sabato 30 gennaio 2021

Gratteri: “Palamara? Noi facciamo pulizia, altre categorie no”. - Lucio Musolino

 

“Certa politica dice che la mia è giustizia a orologeria? No, io cerco la verità. Non accuso i colleghi”.

Lo hanno accusato di essere il “depositario della verità” e di minare l’autonomia e l’indipendenza dei giudici. Ogni volta che in una sua indagine viene arrestato un politico, c’è chi parla di “inchieste a orologeria” (vicepresidente di FI, Antonio Tajani docet). Nicola Gratteri è abituato alle polemiche. Da procuratore capo fa scudo ai suoi pm, ma vuole fare chiarezza dopo gli ultimi attacchi.

Procuratore, dopo le sue dichiarazioni a seguito dell’operazione “Basso profilo” c’è stata una serie di comunicati interni ed esterni alla magistratura. Alcuni molto duri nei suoi confronti. Che ne pensa?

Ne sono a conoscenza. Quello che volevo dire a me sembrava chiaro, evidentemente non lo sono stato. Ribadisco nuovamente, a scanso di ulteriori equivoci, che il riferimento nell’intervista rilasciata al Corriere della Sera alle scarcerazioni avvenute e a quello che accadrà, sta a significare che sia io sia i magistrati che lavorano nel mio ufficio, siamo pienamente convinti della bontà delle nostre richieste e che, nel pieno rispetto delle norme processuali, esiste il diritto alle impugnazioni dei provvedimenti riconosciuto a tutte le parti, compreso ovviamente il pm. Al riguardo, peraltro, voglio ringraziare il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia che non solo ha capito, ma ha anche reso pubblico il mio pensiero, escludendo qualsivoglia mio possibile riferimento a motivazioni estranee alle dinamiche processuali.

Cosa intende?

Solo nell’ultimo mese la Procura di Catanzaro ha presentato 10 ricorsi in Cassazione contro provvedimenti in materia de libertate (che hanno a che fare con la restrizione della libertà individuale, ndr). È uno dei tanti dati oggettivi esplicativi di quanto ho detto, il resto sono pensieri che mi sono stati attribuiti, che non ho espresso e non penso. Non sono il depositario di alcuna verità.

C’è chi ha detto che non doveva rispondere alla provocazione sulla ‘giustizia a orologeria’. Tornerebbe sui suoi passi?

No. In questo caso mi sembrava doveroso un chiarimento a difesa dell’onore dell’intera magistratura. Sento ripetere questa affermazione ogni volta che in una inchiesta giudiziaria viene coinvolto un politico. Ebbene non è così. Non è interesse dei magistrati colpire il politico “x” o “y” o lo schieramento “x” o “y”. La magistratura tende all’accertamento della verità. E questo vale per me e per tutta la magistratura.

La magistratura agisce sempre correttamente? Palamara ha svelato quello che definisce un “sistema”.

La quasi totalità dei magistrati con quanto raccontato da Palamara non c’entra nulla. La magistratura è composta prevalentemente da magistrati onesti il cui fine è solo quello di fare giustizia. Certo, c’è chi lo fa meglio, chi peggio, chi è più bravo chi meno, ma questo avviene nella nostra come in tutte le categorie. Quindi c’è anche una percentuale di disonesti, ma non superiore a quella delle altre categorie. Però molto più di altri facciamo pulizia, e lo facciamo in autonomia.

Lei lamenta che spesso le richieste cautelari vengono evase con mesi di ritardo, cosa che ha creato malumore in alcuni.

Su questo mi assumo la responsabilità della poco chiara affermazione che ho fatto, perché ovviamente non mi riferivo all’impegno dei singoli magistrati ma alla impossibilità oggettiva per alcuni uffici di definire richieste e processi in tempi fisiologici, e questo vale soprattutto per le sezioni Gip-Gup degli uffici distrettuali che sono il ‘collo stretto dell’imbuto’. Il Csm dovrebbe fare in modo di coprire gli organici. Quindi, con questa precisazione, confermo quanto detto. Ovviamente è compito dei capi degli uffici controllare e verificare l’impegno dei singoli per poi darne conto, in senso positivo o negativo, nelle valutazioni di professionalità. Ma da procuratore della Repubblica dico meglio un pm in meno che un giudice in meno.

C’è chi l’accusa di essere lontano dalla cultura della giurisdizione.

