mercoledì 6 aprile 2011

Così Giuliante, avvocato di Ruby, invitò un boss della ‘ndrangheta a cena da Berlusconi.


L'ex tesoriere del Pdl lombardo, già avvocato di Ruby, chiama l'uomo delle 'ndrine. Obiettivo: appoggi politici

Quindici maggio 2009: il cellulare di Paolo Martino inizia a squillare molto presto. Venti minuti dopo le otto, e il presunto boss della ‘ndrangheta, arrestato il 14 marzo scorso per associazione mafiosa, già passeggia nel salotto della sua casa di corso XXII Marzo a Milano. Da mesi ha il telefono sotto controllo. I carabinieri del Ros, infatti, lo considerano il principale referente delle cosche reggine in riva al Naviglio. Condannato a 9 anni per omicidio, col tempo Martino ha fatto carriera. Prima sicario. Poi trafficante. Quindi latitante. E ora, secondo i pm, top manager della mafia più influente del mondo. Dall’altra parte della cornetta c’è, invece, un avvocato milanese. Già nella segreteria regionale del Pdl, ex tesoriere del partito in Lombardia, Luca Giuliante è stato il primo legale di Ruby. Lui le ha fatto da tutor nei mesi successivi alla notte in questura del 27 maggio 2010.

I fondi per l’elezione di Podestà

In quella mattina di maggio, però, Karima El Mahroug non c’è ancora e Giuliante parla d’altro. L’uomo delle cosche ascolta. Gli investigatori del Ros registrano. Sono carabinieri esperti, abituati a seguire i discorsi a singhiozzo delle intercettazioni. Poi ecco le parole che non ti aspetti. In sequenza l’avvocato snocciola il nome dell’ad di Impregilo e presidente di Bpm Massimo Ponzellini, già assistente personale di Romano Prodi, quindi quello di Berlusconi. L’obiettivo è fare incontrare il banchiere, che piace alla Lega, con l’uomo dei clan. L’occasione, racconta l’avvocato nella telefonata depositata agli atti dell’indagine Caposaldo, sarà una raccolta fondi per la campagna elettorale di Guido Podestà programmata per il 18 maggio. Il tutto officiato nelle sale settecentesche di villa Gernetto a Lesmo, acquistata dal premier dopo il divorzio con Veronica Lario. Dice Giuliante: “Siccome tu mi avevi chiesto se era possibile creare delle condizioni per conoscerlo, forse questa è la volta buona”. All’appuntamento, riservatissimo, ci sarà anche il Cavaliere. E oltre a lui, il gotha della finanza lombarda: dall’imprenditrice Diana Bracco (già nel Cda della società che gestirà l’Expo) al presidente di Assimpredil Claudio De Albertis. Tutti iscritti nella lista dei sessanta, selezionatissimi, ospiti.

Insomma, l’invito è di quelli da non perdere, soprattutto per uno come Martino che sotto la Madonnina ci arriva in cerca di appoggi da spendere sui tavoli dei maxi-appalti lombardi. Anche per questo Giuliante mostra toni entusiasti. Con Martino si conoscono dal marzo 2009. Hanno confidenza. E poi in comune vantano amicizie di peso come quella con Lele Mora. “È stato proprio Mora – racconta Giuliante al Fatto – a presentarmi personalmente Martino”. Il manager della ‘ndrangheta, infatti, entra in contatto con l’imprenditore dei vip amico del Cavaliere grazie aStefano Trabucco, uno dei tanti factotum di Mora. Giuliante, invece, il Lele lo conosce da tempo. Per amicizia e per lavoro. È, infatti, il suo avvocato per la bancarotta della LG Management e ora lo difende anche nel processo sulle cene di Arcore. Nel 2009, però, i bunga bunga di villa San Martino non c’entrano. Qui si parla di mafia e affari. Politicamente, poi, Giuliante, che non risulta indagato, sta con il Pdl. Nel 2010, ha difeso il listino di Formigoni nell’affare delle firme false per le regionali. Nel 2009, invece, è a capo del comitato elettorale di Podestà che da lì a poche settimane diventerà il nuovo presidente della Provincia. E del resto, con il futuro inquilino di Palazzo Isimbardi, l’avvocato milanese condivide anche certi affari nel settore immobiliare. A Martino, invece, la politica interessa il giusto. Quello che vale è il business. Certo, il suo curriculum un po’ impressiona. Perché, oltre a quell’omicidio compiuto a 16 anni, sul tavolo può mettere parentele di peso, come quella con Paolino De Stefano, capo dei capi della mafia calabrese.

