Il consulente ai pm: «Masi alla Rai un disastro».
«Anche Moretti veniva da me per diventare ad delle Ferrovie. Se potessi ora lo denuncerei».
ROMA - Minimizzare, questa è stata la sua linea. Cinque giorni fa, in poco più di un'ora di interrogatorio, Luigi Bisignani ha cercato di sminuire il proprio ruolo nelle relazioni con i politici e con i manager di Stato. Ma nella trascrizione del verbale si individuano numerosi segnali lanciati a chi con lui ha avuto relazioni in tutti questi anni. Accompagnato dai suoi avvocati Fabio Lattanzi e Gianpiero Pirolo, non si è sottratto ad alcuna domanda e ha tenuto a fare una precisazione: «Io sono una persona per bene, do soltanto consigli».Le liste di Verdini
Si comincia dai rapporti con Alfonso Papa, parlamentare del Pdl che il giudice chiede alla Camera di arrestare perché accusa entrambi di aver ricattato alcuni imprenditori. E Bisignani risponde: «Per me era fonte di notizie... Papa non era conosciuto solo da me, ma anche dai ministri con i quali aveva lavorato. Aveva questa ambizione di fare, di entrare in Parlamento e mi chiese se appunto io potevo dire a Verdini, coordinatore nazionale che è uno di quelli che compilava le liste... L'ultima parola è di Berlusconi. La prima parola è del Pdl della Campania, per cui il processo non è così semplice e perciò io parlai con Verdini... Lui mi disse quello che dicevano tutti in quel momento, che insomma avvocati e magistrati, soprattutto quando si parla tanto dei temi legati alla magistratura, ben vengano. Poi calcoli che Verdini era anche in buoni rapporti con Pera, che era uno di quelli che conosceva Papa. Pera, pare che sia stato Pera, cioè voglio dire non è che arriva Bisignani e dice mettete Papa nelle liste». E allora perché le chiedevano di parlare con Verdini? «Perché certamente ero in buoni rapporti con Verdini da molti anni... A Letta parlai io di Papa che peraltro lui conosceva... E Berlusconi aveva ricevuto anche altre segnalazioni».
Il giudice chiede di sapere se Bisignani conoscesse le «fonti» di Papa. «A Roma era in rapporti, perché questo lo sapevo, con il dottor Toro (ex procuratore aggiunto che si è dimesso dopo il coinvolgimento nell'inchiesta "Grandi Eventi", ndr), con altri magistrati. Lo sapevo da Papa». Il giudice insiste: qualcun altro le ha detto che effettivamente Papa e Toro sono molto legati? «Me l'ha detto il dottor Zanichelli e mi disse che gli avevano chiesto una consulenza per il figlio di Toro, che il Papa glielo ha chiesto... Zanichelli era un alto dirigente dell'Alitalia, adesso credo che sia presidente di Trenitalia». Poi Bisignani fa altri nomi, parla «del generale Bardi» e aggiunge: «Poi c'era Marra (gli inquirenti ritengono si tratti di Pippo Marra, presidente dell'agenzia giornalistica Adnkronos, ndr) che per una vicenda completamente diversa mi chiamò un giorno e mi disse: non parlare al telefono, non parlare al telefono. Stop. Dopodiché io ne parlai con l'onorevole Milanese (Marco Milanese deputato Pdl, ex ufficiale della Guardia di Finanza poi nella segreteria del ministro Giulio Tremonti, ndr) che dopo un po' mi disse che io avevo il telefono per via dell'inchiesta...».
Moretti e i tedeschi
L'inchiesta dei pubblici ministeri Henry John Woodcock e Francesco Curcio nasce dalla testimonianza di un imprenditore specializzato nei sistemi frenanti - socio dello stesso Bisignani - che ha raccontato di aver deciso di denunciare l'amministratore delegato di Trenitalia Mauro Moretti perché non lo faceva lavorare e di essere stato bloccato da Papa che in questo modo voleva acquisire crediti con il manager. Moretti è indagato per favoreggiamento. «Moretti mi scarica perché sa bene che io gli avevo chiesto tante volte di far lavorare questa società e avevo capito benissimo che dietro quella società, che lui non voleva far lavorare, c'erano gli interessi delle altre società tedesche, la Brint e tutte le altre... Papa mi disse di bloccare la denuncia... Moretti ha assunto un atteggiamento di grande distacco, ma io ho detto che Moretti veniva da me per essere aiutato a diventare amministratore delegato delle Ferrovie». Dunque, domanda il giudice, lei si è fatto un'idea precisa del motivo, se Moretti avesse dei collegamenti con queste società tedesche? «Scusi, perché non si fa lavorare una società italiana che ha cinquanta, sessanta persone, uno stabilimento novello che dovunque è andato ha sempre fatto bene, dopo che ci sono stati i casini... Sono freni fenomenali... Io ho il 35 per cento di quella società, sono socio di minoranza non ci ho mai guadagnato niente, ci ho perso pure un sacco di... se potessi io adesso la farei di corsa quella denuncia».
