martedì 9 aprile 2013

Senato, Grasso cede sulle commissioni: “Domani la conferenza dei capigruppo”.


Pietro Grasso


Il presidente di Palazzo Madama: "Non ho intenzione di ritardare né di ostacolare i lavori del Parlamento". L'ex procuratore nazionale antimafia spiega di aver riscontrato sia ostacoli politici che giuridici anche connessi alla formazione del governo". Ma una settimana diceva che non era possibile.

Il presidente del Senato Piero Grasso ha convocato per domani la conferenza dei capigruppo per velocizzare la procedura che deve portare alla composizione delle commissioni parlamentari. Una decisione che arriva dopo le polemiche dei giorni scorsi con il Movimento Cinque Stelle che ha minacciato di occupare le Camere (con tanto di hashtag su Twitter ad hoc), alcune forze politiche che hanno sostenuto la necessità di far partire comunque i lavori del Parlamento anche senza un governo e altri partiti che hanno opposto motivi di regolamento. Grasso in un primo momento aveva spiegato che la formazione delle commissioni non era possibile senza un esecutivo. Ora sembra aver ammorbidito la propria linea: “Non ho alcuna intenzione né di ritardare né di ostacolare i lavori del Parlamento – spiega il presidente dell’Aula di Palazzo Madama - Il regolamento non assegna al presidente poteri sostitutivi e pertanto, finché le designazioni non saranno completate, non sarà possibile procedere alla convocazione delle commissioni”. Rispondendo alle polemiche sui lavori parlamentari, Grasso ricorda di aver “chiesto ai capigruppo di avere le designazioni dei Senatori per le commissioni entro giovedì scorso, e tranne due eccezioni sono già sul mio tavolo. Il regolamento non assegna al Presidente poteri sostitutivi e pertanto, finché le designazioni non saranno completate, non sarà possibile procedere alla convocazione delle Commissioni”.
Grasso racconta di aver ”riscontrato sia ostacoli politici che giuridici, anche connessi alla formazione del governo. Per chiarire le posizioni dei gruppi sul tema – spiega – ho anticipato a domattina alle 10 la Conferenza dei Capigruppo, in modo da delineare senza ambiguità i diversi orientamenti. Se al termine della Conferenza sarà necessario convocherò la Giunta per il regolamento, per definire gli aspetti interpretativi delle norme in materia. E’ del tutto evidente che nel frattempo la Commissione speciale potrà discutere tutte le questioni ritenute urgenti, e non escludo che su tematiche particolarmente complesse si possano istituire altre commissioni speciali”.

lunedì 8 aprile 2013

Ilva, la Cassazione sulla conferma degli arresti "Il disastro ambientale è riconducibile ai Riva".


Ilva, la Cassazione sulla conferma degli arresti "Il disastro ambientale è riconducibile ai Riva"

La Suprema Corte ha reso note le motivazioni con cui ha convalidato il 16 gennaio scorso i domiciliari a Emilio e Nicola Riva e all'ex direttore dello stabilimento di Taranto Capogrosso: conoscevano i rischi ma hanno perseverato.

Il disastro ambientale nella vicenda dell'Ilva di Taranto è riconducibile al gruppo Riva: lo evidenzia la prima sezione penale della Cassazione nello spiegare il perché, lo scorso 16 gennaio, ha convalidato i domiciliari nei confronti del patron dell'Ilva Emilio Riva, del figlio Nicola come pure nei confronti dell'ex direttore dello stabilimento di Taranto, Luigi Capogrosso.

Con "argomenti logici e immuni da interne contraddizioni" il Tribunale della libertà di Taranto ha evidenziato che "il disastro ambientale" nella vicenda dell'Ilva di Taranto "era certamente riconducibile anche alla gestione successiva al 1995, quando è subentrato il gruppo Riva nella proprietà e nella gestione dello stabilimento siderurgico e che gli accertamenti effettuati hanno chiarito che l'inquinamento è attuale". 