Nel 2009, dunque, il padrino va alla grande. In città gira a bordo di un suv bianco. Mentre sulla sua agenda sono segnati nomi di primo piano. C’è Vito Cardinale, uno dei proprietari della discoteca Hollywood, per anni covo prediletto di Mora. C’è il messinese Natale Sartori, già socio in affari con le figlie di Vittorio Mangano e amico del senatore Marcello Dell’Utri. C’è la cosca Flachi con la quale tratta l’ingresso nella Tnt e partecipa, il 14 maggio 2009, all’apertura del nuovo hub di Linate, alla cui inaugurazione ci sarà anche il sottosegretario alla presidenza di Regione Lombardia Angelo Giammario. L’attività di Martino è vorticosa.

Il fedelissimo di La Russa

E così lo ritroviamo vicino a piazza San Babila mentre presenta l’imprenditore calabrese Fabio Mucciola a un fedelissimo del ministro La Russa. Si tratta di Pasquale Guaglianone, ex terrorista nero, oggi nel cda di Ferrovie Nord. Insomma, annota il Ros, “Martino si muove in una sfera amplissima di conoscenze”.

La telefonata con Giuliante aggiunge particolari alla scena. Riguardo all’appuntamento del 18 maggio l’avvocato “informa Martino, che in qualità di presidente del comitato elettorale di Podestà, ha organizzato una cena a Lesmo, presso una villa del presidente del Consiglio con quota di partecipazione di 25 mila euro”. Tra gli ospiti ci sarà anche il padrone di casa. L’avvocato insiste: Martino ci deve essere “perché – si legge nell’informativa del Ros – a dire di Giuliante, tale occasione sarebbe favorevole per relazionarsi con l’ad di Impregilo, ufficialmente invitato alla cena”. Un’opportunità d’oro per il referente della ‘ndrangheta sotto la Madonnina che, però, alla fine declinerà l’invito. “Martino – chiosa Giuliante – non mi disse né sì né no. Ma alla fine non è venuto. E la cosa mi è dispiaciuta. Di lui conservo il ricordo di una persona garbata e simpatica”. La cena, invece, si farà. Mattatore della serata, naturalmente, il Cavaliere che, dopo aver magnificato le doti di Podestà (“Lui fa i fatti e non le parole”), a fine serata, omaggia gli ospiti con una interpretazione tutta personale di Malafemmena.



martedì 5 aprile 2011

Impotenza.


Ma voi lo avvertite uno stato di impotenza?

Io mi sento così: impotente, con le mani legate, costretta a subire inerte le bizzarrie che questo strano governo compie giornalmente per pararsi il culo.

Siamo diventati il ruotino di scorta del G7.
Noi cresciamo solo di un terzo rispetto agli altri paesi, e per inerzia.

Mi sembra di essere in un limbo, dove tutto è fermo e non vedo vie d'uscita.

E' come essere in una campana di vetro, si vive in continua tensione e si arriva quasi a sperare che la bolla scoppi, pur di uscire da questo empasse.

Ruby, tre telefonate di Berlusconi negli atti della Procura di Milano.

Colloquio con la Minetti sul caso della ragazzina marocchina

MILANO - Sono tre le telefonate in cui è rimasta registrata la voce del presidente del Consiglio e che, tra le 20mila pagine depositate agli atti da settimane sul caso Ruby, sono sopravvissute nei brogliacci agli omissis apposti dai pm a tutela dello status parlamentare del premier. Nelle conversazioni Berlusconi, per legge non intercettabile senza previa autorizzazione delle Camere, è interlocutore di ragazze (Nicole Minetti, Marysthelle Polanco e Raissa Skorkina) che invece in quel momento avevano i telefoni posti legittimamente sotto controllo dal gip.

