Mark Rutte,Sebastian Kurz, Stefan Löfven, Mette Frederiksen..
Come dice quel proverbio africano? Se vuoi andare veloce, corri da solo. Se vuoi arrivare lontano, corri insieme a qualcuno. Come tutti, nella difficile trattativa europea, Romano Prodi avrebbe preferito che a Bruxelles i 27 fossero andati, tutti insieme, veloci e lontano. Poiché, purtroppo, nella vita non si può sempre avere tutto e subito (anzi quasi mai) l’ex presidente della Commissione Ue ha messo sul tavolo la questione che l’Europa non può più eludere, quella che definisce “il vero problema di sostanza”. Ovvero: “Una qualsiasi istituzione politica non può definirsi democratica, e nello stesso tempo reggersi sulla regola dell’unanimità”.
Perché, scrive Prodi sul Messaggero, parlando dei veti dell’Olanda, “con l’unanimità ogni nano si sente un gigante, e nel caso europeo un Paese di poche centinaia di migliaia di abitanti può bloccare il funzionamento di un’istituzione che comprende centinaia di milioni di cittadini”.
Siamo d’accordo, “le grandi decisioni del mondo sono ormai prese in tempi rapidissimi, frutto di istituzioni politiche fornite di poteri definiti e di strutture tecniche adeguate”, strumenti che il Consiglio europeo non possiede. Tuttavia, proprio perché, come sappiamo, la costruzione europea, solida nelle fondamenta non lo è altrettanto in alcuni mattoni pronti a sfaldarsi per scarso senso comunitario, non pensa il professor Prodi che la regola dell’unanimità, pur con le sue lungaggini e strettoie procedurali, sia di stimolo a quell’arte politica del compromesso, cemento della democrazia? Il cattivo esempio della Brexit, forse non il più calzante in quanto conseguenza soprattutto di dinamiche distruttive interne al Regno Unito, ha dimostrato che dall’Unione si può uscire sbattendo la porta.
Un eventuale voto a maggioranza su bilancio comunitario e sovvenzioni post-Covid avrebbe certamente sconfitto il fronte dei cosiddetti Paesi frugali – Olanda, Austria, Svezia, Danimarca –, ma a quale prezzo? Chi ci dice che il non simpaticissimo (a noi italiani) primo ministro Mark Rutte stia, a suo modo, giocando una partita europea? Che pur con le sue asprezze non rappresenti un argine a quelle spinte sovraniste arancioni che cercano solo l’occasione giusta per scatenarsi contro l’Europa sul modello Boris Johnson? Restare in gruppo con tutti gli altri, anche con chi non ti passa la borraccia, può rallentare la corsa (vero presidente Conte?). Però ti porta al traguardo.
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