venerdì 15 aprile 2022

Sauditi, Egitto e Qatar: vendiamo ancora armi agli “amici” macellai. - Giacomo Salvini

 

NON SOLO UCRAINA - La relazione annuale. Bilancio industria bellica nazionale: restano scambi di forniture con i Paesi che violano i diritti umani.

L’Italia nel 2021 ha continuato a vendere armi al regime dell’Arabia Saudita e agli Emirati Arabi Uniti, entrambi autori di stragi in Yemen, per un totale di 103 milioni di euro. Il dato è contenuto nella relazione annuale sulla “esportazione, importazione e transito di armi” inviata dal presidente del Consiglio, Mario Draghi, al Parlamento lo scorso 5 aprile. Un documento di oltre 1.600 pagine, previsto dalla legge 185 del 1990, in cui è contenuto il volume di affari relativi all’export e all’import di armi in Italia relativo all’anno 2021, prima quindi dello scoppio della guerra in Ucraina.
Il 29 gennaio 2021 il governo Conte aveva deciso di revocare le licenze in essere e quelle future con Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti, in seguito alla risoluzione approvata dal Parlamento il 22 dicembre 2020: con quell’atto le Camere bloccavano l’export di “bombe aeree e missili” verso Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti (in gran parte autorizzati dal governo Renzi) che utilizzavano quelle armi per colpire i ribelli Houthi in Yemen causando la morte di migliaia di civili. Dopo la revoca, costata all’Italia 328 milioni, il governo Draghi ha autorizzato nuovi contratti nel 2021 con Arabia Saudita (47,2 milioni) e Emirati Arabi Uniti (56,1). Senza formalmente violare la revoca, esportando armi consentite: se abbiamo esportato pistole, componenti e apparecchi elettronici negli Emirati, al regime di Mohammed bin Salman l’Italia ha venduto armi che rientrano nell’ampia categoria “004” che comprende “bombe, siluri, razzi, missili”. Contattato dal Fatto, il ministero degli Esteri non ha fornito dettagli specifici sulla fornitura. “E chi ci dice che queste bombe e missili italiani non vengano utilizzato dai sauditi nel conflitto in Yemen?” chiede Giorgio Beretta, della Rete Pace e Disarmo.

Nel 2021 il valore dei movimenti di armi è cresciuto fino a 5,3 miliardi (nel 2020 era stato di 4,8): 4,66 di esportazioni (4,65 un anno fa) e 679 milioni di importazioni rispetto ai 179 del 2020. Diminuisce invece il valore delle autorizzazioni individuali relative all’export: lo scorso anno era di 3,65 miliardi, il dato più basso degli ultimi sette anni. Ma il calo è relativo perché è paragonato al triennio 2015-2017 quando i governi Renzi e Gentiloni hanno autorizzato maxi-commesse che hanno fatto lievitare il valore delle esportazioni di armi per 7,9 miliardi nel 2015, 14,6 nel 2016 e 9,5 nel 2017. Il record era stato raggiunto sei anni fa quando la metà del valore di esportazioni riguardava una commessa di 28 Eurofighter della Leonardo al Kuwait. “Il calo di oggi è fisiologico perché la nostra industria degli armamenti è limitata – spiega Beretta – a fronte di alte commesse tra il 2015 e il 2018 oggi ci sono meno ordinativi”. A pesare è stato anche il biennio della pandemia. Per la prima volta nel 2021 l’esportazione di armi finisce per la maggior parte nei Paesi Ue-Nato (52,1%) contro un restante 47,9% a tutti gli altri. Un terzo delle esportazioni è concentrato nei Paesi Nato e il 26% tra Africa Settentrionale e Medio Oriente.

Tra i principali clienti dell’Italia ci sono Paesi governati da dittatori sanguinari e guerrafondai: il primo è il regime del Qatar, accusato di legami con l’estremismo islamico, a cui abbiamo venduto bombe, missili, munizioni, software per 813,5 milioni. Tra i primi 15 Paesi a cui vendiamo armi ci sono Pakistan, Filippine e Malaysia, mentre l’Egitto di Al Sisi passa dal primo al diciottesimo posto in graduatoria, da 991 milioni nel 2020 ai 35 del 2021. Sono quattro i player italiani che rappresentano il 76% del mercato: Leonardo con il 43,5%, Iveco Defence Vehicles (23,5%) che fa riferimento al gruppo Exor della famiglia Agnelli-Elkann, Mbda Italia (5,2%) e Ge.Avio (3,9%).