AGOSTO, «INDAGANO SU RUBY», «MA I NOSTRI TESTI DIRANNO...»
Berlusconi: «Come sta la mia consigliera bravissima? Mi parlano tutti così bene di te, amore. Tutti, quelli della Lega, i nostri (...) Così poi quando ci sono le elezioni vieni in Parlamento».
Nicole Minetti è il consigliere regionale pdl che Berlusconi - avvertito il 27 maggio 2010 a Parigi sul suo cellulare dalla prostituta brasiliana Michelle della presenza in Questura a Milano della 17enne marocchina Karima «Ruby» el Mahroug per una denuncia di furto di tremila euro - aveva immediatamente fatto catapultare di notte in Questura. Preannunciando per telefono al capo di gabinetto che si trattava di una sua delegata, alla quale affidare la minorenne che il premier asseriva gli fosse stata segnalata come nipote del presidente egiziano Mubarak. L'1 agosto 2010, cioè 10 giorni dopo il terzo verbale di Ruby, due giorni prima dell'ultimo ai pm, e quasi tre mesi prima dell'emersione dell'inchiesta, è al telefono con Berlusconi. E dai complimenti passa presto ad altro.
Minetti: «Ma lo sai che l'altro giorno è venuto da me in Consiglio regionale Giuliante a parlarmi della storia della Ruby?».
Berlusconi: «E Giuliante chi è?».
Minetti: «Giuliante è l'avvocato del Pdl nonché di Lele (Mora, ndr), è venuto in Consiglio e praticamente m'ha raccontato tutta la storia, che c'è questo pm di nome Forno che sta seguendo il caso (...) e che secondo lui, non adesso, ma a settembre (il pm Forno, ndr) mi chiamerà perché comunque sia la Ruby che l'altra str... della Michelle hanno fatto il mio nome. Hanno aperto un'indagine su questa Michelle, perché in effetti è vero che la Ruby l'ha denunciata».
Berlusconi: «Cioè, la Ruby ha denunciato Michelle?».
Minetti: «Sì, per induzione alla prostituzione».
Berlusconi: «Una si dà la patente di puttana?».
Minetti: «Te lo giuro» (ride).
Berlusconi: «Ma roba da matti».
Fin qui il premier sembra stupito o disinteressato. Ma quando anticipa a Minetti quella che sarà poi la linea difensiva, mostra di sapere già bene di che tratti l'indagine, altrimenti non si comprenderebbe il senso del preciso richiamo all'età minorenne o meno della ragazza.
Berlusconi: «Vabbeh, quello che è importante è che ci siano diverse persone che testimonino come a noi (Ruby, ndr) aveva detto che aveva l'età diversa da quella che aveva insomma. Una volta che succede quello, non succede più niente. L'abbiamo soltanto aiutata perché ci faceva pena».
Minetti però riferisce un dato che disorienta Berlusconi.
Minetti: «Si, perché (Giuliante, ndr) m'ha detto che 'sto Forno c'ha anche delle foto in mano, che gli ha dato la Michelle».
Non è vero. Si è ora capito che era la bugia che Ruby raccontava a Giuliante quasi per giustificarsi del fatto di non aver potuto negare nei verbali le proprie presenze alle notti di Arcore. Ma già la sola prospettiva di foto, benché non vera, incrina la sicurezza del premier. Il brogliaccio lo segnala ammutolito: «5 secondi di silenzio».
Berlusconi: «Ho capito. Mmh, vabbeh, speriamo che non venga fuori un casino. Sai, basta poco perché quando si tratta di me, eh, tutti i giornali son contenti...va beh, comunque noi non abbiamo fatto niente di male, eh...».
Alla luce di questa inedita telefonata dell'1 agosto acquista interesse anche quella che il 22 ottobre 2010, quattro giorni prima che Il Fatto sveli l'esistenza di Ruby, parte da Palazzo Grazioli (residenza romana del premier) per Barbara Faggioli, una delle ragazze delle feste di Arcore.

