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mercoledì 5 agosto 2020

I test della DiaSorin e quelle strane fatture della società leghista. - Antonio Massari e Davide Milosa

I  test della DiaSorin e quelle strane fatture della società leghista

Intrecci - All’attenzione dei pm i rapporti tra la Servire Srl (presidente del cda il salviniano Gambini) e la multinazionale degli esami sierologici.
Il Covid-19 oltreché un’emergenza sanitaria si è rivelato un affare per molti. Soprattutto in Lombardia. Accordi opachi, affidamenti diretti senza gare pubbliche, il tutto grazie alla politica che ha fatto da volano per il giro del denaro. In questo contesto si inserisce la non chiarita vicenda dell’accordo tra la multinazionale DiaSorin e l’ospedale San Matteo di Pavia per la commercializzazione dei test sierologici. Poi acquistati grazie a un affidamento diretto per due milioni dalla giunta del governatore Attilio Fontana. In questa storia, deflagrata dopo le perquisizioni del 22 luglio disposte dalla Procura di Pavia e l’iscrizione nel registro degli indagati dei vertici del San Matteo e di DiaSorin con le accuse di peculato e di turbata libertà nella scelta del contraente, si innesta oggi una novità di rilievo che rischia di terremotare la Lega. Il partito padano, stando agli atti delle indagini coordinate dal procuratore aggiunto Mario Venditti, appare il vero convitato di pietra.
Gli accertamenti della Procura proseguono soprattutto sulla figura di Andrea Gambini (perquisito ma non indagato), leghista della prima ora, già commissario provinciale del partito a Varese e titolare di diversi incarichi, dall’Istituto neurologico Carlo Besta di Milano di cui è presidente alla direzione generale della Fondazione Istituto Insubrico di Gerenzano (Varese) che ha sede all’interno dell’Insubrias Biopark così come anche la Servire srl di cui Gambini è presidente del Cda. Sempre a Gerenzano si trova una seconda sede di DiaSorin. Ed è proprio sui rapporti commerciali tra Servire e DiaSorin che gli inquirenti puntano la lente. L’obiettivo è analizzare le fatture emesse dalla società di Gambini verso DiaSorin per capire quanto siano reali. Secondo i primi accertamenti molte causali allegate alle fatture risultano troppo generiche. Quasi tutte, secondo gli inquirenti, hanno le indicazioni “servizi vari”. Un elemento che se pur ancora da confermare ha messo la procura di Pavia sulla pista investigativa di fatture false per operazioni inesistenti. Al momento però nessun nuovo capo di imputazione è stato aggiunto. Di certo i rapporti tra Servire e DiaSorin sono molto stretti. Con le fatture emesse tra il 2019 e il 2020 si arriva a circa 1,5 milioni di euro. Nel solo 2019 la cifra è stata di 1,2 milioni a fronte di un volume d’affari dichiarato dalla società del leghista di 1,3 milioni. Dai numeri si comprende come DiaSorin sia quasi l’unico cliente di Servire. C’è poi da capire come la società di Gambini, con appena sette addetti dichiarati al 30 marzo, riesca a fornire servizi a DiaSorin per oltre un milione di euro. Giorno dopo giorno si capisce come l’accordo tra la multinazionale e il San Matteo sia stato orchestrato tra la Regione e la Provincia di Varese, vera culla leghista. Non pare un caso se i vertici del San Matteo e in particolare il presidente Alessandro Venturi (indagato) a partire dal 5 febbraio affidino un incarico legale a un penalista che lavora presso lo studio varesino dell’avvocato Andrea Mascetti, nome noto del cerchio magico leghista, vicino all’ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti e, pur mai indagato, più volte citato negli atti dell’inchiesta “Mensa dei poveri” sul sistema delle tangenti gestito dall’ex coordinatore provinciale di Fi a Varese Nino Caianiello. Fino al 2018 Mascetti è stato vicepresidente della Fondazione Istituto Insubrico, nato nel 2006 grazie all’allora presidente della Provincia di Varese, il leghista Marco Reguzzoni. E così l’avvocato dello studio Mascetti, dopo una riunione con i vertici del San Matteo, lavora alla stesura di un esposto, firmato da Venturi, col quale si chiede alla Procura di indagare eventuali illeciti nel ricorso al Tar fatto dalla società Technogenetics esclusa dopo l’affidamento a DiaSorin.
L’esposto viene depositato un mese dopo la sentenza del Tar e dieci giorni prima che il Consiglio di Stato annulli la sospensiva per DiaSorin. E se i vertici del San Matteo si rivolgono a uno studio legale vicino alla Lega, le intercettazioni fissano i contatti tra alcuni vertici dell’ospedale indagati e Giulia Martinelli (non indagata), capo segreteria di Fontana nonché ex compagna di Matteo Salvini. Si tratta di colloqui sui quali la Procura sta facendo approfondimenti. Sul fronte, invece, dell’accordo San Matteo-DiaSorin la Procura si sta concentrando sui giorni precedenti il 20 marzo, data della firma. Per farlo ha acquisito le mail tra il virologo Fabio Baldanti (indagato) e la multinazionale. Tra le mail interne all’ospedale c’è poi quella di una funzionaria che il 16 marzo scrive al direttore scientifico Giampaolo Merlini (indagato) sollevando dubbi sulla bozza dell’accordo, a suo dire troppo sbilanciato a favore di DiaSorin. La donna è già stata sentita dai pm che vogliono capire da chi arrivò la bozza e chi ne decise il contenuto.

