mercoledì 23 novembre 2011

Lavora 6 giorni in 9 anni: arrestata per truffa operatrice del Sant’Orsola Malpighi




La donna ha presentato una lunga serie di certificati medici falsi per malattie e gravidanze a rischio. 


Il gip le ha concesso i domiciliariI carabinieri del Nas di Bologna hanno posto agli arresti domiciliari una dipendente dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Orsola Malpighi di Bologna, indagata per truffa aggravata ai danni di enti pubblici e falso ideologico in documentazione pubblica. La misura, emessa dal gip di Bologna, Alberto Gamberini, su richiesta del pm Claudio Santangelo, deriva dalle indagini del Nas di Bologna a carico di un’operatrice tecnica (con funzione di supporto assistenziale dell’ospedale) poiché negli ultimi 9 anni aveva prestato servizio solamente per 6 giorni con lunghi periodi di malattie e assenze per maternità.


L’operatrice sanitaria, infatti, oltre ad essere risultata assente per continuati e prolungati periodi di malattia, sui quali sono in corso ulteriori indagini al fine di accertarne la veridicità delle condizioni, si era assentata per due presunte gravidanze, dapprima per complicanze della gestazione e poi per maternità obbligatoria, di fatto non vere o comunque non portate a termine.


Infatti, la signora, con artifizi e raggiri, riusciva dapprima ad ottenere da medici del consultorio familiare e dell’Ospedale Maggiore di Bologna i certificati di maternità a rischio, omettendo poi di sottoporsi a specifici esami diagnostici per l’accertamento dell’effettivo stato di gravidanza. Successivamente induceva in errore anche la Direzione del Policlinico Ospedaliero e la Direzione Provinciale del Lavoro usufruendo indebitamente dei periodi di assenza.


Inoltre, producendo false certificazioni comprovanti la nascita dei due figli a febbraio 2004 e nell’ottobre 2009, usufruiva indebitamente dei benefici di detrazione d’imposta per figli a carico. Il danno erariale, al momento, è stato quantificato in circa 33.117 euro.


http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/11/23/lavora-giorni-anni-arrestata-truffa-operatrice-santorsola/172538/

martedì 22 novembre 2011

Il vescovo che violentava i ragazzini africani.



Le forze dell’ordine olandesi stanno cercando prove per incriminarlo

Sta acquisendo dimensione internazionale lo scandalo a base di pedofilia che coinvolge il vescovo olandese Cornelius Schilder: il prelato è ormai sotto attenzione dalle forze dell’ordine di almeno tre istituzioni, ovvero: quelle irlandesi, quelle olandesi e l’Interpol a coordinare le operazioni. Il tutto per una brutta storia di violenze sessuali perpetrate in Kenya negli anni ’50: il prelato, in effetti, è stato in servizio in Africa fino al 2009.
IL CASO – Le informazioni che hanno portato alla riapertura del caso su Schilder sono arrivate all’Interpol dalla divisione “crimini sessuali” della polizia irlandese, divisione sorta all’indomani dell’esplosione dello scandalo della pedofilia nel clero. Le informazioni sono state passate al coordinamento della polizia internazionale dunque dalle forze dell’ordine di Dublino; l’Interpol ha così ufficialmente chiesto ad Amsterdam di aprire un’inchiesta sul vescovo in possesso di passaporto olandese. Ad accusarlo “un seminarista kenyota, Emmanuel Shikuku”, appartenente alla tribù Masai e quattordicenne al tempo delle presunte violenze.”Le dichiarazioni fatte da questo aspirante prete coinvolgono alcuni appartenenti alla società missionaria inglese “Mill Hill”, scrive Vatican Insider, organo di informazione religiosa della Stampa. L’episcopato olandese ha già da tempo aperto un’inchiesta, che si definisce “aperta, indipendente e completa” sul dossier abusi nel clero; secondo l’autorità ecclesiastica è più che sufficiente. Secondo quella civile, in effetti no: anche perché le confessioni del seminarista fanno il paio con quelle di un anziano olandese di 63 anni che solo in tarda età ha raccontato le violenze che ha subito dai sacerdoti in un istituto cattolico nel sud dell’Olanda.
INCHIESTA APERTA – Le inchieste sul vescovo Schilder sono state dunque aperte. Il prelato si èdimesso dalla diocesi di Ngong nel 2009, “per motivi di salute”, ufficialmente. “Ma voci dal Vaticano parlano di una richiesta di dimissioni, e l’ordine Mill Hill lo ha sospeso dal ministero”, il che dona solidità alle accuse nei suoi confronti. Finora non era stato perseguito dal braccio della giustizia olandese “per mancanza di una richiesta formale”; richiesta che è invece arrivata, come dicevamo, giorni fa direttamente dall’Interpol. Lo scandalo preti pedofili ha avuto in Olanda un eco ancora maggiore che altrove, considerando, come ricorda VA, che all’indomani del Concilio Vaticano II i Paesi Bassi hanno visto una deviazione molto liberale dell’approccio liturgico, con la pubblicazione del Nuovo Catechismo Olandese che aveva parole di comprensione e accoglienza per “l’omosessualità, l’aborto, le pratiche contraccettive, l’ordinazione femminile e il celibato del clero”.

