martedì 18 settembre 2012

TelecomMedia (Marco Travaglio).



Toh, Mediaset vuole comprarsi La7 da Telecom Italia Media. 
Direttamente o tramite una testa di legno. 
Chi l’avrebbe mai detto. 
Alla vigilia della campagna elettorale in cui si gioca tutto come nel ’94, B. vorrebbe neutralizzare la riserva indiana in cui si sono rifugiati gli artisti e i giornalisti cacciati da Mediaset e Rai. 
Ma sarebbe una notizia se no
n volesse farlo: vorrebbe dire che non è più lui. Invece è sempre lui, dunque non c’è notizia. Infatti gli unici a stupirsene sono quelli che lo davano per morto, anzi trovavano comodo darlo per morto. 


Per rimuovere il problema, evitare esami di coscienza e nascondere un fatto imbarazzante: cioè che da nove mesi governano con lui. 


Stiamo parlando del Pd, dell’Udc, dei fan acritici del governo Monti e dei loro house organ. Avete mai sentito le parole “antitrust” e “conflitto d’interessi” nelle bocche capienti di Bersani, Renzi (il suo spin doctor è Giorgio Gori e ci siamo capiti), Casini, ma pure Vendola? Le avete più lette su Corriere, Stampa, Repubblica, Unità? Nominarle significa infrangere un tabù, agitare il drappo rosso dinanzi al Caimano, rinfocolare l’antiberlusconismo (non sia mai), turbare la quiete dei tecnici. E resuscitare vecchi interrogativi che è meglio lasciar sepolti: perché il centrosinistra nel biennio 2006-2008 e il governo tecnico da novembre a oggi non han neppure tentato di riformare la legge Gasparri? Troppo pericoloso, meglio lasciar perdere. 


L’ultimo a parlarne, a parte noi del Fatto e il solito Di Pietro, fu Beppe Grillo nel V-Day del 2008, quando lanciò un referendum (poi bocciato dalla Cassazione) contro la Gasparri: il solito populista antipolitico che fa il gioco della destra. 


Mica come il compagno Violante, che nel 1995 confessò alla Camera di aver “garantito a Berlusconi e Letta che non gli sarebbero state toccate le tv”. 


Ora la questione non è se B. riuscirà a papparsi La7 (ovviamente per spegnere un piccolo ma pericoloso concorrente delle sue reti e soprattutto un focolaio d’infezione, cioè di informazione più libera o meno asservita del lazzaretto Raiset): se non lo farà, sarà solo perché il suo gruppo è alla canna del gas. La questione è che, a norma di legge Gasparri, potrebbe farlo. Lo spiega, sul sito del Fatto , Nicola D’Angelo, già membro Agcom: “In base all’art. 43 della Gasparri, Mediaset può acquistare La7 in quanto il limite antitrust è che nessun soggetto può avere ricavi superiori al 20% del sistema integrato delle comunicazioni (Sic). Nel calderone infinito del Sic, Mediaset detiene circa il 13%” e anche con La7 resterebbe sotto il tetto. Anche perché la pubblicità non è computabile nel Sic. 


Del resto, nel 2007, quando Tronchetti-Provera annunciò di voler vendere Telecom (con La7 in pancia) a una cordata messican-americana, il centrosinistra riattaccò la litania dell’“italianità” da difendere, anche a costo di darla a Mediaset, magari in tandem con l’amico Colaninno. Disse Fassino: “Mediaset è un operatore del settore, quindi può fare un’offerta”. Il Foglio svelò “incoraggiamenti dalemiani” a B. tramite il solito Latorre. Entusiasta, ma che sorpresa, anche Violante: “C’è un Berlusconi imprenditore e un Berlusconi politico: se, come imprenditore, investe le sue risorse in un settore di importanza strategica per il nostro Paese, non ci trovo niente di male”. Il 19 aprile B. accolse l’invito all’ultimo congresso Ds di Firenze e naturalmente parlò d’affari, i suoi: “Mediaset è pronta a entrare in Telecom per difenderne l’italianità… Siamo stati richiesti: il mio è un atto di generosità patriottica”. Poi, siccome era all’opposizione, propose un bel governo di larghe intese. E nessuno osò contestarlo. Poi Telecom finì alla cordata italo-spagnola Intesa- Mediobanca- Telefònica. Ora che Mediaset ci riprova, stupisce soltanto lo stupore dell’Unità, che titola sdegnata “Amici di Berlusconi su La7” e lancia l’allarme per “il pluralismo informativo”. Ma mi faccia il piacere.

Da Il Fatto Quotidiano del 16/09/2012.



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Geco coda di foglia.



