domenica 20 marzo 2011

Considerazioni.



Beppe Grillo scrive:

Quando l'Italia entrò in guerra il 10 giugno 1940, Mussolini almeno lo dichiarò dal balcone di Palazzo Venezia davanti a una folla oceanica. Ci mise, come si dice, la faccia dopo quasi un anno di attesa dall'inizio del conflitto europeo in cui, per starne fuori, si era inventato la "non belligeranza", né guerra, né pace. 71 anni dopo, nel giorno del 150° anniversario dell'Unità, siamo entrati in guerra con la Libia, un nostro ex alleato (in questi voltafaccia abbiamo una certa esperienza...) senza un pubblico dibattito o che Berlusconi o Napolitano sentissero il bisogno di andare in televisione a spiegarne i motivi. La Libia non è l'Afghanistan, con cui pure siamo in guerra senza saperne assolutamente i motivi. E' a due passi dalle nostre coste, è uno Stato che abbiamo riconosciuto fino all'altro ieri in modo plateale e anche cialtronesco. L'Italia ha fornito armi a Gheddafi, come pure molti Stati che ora si apprestano a bombardarla. I nostri interessi economici sono tali che, insieme alla Libia, stiamo costruendo da anni un gigantesco gasdotto, Greenstream, per collegarla all'Europa.
Ci troviamo in guerra e non sappiamo perché. E' vero che gli insorti di Bengasi rischiano di essere passati per le armi, è altrettanto vero che si tratta di una guerra civile, un fatto interno al Paese, in cui l'Italia poteva e doveva porsi come interlocutrice di entrambe le parti, come mediatrice. Il nostro ruolo non è quello di gendarmi del mondo o di reggicoda degli Stati Uniti. Gheddafi è un mostro? Forse. Ma la distruzione della Cecenia è da imputarsi alla Russia di Putin e l'occupazione del Tibet alla Cina di Hu Jintao, ma nessuno ha mosso, né muoverà un dito all'ONU. Nel Darfur è stato massacrato, stuprato, mutilato, un milione di persone nell'indifferenza della Nato. In Africa sono in corso guerre civili e tribali da 50 anni a partire dallo spaventoso genocidio del Ruanda.
Vi ricordate l'attacco a Lampedusa del 1986? Gheddafi lanciò allora due missili Scud contro un'installazione militare statunitense dopo il bombardamento di Tripoli voluto da Reagan. L'unico atto di guerra contro il nostro territorio da parte di uno Stato dopo la Seconda Guerra Mondiale. Quante basi americane ci sono sul nostro territorio? Ognuna è un bersaglio. Frattini ha dichiarato: "Daremo le basi, possibili nostri raid". Lo ha fatto con quell'aria stolida e tranquilla che lo accompagna dalla nascita. Qualcuno ha detto agli italiani che siamo in guerra e un missile libico potrebbe colpire in ogni momento una nostra città?

http://www.beppegrillo.it/2011/03/morire_per_bengasi.html#comments

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Io esprimo il mio pensiero:

Probabilmente Beppe ha ragione quando dice che non saremmo dovuti intervenire in una guerra civile, ma io continuo a credere che fosse un preciso dovere dei paesi confinanti prendere una decisione drastica e muoversi per dare una mano ai ribelli libici.

So bene che ciò significa guerra, so anche che da Gheddafi c'è da aspettarsi di tutto, anche la più turpe ritorsione, ma sono per la libertà di movimento e di pensiero e non riesco ad immaginare un mondo in cui si vive da oppressi.

Già la semi-dittatura che vige in Italia mi infastidisce, mi opprime, figuriamoci come potrebbe essere una non-vita in una dittatura simile a quella libica.

Sarò incosciente, sarò anche poco riflessiva, ma io la penso così.

Sentire che, finalmente, qualcuno si è mosso per fare cessare la carneficina, mi ha rinfrancato, mi ha ridato speranza.

Non si vive di solo pane, si vive, sopratutto, di libertà.

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carmine d9 mi replica:

Per caso hai sentore di quanti morti "civili" ci sono stati dopo aver "liberato" l'Iraq o l'afganistan?

Io rispondo:

No, perchè quella non è stata una "liberazione", e non credo che questa volta vogliano fare lo stesso errore. Un vecchio detto recita: "errando, discitur".
In ogni caso, non si può restare fermi.
La libertà è un bisogno, vale più di ogni cosa al mondo, tutto va sperimentato per ottenerla.
Guai a chi non crede più nella lotta per ottenerla, a qualunque costo!