Vengo a prenderti stasera su "La mia Torpedo blu". - di Ketty Iannantuono







Il bel Paese ha decisamente un debole per i motori. I suoi politici ne hanno fatto, nel tempo, un emblema di distinzione, tanto che, oggi, l’autoblù è uno dei primi segnali di riconoscimento dell’appartenenza alla Casta.
Ovviamente, dal momento che la Casta è gerarchizzata, anche la regal vettura ha subito un processo di classificazione: in Italia ci sono autoblùblù – automobili di rappresentanza politico-istituzionale che hanno l’ambito compito di trasportare i deretani di “autorità e alte cariche dello Stato e delle amministrazioni locali”, auto una sola vota blù – a disposizione dei “dirigenti apicali” (definizione quanto meno ambigua che porta ad un’inevitabile domanda: ma all’apice de che?), e infine vi sono le auto grigie ma comunque blù –senza autista, a disposizione degli uffici per attività strettamente operative.
Nel 2011 un’ indagine condotta da Formez, incaricata dall’ex Ministro Brunetta, ha stimato che, nel nostro Paese, le auto blu risultano essere circa 72mila. Gli addetti sono 35mila (di cui 14 mila sono autisti). La spesa per il personale ammonta a 1,2 miliardi di euro all’anno; quella di gestione a 350milioni di euro che, sommando gli ammortamenti e i costi di stazionamento e logistica, diventano 650milioni di euro annui. Sono escluse da questa rilevazione sia le circa 50mila autovetture usate per scopi di sicurezza e difesa personale e nazionale, sia le 16mila auto della polizia municipale e provinciale (la polizia municipale ha a disposizione poco più di un quinto del parco auto della politica!).
Quella dell’autoblù è un’immagine forte dei privilegi riservati alla politica, una goccia nel mare ma una goccia molto visibile.
Già il 3 agosto scorso un decreto definiva nuove regole per l'utilizzo di vetture di Stato ma escludeva Regioni ed enti locali, lasciandoli così liberi di agire in deroga alle nuove regole. Tale decreto limitava alle massime cariche dello Stato l’uso delle auto di rappresentanza, con o senza blindatura, e conteneva a 1.600 cc la cilindrata per tutte le altre vetture di Stato e di servizio. Il nuovo governo dovrà decidere, in due mesi, seestendere la stessa normativa anche a Regioni ed enti locali. Il Tar del Lazio, accogliendo il ricorso del Codacons, ha infatti spiegato che "la limitazione all'uso delle auto blu - segnatamente per quanto concerne Regioni ed Enti Locali - non solo non trova fondamento nella norma primaria in pretesa attuazione della quale il Decreto presidenziale è stato emanato, ma neppure rivela profili di ragionevolezza e logicità con immediatezza apprezzabili, atteso il considerevole onere riveniente per le finanze pubbliche dall'utilizzo di mezzi di servizio proprio con riferimento a tali soggetti". In tale occasione, potrebbe anche accadere che si decida di perfezionare o limitare ulteriormente l'utilizzo di vetture di servizio per il mondo della politica e della pubblica amministrazione.
Il governo Monti è composto da persone con delle “facce normali”, diceva Concita De Gregorio ieri sera intervistata da Fazio, “non sono tumefatti”. Senz’altro questo esecutivo –per quanto discutibile sotto diversi punti di vista- saprà dare un segno di discontinuità rispetto al regnum Berlusconis: un taglio netto all’opulenza truffaldina della politica, un ritorno alla sobrietà. Di sicuro non vi sarà un altro Ministro della Difesa che, nottetempo, procederà all’acquisto di una ventina di marzialissime Maserati Quattroporte blindate (a 117mila euro l’una –escluso il costo della blindatura).
Non mi stupisce particolarmente, quindi, veder scendere il neo Presidente-professore da un’italianissima Lancia Thesis, anzicchè da un’Audi A8, e i suoi collaboratori da delle vecchiotte e misurate Alfa Romeo 166.Monti riporta fuori dal garage Fiat Croma della prima serie, Alfa Romeo 166 e, addirittura, Lancia K e Dedra.
Torna, quindi, il "blu Lancia”, il colore delle auto di stato italiane degli anni ‘50 e ‘60. Il cosiddetto “blu ministeriale” delle Lancia Aurelia, Appia e soprattutto Flaminia, delle Fiat 124 e 125 o dell'Alfetta degli anni ‘70.
Torna soprattutto un po’ di serietà.