Non è vero. Non ho mai messo in discussione l’impegno dei giudici che, in contesti difficili come il nostro, svolgono la loro funzione con impegno e dedizione o il valore fondamentale di una giurisdizione terza e imparziale. Anzi, più volte ho esaltato il nostro sistema giudiziario criticando, invece, altri sistemi molto meno garantisti del nostro, quale ad esempio, a mio parere, quello statunitense. Ciononostante, sebbene questo sia un concetto che ribadisco ogni volta che ne ho l’occasione, spesso mi viene attribuita una visione della giurisdizione che non mi appartiene. La cosa mi rammarica. Però, se anche in certi casi sarebbe giusto spiegare, è meglio non entrare in un circolo vizioso che può provocare ulteriori danni, oltre a una sovraesposizione per me e la mia famiglia.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/01/30/palamara-noi-facciamo-pulizia-altre-categorie-no/6083793/

Rinascimento arabo, scandalo Renzi nell’Ue. - Salvatore Cannavò

 

Carteggi - Nelle email degli europarlamentari si deride la conferenza-spot dell’ex premier con Bin Salman, l’uomo del caso Khashoggi: “Chi è il politico più stupido della settimana?”

La provocazione più forte, a proposito del “Renzi d’Arabia”, la fa l’eurodeputato socialista belga Marc Tarabella, che invia una email ai suoi colleghi, che il Fatto ha potuto leggere, chiedendo “chi è il politico più stupido della settimana?”. La risposta è scontata “The winner is… Matteo Renzi”.

I messaggi che girano tra gli eurodeputati.

Il Parlamento europeo è un po’ in subbuglio per l’ennesima prova internazionale compiuta dal leader di Italia Viva. Il suo viaggio in Arabia Saudita, il video del suo faccia a faccia con il principe Mohamed bin Salman, accusato di essere il mandante dell’omicidio del giornalista Khashoggi e comunque a capo di un governo repressivo e antidemocratico, l’affermazione che l’Arabia possa essere “il luogo di un nuovo Rinascimento” se da un lato fanno ridere, dall’altro fanno ribrezzo.

Tarabella, che viene giudicato a Bruxelles uno dei deputati più influenti, aggiunge alla sua lettera anche il tweet del professor Gennaro Carotenuto il quale, dopo aver riportato la frase di Renzi sul rinascimento saudita, aggiunge: “Lapidando le adultere, sciogliendo nell’acido i giornalisti e pagando sontuosi cachet”. Secondo l’eurodeputato 5Stelle Mario Furore, la lettera ha fatto il giro di tutto il Parlamento dove, tra l’altro, vige un preciso Codice di condotta che prescrive che i comportamenti dei parlamentari siano ispirati a “condotta disinteressata, integrità, trasparenza, diligenza, onestà, responsabilità e tutela del buon nome del Parlamento europeo”. Inoltre i parlamentari europei “agiscono unicamente nell’interesse generale e non ottengono né cercano di ottenere alcun vantaggio finanziario diretto o indiretto o altre gratifiche”.

Nei piani alti dell’Europarlamento si è convinti che con queste regole un comportamento come quello di Renzi sarebbe stato chiamato immediatamente a risponderne al Comitato di Consulta sul Codice di Condotta.

Palazzo madama senza codice di condotta.

Procedura analoga, del resto, si applica in Italia alla Camera dei deputati dove, come ha ricostruito ilfattoquotidiano.it “esiste un codice di condotta”. A Palazzo Madama, però, una legge simile non esiste. Il vulnus normativo delle Camere italiane, del resto, è cosa nota e lo si vede, ad esempio, nella mancata regolazione dell’attività di lobbying per gli ex parlamentari che invece, a Strasburgo, qualora siano impegnati “in attività di lobbying” direttamente connesse al processo decisionale, non possono, “per l’intera durata di detto impegno, beneficiare delle agevolazioni concesse agli ex deputati”.

Matteo Renzi ieri ha capito che la trasferta araba gli si era rivoltata contro e in un video ha offerto un confronto pubblico con la stampa, “ma non ora che c’è la crisi da risolvere”.

Non è chiaro se si renda conto che a fare scandalo è la naturalezza con cui non solo ha accettato di far parte di una struttura finanziaria che fa capo alla monarchia saudita, ma i suoi disinvolti riferimenti alla “grandezza” del principe Bin Salman e addirittura mostrare invidia per “il costo del lavoro a Riyad”.

L’ong per i diritti e il costo del lavoro.

Questo è quello che scrive Amnesty International dell’Arabia Saudita: “Le autorità hanno intensificato la repressione dei diritti alla libertà d’espressione, associazione e riunione. Hanno vessato, detenuto arbitrariamente e perseguito penalmente decine di persone critiche nei confronti del governo, difensori dei diritti umani, compresi attivisti per i diritti delle donne, membri della minoranza sciita e familiari di attivisti. Sono proseguiti i processi davanti a un tribunale antiterrorismo contro attivisti sciiti ed esponenti religiosi, a causa del loro dissenso”. La monarchia saudita applica “in maniera estensiva la pena di morte, effettuando decine di esecuzioni per una vasta gamma di reati”. Sulle donne, nonostante recenti innovazioni che, tra l’altro, hanno concesso loro “di ottenere il passaporto, viaggiare senza il permesso di un tutore maschile e assumere il ruolo di capofamiglia” le donne hanno continuato a subire sistematiche discriminazioni nella legge e nella prassi in altre sfere della vita e a non essere adeguatamente protette dalla violenza sessuale e di altro tipo”.