Lavitola, Cicchitto e gli 007
C'è un ordine di arresto anche per il maresciallo Enrico La Monica, accusato di aver passato notizie sull'inchiesta a Papa in cambio, tra l'altro, di un posto nei servizi segreti. Bisignani ammette: «Io credo di averne parlato con qualcuno. Non mi ricordo chi... certamente non al generale Santini». Il giudice lo invita a fare «mente locale». E lui snocciola alcuni nomi: «Guardi, se posso aver parlato con qualcuno, posso aver parlato con La Motta, con Piccirillo certamente no». Il riferimento è al vicedirettore e al direttore dell'Aise Giorgio Piccirillo. E con Letta? «No, mai...». Per caso ne ebbe a parlare anche con Lavitola? «Assolutamente no...». Walter Lavitola è il direttore del quotidiano l'Avanti coinvolto nella storia dei dossier sulla casa di Montecarlo del cognato di Gianfranco Fini. Bisignani afferma: «Era un vecchio militante socialista in grandissimi rapporti con tutti gli ex socialisti oggi pdl, con Cicchitto sicuramente... Credo che abbia rapporti con il presidente Berlusconi e credo che abbia imputato a me, non so perché, che avessi osteggiato la sua candidatura alle elezioni europee... è uscito fuori con la storia di Ruby, la casa di Montecarlo, io ero contrarissimo a quel tipo di campagna di stampa che faceva...»
La "macchina del fango"
Aggiunge Bisignani: «Un altro punto che io ritengo di dover chiarire è che sicuramente parlavo e informavo il dottor Letta delle informazioni comunicatemi e partecipate e in particolare di tutte le vicende che potevano riguardare direttamente o indirettamente, come la vicenda riguardante Verdini, la vicenda che riguardava me stesso... ma ho rapporti con lui da sempre, lo conosco da quarant'anni, è il mio testimone di nozze. Quando parlavamo con Letta, logicamente si parlava di cose, di inchieste, di quello che c'era sui giornali... A Roma si parla solo ed esclusivamente delle inchieste...». Spiega che «il rapporto era stretto anche con Italo Bocchino perché il mio interesse era che tutta questa gazzarra che c'era tra Fini e Berlusconi in qualche modo rientrasse... Io ritenevo che tutta questa confusione in seno alla maggioranza portava solo guai, perché con la mia esperienza politica mi ha detto che tra alleati in quel modo là non si discute, soprattutto su temi così come poteva essere la casa di Montecarlo. La magistratura avrebbe fatto il suo corso, ma la politica non doveva strumentalizzare queste cose... In realtà io ero assolutamente contrario alla "macchina del fango". Certo che avevo rapporto con D'Agostino e Dagospia che era nato come sito di gossip e poi il presidente Cossiga cercò di farlo diventare una fonte... e io cercavo di dire che per essere credibile doveva diventare sempre più serio... Io cercavo di dare delle notizie che fossero di spessore politico».
Masi alla Rai? «Un disastro»
Le conversazioni con il direttore generale della Rai sono continue, Bisignani ha scritto la lettera di licenziamento per Michele Santoro. E a verbale afferma: «Masi lo conosco da 35 anni. La mia idea su Santoro, l'ho spiegata, era totalmente un'altra e gli dicevo: guarda da dirigente d'azienda tu non ti puoi far mandare a quel paese da un tuo dipendente. Tu devi fare soltanto una cosa, visto che stai già in un sacco di guai nella Rai perché sei così... devi licenziarlo, portare la lettera di licenziamento al consiglio di amministrazione, quello che te l'avrebbe rigettata, tu ti dimetti ma fai vedere che sei un manager che non si fa mandare... ed esci alla stragrande da questa cosa. Pur essendo così amico di Masi, quando doveva essere nominato direttore generale della Rai, che per me ex giornalista è una grande cosa, io non ebbi difficoltà a dirgli: fai un errore clamoroso. L'unica volta che ho visto Berlusconi gli ho detto: guardi presidente, fa un errore a mettere Masi. Masi è una persona competente nelle istituzioni, non alla Rai perché alla Rai farà male. La mia esperienza mi portava a dire che lì Masi avrebbe fatto un disastro». E poi rivolgendosi al giudice: «L'ha nominato lo stesso e questo smentisce ciò che lei dice di me perché la mia influenza era nulla. A Masi dicevo: te ne vai e tutti ti diranno che ci hai provato. Sono vent'anni che cercano di mandare via Santoro, ma non perché ce l'avessi con Santoro, tra l'altro Santoro è il più grande regalo che Berlusconi ha perché ogni volta che fa le sue trasmissioni non sposta niente, anzi. È un errore clamoroso mandarlo via».
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