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lunedì 2 giugno 2014
Il genoma immutabile (o quasi) del celacanto, fossile vivente.
Questo pesce, rimasto pressoché identico ai suoi antenati di 300 milioni di anni fa e a lungo ritenuto estinto già nel Cretaceo, è uno dei parenti più prossimi dei vertebrati terrestri, ma a differenza di questi il suo patrimonio genetico muta con estrema lentezza grazie alla stabilità dell'ambiente in cui vive. L'analisi dei suoi geni permetterà di chiarire i passaggi fondamentali della colonizzazione della terraferma da parte degli animali marini.
Un gruppo internazionale di ricercatori ha sequenziato il genoma del celacanto africano, un pesce dotato di quattro pinne lobate che ricordano rudimentali arti, che è rimasto quasi identico ai suoi antenati di 300 milioni di anni fa. Il celacanto rappresenta quindi una testimonianza vivente delle specie ancestrali di pesci che hanno dato origine alle prime creature anfibie dotate di quattro zampe in grado di conciliare la vita acquatica con quella terrestre.
Come è ricordato nell'articolo su “Nature” che illustra la ricerca, il celacanto (Latimeria chalumnae) era ritenuto estinto da almeno 70 milioni di anni, finché, nel 1938, Marjorie Courtenay-Latimer, curatrice del Museo di storia naturale di East London, in Sudafrica, ne scoprì un esemplare sulle bancarelle del locale mercato del pesce. Un secondo celacanto fu trovato solo 15 anni dopo, e oggi, a 75 anni di distanza, sono appena 309 gli esemplari noti, ivi compresi quelli di una specie strettamente imparentata, Latimeria menadoensis, scoperta nel mare indonesiano prospiciente l'isola di Sulawesi nel 1997.
L'analisi genetica ha confermato il sospetto che i geni di L. chalumnaestiano evolvendo molto più lentamente di quanto non accada negli altri organismi, verosimilmente perché questa specie vive in un ambiente – le acque profonde al largo della costa sudafricana - che è mutato pochissimo nel corso delle ultime ere geologiche.
Il confronto fra il genoma del celacanto e quello di una ventina di altre specie di vertebrati ha permesso inoltre di identificare le sequenze genetiche interessate da significativi cambiamenti nel passaggio dalla vita acquatica a quella terrestre. In particolare, i ricercatori hanno scoperto numerose alterazioni a carico dei geni che controllano l'olfatto, verosimilmente per poter percepire in modo efficiente le sostanze volatili presenti nell'aria e non nell'acqua.
Numerose modificazioni hanno interessato anche i geni che controllano il sistema immunitario, intervenute per rispondere ai nuovi agenti patogeni incontrati sulla terraferma. Il terzo grande cambiamento osservato riguarda il ciclo dell'urea: mentre i pesci eliminano i prodotti del catabolismo delle proteine sotto forma di ammoniaca, gli animali terrestri convertono rapidamente questa sostanza altamente tossica in urea.
Infine i ricercatori hanno anche identificato diverse regioni genetiche chiave che sono state “reclutate” dall'evoluzione per lo sviluppo delle grandi “innovazioni” rappresentate dagli arti, dalle dita e, successivamente, dalla placenta dei mammiferi.
La ricostruzione dell'albero filogenetico basata sulle nuove scoperte indica che il parente più prossimo di tutti i tetrapodi è il pesce polmonato Protopterus annectens e non il celacanto. (Cortesia C.T. Amemiya et al./Nature)
Il confronto con parte del trascrittoma (relativo all'RNA) di un altro pesce
dalle pinne lobate, il pesce polmonato Protopterus annectens, ha peraltro mostrato che è quest'ultimo – e non il celacanto – il parente più prossimo dei tetrapodi. Purtroppo, osservano i ricercatori, mentre il genoma del celacanto è di dimensioni paragonabili a quello dell'uomo, fra i due e tre miliardi di basi, quello di P. annectens, con i suoi 139 miliardi di basi, rappresenta una sfida ancora quasi insormontabile.
http://www.lescienze.it/news/2013/04/18/news/pelacanto_latimeria_fossile_vivente_evoluzione_zampe-1619537/
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