mercoledì 2 maggio 2012

Capitali svizzeri, ora Monti dice sì. - Stefano Feltri


monti mario interna

Sui 150 miliardi evasi il premier pronto a trattare con Berna come già fatto da Germani e Inghilterra. Tutti i partiti d’accordo per portare in cassa fino a 50 miliardi.

Mario Monti è pronto a trattare con la Svizzera per tassare i capitali nascosti dagli evasori italiani nei forzieri di Lugano e Ginevra: “Considereremo ex novo l’intera materia”, annuncia ieri sera in conferenza stampa. Come anticipato dal Fatto, il via libera della Commissione europea agli accordi bilaterali di Gran Bretaglia, Germania e Austria con Berna, ha cambiato tutto. Ora si può discuterne, anzi, si sta già trattando, Monti fissa la prima condizione: il rispetto dei trattati sulla tassazione dei lavoratori frontalieri che “il Canton Ticino ha sospeso unilateralmente”. Il negoziato comincia .
“Come Pd chiederemo al governo una stima sull’ammontare e la composizione dei capitali italiani in Svizzera, poi servirà con urgenza un accordo bilaterale e un vincolo chiaro per l’utilizzo del gettito ottenuto. Se arrivassero subito 3 miliardi, per esempio, si potrebbero destinare subito a credito di imposta per le imprese che assumono”, spiega Sandro Gozi, deputato del Pd che segue da tempo il dossier dell’accordo fiscale. Nel 2008 la Commissione europea aveva iniziato a ragionare su un accordo comunitario con la Svizzera, per tassare in loco i capitali sottratti al fisco, “ma per cambiare le regole in materia fiscale ci vuole l’unanimità e l’Italia si opponeva, formalmente Giulio Tremonti chiedeva un accordo più duro, ma in pratica ha bloccato i negoziati”, ricorda Gozi.
La Commissione aveva comunque fatto alcuni conti: la metà dei capitali depositati in Svizzera, 3.300 miliardi, sarebbe di origine straniera: 180 miliardi tedeschi, 120-150 italiani, 70 inglesi. A metà 2011 Gran Bretagna e Germania, vista la paralisi della normativa comunitaria e la necessità di fare cassa, stipulano un accordo bilaterale con la Svizzera. La Commissione all’inizio è scettica poi, dopo alcune modifiche, concede formalmente il via libera a metà aprile. Nel frattempo all’elenco si è aggiunta anche l’Austria.
Gli effetti si sentiranno dal 2013, quando entrano in vigore gli accordi. “Germania e Gran Bretagna hanno concordato che Berna paghi subito un acconto sulle somme che riscuoterà dalle banche, per l’Italia potrebbe essere oltre un miliardo di euro”, stima Gozi.
Da quando è caduto il veto di Bruxelles, evasori, consulenti, avvocati e banchieri stanno studiando la documentazione ufficiale per capire cosa li aspetta. Questi accordi si compongono di due parti: la prima è una sanatoria del passato, la seconda una tassa annuale sui redditi prodotti dalle attività detenute in Svizzera. Dal primo gennaio 2013, un tedesco o un inglese che hanno un conto a Lugano avranno tre scelte. La prima: chiudere il conto e trasferire i capitali in un altro paradiso fiscale (le autorità elvetiche faranno di tutto per scoraggiare questa opzione). Seconda scelta: il correntista dichiara per iscritto alla banca di voler uscire allo scoperto , la banca poi informa il governo svizzero che informa il Paese di appartenenza che poi si rifarà sul malcapitato correntista facendogli pagare sanzioni, penali e tasse non pagate per tutti gli anni passati (ovviamente questa ipotesi è concepita in modo così poco allettante da non spingere nessuno a sceglierla). Terza opzione, quella che tutte le parti interessate caldeggiano: il pagamento anonimo della tassa. La banca verifica la nazionalità del beneficiario delle attività che detiene (anche se si tratta di un trust o di altri tipi di schermi giuridici), poi preleva dal conto la penale prevista dalle formule contenute negli accordi bilaterali – tra il 21 e il 41 per cento per i tedeschi, tra il 19 e il 34 per gli inglesi, tra il 15 e il 38 per gli austriaci – e versa la somma al governo di Berna che, a sua volta, la passerà allo Stato interessato.
In teoria tutto questo sarebbe già previsto dalla direttiva 2003/48, in vigore dal 2005, ma non ha mai funzionato: la Svizzera si impegnava ad applicare una ritenuta del 35 per cento sui rendimenti maturati nei suoi confini da cittadini dell’Unione europea, poi versava il 75 per cento del gettito ai Paesi di competenza. Le somme raccolte sono state ridicole, perché era troppo facile aggirare i vincoli. Per questo sono arrivati gli accordi bilaterali. Dopo la sanatoria sul passato, un condono fiscale molto costoso (l’aliquota chiesta da Tremonti agli evasori che usavano lo scudo fiscale per rimpatriare denaro era solo del 5 per cento, qui sui grossi capitali si arriva al 40) in teoria non dovrebbero più esserci situazioni ambigue: chi non è uscito allo scoperto o non ha chiuso il conto fuggendo a Saint Lucia o alle isole del Canale sarà noto al governo e, di fatto, al Paese di provenienza che sa quale gettito aspettarsi. Nella fase due, dopo la “regolarizzazione”, al dentista o al piccolo imprenditore italiano che ha il conto a Lugano resteranno due alternative: o emerge allo scoperto o, se vuole mantenere l’anonimato, paga un’aliquota sui rendimenti ottenuti dalle attività che è abbastanza salata: 26,375 per i tedeschi, tra il 27 e il 48 per gli inglesi , 25 per gli austriaci. “Proteggere la privacy dei clienti delle banche è e rimarrà uno dei pilastri del settore finanziario svizzero. L’accordo rispetta questo impegno: solo i pagamenti delle tasse saranno trasmessi alle autorità fiscali, non i nomi dei clienti”, rassicura la documentazione del governo di Berna. Ma è chiaro che uno dei principali benefici della segretezza, cioè l’elusione fiscale, sarà caduto.