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/04/15/sauditi-egitto-e-qatar-vendiamo-ancora-armi-agli-amici-macellai/6560603/

Chi l’ha visto? - Marco Travaglio












Qualcuno ha notizie di SuperMario, il Migliore che aveva ereditato dalla Merkel lo scettro dell’Europa e doveva guidare l’Italia fino al 2023, anzi al 2028 (senza neppure il fastidio di candidarsi alle elezioni), anzi finché era vivo e forse pure da morto? Sul fronte interno – da quando l’hanno trombato al Quirinale, che è un po’ il suo Papeete – è passato dal “tutti pro” al “tutti contro”: i magistrati annunciano lo sciopero contro la schiforma del Csm (così imparano a trattar meglio Bonafede, il miglior ministro della Giustizia dalla notte dei tempi); i sindacati sono sul piede di guerra; Confindustria, che ce l’aveva regalato issandolo sulle lingue dei suoi giornaloni, l’accusa di dimenticare le imprese; persino il sindaco-aedo Sala si sente tradito; cittadini e imprenditori alle prese con le bollette raddoppiate, così come il mondo della scuola e della sanità, si chiedono dove pensasse di trovare i 15 miliardi in più per le spese militari visto che a loro riserva spiccioli se va bene e tagli se va male; lo sbraco sulle regole anti-Covid ci regala 150 morti al dì; e la maggioranza più ampia mai vista (col consenso più basso mai visto) lo costringe a continue fiducie, più del Prodi-2 e del Conte-2 (che si reggevano su un pugno di voti). A parte gli evasori, grati per il condono e l’abolizione del cashback, gli è rimasto solo il Pd, che però deve spiegare agli eventuali elettori l’asservimento alla Nato.
Sul fronte estero, se possibile, ancora peggio. Draghi annuncia che andrà alla cena di lavoro all’Eliseo con Macron, Scholz e Ursula, poi che parteciperà via Zoom (a una cena!), infine che non potrà collegarsi per “problemi tecnici”. Sapete quali? Che nessuno l’ha invitato. Manda armi all’Ucraina fregandosene della Costituzione (che lo vieta). Impiega 40 giorni per telefonare a Putin e poi racconta che ci ha parlato un’oretta, ma non è sicuro di aver capito ciò che quello gli ha detto su un dettaglio come i pagamenti del gas in euro o in rubli (e domandarglielo?). Su quell’altra cosuccia dell’embargo al gas russo, dice che “deciderà l’Europa” (come se l’Italia non c’entrasse) e noi dobbiamo scegliere “fra pace e condizionatori” (come se le due cose fossero incompatibili). Biden manda in vacca i negoziati annunciando un golpe a Mosca e accusando Putin di genocidio: viene scaricato da Macron e Scholz, smentito dal suo portavoce e dal segretario di Stato, criticato persino da Letta e Calenda, ma Draghi tace come Fantozzi col Megadirettore galattico. Tanto contiamo un po’ meno di Malta. Anche i suoi lecchini preferiti sono rassegnati a salutarlo dopo il voto del 2023. Ma un anno è un’eternità: sicuri di poterci permettere altri 12 mesi di agonia? Non è meglio congedarlo subito? Chi non vuol farlo per noi lo faccia per lui.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/04/15/chi-lha-visto/6560636/

I pavidi costituenti che non volevano più guerre per l’Italia. - Silvia Truzzi

 

I lettori ricorderanno i primi vagiti di questo disgraziato giornale, che nel suo numero d’esordio – ancora innocente di tutte le malefatte di cui si sarebbe macchiato – ospitò un fondo di Antonio Padellaro, che dettava la linea. Precisamente La Costituzione come linea politica. A quell’articolo ne fecero seguito altri, firmati dalla professoressa Lorenza Carlassare, che spiegavano i principi fondamentali della Carta, articolo per articolo. C’era naturalmente anche l’infame, oggi misconosciuto, articolo 11 nel quale quelle mammolette dei costituenti – che una guerra l’avevano combattuta di persona e non per procura – hanno infilato una serie di immonde prescrizioni pacifiste.