LA SEGERETRIA DEL PREMIER: C'È DA COSTRUIRE UN VERBALE»
«C'è da costruire un verbale»

A chiamarla è la segretaria di Berlusconi per convocarla alle indagini difensive dell'avvocato Ghedini. Ma l'argomento le è posto in modo tutt'altro che neutro, più simile a una anticipazione di quanto la ragazza dovrebbe dire.
Segretaria: «Buongiorno, è la segreteria del presidente Berlusconi, noi la volevamo convocare perché è veramente indispensabile la sua presenza per cercare di costruire e verbalizzare le normalità delle serate del presidente Berlusconi... Lunedì 25 a Milano presso lo studio Vassalli alle 17».
Faggioli: «Vengo da sola?».
Segretaria: «Si presenta da sola e deve chiedere dell'avvocato Niccolò Ghedini».
Faggioli: «Ah, Ghedini».
Segretaria: «Sì, sì, sempre lui».

RAISSA: «HO FINITO LA BENZINA». SILVIO: «OK VAI DA SPINELLI»
La seconda telefonata del premier sopravvissuta agli omissis è del 26 settembre 2010. Raissa Skorkina, ospite russa delle notti di Arcore, chiama Villa San Martino e in 31 secondi le viene passato il presidente, dal quale cerca l'ok a ottenere «benzina» dal tesoriere personale di Berlusconi, il ragionier Spinelli.
Raissa: «Amore ciao ciao, tutto bene, e tu?».
Berlusconi: «Abbastanza, sono pieno delle cose politiche che è una cosa pazzesca».
Raissa: «Eh, immaginato. Però ho tanta voglia di parlarti, ti prego! (...) E poi volevo chiederti... mi stanno finendo la benzina».
Berlusconi: «Come?».
Raissa: «Mi sta finendo la benzina».
Berlusconi: «Ah, ho capito. Va bene, lo dico a Spinelli. Va bene?».

IL CASTING TV DI MARYSTHELLE: «TE L'HO PROCURATO IO»
La terza telefonata rimasta negli atti è con la dominicana Marysthelle Polanco ed è del 4 ottobre 2010, tre mesi dopo che il premier ha sicuramente saputo dell'arresto del suo convivente per traffico di 12 chili di cocaina. Anche qui è una donna da Palazzo Grazioli che le passa il premier. La conversazione ha ampi tratti privati, e inserimenti di un'altra ragazza (Aris) accanto a Marysthelle, a base di scherzosi e reciproci «cattivona tu»/«no, cattivissimo tu». Qui si darà conto solo del segno di un intervento di Berlusconi a favore di Marysthelle nel mondo della tv.
Marysthelle: «Sono a Roma, oddio sono venuta a fare il casting con Pingitore. Ti ricordi?».
Berlusconi: «Sì, quella che ti ho procurato io, no?».
Marysthelle: «Sì, amore» (ride).
Berlusconi: «Adesso mi hanno chiesto se possono fare qualche numero per le nostre reti. Sto tentando di convincere mio figlio».

E UNO DEI BUNGA BUNGA VA IN VIVAVOCE PER CASO
Agli atti c'è anche una sorta di casuale viva voce di un bunga-bunga di Berlusconi. Capita infatti che uno spasimante di Aris Espinoza, indispettito per le presenze ad Arcore di Aris e dell'amica Iris, la notte del 25 settembre le chiede via sms un favore particolare: «Rispondimi per ascoltare... quando sei con lui». «Ok», gli promette la ragazza. E mantiene, annotano i brogliacci: «Come richiesto nel sms, l'interlocutore chiama e l'utente (la ragazza, ndr) risponde senza parlare. In sottofondo si sente Iris che dice "sono già ubriaca", Aris le chiede "hai bevuto?", poi si sente la voce in sottofondo di un uomo, presumibilmente Silvio Berlusconi».

Luigi Ferrarella
Giuseppe Guastella

http://www.corriere.it/cronache/11_aprile_05/ruby_telefonate_berlusconi_a1fe0ba6-5f44-11e0-a9b0-e35a83b9ad3b.shtml


lunedì 4 aprile 2011

PROCESSO RUBY La nipote di Mubarak ha in pugno il Caimano. O pagarla o farla fuori. -di Giovanni Barbacetto e Antonella Mascali



Da mercoledì in tribunale: tutto

è nato da un furto e una bugia

È stato dapprima un rumore di fondo, un pasticciaccio segreto, un incubo incombente, una storia fuori fuoco. Poi scandalo del bunga-bunga. Ora il caso Ruby, neppure un anno dopo il suo avvio, diventa processo pubblico, giudizio immediato. La mattina di mercoledì 6 aprile l’imputato unico Silvio Berlusconi comparirà davanti ai suoi giudici e ai mezzi d’informazione di tutto il mondo. Le telecamere saranno molto probabilmente tenute fuori dall’aula, ma non gli occhi e le orecchie dei cronisti. Concussione, prostituzione minorile: a queste accuse dovrà rispondere il presidente del Consiglio pro tempore. “Sono vittima innocente di una persecuzione politica da parte delle toghe rosse”, si difende lui. In aula si ricostruirà, pezzo dopo pezzo, un’altra storia. Iniziata per caso nel maggio del 2010.