sabato 25 luglio 2020

“Fuori chi sgarra, Salvini lo sa” S’indaga sulla regìa della Lega. - Vincenzo Iurillo e Antonio Massari

“Fuori chi sgarra, Salvini lo sa” S’indaga sulla regìa della Lega

Diasorin - I pm acquisiscono i messaggi del deputato Grimoldi. Così boicottavano il sindaco che fece in autonomia altri test anti-Covid.
“Ti avviso, sentito anche Salvini: il primo che fa sponda con il miserabile di Robbio – che ho sentito con le mie orecchie aver attaccato regione nel momento più difficile – è fuori dal Movimento”. È questo il messaggio inviato dal deputato della Lega, Paolo Grimoldi, all’ex consigliere regionale leghista, Lorenzo Demartini. Il messaggio rivelato dal Fatto ieri è stato acquisito dalla Procura di Pavia che sta indagando sui test sierologici affidati dalla Fondazione San Matteo alla multinazionale Diasorin ed è entrato quindi negli atti dell’indagine. Il Fatto è in grado di rivelarne il contenuto integrale che smentisce la versione fornita ieri da Grimoldi, che ci ha negato l’esistenza: “Assolutamente falso: ho tutti i messaggi!”. Il “miserabile” in questione è il sindaco di Robbio, Roberto Francese, che in aprile decide di utilizzare i test sierologici disponibili sul mercato senza aspettare quelli targati Diasorin in corso di validazione alla Fondazione San Matteo. E proprio grazie a questi test, Francese riesce a mappare il suo territorio, scoprendo circa 160 positivi al Covid-19. Il suo comportamento non garba però alla Lega, perlomeno a Grimoldi, che in Lombardia ha un grande peso. Al punto che il deputato, nel messaggio in questione, lo definisce un “miserabile” e scrive a Demartini che chiunque si schieri con Francese è destinato – “sentito anche Salvini” – a essere messo fuori dal partito.
C’è un motivo per il quale questo messaggio, insieme ad altri, è stato acquisito agli atti dell’indagine: la Procura di Pavia e la Guardia di Finanza, delegata per le indagini, ritengono – sulla base delle dichiarazioni di alcuni sindaci, a partire da Francese – che vi siano stati “atteggiamenti a dir poco ostruzionistici nei loro confronti da parte di esponenti politici regionali della Lega Nord” e intendono “fare luce sui legami politici che possono aver influito sulla scelta del contraente”, ovvero della Diasorin, per i test sierologici in Lombardia. Gli investigatori vogliono capire se, dietro questa serie di elementi, vi sia stata una vera e propria regia leghista.
La Procura di Pavia procede infatti per peculato e turbata libertà della scelta del contraente e l’inchiesta conta otto indagati, tra i vertici della Fondazione San Matteo di Pavia e Diasorin. Si contesta la regolarità della procedura con cui la Fondazione dell’ospedale pavese e l’azienda piemontese hanno deciso di sviluppare insieme un innovativo test sierologico per la ricerca degli anticorpi neutralizzanti al Sars-Cov 2 (il progetto “Immuno”), e i termini dell’accordo in base al quale la Fondazione avrebbe ottenuto una royalties dell’1 per cento sulle vendite future del kit diagnostico Diasorin, del quale la Regione Lombardia si è poi approvvigionata ordinandone 500mila pezzi, senza gara, a 4 euro l’uno. I finanzieri e la Procura – ma questo filone non vede ancora nessun indagato né ipotesi di reato – vogliono “far luce” sui rapporti commerciali – per circa 2,5 milioni di euro dal 2018 a oggi – tra Diasorin e la Fondazione Insubrico che, a sua volta, controlla la società Servire srl, dove nel cda appare il leghista Andrea Gambini.
Per quanto riguarda la gara, invece, secondo i pm, il laboratorio di virologia diretto dal professor Fausto Baldanti non si sarebbe limitato a validare un prodotto finito ma avrebbe messo a disposizione mezzi, uomini e know how per sviluppare un progetto dell’azienda privata. Dunque la procedura sarebbe stata sottratta alle norme del libero mercato – il partner in questo caso andava scelto con una evidenza pubblica – e il privato si sarebbe appropriato di risorse pubbliche. Di qui l’accusa di peculato. Ieri Diasorin – ribadendo la legittimità e correttezza del proprio operato “e ricordando che di recente il Consiglio di Stato ha confermato la validità dell’accordo” – ha annunciato di voler sospendere tutte le nuove attività di sperimentazione clinica con enti pubblici italiani “sino a quando non saranno ristabilite le necessarie condizioni di certezza giuridica in materia”. La sentenza amministrativa riguarda il ricorso dell’impresa concorrente Technogenetics.
ll Fatto può rivelare che il 3 marzo, con una mail del direttore tecnico, Technogenetics contattò Baldanti per proporgli di collaborare a un test sierologico dell’azienda lodigiana. La email sarebbe rimasta senza risposta. L’episodio non combacia con la ricostruzione fatta ieri al Fatto dal presidente del San Matteo, Alessandro Venturi, sul perché non abbiano valutato altre offerte per la validazione del test sierologico: “Perché nessuno ce l’ha chiesto – ci ha risposto Venturi – altrimenti l’avremmo fatto”.