Lo riportiamo tutto, così non ci accusano di strumentalizzarlo: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizione di parità con gli altri Stati, le limitazioni di sovranità necessarie a un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”. Diceva Lorenza Carlassare: “In Assemblea Costituente il consenso sull’art. 11 fu praticamente unanime: forze diverse si riconoscevano in un valore comune alle loro culture e nel rifiuto del rovinoso passato”.

Dunque la guerra difensiva è l’unica consentita, le controversie internazionali vanno risolte per altra via; non esistono ragioni diverse dalla necessità di rispondere a un attacco armato che possano legittimare il ricorso alla guerra; alle condizioni e nelle forme prescritte dalla Carta dell’Onu. “Non sono ipotizzabili ‘guerre giuste’ in grado di sospendere il divieto costituzionale”. Eppure l’Italia ha partecipato a operazioni militari e inviato truppe fuori dai confini con un crescendo impressionante.

“Ai primi interventi, cauti e discussi, ne seguirono altri, sempre più espliciti (ora si cambiano addirittura le condizioni d’ingaggio); per minimizzarli li si chiamò ‘operazioni di polizia’, ‘missioni umanitarie’, poi ‘missioni di pace’, persino in mancanza dell’avallo indispensabile delle Nazioni Unite. Si arrivò alla ‘guerra preventiva’, imposta dalla violenta e irresponsabile presidenza Bush, come nel 2003 in Iraq”.

Nel 2010 la professoressa si domandava se il fatto di far parte della Nato (“dove gli Usa hanno sempre condotto il gioco”) nonostante la sua mutazione “aggressiva”, ci impegnasse “incondizionatamente”. Un trattato ci vincola senza limiti? “I giuristi ‘giustificazionisti’ hanno tentato di salvare la partecipazione a interventi armati come adempimento di obblighi derivanti dalla adesione a ‘organizzazioni internazionali’ con le ‘limitazioni’ conseguenti, usando la seconda parte dell’art. 11 contro la prima. Ma non ci sono due parti separate: l’art. 11 è una disposizione unitaria che va letta, appunto, nella sua unità”.

C’è una sentenza della Corte costituzionale (300/1984) che chiarisce che le “finalità” cui sono subordinate le limitazioni di sovranità sono quelle stabilite nell’art. 11, non le finalità proprie di un trattato che, anzi, “quando porta limitazioni alla sovranità, non può ricevere esecuzione nel paese se non corrisponde alle condizioni e alle finalità dettate dall’art. 11”. Spiegava Carlassare dodici anni fa: “Il discorso è importante anche perché il ripudio della guerra non vieta solo la partecipazione a conflitti armati, ma pure l’aiuto ai Paesi in guerraillegittimo è il commercio di armi con tali Paesi e il fornir loro le basi per agevolarne le operazioni”.

P.s. “La guerra sta all’uomo come la maternità alla donna” diceva Mussolini, la pace è “deprimente e negatrice delle virtù dell’uomo che solo nello sforzo cruento si rivelano”. Quando c’era lui, insomma, era un po’ come adesso…

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/04/14/i-pavidi-costituenti-che-non-volevano-piu-guerre-per-litalia/6559228/?utm_campaign=Echobox2021&utm_content=marcotravaglio&utm_medium=social&utm_source=Facebook&fbclid=IwAR1qY7R0rL28QG4PsFAkphWVoHtkDNbV0D9bFrXzCcla02THNY6DsCs7oQI#Echobox=1649926361

giovedì 14 aprile 2022

Ora Biden e Zelensky fanno infuriare l’Europa. - Cosimo Caridi e Luana De Micco

 

GUERRA IN UCRAINA - Macron zittisce Sleepy Joe che straparla di “genocidio”. Scholz: “Irritante il no al presidente tedesco”. Putin stringe su Mariupol: “Resa degli ucraini”. Che smentiscono. 