Netto il giudizio sul lavoro migrante, con 4,1 milioni di persone che, negli ultimi due anni, sono state “arrestate e almeno un altro milione espulso” per aver violato le norme sul permesso di soggiorno. Inoltre, gli 11 milioni di lavoratori migranti residenti in Arabia Saudita hanno continuato a essere regolamentati dal sistema di lavoro tramite sponsor, conosciuto come kafala, che conferiva ai datori di lavoro ampi poteri su di loro.

La manovalanza straniera occupa il 76% del settore privato in un Paese in cui è vietata non solo l’attività sindacale ma anche quella associativa. Il gap salariale tra uomini e donne è tra il 30 e il 40% con solo una donna su quattro che riesce a lavorare.

Gli stipendi, tra l’altro, non sono nemmeno così bassi, anche se si passa dai circa 1.300 dollari al mese per il settore agricolo e i 2.000 dollari per il settore industriale fino ai 5.000 dollari per i ruoli dirigenziali e professionali, lo scorso maggio è stata varata una legge che consente agli imprenditori di tagliare unilateralmente gli stipendi fino al 40%. Forse era questo che aveva in mente quando ha varato il Jobs Act.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/01/30/rinascimento-arabo-scandalo-renzi-nellue/6083750/

“Così si va a sbattere”: dentro Iv si teme ancora lo strappo. - Giacomo Salvini

 

Delusi - Dopo il Colle: “Matteo ha fatto il contrario di ciò che aveva detto”.

Martedì notte, nella riunione dei gruppi parlamentari in vista delle consultazioni del giorno dopo, gli avevano chiesto “cautela”, di “non esagerare” coi toni e soprattutto di “non mettere veti”. Su nessuno, tantomeno sul presidente del Consiglio dimissionario Giuseppe Conte a cui loro hanno votato la fiducia – seppur talvolta, con qualche perplessità – per 18 mesi. Certo c’era anche chi, invece, gli chiedeva di dare la mazzata finale al premier (come Roberto Giachetti), ma era in minoranza. Epperò Matteo Renzi i suoi parlamentari più in bilico, da sempre critici sull’apertura della crisi e con un piede già verso la vecchia casa Pd, non li ha certo ascoltati. Durante la riunione, per tenerli “uniti e compatti”, li aveva rassicurati: “Non metteremo veti, andremo al Quirinale a portare le nostre ragioni e i nostri temi”.

Poi però, qualche ora dopo, e nonostante una telefonata di pacificazione di Conte, davanti alle telecamere del Quirinale ci è andato giù durissimo: lo “spettacolo indecoroso” dei responsabili, verificare “se esiste una maggioranza”, i riferimenti al Grande Fratello (Rocco Casalino). Nel frattempo il leader di Italia Viva faceva filtrare veline alle agenzie per raccontare quel che aveva detto a Sergio Mattarella – “Per il momento no a un Conte ter, meglio un mandato esplorativo a un’altra persona” – e dettare retroscena durissimi sulla sua telefonata con Conte. In quel momento le chat sotterranee di Italia Viva sono esplose. I senatori furiosi erano sempre i soliti, dall’ex Ds Leonardo Grimani a Eugenio Comincini (che nel frattempo si è preso il Covid) passando per Annamaria Parente e Donatella Conzatti, per non parlare dei pesantissimi silenzi di Daniela Sbrollini, Nadia Ginetti e del solito Mauro Marino, dato già per perso. “Questo è pazzo”, è stato uno dei primi commenti al combinato disposto tra diretta televisiva e flusso di agenzie.

Le critiche al capo sono state sul merito (“Così Matteo ci fa andare a sbattere”) ma anche sul metodo: “Ieri sera ci aveva detto che avrebbe fatto esattamente il contrario”, è la voce di uno dei renziani dissidenti. E allora c’è stato anche chi, nella chat ufficiale, quella con tutti i parlamentari, ha chiesto a Renzi il motivo della sua giravolta sul veto al premier dimissionario. Risposta lapidaria: “Questo è un no a Conte, adesso. Non un no a Conte. Per ora vorrei un mandato esplorativo”. Una replica – per quanto irritata – che comunque serve a tenere buoni i suoi, che da settimane ribollono di rabbia. Alcuni si sono tranquillizzati, altri non si sono fidati.