mercoledì 22 luglio 2020

Coronavirus, indagati i vertici del Policlinico San Matteo di Pavia e di Diasorin per l’accordo sui test sierologici.


Coronavirus, indagati i vertici del Policlinico San Matteo di Pavia e di Diasorin per l’accordo sui test sierologici

Le ipotesi di reato sono turbata libertà del procedimento di scelta del contraente e peculato. Al centro dell'inchiesta c'è l’affidamento diretto alla società piemontese per la sperimentazione dei test iniziata a fine aprile in Lombardia. L'ipotesi è che "tutti i risultati delle attività di ricerca e sperimentazione effettuate dalla Fondazione Irccs San Matteo di Pavia" siano stati "trasferiti" a Diasorin, "favorendola" a discapito di altre potenziali concorrenti. Fra gli indagati il professor Fausto Baldanti, a capo del progetto e già travolto dalle polemiche per un presunto conflitto d'interesse svelato dal Fatto.

I vertici del Policlinico San Matteo di Pavia e della società Diasorin sono indagati dalla Procura della Repubblica di Pavia nell’ambito dell’inchiesta sull’accordo tra l’ospedale e la società piemontese per l’effettuazione dei test sierologici anti-Covid. A darne notizia è stata poco fa la stessa Procura con un comunicato stampa. Le ipotesi di reato sono turbata libertà del procedimento di scelta del contraente e peculato. Fra gli indagati compaiono il presidente della Fondazione Ircss San Matteo Alessandro Venturi, il direttore generale e il direttore scientifico, oltre al Responsabile del laboratorio di virologia molecolare Fausto Baldanti e all’ad di Diasorin Carlo Rosa. All’alba sono scattate anche le perquisizioni da parte del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Pavia. I militari stanno sequestrando documentazione e apparati informatici presso gli uffici e i laboratori dei due istituti, mentre sono già iniziate davanti ai pm le audizioni dei ricercatori coinvolti nel progetto.
Al centro delle indagini, coordinate dal procuratore aggiunto Mario Venditti e dal pm Paolo Mazza, c’è l’affidamento diretto alla Diasorin per la sperimentazione dei test di massa iniziata a fine aprile in Lombardia. L’ipotesi è che “tutti i risultati delle attività di ricerca e sperimentazione effettuate dalla Fondazione Irccs San Matteo di Pavia” siano stati “trasferiti” all’azienda piemontese, fanno sapere dalla Procura, “favorendola” a discapito di altre potenziali concorrenti nel settore dei test sierologici per la diagnosi di infezione da Covid-19. L’annuncio del test innovativo aveva pure fatto schizzare alle stelle il titolo Diasorin in borsa. Tutto è partito dalla denuncia presentata da una società concorrente che si è opposta all’accordo stipulato tra i due istituti senza gara. Ulteriori accertamenti sono in corso per chiarire i rapporti economico-commerciali esistenti tra l’azienda di biotecnologie, Fondazione Istituto Insubrico di Ricerca per la Vita e la società Servire Srl, tutte operanti presso l’Insubrias Biopark di Gerenzano, in provincia di Varese.