Al cinquantesimo giorno di guerra, il fronte Nato si divide. Al centro delle tensioni, la parola “genocidio” che Joe Biden ha utilizzato per la prima volta per descrivere i massacri dell’esercito russo in Ucraina: “Diventa sempre più chiaro che Putin cerca di cancellare persino l’idea di essere ucraini”, ha detto il presidente Usa. Il termine è rivendicato da tempo da Kiev. Lo rifiuta invece Macron, tra i leader Ue più attivi nel tentare di mantenere un dialogo con Mosca.

Già un paio di settimane fa, il capo dell’Eliseo aveva preso le distanze da Biden che, da Varsavia, aveva chiamato “macellaio” l’uomo del Cremlino. Macron è convinto che l’escalation verbale non contribuisca a raggiungere l’obiettivo principale: la pace. “È accertato che l’esercito russo ha commesso crimini di guerra – ha detto su France2 –. Ciò che sta succedendo è di una brutalità senza precedenti, ma guardo ai fatti e voglio continuare a essere in grado di fermare questa guerra”. Zelensky ha considerato “dolorosa” la riluttanza di Macron, approvando invece Biden: sono “le parole di un vero leader”, ha scritto su Twitter, chiedendo un ulteriore invio di armi. Nel nuovo pacchetto di aiuti militari che gli Usa si preparano a inviare, ci sarebbero, secondo fonti della Reuters, mezzi militari per altri 700 milioni di dollari, tra cui elicotteri Mi-17 da usare contro i blindati russi. È evidente che Washington non crede a una soluzione nel negoziato. Macron che, in piene presidenziali si prepara a sfidare Marine Le Pen al ballottaggio del 24 aprile, ha già fatto sapere invece che vuole riprendere la via della diplomazia e le telefonate con Putin e Zelensky, messe da parte durante la parentesi del primo turno. Anche il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Zhao Lijian, ha usato toni ben più pacati: “La massima priorità per tutte le parti interessate è mantenere la calma e la moderazione”. Altro motivo di tensione, il rifiuto del presidente Zelensky di ricevere il suo omologo tedesco, Frank- Walter Steinmeier. Il presidente federale si sarebbe dovuto recare ieri a Kiev con i capi di Stato di Polonia e Paesi baltici. Ma dopo giorni di negoziazioni e incontri per la sicurezza, gli ucraini hanno dichiarato Steinmeier persona non gradita. L’annuncio a mezzo stampa è stato lapidario. “Non è il benvenuto” ha rivelato un diplomatico ucraino al tabloid Bild. Il cancelliere Olaf Scholz ha definito “irritante” l’atteggiamento di Kiev. Enrico Letta, segretario del Pd, ha scritto su Twitter: “Un presidente della Repubblica di un Paese dell’Ue non può essere considerato persona non grata da un Paese candidato”. Le critiche di Kiev sono legate al passato di Steinmeier. Prima di arrivare a palazzo Bellevue è stato per due volte il ministro degli Esteri di Angela Merkel. Steinmeier, socialdemocratico, è considerato un simbolo della linea morbida nei confronti della Russia.

Grande sostenitore del gasdotto Nord Stream 2, fu uno dei negoziatori a Minsk tra Kiev e Mosca sulla gestione del Donbass. Dopo l’invasione russa, Steinmeier ha fatto pubblica ammenda, definendo “un grave errore” la sua propensione al dialogo con Putin. “Per continuare a difendere eroicamente il mondo dall’aggressione russa l’Ucraina ha bisogno – ha detto Zelensky – di artiglieria, mezzi corazzati, sistemi di difesa aerea”. Nelle stesse ore, Kiev tentava di riaprire il canale diplomatico con Berlino. Oleksiy Arestovych, consigliere di Zelensky, ha detto alla tv pubblica tedesca: “Il nostro presidente sta aspettando il cancelliere, in modo che possa prendere decisioni pratiche immediate, inclusa la consegna delle armi”. Scholz da una settimana ha bloccato l’invio di tank tedeschi in Ucraina e ha risposto all’invito dicendo: “Nessuna visita a Kiev è prevista per il momento”, dove ieri invece sono stati accolti come solidi alleati i presidenti di Polonia e paesi baltici.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/04/14/lue-dice-no-macron-sgrida-gli-usa-scholz-non-va-a-kiev/6559389/

Quanto sono pericolosi i valori maneggiati dai potenti della Terra. - Gustavo Zagrebelsky