In particolare, la Suprema Corte nelle motivazioni contenute nella sentenza 15667, sottolinea come il Riesame di Taranto, il 7 agosto 2012, abbia evidenziato, "la pervicacia e la spregiudicatezza dimostrata da Emilio Riva e dal Capogrosso, ma anche da Nicola Riva, succeduto alla presidenza del Consiglio di amministrazione in continuità con il padre, che hanno dato prova, nei rispettivi ruoli, di perseverare nelle condotte delittuose, nonostante la consapevolezza della gravissima offensività per la comunità e per i lavoratori delle condotte stesse e delle loro conseguenze penali e ad onta del susseguirsi di pronunce amministrative e giudiziarie che avevano già evidenziato il grave problema ambientale creato dalle immissioni dell'industria". 

Quanto al pericolo di reiterazione del reato, la Cassazione segnala che il parere positivo espresso dal Tribunale è "coerente e non è contraddetto nè dalla circostanza che gli impianti sono stati sottoposti a sequestro preventivo, nè dal venir meno delle cariche degli indagati nell'azienda". Del resto, fa notare ancora Piazza Cavour, "i Riva, pur non avendo più cariche, hanno tuttora la proprietà dell'azienda con quel che ne consegue in termini di interesse in ordine alle sorti dello stabilimento; inoltre, sono titolari del gruppo Riva".

Stesso discorso vale per l'ex direttore dello stabilimento Luigi Capogrosso "tuttora dipendente dell'Ilva e del quale il Tribunale ha compiutamente evidenziato la gravità e la reiterazione delle condotte e la piena condivisione delle scelte aziendali consolidate negli anni". Sul pericolo di inquinamento probatorio, poi, la Cassazione ricorda che non ha alcun peso "la circostanza che le indagini preliminari si siano concluse".

Nelle motivazioni, la Suprema Corte per dimostrare la legittimità della decisione del Riesame di Taranto evidenzia ancora che "è risultato che le concrete modalità di gestione dello stabilimento siderurgico dell'Ilva hanno determinato la contaminazione di terreni ed acque e di animali destinati all'alimentazione in un'area vastissima che comprende l'abitato di Taranto e di paesi vicini nonché un'ampia zona rurale tra i territori di Taranto e Statte tali da integrare i contestati reati di disastro doloso, omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro, avvelenamento di acque, posti in essere con condotta sia commissiva che omissiva, con coscienza e volontà per deliberata scelta della proprietà e dei gruppi dirigenti che si sono avvicendati alla guida dell'Ilva i quali hanno continuato a produrre massicciamente nella inosservanza delle norme di sicurezza con effetti destinati ad aggravarsi negli anni".
Da qui il rigetto dei tre ricorsi.


http://bari.repubblica.it/cronaca/2013/04/04/news/ilva-55930251/?ref=HREC1-9

sabato 6 aprile 2013

Come governerà Bersani? Guardate Montepaschi. - Maurizio Blondet


1698462d1358937214 e poi bersani voleva vedere la polvere sotto il tappeto dellitalia mussari bersani 213680 Come governerà Bersani? Guardate Montepaschi (di Maurizio Blondet)