martedì 1 maggio 2012

Sono soli, tutti gli girano le spalle, ma loro non demordono.




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Life In A Day.





Candidati e poi arrestati: a Napoli fioccano le manette in campagna elettorale. - Vincenzo Iurillo



carabinieri-arresto interna.nuova


Rapina, truffa, falso, corruzione, traffico internazionale di droga: con queste accuse sono finiti in carcere o ai domiciliari tre candidati alle amministrative di alcuni dei principali Comuni partenopei. Due del centrosinistra e uno del Terzo Polo.

Alle amministrative di alcuni dei principali comuni del Napoletano partecipano candidati consiglieri che hanno una oggettiva difficoltà a fare campagna elettorale. Perché sono agli arresti. In carcere o ai domiciliari, a seconda della gravità dei reati e del quadro probatorio. Potrebbe essere un buon viatico, chissà. L’anno scorso alle amministrative di Quarto (Napoli) il candidato consigliere del Pdl Armando Chiaro, incarcerato per le pesanti accuse della Dda di Napoli di collusioni con la camorra, venne eletto in pompa magna. Le manette non spaventano l’elettorato napoletano.
Stavolta i guai giudiziari dei candidati-arrestati derivano da reati di criminalità comune. Rapina, droga, truffa, falso. Precisazione importante: al momento della candidatura, erano tutti a piede libero. I provvedimenti giudiziari sono arrivati dopo. A liste presentate. Ad Acerra il ventenne Christian Sagliocco, candidato della lista ‘Acerra nel cuore’ che fa parte della coalizione del Terzo Polo, ai primi di aprile è stato arrestato dai carabinieri con l’accusa di aver partecipato a una rapina. Acerra è un Comune bollente, e non solo per la presenza dell’inceneritore. Tra i 565 candidati la prefettura ha scoperto quattro pregiudicati per estorsione e ne ha escluso uno, Amodio De Luca, a causa di una condanna per rapina e furto aggravato. E la campagna elettorale è avvelenata da numerose intimidazioni camorristiche ai danni di esponenti di tutti gli schieramenti.
A Torre Annunziata la lista civica ‘Arca’, alleata con il Pd e il centrosinistra, ha tra i suoi candidati Salvatore Izzo, imprenditore della società nautica ‘Izzo Mare’. Il 5 aprile Izzo è stato arrestato per associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti: avrebbe fornito uno dei motoscafi utilizzati per il trasporto di hashish tra la Spagna e l’Italia. Sette arresti a gennaio, un’ordinanza di custodia cautelare per altre otto persone nell’aprile successivo. Ma di questi otto, solo due persone sono stati catturati, gli altri sei sono sfuggiti alla cattura, e la Dda ha deciso di non diffondere la notizia dell’arresto di Izzo per non compromettere le indagini in corso. Che sarebbe quindi rimasta ‘segreta’, o comunque circoscritta a un ristretto nucleo di amici, conoscenti e familiari, se non l’avesse resa pubblica il candidato sindaco dello schieramento avversario.
Il commissario del Pd napoletano Andrea Orlando, intervistato da Gerardo Ausiello de Il Mattino sull’arresto di Izzo, ha detto: “Basta con le liste civiche fai da te, dove spesso si insinuano indagati e rinviati a giudizio. Anche alle amministrative occorre una maggiore presenza dei partiti, che hanno il dovere di preservare la loro immagine e quindi fanno più controlli”. Magari fosse sempre vero. A Casavatore, infatti, è proprio il Pd che è scivolato sulla buccia di banana del candidato in manette. In lista nel partito di Bersani c’è l’insegnante e sindacalista 47enne Paolo Proto, già consigliere comunale a Casalnuovo. Il 4 aprile, a liste appena presentate, è stato raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari per reati che spaziano dalla corruzione alla truffa, dal falso alla frode informatica. Grazie ai suoi ganci nel provveditorato agli studi di Napoli, Proto – secondo i magistrati – sarebbe riuscito a far falsificare le graduatorie degli insegnanti e del personale amministrativo, ottenendo mazzette fino a 6mila euro dalle persone beneficiate dall’incremento truffaldino del punteggio. In ogni caso, l’insegnante sotto accusa si è ritirato dalla campagna elettorale, comunicandolo con un telegramma al segretario della sezione cittadina del Pd.