 

Da una parte c'è la "Santa Russia" imperiale. Dall'altra si erge l'Occidente, amministratore della civiltà dei diritti. Ma una cosa è aiutare le vittime promuovendo la pace; altra cosa è attizzare cattive passioni: la crisi dà fiato ai nazionalisti

I morti ammazzati dai viventi sono sulla terra, anzi sotto terra; i valori sono in cielo. I morti chiedono compassione. Non sanno che farsene, dei valori. I potenti che ammazzano dove stanno? Sulla terra o in cielo? Evidentemente in terra, saldissimamente in terra, perché altrimenti non sarebbero potenti. Eppure, non fanno che evocare valori. Quando fanno finta d’essere in cielo, sono truffatori. Più si sale verso il cielo, più si perde di vista l’umanità.
Non c'è guerra, non c’è violenza, non c’è sopraffazione che non cerchino di giustificarsi, un tempo attraverso la santificazione, oggi attraverso la ideologizzazione. La violenza ha bisogno di “valorizzarsi”. Tanto più alto è il valore al quale ci si attacca, tanta più è la violenza cui ci si sente autorizzati. Per sua natura, “il valore deve valere”, cioè deve essere imposto con ogni mezzo. Il valore è astratto e puro e, come tutte le astrazioni, non è interessato al concreto. Anzi, lo disprezza perché nel concreto si annida la varietà, la relatività, l’impurità. Per realizzarsi, ogni ostacolo può, anzi deve essere spazzato via. Trasformata in valore anche la pace può giustificare la guerra, la “guerra giusta” o la guerra preventiva, per esempio (si vis pacem ecc.). Perfino la vita come valore può giustificare la morte (mors tua ecc.). Questa è la logica perversa del pensare per astrazioni.
I valori possono essere cose bellissime ma, maneggiati dai potenti, spesso fanno paura. In nome della promessa ad Abramo fatta dal “dio geloso” degli Ebrei, furono sterminate le popolazioni della terra di Canaan; in nome di Allah si proclama il Jihad offensivo contro gli infedeli; “Dio lo vuole” è il motto d’ogni “guerra santa”, d’ogni “crociata”, d’ogni sterminio degli eretici. Yahweh, Allah, il Dio cristiano degli eserciti hanno in comune l’assolutismo del valore. Chi potrebbe opporsi a chi parla e agisce in nome d’un dio? L’appello diretto, esplicito, a un dio di questa fatta, nel mondo secolarizzato odierno non fa più presa come un tempo. Le religioni, anzi, hanno fatto passi avanti verso la reciproca comprensione e il “dialogo interreligioso”, per essere possibile, deve rinunciare non ai propri valori, ma alla loro assolutizzazione. Ma, hanno trovato dei validi succedanei secolarizzati altrettanto astratti e pericolosi.
Tutte le “visioni del mondo”, le Weltanschauungen hanno parlato di “missioni” al servizio dell’umanità, o della civiltà, e si sono inevitabilmente risolte in razzismo, imperialismo, invasioni, stragi, partiti unici. Le guerre coloniali erano giuste per civilizzare i popoli primitivi, erano dunque un regalo. Lo stesso, gli sterminî degli indios per convertirli al cristianesimo. Il “destino manifesto” attribuito dalla Provvidenza agli americani chiamava i governanti di Washington al compito di espandere la libertà e la democrazia, tanto per incominciare con la cruentissima annessione del Nuovo Messico e con l’espansione in Arizona, Colorado, Nevada e Texas a spese dei popoli autoctoni.
Napoleone conquistò l’Europa e invase la Russia al prezzo di milioni di vittime in nome degli inviolabili valori della Rivoluzione. I nazisti e i fascisti si credevano in pieno diritto nel voler conquistare il proprio “spazio vitale” a danno dei popoli di “razza inferiore”. I dirigenti comunisti non dicevano certo di agire per sete di potere, ma per la felicità del popolo finalmente senza classi. Così, i valori, nelle mani dei potenti della terra, sono sempre stati armature ideologiche di politiche di potenza, fantasmi che si aggirano tra le genti con lo scopo di reciproche distruzioni. Questa è la sorte di tutte le dottrine universalistiche in mano alle potenze della terra, anche di quelle apparentemente più nobili e benevole. Il fatto, poi, che esse siano usate selettivamente, per intervenire qua e non là, secondo convenienze, dice tutto sul valore dei valori.
E oggi? Con quali fantasmi abbiamo a che fare?
Da una parte c’è l’ininterrotta presunzione della Russia d’essere destinataria d’una missione universale, che sia la “Santa Russia” imperiale o la “liberatrice dei popoli” o la patria della spiritualità ortodossa insidiata dal materialismo occidentale. Viene in mente l’immagine potente, meravigliosa agli occhi degli slavofili e terrificante per tutti gli altri, che conclude "Le anime morte" di Gogol: la troika che attraversa il mondo come un uragano, davanti alla quale tutti i popoli piegano il ginocchio.