POLIZIOTTI. I granelli di sabbia che hanno bloccato i ben oliati ingranaggi del bunga-bunga si chiamano Marco Landolfi e Luigi Ferrazzano. Sono i due poliziotti del commissariato di Milano Monforte che firmano una relazione di servizio “sull’intervento effettuato in data 27 maggio 2010”, quando “si è provveduto ad accompagnare presso gli uffici della locale questura tale El Mahroug Karima”. È una ragazza vistosa, ha “un toppino tipo prendisole e dei jeans, ma non ha altro addosso”, dice un altro poliziotto, Ermes Cafaro, che chiama subito la procura dei minori. Ha 17 anni, è marocchina, si fa chiamare Ruby.

È stata fermata alle 19.13 in un centro di bellezza di corso Buenos Aires: un’amica, Katia Pasquino, l’ha denunciata per furto (3 mila euro e alcuni gioielli). Operazione di routine. A Milano cose così capitano spesso. Ma in questura succede una cosa che prima non era mai capitata: alle 23.49 telefona da Parigi il presidente del Consiglio. Chiede al capo di gabinetto della questura, Pietro Ostuni, di lasciar andare la ragazza, perché è “la nipote di Mubarak”. Invece di rimandarla in una comunità, come ordina il pm dei minori Anna Maria Fiorillo, la si affidi a una “consigliera ministeriale” prontamente arrivata in questura. È Nicole Minetti, ex ragazza-altalena della tv, diventata consigliere regionale (ma non ministeriale). Così insiste Berlusconi. Ruby, che dalle comunità per minori è già più volte scappata, viene identificata, fotosegnalata, ma poi affidata a Minetti, che a sua volta la lascia nelle mani di una prostituta brasiliana, Michelle Coincecao Santos de Oliveira, che era stata la prima a dare l’allarme. Aveva avvertito Berlusconi (di cui aveva il numero privato) che Ruby era stata portata in questura. E Ruby, così chiacchierona (e così minorenne), era un pericolo.

Il perché lo si scoprirà solo in seguito. Intanto, il 5 giugno 2010 i poliziotti devono tornare a occuparsi di Ruby, che li chiama al culmine di una violenta lite con Michelle. Le due si accusano a vicenda di essere ladre e prostitute. La minorenne finisce prima all’ospedale, poi in una comunità. E parla. Racconta di avere molti soldi a disposizione, di conoscere nientemeno che Silvio Berlusconi, di essere stata più volte ad Arcore. La procura dei minori stila relazioni che invia anche alla procura di Milano. Se ne occupano, dapprima separatamente, due magistrati, Antonio Sangermano (per la lite con Michelle) e Pietro Forno (per le segnalazioni del tribunale dei minori). È una storia strana, che a prima vista sembra frutto di fantasie o vanterie. La procura decide di procedere con i piedi di piombo: non dar credito alla ragazza, verificare ogni sua parola, cercare riscontri oggettivi.

Ma Berlusconi è davvero intervenuto per “liberare” Ruby dalla questura: lo mettono nero su bianco i due poliziotti Landolfi e Ferrazzano in una relazione del 28 luglio 2010. Il presidente del Consiglio aveva paura che parlasse? Che raccontasse quello che poi ha cominciato ad accennare a Forno e a Sangermano?