Perché se è vero che alcuni hanno deciso di non criticare più pubblicamente il capo dopo il tentativo maldestro della maggioranza di reclutare responsabili per sostituirli, adesso che un Conte ter sembra possibile i 5-6 senatori renziani più critici proprio non vogliono che a bloccare tutto sia il proprio leader. In caso di strappo – e a raccontarlo non sono più solo i pontieri dem ma anche fonti dentro Iv – almeno 3 senatori sono già pronti a lasciare e aprire una faglia dentro il partito: quelli più indiziati sono Grimani, Comincini e Marino. E in questo quadro non sono passate inosservate le parole di giovedì sera del vicesegretario Pd Andrea Orlando: “Renzi è stato astuto, la strategia dell’ambiguità è servita per tenere unita IV”. Come dire: se il senatore di Scandicci dirà no a Conte, il suo partito si spaccherà. E allora ancora ieri Comincini, ex sindaco di Cernusco sul Naviglio, andava perorando la causa del Conte ter, in contrasto con la posizione del suo partito: “Non ci sono veti da parte nostra, se ci sediamo a un tavolo e troviamo le soluzioni ai problemi che poniamo da settembre, direi di sì. Io sono sempre stato per la ricucitura”. Un messaggio soprattutto al proprio leader.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/01/30/cosi-si-va-a-sbattere-dentro-iv-si-teme-ancora-lo-strappo/6083746/

Poker col morto. - Marco Travaglio

 

Avvertenza: quello che segue non ha nulla a che vedere con la nostra vita quotidiana al tempo della pandemia, dei vaccini e del Recovery Fund. Ma riguarda lo stallo politico creato dal leader più irresponsabile mai visto, che ha paralizzato tutto e tutti mentre si dovrebbe correre a razzo. E ha trasformato la crisi di governo in una partita a poker quando è salito al Quirinale e ha fatto il gioco delle tre carte, fornendo tre versioni della posizione di Iv: la più morbida a Mattarella, la più dura in sala stampa, una via di mezzo alle agenzie. Un trucchetto da magliari per trattenere gli italomorenti tentati di mollarlo. Lo scopo era trasferire sul Colle il gioco al massacro e tirarla in lungo per far fuori Conte, spaccare M5S e Pd e separarli, impapocchiare un’ammucchiata con pezzi di partiti sparsi (FI e Lega incluse) e dirottare i fondi del Recovery verso le note lobby. Mattarella, con l’incarico di esplorazione a Fico, dà le carte, i tempi e il via alla partita.

Ma le partite a poker si giocano con le regole del poker, almeno per chi vuol vincerle. Si comincia a carte coperte, senza muovere un muscolo facciale, e solo alla fine si va a vedere. Conte accetta la sfida e attende gli eventi in modalità Zen. I 5Stelle, la segreteria Pd, LeU e il nuovo gruppo Europeista stanno al gioco, alcuni con notevoli sacrifici personali dopo gli insulti subìti per due mesi da uno che dà del dittatore e del trumpiano a Conte, poi fa il barbarodurso del tiranno saudita che finanzia il jihad e fa tagliare a pezzi i giornalisti liberi, a cui l’amico Biden ha sospeso le forniture di F-35; dà del giustizialista a Bonafede, poi intasca 80 mila euro dai garantisti di Riyad che mozzano le mani ai ladri, decapitano i tossici, crocifiggono o lapidano gay, infedeli e donne libere (chissà che ne dicono le fantastiche Bellanova, Boschi, Bonetti e Annibali). Tutti sanno che, se e quando siederà al tavolo con gli altri, la sua bulimia di potere grande come il suo ego lo spingerà a sfasciare tutto con le solite pretese irricevibili. Dice bene Di Battista: l’“accoltellatore professionista, sentendosi addirittura più potente di prima, aumenterà le coltellate”. Ma la narrazione dell’Innominabile, avallata da giornaloni e cicisbei da talk, è che sono stati Conte&C. a cacciarlo per sostituirlo coi responsabili, ergo ora devono scusarsi e pregarlo in ginocchio. In questo momento, a inizio partita, chiunque metta un veto su Iv scopre le carte anzitempo e gli consente di tenere compatta la truppa. Sarà lui, a fine partita, seduto al tavolo col suo 2% insieme a tutti gli altri, a calare: cioè a rispettare i rapporti di forza oppure a rompere coi soliti veti. A quel punto i 46 ostaggi italomorenti decideranno se seguirlo fino al macello delle urne, oppure mollarlo e rendersi finalmente utili.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/01/30/poker-col-morto/6083733/

venerdì 29 gennaio 2021

Mattarella: “Possibile conferma della maggioranza attuale, va verificata”. Fico convocato al Quirinale.

 

Il presidente della Repubblica parla al Paese alla fine delle consultazioni ma non scioglie la sua riserva: “È emersa la prospettiva di una maggioranza politica composta a partire dai gruppi che sostenevano il governo precedente. Questa possibilità va peraltro doverosamente verifcata”. Il presidente della Camera convocato al Quirinale alle 19.30: si va verso l’incarico esplorativo.

