secondo i principi che ci contraddistinguono”.
Ecco come funzionano e a cosa servono la maggior parte delle onlus. A fare arricchire i disonesti che fanno leva sulla buona fede e la generosità della gente e per attingere ai finanziamenti pubblici.

Giuseppe Pipitone su fb.

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Quello al centro con gli occhiali si chiama Leonardo Sacco. Lo hanno arrestato oggi in un'operazione anti Ndrangheta. Hanno arrestato anche gli altri due a destra e a sinistra. Dei rapporti con l'unico rimasto libero - che incidentalmente fa il ministro - e di come il business dell'accoglienza sia finito in mano ad un certo partito - che nel frattempo ha cambiato nome - scrivevo qui mesi fa: http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/01/14/migranti-dalla-sicilia-al-veneto-il-business-dei-centri-daccoglienza-e-nelle-mani-del-nuovo-centrodestra/3299226/5/

https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10212903977657638&set=a.1597254414696.2087700.1336071063&type=3&theater

La telefonata. Renzi chiamò papà Tiziano: “Non dire bugie, non ti credo”. - Marco Lillo



Nel libro di Marco Lillo, l’intercettazione sulla cena tra il padre dell’ex premier e l’imprenditore Romeo. E il genitore replica: “Al ristorante mai, al bar non ricordo”.