RUBY PARLA. La ragazza racconta di essere stata più volte ad Arcore, a partire dal 14 febbraio 2010, san Valentino. Nega di aver fatto sesso con Berlusconi, ma ammette di aver ricevuto denaro e regali, descrive le feste, il giro di ragazze e uno strano dopocena, che chiama “bunga-bunga”: “Il primo incontro è stato il 14 febbraio, sono stata chiamata da Emilio Fede che mi ha invitata a prepararmi per andare a una cena”, racconta il 3 agosto al pm Sangermano. “Sono stata portata ad Arcore. Dopo la cena, Berlusconi mi ha proposto di scendere presso il bunga-bunga dicendomi che il termine l’ha preso in prestito dal suo amico Gheddafi, e sta a designare una sorta di harem femminile, che si esibisce al piano inferiore della villa... Nel bunga-bunga tutte le ragazze sono completamente nude... Poi il presidente mi condusse nel suo ufficio, lasciandomi intendere che la mia vita sarebbe cambiata se io avessi accettato di partecipare al bunga-bunga insieme alle altre ragazze”. I magistrati restano allibiti. Sanno che fare sesso a pagamento con una minorenne è un reato (prostituzione minorile). Sanno che esercitare pressioni sui funzionari della questura è un reato ancor più grave (concussione). Cercano riscontri. Controllano le “celle” telefoniche di Arcore. Mettono sotto intercettazione una quarantina di utenze. Avviano verifiche bancarie.

I riscontri arrivano. Le “celle” dicono che sì, Ruby è stata in sette occasioni, alcune per più giorni, ad Arcore. Ha davvero ricevuto tanti soldi e tanti regali. Intercettata, la ragazza racconta: “Noemi è la pupilla, ma io sono il suo culo”. E poi: “Il mio caso è quello che spaventa tutti e sta superando il caso della D’Addario e della Letizia. Io ho parlato con Silvio e gli ho detto che ne voglio uscire con qualcosa: 5 milioni”. E ancora: “Lui mi ha chiamato dicendomi: Ruby, ti do quanti soldi vuoi, ti pago, ti metto tutto in oro, ma l’importante è che nascondi tutto. Non dire niente a nessuno”.

ANCHE IL BUNGA-BUNGA trova riscontri. Racconta Maria Makdoum, chiamata ad Arcore nel luglio 2010 a ballare la danza del ventre: “Quando la cena è terminata, il presidente più o meno testualmente disse: E ora facciamo il bunga-bunga... Era un qualcosa di sessuale... Chi avrebbe aderito al bunga-bunga avrebbe potuto poi ‘mangiare’ o ricevere qualcosa in cambio. Scendemmo quindi in una sala non molto grande, una piccola discoteca, in mezzo c’era il palo della lapdance... È cambiata la musica e le due gemelle De Vivo, che erano in pratica in mutande e reggiseno, hanno cominciato a ballare in maniera hard, avvicinandosi al presidente, che le toccava e le ragazze toccavano il presidente nelle parti intime, e si avvicinavano anche a Emilio Fede, che analogamente le toccava il seno, altre parti intime... Anche le altre ragazze dopo, anche insieme, ballavano, facendo vedere il seno o il fondoschiena, si avvicinavano al presidente, che le toccava nelle loro parti intime”.

Conferma pure Melania T.: “Sembra di stare al Bagaglino ma è peggio. Un puttanaio. Con Berlusconi che toccava i culi alle ragazze. Ora se quelle cose le fai in camera da letto, sono affari tuoi, ma così, davanti a tutti! Mi chiedo, il giorno dopo, come faccia a lavorare”.

E Natascia T.: “Mentre noi ballavamo, il presidente ed Emilio Fede erano seduti e guardavano. Alcune delle ragazze che ballavano si avvicinavano al presidente, che le toccava e loro toccavano lui... Alcune delle ragazze che facevano lo spogliarello e che erano poi nude si avvicinavano al presidente, che gli toccava il seno o le parti intime o il sedere. Insomma l’atmosfera era quella di un night club, con ragazze che si spogliavano”.

I SOLDI. Arrivano i riscontri anche sui soldi, sui milioni di euro con cui Berlusconi finanzia la macchina del bunga-bunga. Il fido ragionier Giuseppe Spenelli, l’ufficiale pagatore del presidente, prepara il contante per le buste da consegnare alle ragazze. Ma pensa anche alle auto da regalare (preferibilmente Smart e Mini) e agli affitti da pagare alle più assidue dell’harem, ospiti delle case di via Olgettina.