La vicenda aveva creato polemiche anche per il ruolo del professor Fausto Baldanti, a capo del team del Policlinico che ha realizzato il progetto insieme a Diasorin e attualmente iscritto nel registro degli indagati. Come rivelato da Il Fatto Quotidiano, Baldanti sarebbe stato esposto a un potenziale conflitto d’interesse: il professore faceva parte del gruppo di lavoro del Comitato tecnico scientifico del Consiglio superiore della Sanità e di un organismo di lavoro messo in piedi dalla Regione Lombardia, incaricati di studiare la qualità dei test di tutte le aziende. Nonostante questo, l’accordo con Diasorin prevedeva royalties dell’1 per cento sulle future vendite dei kit da destinare al Policlinico. Un particolare che, stando alle inchieste giornalistiche, non era stato reso noto dal docente.
Dopo l’inchiesta del Fatto, il professor Baldanti ha rivendicato la correttezza del proprio operato ma ha preferito dimettersi dai gruppi di lavoro. I legali di TechnoGeneticsla società concorrente alla Diasorin che ha presentato un ricorso al Tar, hanno definito l’accordo “un del tutto inedito partenariato pubblico-privato” accusato di aver messo le conoscenze e il know-how di un’amministrazione pubblica scientifico-ospedaliera a servizio degli interessi di un soggetto privato, la spa piemontese. Che grazie a questo – è la loro tesi – otterrà il brevetto e la possibilità di commercializzare i kit. Secondo gli avvocati di TechnoGenetics, Francesco Abiosi e Ludovico Bruno, l’azienda pubblica, per mettersi al servizio di un privato, avrebbe dovuto individuarlo attraverso un bando. Per il Tar deve essere così, mentre il Consiglio di Stato pochi giorni fa ha ribaltato la decisione trasmettendo gli atti alla Corte dei conti. Una diatriba amministrativa che, apprende l’Ansa da ambienti della procura di Pavia, è avvenuta dopo l’inizio delle indagini da parte dei magistrati.
“Io ribadisco la correttezza dell’operato del Policlinico San Matteo, come chiarito anche dal Consiglio di Stato, e ho piena fiducia nella magistratura inquirente”, ha dichiarato all’Adnkronos il presidente dell’Irccs Venturi, anche lui indagato. Quello che c’è dietro l’accordo Diasorin-San Matteo sui test sierologici “è una cosa di una banalità estrema”, aggiunge. Un’azienda che ha inventato il suo dispositivo viene a validarlo nel nostro Irccs. Ma il dispositivo è di quell’azienda, non posso metterlo a gara. Siamo noi che siamo stati contattati dall’azienda. Diasorin ha scelto il San Matteo, non abbiamo scelto noi Diasorin”.
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