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La mia considerazione:

Senza libertà, meglio morire!

Io la penso così!


Crisi libica, la testimonianza: “Gheddafi ha ordinato rastrellamenti casa per casa”.


Parla Omar, professionista libica fuggito dal suo paese giovedì scorso. In Italia è arrivato dal Cairo. A ilfattoquotidiano.it racconta l'orrore della repressione ordinata dal rais e che non risparmia nemmeno donne e bambini

“Nonostante i bombardamenti, Gheddafi non prenderà mai Bengasi. Lui è un uomo finito”. Omar (nome di fantasia) è un libero professionista libico. In Italia ci è arrivato giovedì. E’ partito dal Cairo dopo l’inizio dei bombardamenti a Ajdabiyah, città a 160 chilometri da Bengasi. “Siamo partiti in 14 su minibus privati diretti verso il confine egiziano che oggi, con tutta probabilità, è chiuso. Alcuni di noi, tra cui anche donne e bambini, sono rimasti in Egitto, altri sono venuti in Italia o si sono diretti a Beirut. Le milizie non controllavano la frontiera e gli egiziani hanno aiutato i profughi libici facilitando le pratiche burocratiche dei passaporti. C’erano molti volontari disposti a darci una mano”.

Omar era in Libia sin dall’inizio della rivoluzione, ma due giorni fa ha deciso di partire prima che la situazione degenerasse anche a Bengasi, come è accaduto nelle ultime ore. Spiega che l’informazione dei media occidentali è stata carente, che non hanno fornito una copertura esauriente di quanto accadeva a Tripoli. “I giornalisti hanno fatto un uso massiccio delle notizie diramate da Jana, l’agenzia governativa. Certo, è stata data voce anche a denunce e al massacro dei civili, ma le fonti più attendibili erano le forze di opposizione. Non sono d’accordo con chi li chiama ribelli o insorti. Sono soltanto oppositori del regime”. Gheddafi, che Omar definisce “un pazzo visionario, un megalomane che vuole spargere sangue per entrare nella storia”, ha sottoposto il suo popolo a violenze e repressioni durissime. “Da est a ovest del paese ci sono stati rastrellamenti sistematici casa per casa. I primi sono stati a Tripoli dopo il 17 febbraio, giorno della manifestazione ufficiale a Bengasi contro il governo. La Cirenaica è sempre stata contro la dittatura, e per quello è la regione meno sviluppata, senza infrastrutture. Hanno preso tanti giovani, soprattutto attivisti politici. Molti sono spariti, i corpi occultati, e chi è tornato a casa ha dovuto firmare dichiarazioni di fedeltà al regime”.

Gheddafi, che ha definito i suoi concittadini “topi, ratti da stanare”, ha fatto ampio uso di mercenari provenienti principalmente da Niger, Ciad, Algeria, Mauriotania, Gabon e Ghana integrati anche nell’esercito e addestrati per sparare ad altezza d’uomo. “Erano pronti da dieci anni a intervenire”, prosegue Omar. “Gheddafi aveva intessuto rapporti politico-commerciali con i paesi dell’Africa subsahariana da cui ha ingaggiato migliaia di uomini per la sua incolumità. E, oltre a loro, in queste ore ha attaccato Bengasi: un amico mi ha riferito che la sua casa è stata colpita, che i morti nell’ospedale sono oltre 50 e i feriti centinaia. Stamattina hanno bombardato la Croce Rossa e lo stadio, le comunicazioni via cellulare sono possibili soltanto attraverso il satellitare o la connessione a internet via parabola. A Misurata hanno tagliato anche l’acqua e la luce da giorni. Molti civili hanno le case dotate di scantinati che utilizzano come rifugi durante i bombardamenti”.