Uroplatus phantasticus, è una specie di geco endemico dell'isola di Madagascar. In primo luogo descritto nel 1888 da George Albert Boulenger, U. phantasticus è il più piccolo nel corpo del Gechi Uroplatus, ma c'è un dibattito in corso sul fatto che uno dei suoi cugini, U. ebenaui, è minore a causa della sua coda più corta. Può anche essere conosciuto co
me il geco dalla cosa ciglio di foglia o il fantastico geco dalla coda di foglia. Il nome generico, Uroplatus, è una latinizzazione di due parole greche: "Oura" (οὐρά) che significa "coda" e "platys" (πλατύς) che significa "piatto". Il suo nome specifico phantasticus è il termine latino per "immaginario", basato sulla aspetto unico del geco che ha portato il naturalista belga George Albert Boulenger, a descriverlo come "mitico" nel 1888. La specie è endemica del Madagascar, il che significa che si trova in nessun altro luogo. Si tratta di una specie arborea che si basa sul suo camuffamento naturale nelle foreste tropicali del nord e centro del Madagascar.


Mail a tutti gli studenti per sostenere una candidata alle elezioni regionali. E' scandalo a Catania.



Stavolta l'UDC l'ha combinata davvero grossa.
In occasione delle elezioni regionali siciliane che si terranno a fine ottobre qualcuno ha ben pensato, nella solita, spasmodica e deprimente caccia al voto, di utilizzare (molto probabilmente in maniera illecita) i dati del server dell'ateneo catanese per inviare a tutti gli studenti una mail per "consigliare" di votare una certa prof. Maria Elena Grassi.

Ma andiamo per ordine.

Alle ore 19:00 circa di lunedi 17 Settembre (orario di lavoro quindi) dall'account di posta daniele-dm@live.it (Daniele Di Maria) sono partite una valanga di mail a tutti gli studenti dell'ateneo che avevano lasciato il loro indirizzo di posta in fase di iscrizione all'università (circa 50000 iscritti) con un breve testo elettorale e un'immagine della professoressa e annessi simboli elettorali.

La signora in questione è una candidata dell'UDC che presenterà come candidato alla presidenza della regione Rosario Crocetta, "famoso" anche per le sue battaglie contro la mafia già al tempo in cui era sindaco di Gela, ma che stavolta è scivolato, di riflesso, su una questione che sicuramente bene non farà alla sua campagna elettorale.

Ma la cosa più preoccupante è la gestione che evidentemente è stata fatta da parte del comitato elettorale in questione dei dati in possesso dell'Ateneo (non si sa ancora se i dati siano stati messi a disposizione o siano stati trafugati) e che evidentemente sarebbero dovuti rimanere segreti e protetti in merito alla legge sulla privacy.

Un altro dato che fa sicuramente riflettere è che lo stesso Magnifico Rettore dell'ateneo catanese, Antonio Recca, è sostenitore dello stesso gruppo politico, di cui in passato era stato coordinatore a livello regionale, e che è stato spesso criticato per alcuni aspetti della sua gestione dell'ateneo (non è ancora chiaro se ci sia un suo coinvolgimento nella vicenda ma è strano che l'unica persona che ha utilizzato questo sistema appartenga proprio al suo gruppo).

Gli studenti sono sul piede di guerra.

I primi a far notare l'anomalia e i primi a chiedere chiarimenti sulla vicenda sono stati gli studenti appartenenti al Movimento Studentesco Catanese.
Lo stesso gruppo denuncerà l'accaduto alle autorità giudiziarie anche perchè si ritiene decisamente plausibile la complicità di qualcuno all'interno dell'ateneo.
Sicuramente la gestione politica siciliana ha avuto nella sua storia più ombre che luci ma questa volta si è andati anche oltre.
E' deprimente pensare che l'università, luogo che dovrebbe portare avanti determinati valori e modi di operare corretti, si sia resa, direttamente o indirettamente è ancora da chiarire, di un episodio che di onesto e corretto non ha proprio nulla.
Sicuramente la candidata in questione, e di riflesso anche il capogruppo Crocetta, riceveranno da questa vicenda un duro colpo.
Fare campagna elettorale è un diritto dei candidati, se portata avanti con regolarità, ma utilizzare metodi scorretti come questo, gratuito tra l'altro, deve essere condannato e denunciato senza remissione di peccati.
Si attendono sviluppi sulle responsabilità di questa vicenda e la cosa triste è che manca ancora più di un mese alle elezioni e, conoscendo come vanno le cose, si ci aspetta ormai di tutto.

Scandalo nella Regione Lazio, spunta una villa da 800mila euro pagata in contanti da Fiorito.


L'immobile "in sanatoria" costruito abusivamente nel cuore del parco del Circeo.

Potevano bastare otto fabbricati e cinque terreni nel cuore della Ciociaria all'ex capogruppo del Pdl nella Regione Lazio, Franco Fiorito? Assolutamente no. Secondo quanto riporta il quotidiano Repubblica, l'uomo, indagato per peculato dalla procura di Roma, avrebbe comprato una villa da sogno nel cuore del Circeo per un totale di 800mila euro, pagati in contanti.
Se l'acquisto, vista la vicenda, potrebbe non sorprendere, a impressionare è tutto quello che sta dietro la compravendita. L'immobile, infatti, è stato costruito abusivamente nel cuore della riserva naturale e il 28 novembre, giorno in cui è stato firmato l'atto di vendita, è "in sanatoria". Un particolare non da poco, perché permette di escludere che le banche abbiano finanziato l'acquisto concedendo un mutuo. Fiorito quindi avrebbe sborsato in contanti gli 800mila euro richiesti.