Si va verso l’incarico esplorativo per Roberto Fico. Il presidente della Camera è stato convocato al Quirinale per le 19 e 30. Ad annunciarlo è stato Giovanni Grasso, direttore dell’Ufficio stampa del Colle. Un annuncio che segue di pochi minuti, l’intervento diretto del capo dello Stato. Sergio Mattarella ha parlato al Paese per spiegare che durante tre giorni di consultazioni – durate nel dettaglio “32 ore” – è “emersa la prospettiva di una maggioranza politica composta a partire dai gruppi che sostenevano il governo precedente. Questa possibilità va peraltro doverosamente verifcata”. E dunque per verificarla serve un mandato esplorativo al presidente di Montecitorio, come ipotizzato nelle scorse ore.

Il presidente della Repubblica è comparso nella sala stampa del Quirinale pochi minuti dopo le 19. “L’Italia come tutti i Paesi sta affrontando nuove pericolose offensive di una pandemia da sconfiggere con una diffusa e decisa campagna di vaccinazione e tanti cittadini subiscono pesanti conseguenze”, è l’incipit del capo dello Stato. Per questo motivo “è doveroso dar vita presto a un governo con un adeguato sostegno parlamentare” in un “momento così decisivo”. E visto che il Movimento 5 stelle, il PdLeu e gli Europeisti hanno chiesto un reincarico per Giuseppe Conte, il capo dello Stato ha spiegato che c’è la “prospettiva di una maggioranza politica composta a partire dai gruppi che sostenevano il governo precedente”. Ma è una prospettiva che va verificata: Italia viva, che ha scatenato questa crisi politica, ha chiesto al capo dello Stato di essere contraria a un incarico immediato per Conte: Matteo Renzi avrebbe voluto prima un mandato esplorativo per una personalità diversa. “Adotterò a brevissimo un’iniziativa”, ha chiuso il suo intervento Mattarella. Subito dopo l’annuncio della convocazione di Fico. Grillino di rito progressista, toccherà alla terza carica dello Stato sondare se ci sono i margini di manovra per riammettere i renziani nella maggioranza composta da Pd-M5s e Leu.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/01/29/mattarella-possibile-conferma-della-maggioranza-attuale-va-verificata-fico-convocato-al-quirinale/6083444/

“Il comizio di Renzi ha offeso il Colle. Tra i colleghi d’Italia viva c’è insofferenza, si liberino del loro leader e torniamo a dialogare”. - Giuseppe Pipitone

 

L'INTERVISTA - Giorgio Trizzino, deputato del M5s e amico di vecchia data della famiglia Mattarella: "Credo ci sia un'unica via per la maggioranza che sostiene il presidente Conte: aprire un dialogo con un'Italia viva derenzizzata, libera da Renzi e svincolata da rese dei conti personali. La conferenza stampa del leader Iv? Secondo me gli si ritorcerà contro".

Un appello ai colleghi d’Italia viva: “Abbandonate una strada sbagliata“. Che vuol dire in soldoni: liberatevi di Matteo Renzi e torniamo a dialogareGiorgio Trizzino, medico di Palermo eletto alla Camera dal Movimento 5 stelle nel 2018, è rimasto negativamente colpito dal comizio tenuto da Matteo Renzi al Quirinale dopo il colloquio con Sergio Mattarella. Lo definisce uno “spettacolo da dimenticare”.

Onorevole, non le è piaciuta la conferenza stampa del leader d’Italia viva al Colle?
No, trovo abbia offeso profondamente il luogo che l’ospitava, cioè l’istituzione della presidenza della Repubblica.

Alle politiche del 2018 lei venne presentato come un grillino di rito mattarelliano.
Io conosco il presidente da 40 anni, ho vissuto i momenti più bui della sua famiglia. Mia zia Maria Trizzino fu capo di gabinetto del fratello del capo dello Stato, il presidente della Regione Piersani Mattarella.

Secondo lei il capo dello Stato ha apprezzato il comizio di Renzi?
Non voglio e non posso interpretare il pensiero del presidente. Ieri però abbiamo assistito a una vuota requisitoria, pronunciata appropriandosi di un palcoscenico che si chiama Palazzo del Quirinale. Ora: teatrini simili li abbiamo visti pure con Berlusconi, ma non è tollerabile un comizio simile durante le consultazioni. Significa non avere rispetto. Secondo me gli si ritorcerà contro.

In che senso?
C’è insofferenza crescente tra i colleghi di Italia viva.

Glielo dicono i renziani alla Camera?
Guardi, non voglio entrare in casa d’altri ma certo un conto è avere divergenze politiche, un altro è urlare, offendendo profondamente le istituzioni. È chiaro che una cosa come quella di ieri non può che creare disagio anche tra i renziani.