Bersani contestato a Portella della Ginestra.





1 Maggio 2012, Torino. Scontri tra Polizia e Autonomi all'altezza di Via Po.





Operaio cade da impalcatura e muore Tragedia nel giorno della festa lavoratori.




(foto di repertorio)

La vittima è un operaio romeno impegnato in un cantiere a Rocca di Cambio, L'Aquila.
E' morto in cantiere il giorno della Festa del Lavoro: protagonista della vicenda è un operaio romeno, Vasile Copil, di 51 anni, dipendente della cooperativa "Rocca di Cambio" di Roma, costretto a lavorare nonostante la giornata di festa nel cantiere di un residence a Rocca di Cambio (L'Aquila). Sull'accaduto è stata aperta un'inchiesta dalla procura della Repubblica dell'Aquila.

L'operaio stava lavorando su un'impalcatura situata all'altezza del terzo piano della palazzina: Copil si è sporto per prendere alcuni materiali all'impalcatura del piano superiore, perdendo l'equilibrio e cadendo a terra. A dare l'allarme è stato un altro operaio che stava lavorando nel cantiere. Sul posto è arrivata l'ambulanza del 118 ed è intervenuto anche l'elisoccorso del 118 dell'Aquila; i sanitari hanno cercato di rianimare Copil, praticandogli prima il massaggio cardiaco e utilizzando poi un defibrillatore, ma l'uomo è morto pochi minuti dopo l'arrivo dei sanitari, prima che venisse caricato sull'elicottero per il trasporto in ospedale. L'autorizzazione alla rimozione della salma è quindi arrivata dal magistrato di turno, il sostituto procuratore, David Mancini, titolare dell'inchiesta: non si conosce il motivo per il quale gli operai fossero al lavoro nonostante il giorno festivo. Il cantiere è stato posto sotto sequestro dai Carabinieri.

Il sindaco di Rocca di Cambio, Gennaro Di Stefano, è rimasto impressionato dalla morte, nel giorno della Festa del Lavoro, dell'operaio romeno. "Non lo conoscevamo di persona, visto che la ditta è di Roma - ha spiegato Di Stefano - ma c'è il dolore forte in paese per questa morte. Purtroppo incidenti sul lavoro continuano a capitare per l'incuria, l'incoscienza, la mancanza di un minimo di protezione, accortezza e rispetto delle regole. Più succedono - ha aggiunto - e più non si prendono provvedimenti"