Nessuno scrupolo, poi, a smantellare l'area del parco intorno alla villa, prima per un parcheggio, poi per una bella piscina panoramica. Due progetti che non vedranno mai la luce: il primo per l'intervento della magistratura che mette i sigilli al cantiere, il secondo per un dietrofront immediato quando lo scandalo finisce sulle prime pagine dei giornali.

Caso Dell'Utri, la Procura indaga anche la moglie.


La procura di Palermo ha iscritto nel registro degli indagati Miranda Ratti, moglie del senatore del Pdl Marcello Dell’Utri: la donna risponde di riciclaggio aggravato, per avere trasferito a Santo Domingo, secondo l’accusa, oltre 14 milioni provenienti dal pagamento della villa di Torno, sul lago di Como, venduta dal marito a Silvio Berlusconi.
Dietro questo affare, secondo il pool coordinato dal procuratore aggiunto Antonio Ingroia, c’era un’estorsione messa in atto da Dell’Utri, che nell’arco di 10 anni si sarebbe fatto consegnare dal Cavaliere circa 40 milioni. Col trasferimento dei 14 milioni nella Repubblica Dominicana, la Ratti avrebbe assicurato al coniuge il “profitto del reato”. La somma, infatti, secondo i primi accertamenti svolti dal Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di Finanza, è sparita, disperdendosi in altri conti intestati a presunti prestanome. Secondo i pm di Palermo, Dell’Utri avrebbe ricattato Berlusconi oppure avrebbe fatto da mediatore con la mafia, per il pagamento delle estorsioni “dovute” a Cosa nostra: lo dice anche la sentenza con cui la Cassazione, pur annullando con rinvio la condanna per concorso esterno, ha ritenuto che Dell’Utri avesse svolto il ruolo di intermediario, anche nei pagamenti. L’8 marzo scorso, alla vigilia proprio della decisione della Suprema Corte, Dell’Utri vendette a Berlusconi la villa di Torno, al prezzo di 21 milioni, secondo l’accusa gonfiato di almeno 10 milioni rispetto al valore reale dell’immobile.
Lo stesso giorno la Ratti trasferì il denaro all’estero. Dell’Utri in quei giorni. non era in Italia. Secondo la ricostruzione dell’accusa, si sarebbe potuto trovare proprio a Santo Domingo, o in un altro Stato del Centramerica, in vista di una possibile latitanza dorata con i soldi del Cavaliere. Berlusconi, sentito come teste e persona offesa dai pm di Palermo Francesco Messineo, Ingroia e Lia Sava, ha negato di essere mai stato sottoposto a pressioni ed estorsioni da parte dell’amico Marcello. Per continuare gli accertamenti anche a Santo Domingo, la Procura ha avviato una rogatoria internazionale.

lunedì 17 settembre 2012

Risparmieremmo un sacco!



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“L’ATTACCO ALL’AMBASCIATA USA A BENGASI NON È MAI AVVENUTO”.


LE DICHIARAZIONI SHOCK DEL GIORNALISTA FREELANCE JIM STONE.

Le dichiarazioni shock del giornalista freelance Jim Stone
La notizia è stata diffusa dal quotidiano online IbTimes. Il giornalista freelance Jim Stone, sostiene con convinzione che l’attacco all’ambasciata di Benghazi non sia mai avvenuto. Lo scrive sul suo blog. Il giornalista, si legge su IbTimes, “afferma la non esistenza di un’ambasciata Usa a Benghazi in quanto, secondo il sito ufficiale del Dipartimento di Stato Usa, l’unica ambasciata in Libia risulta essere quella di Tripoli“.
L’ambasciata di Benghazi, quindi, non esisterebbe. La prova è anche su Google Maps, dove non è possibile individuare ambasciate americane a Benghazi. Anche su Wikipedia, la lista delle ambasciate Usa confermata la presenza dell’unica ambasciata a Tripoli.
A Benghazi, secondo il giornalista, non esisterebbe neanche un consolato e nessun edificio diplomatico americano.
THERE IS NO U.S. EMBASSY, CONSULATE, OR ANY U.S. REPRESENTATION OF ANY SORT IN BENGHAZI LIBYA. EMBASSY KILLINGS NEVER HAPPENED.
Le foto che circolano in rete, e che ritrarrebbero l’edificio di Benghazi distrutto, sarebbero, secondo il giornalista, false. Nessuno ne può confermare la veridicità.
“Sarete preoccupati di ciò che potrà succedere in futuro. Questa menzogna è talmente ovvia che potremmo distruggere la credibilità di Cnn, Fox, Abc e quant’altro. Non perdiamo questa occasione.” Queste le pesanti parole che il giornalista ha pubblicato sul suo blog.
Il freelance ha poi pubblicato gli articoli di alcuni autorevoli quotidiani che parlano dell’attacco a Benghazi: entrambi danno due location differenti per l’ambasciata. Si tratta del Guardian e del Daily Mail. Questo va ad avvolarare la tesi della non veridicità della notizia.