Le ragazze delle feste sono tante. Trentatrè in un primo elenco, altre dieci in un secondo. Per la procura si sono prostituite “in cambio di denaro o altra utilità”. L’“utilizzatore finale” è Silvio Berlusconi, che il 15 febbraio viene rinviato a giudizio immediato per concussione e prostituzione minorile: per i suoi rapporti con la diciassettenne Ruby.

Sotto accusa anche tre persone ritenute i “fornitori” delle ragazze: Nicole Minetti, Lele Mora, Emilio Fede. A loro è contestato il reato di aver “indotto e favorito l’attività di prostituzione di giovani donne”, maggiorenni, più la minorenne Ruby, che “compiva atti sessuali con Silvio Berlusconi, dietro pagamento di corrispettivo in denaro e altre utilità, presso la residenza in Arcore”.

Le ragazze del bunga-bunga, coordinate secondo i pm da Nicole Minetti, nelle confessioni private al telefono non sembrano proprio amare il “presidente”, che pure in pubblico incensano (e usano come un bankomat). “Un vecchio dal culo flaccido”, per Nicole Minetti. “Ah che zoccolame questa casa, questo condominio diventa sempre più un puttanaio”, commentano Aris e Iris, due ospiti di via Olgettina, il 12 ottobre 2010. E Iris Berardi, che ha iniziato a frequentare Arcore ancor prima di compiere 18 anni: “Sto andando alla festa tesorino, mamma mia è incredibile lo schiffo ke fa il denaro, in questo momento mi sto faccendo schiffo da sola!”, scrive in sms il 26 ottobre 2010. E il giorno di Natale del 2010 ecco come si “messaggiano” Nicole Minetti e Barbara Guerra: “Oltre che per le palle bisogna prenderlo per il caz... Domani se è aperto vado in un sexy shop e prendo un po’ di cose per me e te: più troie siamo, più bene ci vorrà....Troie, troie... Tanto ormai abbiamo la confidenza per fare qualsiasi cosa”. Preoccupate anche per la loro salute. “Hai fatto? Tutto a posto?”, chiede una ragazza. Le risponde un’amica: “A posto, sì. Globuli bianchi a posto, non abbiamo nessun Aids”. “Amò, avevi dubbi, avevi?”. “Mah, sai, quando uno va a letto con 80 donne, non si sa mai nella vita”. Per la difesa, le feste di Arcore erano invece sobrie ed eleganti, Ruby non ha mai fatto sesso con Berlusconi, che comunque la credeva maggiorenne. Ora la parola passa ai giudici.


Il Fatto Quotidiano del 3/4/2011


27 maggio 2010:

i poliziotti scrivono “È una

ragazza vistosa,

ha un toppino

tipo prendisole dei jeans, ma non ha altro addosso"


La notte del 14

febbraio del 2010 “A San

Valentino la

prima serata

ad Arcore della

marocchina :

è ancora

minorenne


Da Gheddafi ad Agrama. Affari e problemi di Berlusconi con i soci arabi.



Dal processo Mediatrade, dove i pm hanno avanzato la richiesta di rinvio a giudizio per Silvio Berlusconi, rimbalza il nome di Mohamed Farouk Agrama. In Tunisia c’è l’amico storico Tarak Ben Ammar, che ha di fatto sostituito il ministro degli esteri per le trattative sui rimpatri. E poi c’è il Colonnello in persona, che è da anni in affari con il premier. I problemi più seri per Silvio Berlusconi, di questi tempi, vengono dai soci arabi. Palesi o – secondo la procura – occulti. Qui si parla di affari, di soldi che finiscono per incrociarsi con le scelte politiche e con le vicende giudiziarie del premier. Gli affari con la famiglia Gheddafi riguardano la Quinta communications diTarak Ben Ammar (che fa parte, in Italia, del consiglio di amministrazione di Mediobanca e Telecom): la Trefinance, controllata lussemburghese della Fininvest, è dal 2009 in affari con la Lafitrade della famiglia Gheddafi nella società, editrice di Nessma tv, l’emittente tunisina satellitare che trasmette in tutto il Maghreb. Quella che ospitò la celebre intervista in cui Silvio Berlusconielogiava il Colonnello e diceva che la politica di questo governo è quella di dare casa, lavoro e istruzione ai migranti.