Documento identificativo Brunetta.

«Pagare le tasse? Sono vent'anni che non lo faccio»



Imprenditore bergamasco smascherato dalla Finanza.
L'evasore totale girava col Porsche Cayenne.

MILANO - Il vero dilemma è: le macchiette dei film dei Vanzina prendono spunto dalla realtà o è la realtà che imita le commedie vanziniane? Un industrialotto fermato alla guida di un Porsche Cayenne, che ha intestato tutte le sue attività a un prestanome residente in Kenya e che si vanta di non aver presentato una denuncia dei redditi che sia una negli ultimi 20 anni, appartiene alla vita vissuta o alla finzione?
LA FINANZA - «Eppure è andato tutto così, le indagini sono lì a dimostrarlo»: nella sede della Guardia di Finanza di Pisogne, sponda bresciana del lago d'Iseo, temono forse di non essere creduti quando riferiscono della verifica fiscale che ha riguardato un imprenditore di origini comasche ma residente a Rogno.
L'uomo al momento è stato denunciato per aver nascosto al fisco redditi per 7 milioni ai fini delle imposte dirette e dell'Irap, più un altro milione di Iva; ma è solo l'antipasto, perché quelli sarebbero solo i conti dell'azienda e adesso c'è da ricostruire il suo «pedigree» fiscale personale, essendosi lui stesso dichiarato evasore totale negli ultimi due decenni.
EVASORE TOTALE - Invisibile per l'Agenzia delle entrate, il protagonista della vicenda, che ha 49 anni, lo era di certo; ma non poteva rendersi invisibile anche fisicamente, visto che più volte era stato fermato per controlli stradali al volante di un Porsche Cayenne o di una Bmw X6 nei paesi attorno al lago d'Iseo. Lo spunto dell'indagine delle Fiamme gialle è partito da lì: l'uomo quasi ogni giorno faceva il giro degli uffici postali della zona prelevando in contanti somme tra i 5 mila e i 25 mila euro: altro passo falso, perché se da un lato il contante usato per operazioni sottobanco non lascia traccia, dall'altro ha attirato l'attenzione della Finanza.
IN KENIA - Nelle sedi dell'azienda, i militari non hanno trovato uno straccio di documentazione contabile riconducibile all'attività d'impresa, ma hanno ricostruito lo stesso una sorta di risiko: il nullatenente in Porsche aveva girato da anni le quote della sua società a un quarantenne milanese trasferitosi in Kenya e ora irreperibile; su questo prestanome sarebbero dovute ricadere tutte le responsabilità penali e civili. L'azienda si occupa di rivendere macchinari industriali a ditte che pagano con regolare fattura.
I CLIENTI -I clienti della ditta sono stati interrogati, tutti hanno confermato che ogni rapporto loro lo tenevano con il quarantanovenne di Rogno individuato dunque come amministratore di fatto dell'azienda; i movimenti sui conti correnti sembrano confermare questa posizione. L'imprenditore è già stato a sua volta interrogato dalla Guardia di Finanza di Pisogne, ma pare non essersi dato molta pena: ha candidamente svelato di non aver mai presentato una dichiarazione dei redditi, convinto forse di cavarsela addossando ogni responsabilità al compare disteso al sole del Kenya.
Claudio Del Frate

lunedì 21 novembre 2011

L'AD di EQUITALIA guadagna 456.733 Euro all'ANNO!!!



FACCIAMO GIRARE L'ENNESIMA VERGOGNA ITALIANA... Attilio Befera, Amministratore Delegato di "Agenzia delle Entrate Equitalia" - 456.733 Euro di stipendio annuo (fonte Agenzia delle Entrate) - QUANTO SPENDE LO STATO PER PAGARE I DIRIGENTI DELL'AGENZIA CHE ROVINA FAMIGLIE E AZIENDE??? QUANTE NE DEVONO ROVINARE PER PAGARE STIPENDI COME QUESTO AI DIRIGENTI???

https://www.facebook.com/media/set/?set=a.266457640072003.85726.118635091520926&type=3

Monti e la laicità dell’ICI. Pagherà finalmente anche la Chiesa? - di Maria Mantello






«Governo di impegno nazionale». Così il prof. Mario Monti ha definito il suo Esecutivo nel discorso programmatico in Parlamento, che con schiacciante maggioranza gli ha accordato la fiducia. Il nuovo Consiglio dei Ministri, ha detto il professore, avrà «il compito di rinsaldare le istituzioni civili e nazionali sul senso dello Stato», coniugando «rigore di bilancio, crescita, equità». 