Dall’altra parte, si erge l’Occidente, amministratore della civiltà dei diritti umani, della libertà, della democrazia: tutte bellissime cose che spesso, però, valgono soprattutto per rinfacciarne agli altri la violazione.
Ma, queste sono per l’appunto cose che stanno in cielo. Quando scendono in terra nelle mani dei potenti si trasformano in appropriazione monopolistica della legittimità. Servono le guerre, non la pace. Nella migliore delle ipotesi, i rapporti possono “congelarsi” temporaneamente, come nei decenni della “guerra fredda”. Abbiamo creduto in un “disgelo” che, in fondo, non ha mai sconfitto la politica di potenza, l’estensione delle “zone d’influenza”, la lotta per l’affiliazione o la dominazione dei popoli poveri e deboli che, per loro sfortuna, vivono nelle terre ricche.
Anche in quegli anni non c’era la pace, sebbene la guerra sembrasse improbabile nell’equilibrio del terrore. Improbabile non vuol dire impossibile e oggi ce ne rendiamo pienamente conto guardando la tragedia dell’Ucraina che, in fondo e per ora, sembra solo un foruncolo, ma forse è l’escrescenza su un’infezione che non è stata curata. Il che non diminuisce l’orrore, ma l’accresce.
I potenti che in tempo di guerra brandiscono una superiorità morale brandendo i loro valori si espongono a facili ironie e, soprattutto, non favoriscono la pace. Alzano barriere, armano i confini, creano incomunicabilità e ostilità. Alimentano il fanatismo, il conformismo, i “partiti unici” e comprimono le intelligenze. Si rialzano le frontiere. Si allontanano le speranze in un futuro in cui i nostri figli possano sentirsi membri d’una famiglia umana non divisa da vecchi e nuovi nazionalismi, possano viaggiare liberamente, possano stringere amicizie e coltivare amori con chi e come vogliono. Questa crisi, qualunque ne sia la fine, quando e se se ne verrà fuori, lascerà una scia di odio, di risentimenti, di desideri di rivincita, di altre violenze. Già ora si stanno distruggendo in un colpo solo i tanti fili economici, culturali, politici, giuridici e sociali che nei decenni sono stati faticosamente intessuti principalmente in Europa. Poiché, poi, la crisi dà fiato ai nazionalisti, consolida oligarchie, avvantaggia demagoghi e produttori di armi d’ogni tipo, è probabile che, al di là della propaganda e degli sdegni esibiti, vi sia chi ne trae vantaggio.
Con questa regressione dovremo fare i conti. Smascherando l’uso dei valori che stanno in cielo, guardando i morti e le sofferenze che stanno in terra. Qui, non là, sta la verità.
Accogliendo profughi senza distinzioni. Intessendo e potenziando relazioni, non interrompendole. Salvaguardando la dignità e l’universalità della cultura. Fornendo, nell’immediato, gli aiuti necessari a chi ne ha bisogno per vivere, sopravvivere e difendersi. La guerra c’è, e ci sono gli aggressori e gli aggrediti. Questa è l’unica certezza su cui non sono consentiti dubbi. Ma, una cosa è aiutare le vittime promuovendo la pace; altra cosa è attizzare cattive passioni. Dunque non aizzare i fanatici dell’Occidente, i nazionalisti, i sovranisti che oggi hanno l’occasione di mostrarsi come i suoi più efficaci difensori. Aiutare, ma contrastare le idee aggressive che prefigurano un futuro altrettanto o, forse, peggiore e, comunque, allontanano la prospettiva di un’intesa che metta fine alla guerra. Sobrietà e spirito critico, non per negare l’evidenza, ma per evitare il peggio.