Scrivo sulla notizia a caldo che Giuseppe Mussari, infine, si è dimesso dalla Associazione Bancaria Italiana. Ma perché è ancora a piede libero il banchiere del Pci-PDi? Come ha rivelato il Fatto, «il Monte dei Paschi di Siena nel 2009 – durante la gestione di Giuseppe Mussari – ha truccato i conti con un’operazione di ristrutturazione del debito per centinaia di milioni di euro di cui oggi i contribuenti italiani pagano il conto». Ciò, attraverso un contratto occulto con la banca Nomura, che «sarebbe servito a Montepaschi per abbellire il bilancio 2009 scaricando su Nomura le perdite di un derivato basato su rischiosi mutui ipotecari che poi i giapponesi avrebbero riversato sul Monte attraverso un contratto “segreto” a lungo termine», non comunicato ai vertici della MPS. Risultato: un buco nel bilancio della banca da 220 a 740 milioni di euro. 
Ora, repetita juvant, Montepaschi è la banca dei comunisti italiani. Mussari è stato il banchiere targato PCI e poi PDS, amatissimo da loro perché li ha lasciati depredare le casse della banca, ma stimatissimo (e c’è da chiedersi come mai) anche dagli altri banchieri, visto che lo hanno elevato al vertice della loro prestigiosa associazione nonostante, Mussari avesse già lasciato una banca in rovina con operazioni altamente sospette come l’acquisto di Antonveneta per un prezzo spropositato, che lasciava intravvedere operazioni loschissime, tipo fondi all’estero.
Bersani è contro il «falso in bilancio». Il suo compagno banchiere Mussari ha sicuramente commesso un falso in bilancio. Non ha nulla da dire, Bersani? Sennò si potrebbe pensare che è contro il falso in bilancio, ma solo se lo fanno gli amici e compari di Berlusconi. 
Bersani è contro coloro che si fanno fondi neri all’estero. Ha un giudizio da dare sulle operazioni Montepaschi del compagno Mussari, note da anni? Sarebbe bene saperlo, per sapere come Bersani ci governerà. Continua a ripetere che vuole «tracciabilità totale»: i 200 euro che paghi in nero all’idraulico, per esempio. Ma la tracciabilità delle operazioni Montepaschi, quelle no?
Adesso la banca comunista deve essere messa sotto commissariamento, è praticamente fallita in modo aperto. Perché era già fallita. Ma per scongiurare le conseguenze del fallimento sulla Fondazione – che avrebbe dovuto raccogliere nuovi capitali, diluendo i propri – Mario Monti ha trasferito a Montepaschi l’intero gettito dell’IMU sulla prima casa. Quasi 4 miliardi di euro ingoiati dal buco nero – o buco rosso – e per nulla, perché comunque l’inevitabile accade. 
Però mica è solo colpa dei due compari Monti e Bersani. Il Fatto Quotidiano ha spiegato che anche il PDL ha partecipato al salvataggio a spese di tutti noi. O ci ha tentato di nascosto, in combutta coi comunisti, nella Commissione Bilancio (dove il pubblico non vede), ficcando dentro il cosiddetto «DDL Sviluppo» un codicillo «che fissava condizioni particolarmente favorevoli per la banca Mps nel rimborso dei Monti-BondL’emendamento ideato da Simona Vicari (Pdl) e Filippo Bubbico (Pd), prevedeva infatti che, nel caso più che probabile che la banca non generi profitti, gli interessi sui 3,9 miliardi di aiuti pubblici che l’istituto senese si appresta a ricevere sotto forma di Monti bond potessero essere pagati anche con nuovo debito, per esempio obbligazioni. Un’alternativa al pagamento in azioni che avrebbe fatto entrare lo Stato nella proprietà dell’Istituto». (Mps, bocciato l’emendamento “salva proprietà” sui Monti Bond)
Ma allora non è vero che Berlusconi è l’avversario di Bersani!?. Quando si tratta di soldi e banche, sono d’amore e d’accordo. Basta che la gente non sappia. «Tracciabilità», dice Bersani, «No Imu», dice Berlusconi. Ma quando c’è da salvaguardare il potere dei partiti (di tutti) sulle banche, eccoli lì uniti e concordi a farne pagare il prezzo a noi contribuenti. Dilapidando 4 miliardi che, con Monti, hanno estratto dalle tasche di piccoli imprenditori disperati, di proprietari di immobili che schiacciati dall’aumento della tassa e del valore catastale, e persino a quei poveri pensionati sotto i mille euro mensili, che negli altri Paesi sono esenti, ma da noi no. 
Un lettore raffinato non capisce perché io sia così volgare, quando parlo della politica italiana: «Non mi piace l’ossessione scatologica, e il moralismo che vi è implicito, e quindi queste espressioni come: turarsi il naso, sciacquone, e altre carinerie simili…». Un altro: «io le chiedo: “Blondet, perché non dici qualcosa di cristiano?” ».
Mi scuso, mi scuso, qualche volta trascendo. Però vorrei che l’invito venisse rivolto a lorsignori. «Perché non fate qualcosa di cristiano?». Perché le loro banche, strapiene di fondi all’1%, non fanno credito alle imprese; perché loro tengono 7 milioni di italiani sotto il livello di povertà, e nella crisi recessiva corrente ridotti presto alla miseria, mentre loro sprecano e si arricchiscono? Derubano l’orfano e la vedova. Sottraggono la paga ai lavoratori. Le medicine ai malati. L’assegno d’accompagnamento agli invalidi totali. E mentono spudoratamente in tv; e dicono che è colpa nostra, che evadiamo le tasse… Capite che no, non riesco a dire qualcosa di cristiano. Forse leggo un’altra pagina del Vangelo, meno «consolante» del cristianesimo mainstream.
Vedo che Berlusconi continua a riscuotere simpatie fra i lettori. Lo avete visto impegnato a depennare dalle liste gli impresentabili: Cosentino, Dell’Utri, Scajola… Forse avrete notato che i primi due esclusi hanno minacciato, di fatto, il capo-comico di «rivelazioni», o di rovinarlo. Accade che quando ti affidi a malavitosi, poi ti ricattano. Facce nuove, giovani, dice Berlusconi. Scopro che ha rimesso in lista la Carfagna, la Brambilla, la Gelmini. E Renata Polverini, che ha fatto tanto bene alla Regione Lazio. Bondi e la sua fidanzata. Ha candidato in posizioni blindate due tizi che sono stati suoi testimoni a difesa sul caso Ruby: li avremo deputati, c’è già l’intero collegio di difesa del Maiale. E in più, scelta da lui in persona, Iliana Calabrò in rappresentanza degli italiani in Argentina. E chi è?, domanderete. Dagospia la descrive come una popputissima showgirl la cui specialità consiste nel simulare orgasmi sulla scena. Va bene che Casini, ha messo in lista la cognata e il genero, Rutelli (eh già, arieccolo) una segretaria, Gianfranco Fini un socio d’affari della sua moglie e padrone, la Tulliani… La solita girandola: parentopoli, nani, ballerine, mignottocrazia.
E però uno non deve riferire questi fatti come «liquame», e desiderare uno sciacquone che pulisca la fogna? È moralismo implicito, dice il lettore. Un altro mi accusa di non aver attenzione per quei candidati che difendono i «valori non negoziabili». Cari, come diceva Carl Schmitt, quando si comincia a parlare di «valori», si accetta il concetto di quotazione. I valori sono, originariamente, quelli della borsa-valori, e sono per eccellenza «negoziabili». La Chiesa proponeva «verità», merce antiquata. Oggi propone «valori», e pur sacrosanti: matrimonio, figli, no all’aborto e all’eutanasia. Come valori, purtroppo, hanno attualmente poco mercato… Chissà, se ricordasse che chi fa certe cose si gioca l’eterna dannazione, magari… O magari no. Questo popolo si contenta del suo destino zoologico.
E si vede: l’economia italiana, abitata da bestie da Fattoria degli Animali (dove qualche bestia è più uguale delle altre) degrada irresistibilmente, anche rispetto al contesto europeo recessivo, fiaccata forse per sempre dalle misure d’austerità (per noi, non per Mussari) di Monti. Per raggiungere gli obbiettivi della riduzione del deficit che ci ha assegnato (ma col voto del PDL) dovrà aspirarci dalle tasche altri 9 miliardi di euro, anche se adesso lui e il compare Bersani lo nega. Ma come faranno? Da dove prenderanno ancora ? Il potere d’acquisto di noi italiani è sceso del 4,1% nei primi nove mesi del 2012 rispetto al 2011, il credito bancario si è ulteriormente contratto del 3,4%, la produzione industriale è collassata addirittura, quasi del 25% dal 2008. La disoccupazione salirà al 12-14% nei prossimi mesi.
In questa situazione, come volete che governi Bersani? Visto dall’estero (dal blog di Paul Jorion) «il programma di Pier Luigi Bersani che è in testa nella corsa elettorale, si iscrive in un grande negoziato (con Berlino, ndr) che scambierebbe rinuncia alla sovranità (1) contro una diminuzione dell’austerità e l’adozione di misure cicliche di rilancio. Un cammino stretto, fatto di negoziati tra i sindacati e gli imprenditori , in favore di una moderata crescita finanziata dalla Banca europea degli investimenti, per rilanciare il mercato interno. E bisogna convincere il partner tedesco… Ma ciò non offre soluzioni ai problemi del paese, perché si urta alla necessità di una svalutazione interna (leggi: calo dei salari, retribuzioni e pensioni) a cui dovrà rassegnarsi». (L’ARBRE QUI CACHE LA FORÊT, par François Leclerc)
Ma niente paura, ci saranno sempre miliardi per Montepaschi o altre banche di proprietà dei partiti. E con il voto dei berluscònidi.
Forse davvero, l’unica è votare Grillo.