Nelle ultime settimane i media parlavano di gruppi a sostegno di Gheddafi che erano disposti a difenderlo anche con le armi. “E’ tutto fasullo, nessuno lo vuole più alla guida guida del paese. Sono gli uomini dei suoi apparati quelli che avete visto sui giornali vestiti in abiti civili, gli orfani indottrinati dal regime”. Omar è convinto che con l’intervento internazionale queste siano le ultime ore per il leader che, tuttavia, non è intenzionato ad arrendersi. Il popolo libico è però deluso dal tardivo intervento occidentale, che avrebbe dovuto attaccare già la settimana scorsa, e al temporeggiamento di Berlusconi. “Non c’è odio nei confronti degli italiani, anzi. Ma avremmo preferito parole più nette sin dall’indizio al posto dell’intenzione dichiarata di non interferire, che si è tramutata in indifferenza. Spero che lo prendano vivo, deve essere processato. Troppo comodo se muore”. Il ringraziamento di Omar va ai popoli maghrebini di Tunisia ed Egitto, i primi a insorgere: “Se Ben Ali e Mubarak fossero ancora al potere – conclude Omar – in Libia non sarebbe successo nulla. Tutti volevamo che Gheddafi se ne andasse eppure, in mancanza di alternativa, speravamo che suo figlio Saif Al-Islam ci facesse transitare verso la democrazia. Ma si è rivelato peggiore del padre, meglio averlo saputo prima”.



sabato 19 marzo 2011

Stop agli alimenti provenienti dalla zona vicino alla centrale nucleare.


Tokyo, tracce di radioattività nell'acqua. Livelli
«superiori ai limiti legali» nel latte e nella verdura.

MILANO - Il ministero della Sanitá nipponico ha ordinato lo stop della vendita di alimenti provenienti dalla prefettura di Fukushima. Lo ha annunciato l'Aiea da Vienna, dopo il rilevamento di radioattività in latte e spinaci prodotti nella zona della centrale nucleare. Intanto, come già accaduto nella capitale, «piccolissime quantità di materiale radioattivo» sono state rinvenute nell'acqua potabile di Gunma, la prefettura confinante con Fukushima, secondo quanto riferito dall'agenzia Jiji.

RADIOATTIVITA' - Resta da chiarire come le particelle radioattive abbiano raggiunto l'acqua potabile di Gunma e se provengano dalla centrale nucleare o da ospedali e laboratori. Il governo locale della prefettura ha comunque sostenuto che il livello radioattivo dell'acqua di Gunma è al di sotto dei valori limite. Nonostante i continui tentativi di rassicurazioni da parte del governo giapponese, tracce di iodio radioattivo sono state trovate nell'acqua di rubinetto a Tokyo e in altre aree limitrofe. Lo riferisce l'agenzia Kyodo. Livelli di radioattività «superiori ai limiti legali» sono stati riscontrati nel latte prodotto nei pressi della centrale nucleare di Fukushima e negli spinaci coltivati nella vicina prefettura di Ibaraki. Circa un quinto di quello di una Tac sarebbe quello trovato negli spinaci. Lo ha comunicato il portavoce del governo Yukio Edano precisando che, sebbene i livelli superino i limiti permessi dal governo, i prodotti «non pongono immediato pericolo alla salute». «Sebbene lo iodio radioattivo abbia una durata di circa otto giorni e si decomponga naturalmente in alcune settimane, c'è un rischio a breve termine per la salute umana se viene assorbito attraverso il cibo», si legge in comunicato dell'Agenzia. Per contrastare la contaminazione degli alimenti, le autorità distribuiscono, da tre giorni, pillole o sciroppo di iodio stabilizzato agli abitanti evacuati per un raggio di circa 20 km dalla centrale disastrata. Lo iodio stabilizzato (non radioattivo) serve a prevenire il cancro della tiroide in caso di esposizione a radiottività. Rischio che è particolarmente alto per bambini e giovani.

I vigili del fuoco a lavoro

OPERAI CONTAMINATI - Sei lavoratori dell'impianto nucleare di Fukushima Daiichi impegnati nelle operazioni di emergenza sono stati sottoposti ad un livello eccessivo di radiazioni. Lo comunica una fonte della compagnia Tokyo Electric Power. L'azienda precisa che gli operai stanno comunque continuando a lavorare perchè non mostrano segni evidenti di contagio. Il governo e la protezione civile giapponese hanno dichiarato che circa 50 vigili del fuoco di Tokyo impegnati nella centrale sono stati decontaminati dopo che sono intervenuti, con un'operazione di raffreddamento, sul pericoloso reattore 3 della centrale di Fukushima. Nell'area della centrale nucleare il livello di radioattività rilevato nell'aria è «stabile», ma «significativamente più elevato» del normale. Lo dice l'Aiea, l'agenzia Onu per l'energia atomica, precisando che i livelli non impediscono tuttavia il lavoro dei tecnici che stanno combattendo la crisi. I tecnici sono riusciti a connettere un cavo ad uno dei reattori della centrale di Fukushima 1 danneggiata, ma l'elettricità ancora deve essere ripristinata, secondo la Tokyo Electric Power, la società che gestisce la centrale. In mattinata era stato annunciato che a breve sarebbe stata ripristinata l'elettricità all'interno del sito danneggiato dal terremoto, un passo importante per cercare di far funzionare le pompe di raffreddamento dell'impianto. L'energia elettrica dovrebbe essere ripristinata in giornata per i reattori 1, 2, 5 e 6 e domenica per i reattori 3 e 4. Intanto le autopompe speciali dei vigili del fuoco di Tokyo hanno ripreso a sparare acqua sul reattore numero 3. Solo nella giornata di venerdì sull'impianto nucleare sono state gettate 50 tonnellate di acqua marina.