Vuole lanciare un appello ai colleghi d’Italia viva?
L’ho già lanciato con una mia riflessione su facebook. Ovviamente non chiedo ad alcuno di lasciare il proprio partito, ma spero che si allontanino da una strada sbagliata che è quella imposta da Renzi. Il Paese non può più accettare una deriva simile.

La situazione è delicata, si rischia di scivolare verso il voto anticipato. Lei cosa si augura?
Io credo ci sia un’unica via per la maggioranza che sostiene il presidente Conte.

Quale?
Aprire un dialogo con un’Italia viva derenzizzata, libera da Renzi e svincolata da rese dei conti personali, in contrasto con l’interesse del Popolo.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/01/29/il-comizio-di-renzi-ha-offeso-il-colle-tra-i-colleghi-ditalia-viva-ce-insofferenza-si-liberino-del-loro-leader-e-torniamo-a-dialogare/6083258/

Ecco la relazione sulla giustizia di Bonafede: “I fondi del Recovery sono legati alle riforme dei processi e alla prevenzione della corruzione”. - Giuseppe Pipitone

 

Nella relazione del guardasigilli trasmessa al Parlamento si sottolinea come "non soltanto gli investimenti richiesti dal Ministero della Giustizia, ma l'intero Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza sarà scrutinato tenendo conto della capacità di affrontare con riforme normative, investimenti e misure organizzative i problemi del processo civile e penale e di apprestare un’efficace prevenzione della corruzione".

Non solo i tre miliardi di euro destinati alla giustizia, ma tutti i 209 miliardi del Recovery fund sono vincolati a una riforma della giustizia che velocizzi i processi. E alla lotta alla corruzione. È il concetto sottolineato nella relazione del guardasigilli Alfonso Bonafede. Il documento avrebbe dovuto essere illustrato dal ministro alla Camera e al Senato. Il Parlamento avrebbe poi dovuto votare una relazione a favore e una contro. Alla prova della giustizia, però, il governo di Giuseppe Conte avrebbe seriamente rischiato di andare sotto: è per questo motivo che il premier si è dimesso. Con l’esecutivo in carica solo per gli affari correnti, dunque, la relazione è stata soltanto trasmessa al Parlamento e non sarà né discussa e neanche votata. Depurato dalle polemiche politiche, che esplodono puntualmente ogni volta che si discute di riforme giudiziarie, il contenuto del dossier preparato da via Arenula è d’interesse fondamentale visto che in oltre duecento pagine, il ministro analizza lo stato della giustizia nel 2020, ed espone le linee guida del 2021. Significa, essenzialmente, in che modo verranno utilizzati i fondi del Recovery. Un piano d’aiuti che è tutto legato alla capacità del nostre Paese di operare riforme di sistema per velocizzare i processi. Senza un sistema giudiziario efficente, infatti, è impossibile progettare una ripresa economica post emergenza. Ma andiamo con ordine.

LEGGI LA RELAZIONE SUL SITO DEL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA

“I soldi del Recovery e le riforme” – “La proposta di Regolamento Next Generation EU (NGEU) e le linee guida in corso di elaborazione evidenziano come la soluzione delle questioni poste in risalto dalle cosiddette “Raccomandazioni Paese” costituisca il primo e più importante banco di prova dell’ammissibilità dei progetti candidati ad ottenere il Recovery fund. Non soltanto gli investimenti richiesti dal Ministero della Giustizia, ma l’intero Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza sarà scrutinato tenendo conto della capacità di affrontare con riforme normative, investimenti e misure organizzative i problemi del processo civile e penale e di apprestare un’efficace prevenzione della corruzione“, scrive il guardasigilli nella sua introduzione. Come ha spiegato più volte ilfattoquotidiano.it è stata l’Europa a chiedere al nostro Paese di operare le riforme sulla giustizia. ” Nelle Country Specific Recommendations indirizzate al nostro Paese negli anni 2019 e 2020, pur dando atto dei progressi compiuti negli ultimi anni, la Commissione Europea esorta: ad aumentare l’efficienza del sistema giudiziario civile; a favorire la repressione della corruzione, anche attraverso una minore durata dei procedimenti penali; ad attuare tempestivamente e a favorire l’applicazione dei decreti di riforma in materia di insolvenza, al fine di velocizzare i procedimenti di esecuzione forzata e di escussione delle garanzie e a rafforzare ulteriormente la resilienza del settore bancario”, ricorda il ministero.