Il 2 marzo 2017 alle 9.45 di mattina Tiziano Renzi parla al telefono con il figlio Matteo. I magistrati lo stanno intercettando nell’ambito dell’inchiesta Consip nella quale il padre dell’ex premier in quel momento è indagato per traffico di influenze con il “facilitatore” e amico Carlo Russo. Si tratta di una vicenda complicata, svelata dal Fatto Quotidiano e ignorata a lungo dalle altre testate, su un presunto caso di corruzione, traffico illecito di influenze e soffiate istituzionali in cui sono coinvolti un imprenditore napoletano, Alfredo Romeo; alcuni dirigenti della società di via Isonzo che si occupa di gran parte degli acquisti della Pubblica amministrazione; lo stesso Tiziano Renzi; alcuni uomini dell’Arma e l’attuale ministro dello Sport, Luca Lotti, ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio di marcata fede renziana.
L’inchiesta ha due filoni principali. Nel primo, Alfredo Romeo, ora in carcere, è accusato di aver corrotto un funzionario Consip. Mentre Carlo Russo e Tiziano Renzi sono accusati perché di concerto, sfruttando le relazioni esistenti tra il padre del neo segretario Pd e Luigi Marroni (amministratore delegato di Consip), si facevano promettere indebitamente da Romeo l’erogazione di somme di denaro mensili, come compenso per la loro mediazione verso Marroni in relazione allo svolgimento delle gare.
Nel secondo filone, invece, Lotti è accusato, insieme a degli ufficiali delle forze dell’ordine, di aver rivelato ad alcuni dirigenti della centrale acquisti che c’era un’indagine in corso nei loro confronti.
Quel 2 marzo padre e figlio conversano al telefono. Tiziano è stato convocato nella Capitale per il giorno successivo, il 3 marzo. Dovrà recarsi a Piazzale Clodio: alle tre del pomeriggio lo attende una coppia di pm. Paolo Ielo, enfant prodige del pool di Milano ai tempi di Mani Pulite, ora divenuto l’uomo forte della Procura di Roma di Giuseppe Pignatone. Da due mesi il procuratore aggiunto sta svolgendo le indagini sul caso Consip e ha arrestato da poco, con l’accusa di corruzione, proprio Alfredo Romeo. Al fianco di Ielo c’è la pm Celeste Carrano della Procura di Napoli, che ha avviato l’inchiesta e ha raccolto gran parte delle prove con i carabinieri del Noe (Nucleo Operativo Ecologico). Insieme, chi ha costruito l’azione penale e chi l’ha finalizzata, sentiranno la versione di Tiziano Renzi sui suoi rapporti con Romeo, con il “facilitatore” Carlo Russo nonché con l’amministratore delegato di Consip, Luigi Marroni.
Dall’invito a comparire notificatogli due settimane prima, il padre dell’ex premier ha scoperto di essere indagato per traffico illecito di influenze. Il figlio sa bene che per quel reato la pena prevista è molto blanda. La vera posta in gioco non è la reclusione fino a tre anni per il papà ma il destino politico del figlio. Per questo Matteo, dopo la lettura dei giornali, ha un diavolo per capello e quella mattina non ce la fa a trattenersi e chiama il padre, che è intercettato.
L’attuale segretario del Pd ha appena letto l’intervista ad Alfredo Mazzei pubblicata su Repubblica. Il titolo annuncia tempesta: “Il teste e la cena nella bettola: ‘Il manager parlò di strategie con il padre di Matteo’”. La mano freme e si avvicina al cellulare. L’attacco del pezzo gli fa scendere un brivido lungo la schiena: “Una cena segreta. Un tavolo per tre. Tiziano Renzi, Alfredo Romeo e Carlo Russo. In una ‘bettola’ romana, il padre dell’ex premier, l’imprenditore accusato di una ‘sistematica offerta di corruzione’ e il rampante ‘facilitatore’ toscano amico del Giglio magico siedono insieme. E discutono di affari. Romeo li raggiunge ‘da un ingresso riservato attraverso il cortile di un palazzo’. L’incontro riservato dunque – scrive quel giorno il quotidiano diretto da Calabresi – ci fu. Un testimone eccellente ora racconta”.
È troppo. Matteo Renzi picchia le dita sullo schermo del suo iPhone. Se il padre ha incontrato Alfredo Romeo nel periodo in cui l’amico Carlo Russo contrattava un pagamento di 30 mila euro al mese per Tiziano con lo stesso Romeo, la cosa è grave. Matteo vuole capire. Il papà lo ha messo in una situazione che può costare la sua candidatura a premier.
Il pezzo è uscito su Repubblica, non sul Fatto Quotidiano. Stavolta il “rottamatore” non può far finta di nulla e le rassegne stampa non possono ignorare la notizia come puntualmente hanno fatto per due mesi e mezzo con gli scoop del nostro giornale sulle indagini relative alle soffiate presunte di Lotti e dei carabinieri o sui pizzini di Romeo a Russo con i 30 mila euro per “T”, Tiziano Renzi, secondo gli inquirenti.
Stavolta tutti ne parleranno e l’ex premier non può girarsi dall’altra parte. Alfredo Mazzei, il testimone che tira in ballo Tiziano, Matteo lo conosce bene. È l’ex tesoriere del Pd della Campania, in ottimi rapporti con i fedelissimi del neo segretario: l’avvocato Alberto Bianchi e Maria Elena Boschi. Non è, dunque, solo un amico di Alfredo Romeo. Inoltre, quelle cose dette a Repubblica, Mazzei le ha già dette tre mesi prima ai pm. Non c’è da scherzare.
E Matteo che chiama al telefono il padre. Sa che rischia di essere intercettato e non a caso dice cose da manuale di educazione civica tipo: “Babbo devi dire tutta la verità ai magistrati”. Però qua e là nella conversazione esce fuori l’animo “familista” del leader del Pd. Come quando suggerisce di non rivelare che a un ricevimento con alcuni imprenditori era presente anche sua madre, Laura Bovoli. Durante la chiamata emerge chiaramente la sfiducia di Matteo verso Tiziano: il figlio teme che il padre possa mentire anche a lui. Non solo all’Italia e ai pm. Renzi in quel momento non è più premier né deputato. È solo un figlio infuriato con il padre che rischia di rovinargli la carriera politica.
Appena Tiziano risponde al telefono il figlio gli fa: “Non puoi dire che non conosci Mazzei perché lo conosco anche io”. Matteo Renzi è terrorizzato dall’interrogatorio che si terrà il giorno dopo a piazzale Clodio. Dice al padre che “è una cosa molto seria” e gli intima: “Devi ricordarti tutti gli incontri e i luoghi, non è più la questione della Madonnina e del giro di merda di Firenze per Medjugorje”.
Tiziano, che è devoto alla Madonna e crede nelle sue apparizioni, lo ferma: “Non devi dire così” ma il neo segretario del Pd in quel momento se ne frega del santuario, dell’Erzegovina e dei pellegrinaggi e pensa solo alle conseguenze politiche del caso Consip: “Stai distruggendo un’esperienza”, dice. Si capisce che non si fida del padre alla vigilia dell’interrogatorio: “Devi dire nomi e cognomi” gli intima e poi aggiunge che questa storia è delicata per lui perché “Mazzei è l’unico che conosco anche io”.
Poi Matteo arriva al dunque: “È vero che hai fatto una cena con Romeo?”. La risposta non è netta ma sibillina. I carabinieri nel brogliaccio annotano: “Tiziano dice di no e che le cene se le ricorda ma i bar no”. Cioè, Tiziano Renzi nega un incontro al ristorante (“la bettola”) come è stato riferito ai pm e ai giornali da Mazzei che a sua volta l’aveva appreso da Romeo in persona. Però, se il no sui ristoranti è netto, non lo è altrettanto quello su un possibile incontro con l’imprenditore campano in un bar.
La telefonata assume un tono drammatico e quasi edipico. Al figlio che gli ha appena detto che su questa storia rischia di chiudersi la sua esperienza politica, Tiziano non riesce a replicare con voce autorevole da padre: “Matteo ascolta: io non ho mai incontrato Romeo. Fidati”. No, Tiziano cincischia e fa davvero tenerezza ascoltare questo nonno di 65 anni con nove nipoti che si trova a rispondere all’interrogatorio del figlio 42enne rifugiandosi in corner nella distinzione tra i bar e i ristoranti. A questo punto Matteo gli dice: “Non ti credo”. Il leader Pd lo incalza e i carabinieri annotano: “Matteo gli dice che non crede che non si ricordi di avere incontrato uno come Romeo”. Tiziano è all’angolo tiene il punto e insiste: “Non me lo ricordo” poi però aggiunge: “L’unico può essere stato…”. Matteo lo interrompe e gli ribadisce la sfiducia: “Non ti credo e devi immaginarti cosa può pensare il magistrato. Non è credibile che non ricordi di avere incontrato uno come Romeo, noto a tutti e legato a Rutelli e Bocchino”.
Allora Tiziano si arrovella pensando al passato e dice che “quando lui ha fatto il ricevimento al Four Season c’erano una serie di imprenditori ma c’era anche Lalla (Laura Bovoli, madre di Matteo Renzi, nda) e siamo andati via subito”. Probabilmente Tiziano fa riferimento a un convegno al Four Season con esponenti del mondo delle imprese ai tempi delle primarie di fine 2012 contro Bersani. Ma Matteo non lo fa finire e gli dice: “Non dire che c’era mamma altrimenti interrogano anche lei”. (…) Matteo sa che quella del Four Season comunque non è una situazione legata all’indagine Consip e torna a chiedere: “Hai incontrato Romeo in un’altra situazione?”. Tiziano ancora una volta risponde che non ne ha memoria. A quel punto Matteo molla la presa e formula la sua fosca previsione sul destino di entrambi: “Andrai a processo, ci vorranno tre anni e io lascerò le primarie”.
Tiziano si difende: “Se non me lo ricordo non posso farci nulla”. Matteo con tono beffardo gli dice di continuare a dire che è andato da Luigi Marroni per la storia dell’installazione della Madonnina all’ospedale Meyer e che Carlo Russo è solo un padrino di battesimo. Però poi aggiunge freddo: “Io non voglio essere preso in giro e tu devi dire la verità in quanto in passato la verità non l’hai detta a Luca e non farmi aggiungere altro. Devi dire se hai incontrato Romeo una o più volte e devi riferire tutto quello che vi siete detti”.
Dopo l’invito a non dire della mamma, Matteo torna però istituzionale in chiusura di telefonata: “Non puoi dire bugie o non mi ricordo e devi ricordarti che non è un gioco”. Poi chiede a che ora vedrà l’avvocato Bagattini e Tiziano dice “ora”. Matteo ribadisce: “Digli tutta la verità”. Poi lo saluta e attacca.
(Dal libro “Di padre in figlio” di Marco Lillo (Paper First), giovedì in edicola e in libreria, anticipiamo parte del capitolo 1: “La telefonata”.)
Dalle intercettazioni si nota subito che il figlio prende le distanze dal padre, sa di essere intercettato e vuole far credere che non è a conoscenza dei fatti e che vuole venga fatta chiarezza. La sua furbizia nell'agire è impressionante. C'è da chiedersi che cosa stia tramando per uscirne indenne. 