Lo tsunami in alto mare

Il governo giapponese ha detto che parti dei sistemi di raffreddamento dei reattori 2 e 6 della centrale nucleare di Fukushima Daiichi sono funzionanti. L'agenzia per la sicurezza nucleare e industriale ha confermato che un generatore diesel di emergenza ha ripreso a funzionare al reattore 6 e una pompa di raffreddamento al reattore 5 è in grado di funzionare. L'agenzia ha detto inoltre che i livelli di radiazioni al cancello occidentale della centrale nucleare, che si trova a circa un chilometro dal reattore numero 3, ha fatto registrare la lettura piuttosto alta di 830.8 microsievert all'ora alle 8.10 di questa mattina (00.10 ora italiana). Ma il livello è diminuito fino a 364.5 microsievert all'ora alle 9. La notizia si apprende dall'emittente televisiva giapponese Nhk World.

VOLI - Nessuna restrizione per i collegamenti aerei da e per il Giappone. Lo sottolinea la Iata, l'associazione internazionale del trasporto aereo, che, in una nota, accoglie con favore la decisione dell'Icao (l'organizzazione internazionale dell'aviazioni civile), dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica, l'Organizzazione mondiale della Sanitá, l'Organizzazione marittima internazionale e l'Organizzazione meteorologica mondiale di confermare la normale operatività nei maggiori aeroporti giapponesi, inclusi i due scali di Tokyo Haneda e Narita.

Migliaia di corpi non identificati

ASSESTAMENTO - Una nuova scossa di assestamento, di magnitudo 6,1 gradi della scala Richter, è stata avertita alle 18.30 locali, con epicentro vicino a Ibaraki. La scossa non ha danneggiato le strutture nucleari di Ibarak. Potrebbe invece causare variazioni del livello del mare, avverte la stessa fonte sull'agenzia Kyoso, ma non tali da causare nuovi danni. In tanto si registrano le variazioni ala suolo terreste causate dalla scossa di magnitudo 9 dell'11 marzo. Secondo i dati forniti dall'Autorità di informazione geospaziale giapponese a Tsukuba ha causato uno spostamento di 5,3 metri della penisola di Oshika, nella prefettura di Miyagi. La stessa striscia di terra è scesa di 1,2 metri. La penisola situata sulla costa Pacifica si è spostata in direzione est-sudest, verso l'epicentro della scossa. Spostamenti di fasce di territorio sono stati registrati in molte zone, dalla regione nordorientale di Tohoku a quella di Kantu. A Yamada, nella prefettura di Iwate, si è registrato uno spostamento di 25 centimetri verso est.

http://www.corriere.it/esteri/11_marzo_19/fukushuima-energia-centrale_b4cbe6e8-51f9-11e0-a034-1db210fa1eaf.shtml



Lino Guzzella a Woodstock - Rifugio montano intelligente



venerdì 18 marzo 2011

Polverini, affitto di favore a Roma.




La governatrice del Lazio abitava in una casa dell'Ater (dove risiede ancora il marito) a prezzi popolari. Un'assegnazione incomprensibile visto il suo reddito: infatti, nel frattempo, lei acquistava appartamenti in giro nella capitale e altrove. Non male, per una che fino a ieri attaccava le affittopoli altrui.

Renata Polverini ci è andata giù pesante. Lo scandalo Affittopoli e delle case di proprietà di enti locali svendute a quattro soldi ai soliti potenti l'ha davvero scandalizzata. «L'era dei privilegi è giunta al capolinea», ha detto in un'intervista pochi giorni fa: «Sono contratti assolutamente fuori dai valori di mercato». Una vera indecenza. Sotto il fuoco di fila del Popolo della Libertà sono finite le giunte di centrosinistra, da quella di Francesco Rutelli a Walter Veltroni. Accusate di aver girato appartamenti a sindacalisti e politici amici per pochi spicci, per non parlare degli immobili di lusso svenduti a prezzi di favore in aste pubbliche.