“Combattere la corruzione assicura la ripresa economica” – La relazione dell’anno 2020 della Commissione Europea sottolinea la particolare rilevanza di questi fattori di criticità nel contesto dell’emergenza pandemica, osservando che “un sistema giudiziario efficiente è fondamentale per un’economia attraente e propizia agli investimenti e all’imprenditoria e sarà fondamentale nel processo di ripresa, anche mediante l’attivazione di quadri efficienti per il salvataggio e il rilancio. L’efficacia nella prevenzione e nella repressione della corruzione può svolgere un ruolo importante nell’assicurare la ripresa dell’Italia dopo la crisi. In particolare, la trasparenza nel settore pubblico e il rafforzamento dei controlli per contrastare la corruzione possono evitare i tentativi della criminalità organizzata di infiltrarsi nell’economia e nella finanza, di turbare le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici e, più in generale, di distrarre le risorse pubbliche necessarie per gli investimenti”. Nel documento di via Arenula si sottolinea come soffermandosi sullo stato dell’arte, la Commissione Europea evidenzia che “i tempi di esaurimento dei procedimenti penali presso le corti di appello continuano a destare preoccupazione, ma sono attualmente in discussione al Parlamento riforme globali volte a snellire le procedure penali”.

“Investimenti credibili solo senza lunghi contenziosi giudiziari”- Per questo motivo, continua la relazione, “la confidence delle istituzioni europee verso le prospettive di rilancio del nostro Paese è dunque fortemente condizionata dall’approvazione di riforme e investimenti efficaci nel settore della giustizia. Non può del resto sfuggire come qualsiasi progetto di investimento – anche estraneo al settore giustizia strettamente inteso – per essere reputato credibile dev’essere immunizzato dal rischio che un lungo contenzioso giudiziario ne ostacoli la realizzazione entro le scadenze stabilite dal Regolamento Next Generation EU “. Il guardasigilli ricorda poi che “i progetti di riforma del processo penale, del processo civile e dell’ordinamento giudiziario”, cioè quelle chiesti da Bruxelles, sono stati “approvati dal Consiglio dei Ministri nell’anno 2019 e nel 2020, sono attualmente all’esame del Parlamento. Si tratta, quindi, di misure elaborate prima della pandemia, della crisi economica e sociale che ne è conseguita e, dunque, prima che si aprissero le prospettive di ripresa incarnate dal Next Generation EU”. L’inquilino di via Arenula spiega che la riforma “del processo penale “risponde principalmente alla esigenza di assicurare la ragionevole durata del processo penale e la piena garanzia del contraddittorio nell’ottica del migliore equilibrio tra accusa e difesa. È ovviamente necessario assicurare un accertamento il più possibile ravvicinato rispetto al fatto reato in modo da soddisfare, con strumenti appropriati: il valore costituzionale e convenzionale (Cedu) della ragionevole durata del processo; la difesa dell’imputato dal rischio di perpetuazione della servitus iustitiae; la coerenza della pena, eventualmente irrogata, con le sue finalità rieducative; la credibilità del sistema in chiave general-preventiva”.

Col Recovery 16mila assunzioni – Chiaramente, si spiega nel dossier, “nessuna riforma può essere efficace senza l’immissione di risorse umane e strumentali adeguate, senza mettere benzina nella macchina della giustizia“. A questo serviranno i fondi del Recovery. “Dei circa 3 miliardi di euro attribuiti dalla bozza di PNRR – continua la relazione – trasmessa al Parlamento al settore della giustizia, 2,3 miliardi sono destinati ad assunzioni a tempo determinato dedicate in larga parte al rafforzamento e alla riqualificazione dell’Ufficio per il processo”. Ufficio che “potrà ora essere alimentato da 16.000 addetti con contratto a tempo determinato e da 2.000 magistrati onorari aggregati”. L’obiettivo è “assorbire, nell’orizzonte previsto (2026), l’arretrato che rappresenta il principale fattore di rallentamento dei processi e l’ostacolo pratico all’attuazione del diritto alla ragionevole durata”. Altri 4.200 operatori a tempo determinato saranno chiamati a rafforzare la capacità amministrativa del sistema. E un contingente di 100 magistrati onorari ausiliari supporterà la sezione tributaria della Corte di Cassazione, “che è gravata da un numero di pendenze superiore al dato globale di tutte le altre sezioni civili della Corte di legittimità”. Sempre sul fronte degli investimenti, un capitolo è dedicato all’edilizia carceraria: “Altro settore di particolare attenzione attiene all’obsolescenza degli edifici, al degrado degli spazi della giustizia e all’inadeguatezza dimensionale delle strutture, esasperata dalle esigenze di distanziamento imposte dalla pandemia. Una delle linee di finanziamento, dell’ammontare di circa 470 milioni di euro, è perciò dedicata alla realizzazione di nuove cittadelle giudiziarie e alla riqualificazione delle strutture esistenti, in un’ottica green e di sicurezza sismica”.

