Chiuse fino al 3 aprile le attività produttive che non sono indispensabili per garantire beni essenziali. Aperti supermercati, farmacie e parafarmacie. Dopo ore di pressioni e nel giorno in cui l'Italia ha toccato il record negativo di quasi 800 morti, il presidente del Consiglio ha parlato alla nazione in diretta dalla sua pagina Facebook: "E' la crisi più difficile che il Paese sta vivendo dal secondo dopoguerra. La morte di tanti concittadini è un dolore che ogni giorno si rinnova. Non abbiamo alternative. Ma lo Stato c'è".
“Il governo ha deciso di chiudere nell’intero territorio nazionale ogni attività produttiva che non sia strettamente necessaria, cruciale, indispensabile a garantirci beni e servizi essenziali”. Intorno alle 23.15 di uno dei giorni più difficili per l’Italia, quando in sole 24 ore sono stati registrati quasi 800 morti per l’emergenza coronavirus, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha parlato alla nazione e annunciato la chiusura di tutte le aziende la cui attività non è da considerarsi necessaria. “Rimangono invece aperti supermercati, farmacia e parafarmacie”. Ma anche tabaccai e distributori di benzina. E inoltre, “sono assicurati i servizi bancari, postali, assicurativi, finanziari”. Così come il trasporto pubblico. L’annuncio, che soddisfa le richieste delle Regioni del Nord, è arrivato dopo ore di confronti e pressioni, ma soprattutto dopo una lunga videoconferenza pomeridiana con i sindacati e le associazioni delle imprese. “E’ la crisi più difficile che il Paese sta vivendo dal secondo dopoguerra“, ha esordito il premier. E anche per questo, “dobbiamo fare un passo in più”. Quindi “rallentiamo il motore produttivo del Paese, ma non lo fermiamo. Non è una decisione facile, ma si rende necessaria oggi per poter contenere quanto più possibile la diffusione dell’epidemia”. Perché, ha detto appunto, “non abbiamo altra scelta”. Le misure, come confermato da Palazzo Chigi, entreranno in vigore lunedì 23 marzo e saranno da considerare valide fino al 3 aprile.
“Sin dall’inizio”, è stato l’esordio del premier, “ho scelto la linea della trasparenza e della condivisione, ho scelto di non minimizzare, di non nascondere la realtà che ogni giorno è sotto i nostri occhi. Ho scelto di rendere tutti voi partecipi della sfida che siamo chiamati ad affrontare”. Questa, ha continuato, “è la crisi più difficile che il Paese sta vivendo dal secondo dopoguerra”. “In questi giorni durissimi siamo chiamati a misurarci con immagini e notizie che ci feriscono, che ci lasciano un segno che sarà sempre impresso nella nostra memoria anche quando questo ci auguriamo presto sarà finito”. Prima quindi di annunciare la chiusura di tutti le attività, Conte ha voluto parlare delle vittime e dei tanti decessi che gli italiani si trovano a dover affrontare per quella che è una crisi senza precedenti. “La morte di tanti concittadini è un dolore che ogni giorno si rinnova”, ha continuato. “Questi decessi per noi, per i valori con cui siamo cresciuti, per i valori che ancora oggi condividiamo non sono semplici numeri. Quelli che piangiamo sono persone, sono storie di famiglie che perdono gli affetti più cari”.
Conte è poi passato a parlare dei provvedimenti. Quelli già in vigore e quelli che il Paese è costretto ad affrontare a partire da oggi. “Le misure sin qui adottate, l’ho già detto, richiedono tempo prima che possano spiegare i loro effetti”, ha dichiarato. “Dobbiamo continuare a rispettare tutte le regole, con pazienza, con responsabilità, con fiducia. Sono misure severe, ne sono consapevole. Rimanere a casa, rinunciare a radicate abitudini non è affatto facile. Ma non abbiamo alternative. In questo momento dobbiamo resistere. Perché solo in questo modo riusciremo a tutelare noi stessi e a tutelare le persone che amiamo”.
Il premier ha poi ricordato chi in queste ore è impegnato in prima linea: “Il nostro sacrificio di rimanere a casa è peraltro minimo se paragonato al sacrificio che stanno compiendo altri cittadini: negli ospedali e nei luoghi cruciali per la vita del Paese c’è chi rinuncia, chi rischia molto di più. Penso in particolare innanzitutto ai medici, agli infermieri, ma anche alle forze dell’ordine, alle forze armate, agli uomini e alle donne della Protezione civile, ai commessi dei supermercati, ai farmacisti, agli autotrasportatori, ai lavoratori dei servizi pubblici e anche dei servizi dell’informazione. Donne e uomini che non stanno andando semplicemente a lavorare, ma compiono ogni giorno un atto di grande responsabilità verso l’intera nazione. Compiono un atto d’amore nei confronti dell’Italia intera”. Per questo e anche per loro, Conte ha quindi annunciato “il nuovo passo” che il governo ha deciso di compiere.
Da oggi fino almeno al 3 aprile, data in cui secondo il primo decreto si sarebbe dovuti rientrare a scuola (data per la quale è già stata prevista una proroga), le attività produttive non essenziali sono quindi interrotte. E al di fuori di queste, sarà consentito “solo lo svolgimento di lavoro in modalità smart working e consentiremo solo le attività produttive ritenute comunque rilevanti per la produzione nazionale”. Per quanto riguarda i supermercati, ha specificato il presidente del Consiglio, “continueranno a restare aperti tutti i supermercati, tutti i negozi di genere alimentari e di generi di prima necessità. Invito tutti a mantenere la massima calma. Non c’è ragione di fare corse agli acquisti“.
Infine Conte ha voluto chiudere il suo discorso, ribadendo la presenza delle istituzioni nonostante i momenti di grande difficoltà collettiva: “L’emergenza sanitaria, ma lo avevamo previsto, sta tramutando in piena emergenza economica”, ha detto. “Ma a voi tutti dico: lo Stato c’è. Lo Stato è qui. Il governo interverrà con misure straordinarie che ci consentiranno di rialzare la testa. Mai come ora la nostra comunità deve stringersi forte come una catena a protezione del bene più importante, la vita. Se dovesse cedere anche un solo anello, questa catena verrebbe meno e saremmo esposti a pericoli più grandi, per tutti. Quelle rinunce, che oggi ci sembrano un passo indietro, domani ci consentiranno di prendere la rincorsa e di ritornare nelle nostre fabbriche, nei nostri uffici, fra le braccia di parenti e di amici. Stiamo rinunciando alle abitudini più care, lo facciamo perché amiamo l’Italia, ma non rinunciamo al coraggio e alla speranza nel futuro. Uniti ce la faremo“.
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