1) È esattamente quel che ha assicurato Bersani, voglioso di accreditarsi sul piano internazionale, al Financial times. «Io ho contribuito a far sì che l’Italia adottasse l’euro, io sono il segretario generale del partito italiano più favorevole all’Europa, e io ho sostenuto tutte le politiche e le riforme che l’Europa ci ha chiesto di adottare nel corso degli anni». - «Vogliamo accelerare il processo di integrazione come rimedio per combattere la recessione che sta colpendo l’intera Europa. Sinora abbiamo fatto alcuni passi in avanti importanti ma dobbiamo fare di più». Bersani respinge la posizione populista e anti-tedesca assunta da Berlusconi. - «Non litigherò con la Germania. Io voglio che l’Italia abbia una seria, franca e amichevole relazione con la Germania basata su argomentazioni razionali e realistiche» ha detto Bersani. «Infatti io concordo con molte delle critiche che la Germania rivolge a paesi come l’Italia perché sono le stesse critiche che io ho rivolto a Berlusconi». (Montepaschi sorvolando). In sostanza, Bersani s’è detto a favore addirittura di un indurimento del fiscal compact, che impegna a tagli di spesa pubblica obbligatori da 50 miliardi l’anno per 20 anni, dunque ad ulteriore stretta di cinghia e tassazione. Ed è a favore del commissario europeo a cui dovremmo far vedere il bilancio, per approvazione, prima di porlo al voto in Parlamento. È vero che un parlamento con Carfagne, Brambille e Scilipoti e segretarie di Rutelli e cognati di Casini, si merita di essere esautorato. Ma allora perchè lo paghiamo?