“Rallentamento con la pandemia, ma attività mai interrotta” – Chiaramente la gran parte della relazione è dedicata allo stato della giusizia nel 2020, anno segnato dall’emergenza coronavirus. “La pandemia ha determinato un rallentamento dell’attività e i dati appena riportati testimoniano, tuttavia, che essa non si è mai interrotta. L’amministrazione ha affrontato la gravissima emergenza epidemiologica seguendo una duplice direttiva: preservare la salute degli operatori; garantire che i servizi di giustizia risentissero il meno possibile delle disfunzioni collegate alle misure di ‘confinamentò succedutesi nelle diverse fasi della crisi”, scrive Bonafede. “I Tribunali e le Corti di appello nel settore civile hanno definito più di quanto sia stato iscritto: sia in primo che in secondo grado le pendenze del civile al 31.12.2020 sono diminuite anche rispetto al dato del 2019 (229.959 nel 2020 contro i 241.673 del 2019 per la Corte e 1.988.477 contro i circa 1.989.905 per i Tribunali)”, riporta la relazione, evidenziando che “soprattutto nel secondo semestre dell’anno (fase 2 dell’emergenza sanitaria) la produzione degli uffici del settore civile è stata tale da determinare un indice di smaltimento dell’arretrato (clearance rate) di segno positivo: 1,12 nelle Corti d’appello; 1,08 nei Tribunali”. Per combattere il contagio il ministero ricorda che “alla fornitura di dispositivi di protezione ha fatto seguito una nuova regolamentazione del lavoro da remoto, che ha permesso un impiego ridotto della forza lavoro ‘in presenza’, in modo da limitare le occasioni di contagio sul posto di lavoro e nel corso degli spostamenti dei lavoratori da e verso gli uffici”. E riguardo agli investimenti “ammonta a 31 milioni la spesa degli uffici per acquisto di dispositivi di protezione (mascherine, barriere para-fiato, sanificazioni, materiale igienizzante)”.

Stabili i processi pendenti, con la pandemia +4,3% – Nel corso dell’ultimo anno il numero complessivo di procedimenti penali pendenti presso gli Uffici giudiziari è rimasto stabile, attestandosi al 30 settembre 2020. Nei primi nove mesi del 2020, quando l’attività giudiziaria è stata rallentata dall’emergenza epidemiologica, il totale dei procedimenti penali pendenti presso gli uffici giudicanti è cresciuto del 4,3%. Nello stesso periodo si è, invece, ridotto il numero di procedimenti pendenti dinanzi agli uffici requirenti (-2,7%). Rispetto all’anno precedente, a un generalizzato calo del numero delle nuove iscrizioni (-11,71% sul totale), corrisponde un altrettanto generale calo delle definizioni (pari al -16,40%). “Globalmente, si registra un aumento delle pendenze pari all’1,51%. Per quanto riguarda le procure il trend delle definizioni, fortemente influenzato dalla situazione pandemica, evidenzia una generalizzata riduzione pari, rispettivamente, al 17,59% per i reati di competenza della Direzione distrettuale antimafia, al 10,74% per i reati ordinari e al 17,29% per i reati di competenza del giudice di pace. Per gli uffici di Tribunale, nel complesso, l’anno giudiziario 2019/2020, rispetto al precedente, evidenzia una diminuzione delle iscrizioni (in calo del 14,35%) e delle definizioni (in calo del 19,43%). Stesso discorso per la Corte di Cassazione (diminuite iscrizioni e definizioni, rispettivamente nella misura del 18,62% e del 28,78%).E per le Corti di Appello (ad un calo delle iscrizioni pari al 15,79% corrisponde una riduzione delle definizioni nella misura del 25,08%)”.

Nel Civile -5% in Appello – Sul fronte civile, invece, il numero totale di fascicoli pendenti era pari a 3.292.218. Un dato complessivamente stabile rispetto al 2019 e che vede la conferma di un trend decrescente nelle Corti d’appello (-4,8%), ma un aumento invece presso la Corte di Cassazione (+2,9%). “Nel 2020 – si legge nel dossier – il rapporto tra procedimenti definiti e iscritti è stato pari a 1,01, un valore di sostanziale stabilità. Tuttavia, occorre considerare che l’andamento è il risultato di una riduzione sia dei procedimenti sopravvenuti (-18%) che di quelli definiti (-20%) rispetto al dato del 2019. L’erosione dell’arretrato cosiddetto “patologico” o “a rischio Pinto” si arresta nel 2020, con un incremento marcato in Corte di Cassazione, pari al 12,2%, una crescita evidente anche in Tribunale (+3,1%) e più contenuta in Corte d’Appello (+1,1%). Rispetto al 2013, tuttavia, la contrazione è pari al 46% in primo grado ed al 50% in secondo grado”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/01/28/ecco-la-relazione-sulla-giustizia-di-bonafede-i-fondi-del-recovery-sono-legati-alle-riforme-dei-processi-e-alla-prevenzione-della-corruzione/6081660/