L'indignazione del presidente della Regione Lazio ha contagiato anche il suo assessore alla Casa, l'ex fascista Teodoro Buontempo, che ha ordinato di bloccare all'istante la vendita dei gioiellini dell'Ater, l'Azienda territoriale per l'edilizia residenziale pubblica. «Non ci saranno sconti per chi ha violato la legge. Ecco perché ho voluto una commissione straordinaria che faccia chiarezza». Gianni Alemanno s'è subito accodato allo sconcerto generale, varando un'altra commissione ad hoc. Stavolta al Campidoglio: «Non voglio fare né allarmismo né dossieraggio, solo appurare la verità».

Chissà se per far luce sull'Affittopoli romana il sindaco farà un salto anche a via Bramante, nel cuore di San Saba. Uno dei quartieri più belli della capitale, a pochi passi dall'Aventino, dove chi vuole acquistare una casa ai valori correnti può sborsare anche 10 mila euro al metro quadrato. Al numero civico 3 e 5 ci sono i due ingressi di un condominio degli inizi del Novecento, sei palazzine di proprietà dell'Ater con giardinetto interno annesso. In tutto una novantina di alloggi, destinati per legge a quei cittadini indigenti che non possono permettersi i canoni d'affitto imposti dal mercato. Entrando nel vialetto, nascosto da felci e alberelli, in fondo a sinistra c'è l'edificio B. Scorrendo i cognomi perfino Alemanno strabuzzerebbe gli occhi leggendo sul citofono, accanto al pulsante in alto a destra,
"Cavicchioli-Polverini-Berardi".

Massimo Cavicchioli lui lo conosce bene: è infatti il marito del governatore Polverini. Un uomo schivo, ex sindacalista della Cgil, oggi esperto informatico da sempre lontano dalle luci della ribalta. Berardi è il cognome di sua madre Pierina, morta anni fa. «Un errore, forse un omonimo, non possono essere loro, lei guadagna oltre 10 mila euro al mese», penserebbe il sindaco di Roma passando dal portoncino, dove è attaccato un avviso del Comitato Inquilini Ater San Saba che annuncia l'apertura di un nuovo sportello di zona.

Eppure sulla buca delle lettere al piano terra ci sono anche le iniziali degli inquilini: "Cavicchioli M.-Polverini R.". Due indizi non fanno una prova. Ma tre? La targhetta accanto alla porta dell'abitazione, al quarto piano, riporta gli stessi cognomi. Una chiacchierata con i vicini fuga altri dubbi: «Mi ricordo della signora Clementina, la nonna del signor Cavicchioli. Lei non c'è più, anche i genitori di lui sono morti, e da sempre vedo entrare solo il figlio e i suoi amici. Quanto si paga qui? Dipende dalla metratura, ma la mia bolletta è di 130 euro al mese».

A "l'Espresso" risulta che nell'appartamento (quattro vani più bagno e cucina) risieda proprio il marito della Polverini. Ma non è tutto: i documenti dell'Anagrafe dimostrano che la governatrice ha vissuto per ben 15 anni nella casa popolare di via Bramante. Per la precisione, dal giorno del matrimonio (celebrato il 21 giugno del 1989) al settembre del 2004. Periodo in cui Renata ha fatto carriera, diventando prima responsabile delle relazioni internazionali e comunitarie dell'Ugl, poi - dal 1999 - vice segretario della Confederazione sindacale di destra.

Non si sa quanto la famiglia Cavicchioli-Polverini guadagnasse al tempo (da leader dell'Ugl Polverini prendeva 3.500 euro al mese; nel 2008, secondo la dichiarazione dei redditi, sfiorava i 140 mila euro annui), ma i maligni sospettano che i due non avessero i requisiti per vivere negli appartamenti dell'ex Istituto autonomo case popolari. «Se il reddito del nucleo familiare supera il limite stabilito, ora fissato a 38 mila euro lordi annui, l'assegnazione decade automaticamente. Chi ci resta diventa un occupante abusivo non sanabile», ragionano dall'Ater. Forse le entrate dichiarate erano più basse, ma la coppia presidenziale non doveva passarsela male, visto che la Polverini - restando ferma a San Saba - chiedeva mutui e comprava altri immobili. Per centinaia di migliaia di euro.