Begli amici. - Marco Travaglio

 

Più passano i giorni, più si avvera la frase dell’antropologo Antonello Ciccozzi: “In Ucraina, agli invasi e agli invasori, dovremmo aggiungere gli invasati”. Che popolano le file sia degli invasori sia degli invasi e dei loro alleati. Nelle ultime 48 ore, sia Putin sia Biden hanno evocato un “genocidio”: quello in Donbass per mano degli ucraini e quello in Ucraina per mano dei russi. Ora, il genocidio è l’annientamento sistematico di un popolo, un’etnia, una religione: gli ebrei per mano dei nazisti con la Shoah-Olocausto (un unicum nella storia), i pellerossa e altri aborigeni per mano dei colonialisti, gli armeni per mano degli ottomani. Per definire i massacri ucraini contro i russofoni e russofili in Donbass (15 mila morti circa in 7 anni) e quelli russi in Ucraina (2 mila morti circa in 49 giorni, secondo l’Onu) basta e avanza il termine “guerra”, anche se il primo tempo (iniziato nel 2014) viene pervicacemente negato da chi vede solo il secondo (iniziato il 24.2.2022). Perché allora insistere sul “genocidio”? Putin lo fa per giustificare l’ingiustificabile aggressione dell’Ucraina. Biden – sbugiardato da Macron e Scholz, cioè dagli alleati a schiena dritta, quindi non da Draghi – deve alzare ogni giorno l’asticella dell’escalation verbale a supporto di quella armata che deve impedire ciò che più teme: che la guerra finisca presto. Infatti, dopo le sue sparate sul golpe in Russia contro il “macellaio”, nessuno parla più di negoziati. Nemmeno l’Ue che, diversamente da lui, avrebbe tutto l’interesse a riallacciare i fili al più presto.

Il guaio di Biden e dei suoi servi sciocchi e furbi è che, col trascorrere dei giorni e l’aumentare dei morti e delle distruzioni, l’opinione pubblica occidentale è sempre meno intruppata e sempre più scettica sulla corsa al riarmo. Ormai lo capiscono anche i paracarri che si tenta di spacciare un conflitto regionale sul Donbass per una guerra mondiale contro tutta l’Ue, anzi tutto l’Occidente: altrimenti i governi che riempiono di armi l’Ucraina senza domandarsi che fine fanno in piena guerra e che fine faranno a fine guerra sarebbero già stati cacciati coi forconi; o almeno costretti a levarsi dalla testa la tafazziana ideona di privare i propri cittadini e imprese del gas russo, con recessione, razionamenti energetici, fallimenti di grandi e piccole aziende, boom dei disoccupati e dei poveri, solo perché glielo chiedono Zelensky (che al gas russo non rinuncia, e neppure al miliardo e mezzo di euro l’anno di diritti di transito del gasdotto) e Biden (che vuole rifilarci il suo, molto più caro, scarso e inquinante). Ieri su Rep si leggeva l’ultima good news: “Gas russo, gli Usa minacciano le società Ue che lo acquistano”. Che carini. Meno male che sono amici, sennò li avremmo già bombardati.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/04/14/begli-amici/6559388/

La via del melo. - Toni Capuozzo

 

Di Maio. “Chi nega Bucha alimenta la propaganda russa che provoca morte” . Nel suo italiano stentato il ministro degli Esteri vuole essere definitivo. Avrei qualche domanda per lui, come per Giletti, per la veterinaria di Open e tanti altri.