PS: sempre nella stessa pagina potete leggere anche:

Corruzione, traffico di influenze illecite e fuga di notizie.

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Alfredo Romeo, noto immobiliarista napoletano, è in carcere dal 1° marzo con l’accusa di aver corrotto un dirigente della Consip, la centrale acquisti della Pubblica amministrazione, versandogli 100 mila euro in cambio di informazioni riservate. Il gruppo Romeo partecipò nel 2014 alla gara Facility management 4 da 2,7 miliardi di euro per le forniture e la gestione degli uffici pubblici di tutta Italia, piazzandosi in testa in tre dei 18 lotti in cui era diviso il bando. Romeo era in contatto con Carlo Russo, amico di Tiziano Renzi, che secondo l’amministratore delegato di Consip Luigi Marroni parlava a nome del padre dell’ex premier. Nei foglietti scritti a mano da Romeo mentre parlava con il suo collaboratore Italo Bocchino, ex parlamentare di An, e recuperati dai carabinieri del Noe tra i rifiuti, c’è scritto tra l’altro “30 mila al mese per T.” e “5 mila C.R” dove “C.R.” e “T.” secondo gli inquirenti sarebbero proprio Russo e Tiziano Renzi, indagati per traffico di influenze illecite. Le indagini sono state condotte dai pm napoletani Celeste CarranoEnrica Parascandolo e Henry John Woodcocke in seguito trasmesse per competenza territoriale alla Procura di Roma dove se ne occupano il procuratore aggiunto Paolo Ielo e il pm Mario Palazzi, che hanno chiesto e ottenuto l’arresto di Romeo. Prima però i magistrati partenopeo hanno scoperto che i vertici di Consip erano stati avvisati delle indagini e avevano “bonificato” gli uffici dalle microspie piazzate dai carabinieri. Nelle indagini sulla fuga di notizie sono emersi i nomi del ministro Luca Lotti, del comandante generale dei carabinieri generale Tullio Del Sette e del comandante dell’Arma in Toscana generale Emanuele Saltalamacchia: sono indagati per favoreggiamento e rivelazione di segreto. L’intricata vicenda si è infine arricchita del falso ideologico contestato al capitano del Noe Giampaolo Scafarto per un’informativa che contiene dati non veritieri o incompleti: in un caso ha attribuito a Romeo la frase “l’ultima volta che ho visto Renzi”, pronunciata in realtà da Bocchino mentre Romeo afferma di non conoscere né Matteo né Tiziano Renzi; in un altro non conteneva le generalità di un passante che avrebbero permesso di escludere il suo coinvolgimento in un presunto spionaggio di imprecisati Servizi ai danni del Noe.