Già. Il governatore sembra avere una vera passione per il mattone, e grande fiuto per gli affari. Mentre risiedeva nella casa popolare, si dava da fare per acquistare appartamenti a Roma, e non solo.

Andiamo con ordine. Nel marzo del 2001 la Polverini compra un pied-à-terre nel piccolo borgo di Torgiano, tre vani più box in provincia di Perugia. Città a lei cara, visto che sua madre è nata lì. Firma l'atto di compravendita il giorno 21 dal suo notaio di fiducia, da cui torna dopo meno di una settimana per formalizzare l'acquisto di un'altra casa romana, quartiere Monteverde. Cinque stanze, bagni e cucina a due passi da Villa Doria Pamphilj. La casa forse non le piace (in effetti San Saba è molto più trendy), di certo un anno dopo la gira alla madre Giovanna. L'atto di donazione è del 19 marzo 2002.

Dieci giorni dopo, il 28 marzo, un nuovo colpo da maestra: la Polverini compra un altro appartamento, stavolta al Torrino. La zona è semicentrale, vicino all'Eur, ma l'abitazione è molto grande, sette vani più box. Soprattutto, è un immobile ex Inpdap, e il prezzo è da record: come ha scritto Marco Lillo su "Il Fatto", la Polverini se lo prende sborsando appena 148 mila euro. � la cifra chiesta a tutti gli inquilini del palazzo dalla società di cartolarizzazione di Stato (Scip) che vendeva con forti sconti.

Sui documenti dell'Anagrafe consultati da "l'Espresso" risulta però che la Polverini al Torrino non abbia mai avuto residenza: chissà come ha fatto a condurre in porto l'operazione. Anche stavolta l'appartamento non deve essere di suo gusto, tanto che nel 2007 lo vende a prezzo ben più alto (234 mila euro dichiarati) a un suo collega sindacalista, Rolando Vicari dell'Ugl.

Lo slalom tra gli acquisti di Renata non è finito. Perché sette mesi dopo, a dicembre del 2002, quando ancora risiede nella casa Ater, compra dallo Ior una bella casa con nove stanze, due box e tre balconi sull'Aventino. Un posto da sogno, che la Banca Vaticana dà via per 272 mila euro. Dopo due anni, il 20 settembre del 2004, l'ex leader dell'Ugl si allarga comprando l'appartamento gemello confinante con terzo box annesso. Stavolta dalla Marine Investimenti Sud, una società immobiliare da sempre in affari con la Santa Sede, un tempo partecipata al 90 per cento dalla Finnat di Giampiero Nattino, ma oggi controllata da società off-shore che rimandano fino a Montevideo, in Uruguay.

Renata spende altri 666 mila euro ed è finalmente soddisfatta. Una settimana dopo il rogito dal notaio Giancarlo Mazza (finito sulle cronache dei giornali come recordman dell'evasione nazionale) cambia finalmente la sua residenza e dà l'addio alla casa dell'Ater, a soli 850 metri di distanza, dove lascia la sua residenza il marito Massimo (seppure sulle Pagine Bianche anche lui risulti all'indirizzo della moglie). L'ultimo acquisto sull'Aventino la Polverini lo fa lo scorso agosto, quando compra un quarto box (ma di quanti posti auto ha bisogno la presidente?) nel condominio in cui abita da sola.

Nel palazzo di mattoncini rossi a via Bramante la vita scorre tranquilla. Dei business immobiliari di Renata nessuno sa nulla. Non sanno che per le valutazioni del Cerved su dati dell'Agenzia del Territorio solo la maison può valere 1,8 milioni di euro. «Massimo e Renata sono persone gentilissime», dice un'anziana che s'appresta a portare a spasso il cane. Anche il barista che conosce la coppia da vent'anni ha parole affettuose, e racconta - senza mai esserci andato - delle feste che Renata organizza nella casa dell'Aventino. «Una donna forte e onesta, una che si è fatta da sola», chiosa un altro avventore. «Ecco lì Cavicchioli, vede, è quello con le buste della spesa», dice un'inquilina del condominio Ater mentre appende i panni fuori dalla finestra. «Scrivete che qui il giardiniere non viene mai, e che le aiuole sono incolte. E soprattutto che a lor signori, quelli che comandano, non venisse mai in mente di aumentarci l'affitto».





Annozero 17-03-2011 - Nucleare - Preghiera di Adriano Celentano



beppe grillo interviene sul nucleare -annozero 17 marzo 2011