Abituati ad anni di occupazione della cosa pubblica a vantaggio di consorterie familiste e di lobby di potere prolificate in mercimoni e voti di scambio di ogni sorta, sentir nuovamente parlare di senso dello Stato è stata una bella boccata d’ossigeno. Un positivo segnale di discontinuità col passato. Perché lo Stato è l’insieme dei cittadini, che devono tornare ad aver fiducia nel governo della cosa pubblica. Avere senso dello Stato significa allora dare senso allo Stato rimettendo al centro il cittadino nella sua appartenenza alla cittadinanza: garanzia di promozione e crescita per ciascuno e per tutti. Perché non ci può essere rigore del bilancio senza crescita ed equità. Quindi, amministrare lo Stato, significa anche lotta a privilegi e soprusi, per garantire diritti anche a chi ancora non li ha e neppure ha voce sociale per dirlo.

Il professor Monti ha precisato tutto questo con pacatezza determinata, rivendicando nella forza della sua autonomia la dignità del rigore di servizio morale, vaccino contro i ricatti dei potentati economici, politici, ideologici. E in questa autonomia rivendicata con forza abbiamo apprezzato il grande valore laico di promozione della religione civile, dove i cittadini si sentono Stato nell’essere reciprocamente portatori di diritti e doveri. Senza zone franche. Senza immunità strumentali. Senza arroganti impunità. 

Il governo Monti è nato dalla crisi economica e morale che la mancanza di senso dello Stato ha generato. Un Governo di emergenza per sanare un’emergenza; ma che proprio la drammaticità dell’essere posti davanti al baratro, può trasformare in una preziosa occasione per rimettere al centro la politica alta, trovando le soluzioni migliori per lo sviluppo economico e sociale a vantaggio di ogni cittadino. 

A questo signore dalla voce pacata e dai modi composti, consapevole delle difficoltà, ma che si dichiara orgogliosamente autonomo dalle pressioni, gli italiani guardano con fiducia. È questa la realtà su cui far crescere il Governo di impegno nazionale. Ed è una forza che ha fiutato finanche Berlusconi, che si è affrettato alla Camera a complimentarsi col nuovo presidente del Consiglio sfoderando il suo sorriso d’ordinanza, rimangiandosi anche con la stampa quel «gli staccheremo la spina», che nessun plauso aveva riscosso tra gli italiani, e su cui Monti aveva ironizzato.

Non sappiamo ancora nel dettaglio quanto il nuovo Governo farà. Ma poiché il suo compito prioritario è avviare il risanamento del bilancio, ci aspettiamo il rigore dell’equità promessa. Così, se come annunciato, «verrà riesaminato l’intero peso del prelievo sugli immobili e l’ICI», coerentemente vanno rivisti odiosi privilegi in materia. Ci riferiamo all’esenzione dall’ICI, che attualmente oltre ai luoghi di culto è estesa a tutte le attività vaticane "non esclusivamente commerciali". Questo significa, che purché abbiano una qualche cappella annessa, gli enti religiosi gestori di alberghi, ristoranti, agenzie turistiche, società assicurative, scuole, case di cura religiose non pagano l’ICI; e che i ricavati dalle attività che vi si svolgono sono soggetti ad una irrisoria imposta (Ires).

Il pubblico erario riceve da questo truffaldino espediente un danno di centinaia di miliardi di euro ogni anno. Di contro, la miracolata fiscale è la Chiesa cattolica, che usufruisce a piene mani di queste regalìe per via dell’immenso patrimonio immobiliare che le basta dichiarare non occupato in attività "non esclusivamente commerciali". 

La sperequazione che una tale norma comporta è anche stata oggetto di diverse indagini della Commissione europea, che ha chiesto all’Italia di fornire l’elenco degli immobili della Santa Sede esentati dal pagamento dell'Ici, nonché il relativo valore catastale e il calcolo di imposte che se ne dovrebbe ricavare. Insomma un vero rendiconto per stabilire se questo contributo statale è illegale vista la intollerabile concorrenza sleale che determina. L’intera questione è arrivata alla Corte di Giustizia Europea, a cui infine l’europarlamentare Maurizio Turco ha sottoposto questa anomalia italiana.

Certamente l’esenzione dall’Ici non è l’unico privilegio di Santa Romana Chiesa, ma visto che questa imposta avrà un peso consistente per le tasche degli italiani, sarebbe difficile spiegare loro il perché la debbano pagare anche sulla prima casa – magari piccola e comprata con sacrifici –, mentre alberghi e ristoranti super lusso di proprietà ecclesiastica continuano ad esserne esenti. 
Anche l’argomento della Carità usato spesso a panacea di ogni beneficio accordato al Vaticano non reggerebbe. 



http://temi.repubblica.it/micromega-online/monti-e-la-laicita-dell%E2%80%99ici-paghera-finalmente-anche-la-chiesa/