Se di Gheddafi e dei suoi affari con aziende italiane (in particolare quelle riconducibili a Berlusconi) molto si è detto e scritto, meno noto è il rapporto con l’egiziano Mohamed Farouk Agrama detto Frank. Oggi a Milano, nell’udienza preliminare del processo Mediatrade, il suo nome è stato accostato a quello del premier che, secondo l’accusa, è sempre stato suo “socio occulto” nell’attività di compravendita di diritti cinematografici anche nel periodo in cui rivestiva già la carica di presidente del Consiglio. Per Berlusconi il pm ha chiesto il rinvio a giudizio. Ma chi è Agrama? Nato in Egitto e approdato in Italia negli anni ’60, diventa vent’anni dopo l’uomo di Fininvest a Hollywood. Svolgendo, secondo gli inquirenti, attività di intermediazione finalizzata a gonfiare i conti. “I pm - si legge nel libro “Il regalo di Berlusconi” di Peter Gomez e Antonella Mascali – sostengono addirittura che, tra il 1988 e il 1999, Fininvest prima e Mediaset poi abbiano speso 170 milioni di euro più del dovuto nell’acquisto di diritti dalla Paramount e sequestrano la somma record di 100 milioni di euro parcheggiata su una serie di conti svizzeri di Agrama, definito – appunto – dagli inquirenti il “socio occulto” di Berlusconi”.



Liberi tutti (i criminali) - Marco Travaglio


Premier: "La giustizia? Un contropotere". Bufera sull'invito di Alfano alla piazza.


Berlusconi: ''La politica contro questo contropotere è messa all'angolo''
. Gelmini: Alfano ha semplicemente rivolto un invito a far conoscere la riforma. Ma da Idv e Udc un coro: “Irresponsabile evocare la piazza”. Giustizia, Alfano: "Ci batteremo anche nelle piazze per far passare la riforma"

Riva del Garda (Tn) – “La giustizia in Italia è diventato un vero e proprio contropotere e la politica contro questo contropotere è messa all'angolo". Silvio Berlusconi, intervenendo telefonicamente a Riva del Garda in occasione della convention di Rete Italia organizzata da Roberto Formigoni torna ad accusare i giudici.

Una presa di posizione che arriva nel giorno in cui il Ministro Angelino Alfano ha ribadito su ‘Repubblica’ l’intenzione di battersi nelle piazze per far passare la riforma del sistema giudiziario. Invito che viene stigmatizzato dall’opposizione. ''Il ministro Alfano tira la pietra e nasconde la mano. Prima evoca irresponsabilmente la piazza per far passare a tutti i costi l'indecente controriforma della giustizia ordinata da Berlusconi, poi si rende evidentemente conto di averla sparata grossa e allora dice di essere stato strumentalizzato", afferma il capogruppo dell'Italia dei Valori al Senato, Felice Belisario. Il Ministro della Giustizia Alfano evoca moti di piazza per la sua 'riforma epocale'. Dal governo arriva un bel campionario di confusione che un'assidua compravendita parlamentare non riuscirà certo a diradare'', dice il segretario dell'Udc,Lorenzo Cesa. "La riforma della giustizia serve al Paese e ai suoi cittadini e il ministro Alfano ha semplicemente rivolto un invito alla platea di Rete Italia affinché comunichino i contenuti di questa riforma perché c'e' il tentativo di stravolgere questi contenuti e di ribaltare la realtà".

A difesa del Guardasigilli interviene il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini. "Quella che proponiamo -ha proseguito Gelmini- non è una riforma punitiva, ma vuole solo risolvere i nodi per i cittadini. Informare è sacrosanto -ha aggiunto- e la riforma si propone di stabilire una piena parità tra accusa e difesa, per difendere l'autonomia della magistratura anche dall'interno e per far si' che il potere giudiziario possa avere piena dignità e legittimità. Tutte le polemiche non hanno ragione di essere". Il tema della riforma della giustizia, ha proseguito il ministro dell'Istruzione "serve anche per evitare condanne da parte della Copre di Giustizia europea. Il nostro compito -ha concluso- è procedere spediti sulla via delle riforme, dopo l'approvazione di quella dell'università e del federalismo".