Cosa vuol dire negare ? Non c’è dubbio alcuno che i russi abbiano commesso crimini durante l’occupazione di Bucha. A testimoniarlo ci sono le fosse comuni scavate dietro alla chiesa. I 350 corpi che contengono, raccontano quello che è successo. Le mie perplessità riguardano i morti che dal 3 aprile vengono ritrovati per strada, in quella ormai tristemente famosa via Jablonskaja, la via del Melo. Il mio dubbio è che quei cadaveri non appartenessero all’orrendo capitolo precedente (i russi se n’erano andati il 30 marzo) ma fossero il risultato di un’operazione di un corpo speciale della polizia ucraina (ho riportato l’articolo della stampa ucraina che annunciava la caccia a Bucha di sabotatori e collaborazionisti). Oppure che fossero vittime dei russi recuperati dalle cantine e dai cortili e disposte sulla strada a beneficio delle televisioni. Come ricorderete, a smentire questa ipotesi apparvero subito foto da satellitari e da droni che retrodatavano la presenza di quegli stessi corpi almeno al 19 marzo.
-come si sono conservati i corpi nelle strade per due settimane, in un clima freddo ma umido, con animali randagi e selvatici ?
-come mai alcune vittime avevano i fazzoletti bianchi al 
braccio?
-come mai alcune vittime avevano accanto a sé razioni dell’esercito russo ?
-come mai non c’è quasi mai sangue e mai un solo bossolo accanto ai corpi ?
-come mai ci sono immagini che ritraggono militari ucraini che trascinano i corpi con cavi, andando oltre la semplice precauzione di spostarli di mezzo metro, rivoltandoli, così da appurare che non siano minati ?
-Come mai un video apparso su Telegram di un certo Boatman, il 1 aprile da Bucha, non dice nulla sui morti per strada? Unico fatto di rilievo l’incontro con un parlamentare del partito di Zelensky (Boatman lo descrive come “scuro di pelle”, nota inevitabile per un suprematista bianco come lui. Russo, Boatman è al secolo Sergey Korotkikh, ricercato per l’omicidio di due immigrati davanti a una bandiera nazista. Ripara in Ucraina e nel ’14 partecipa alla guerra civile antirussa, ricevendo il passaporto ucraino, e la nomina a capo di una squadra speciale della polizia).
-come mai in un altro video si vede la squadra di Boatman apprestarsi a operare e uno di loro chiede cosa si debba fare di persone incontrate senza il bracciale blu degli ucraini. “Sparagli, cazzo” è la risposta di Boatman.
-come mai si continua caparbiamente a ignorare l’operazione dei corpi speciali della polizia, iniziata il 1 aprile – i russi si sono ritirati il 30 marzo – di bonifica da esplosivi, sabotatori e collaborazionisti ? Ne dà notizia, quel giorno, la stampa ucraina. E poi non si sa come si a andata, se abbiano trovato collaborazionisti o meno.
- come mai sono apparse su Telegram conversazioni che maledicono Boatman per aver rovinato tutto con i suoi video ? “ eravamo d'accordo - lo era, non lo era - gonfiamo per il bene di un pubblico europeo impressionabile, finalmente ci passano armi pesanti e difesa aerea. Cioè, i nostri "alleati" sono tali che non gli bastano gli attacchi missilistici sulle città, per loro. Ok, stiamo lavorando. L'informazione principale è andata, lo straniero l'ha raccolta .. e poi la Guardia Nazionale e il Nostromo sono usciti dalla tabacchiera come un coglione con i loro video divertenti sulla pulizia di Bucha….”
Perchè, intervistato dalla stampa italiana, al becchino di Bucha non viene fatta la più semplice delle domande: come mai ha rischiato la vita per inumare i morti nella Bucha occupata dai russi e , quando i russi se ne sono andati, li ha lasciati invece per strada ?
-come mai quelle vittime sono state lasciate per settimane, secondo la foto satellitare, senza un solo gesto di pietà, come se fossero morti altrui, da schivare e basta ?
-come mai la Croce Rossa Internazionale non è stata convocata subito sul luogo del massacro ?

Non devo ripetere a ogni passo che non sono filoputin, né filorusso. Sono solo convinto per esperienza che purtroppo la guerra è il regno dell’odio, delle vendette, delle manipolazioni. In guerra puoi essere disciplinato, se la combatti o te ne fai travolgere. Se sei giornalista, anche quando hai chiaro dove risieda la ragione e dove il torto, dove l’aggressore e dove l’aggredito, sai che le linee nette del Bene e del Male vengono scavalcate con facilità, e resta il dovere di ragionare sui fatti, anche quando non coincidono con la tua visione delle cose, e specie quando fanno fare alla guerra un salto di qualità, come una chiamata alle armi.