Niente comici e froci al Governo


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Dialogo fra Dario Fo e Giuseppina Manin. Anticipazione del libro che uscirà tra qualche settimana. “NIENTE COMICI E FROCI AL GOVERNO”.
Il giorno 2 aprile 2013 arriva al Tribunale di Palermo una lettera di minaccia rivolta al PM Di Matteo tanto esplicita che la Questura si preoccupa subito di raddoppiare la scorta e le difese a protezione dei giudici del capoluogo di Sicilia cercando di bloccare i mafiosi che, con quell’avvisata, vogliono mettere l’accento sulla crisi politica e condizionarne gli esiti.
Ci risiamo con il clima di stragi o è soltanto una minaccia generica?

Ad ogni buon conto il 3 aprile 2013, su Il Fatto Quotidiano si può leggere proprio in prima pagina il testo di un messaggio intimidatorio spedito a firma di Cosa Nostra ai giudici antimafia di Palermo. L’avviso centrale inviato da un personaggio che si firma “un uomo d’onore della famiglia trapanese” è esattamente questo: “Niente comici e froci al governo”.
I commentatori più accorti dei comportamenti della criminalità mafiosa temono che si voglia ripristinare il clima del 1992 quando ebbe inizio una serie di stragi per tutta l’Italia da Roma a Firenze fino a Milano. E soprattutto i criminali misero a segno il massacro di Falcone e della sua scorta e qualche tempo appresso fecero saltare in aria una macchina con un enorme carico di tritolo che uccise Paolo Borsellino e gli uomini che lo accompagnavano.
Anche allora, quelle stragi ebbero inizio proprio durante il crollo della Prima Repubblica “sotto i colpi della crisi finanziaria, di Mani Pulite e della Lega Nord”.
Come oggi, la popolazione viveva in una situazione di vuoto di potere che allarmò la criminalità organizzata di Cosa Nostra. Marco Travaglio sottolinea che la malavita rischiava di perdere il controllo del sistema e quindi reagì con inaudita violenza, “con un mix di stragi e trattative che miravano a ‘destabilizzare per stabilizzare’ secondo l’ormai risaputo sistema della strategia della tensione”.

GIUSEPPINA: Ma con chi ce l’ha Cosa Nostra quando minaccia “guai a voi se eleggete froci e comici al governo?”.
DARIO: Beh, il comico evidentemente è Grillo, non certo Berlusconi, che ha un altro rapporto, ben diverso, con la criminalità organizzata della Sicilia. Un rapporto molto più affettuoso grazie all’intercessione dell’amico fondatore di Forza Italia, Marcello Dell’Utri, che giustamente si può vantare per le sue relazioni davvero pericolose con la mafia testimoniate da una condanna a 7 anni ribadita nell’ultimo processo.

GIUSEPPINA: Ho capito, ma l’altro veto, diciamo così, contro gli omosessuali a cui accenna la missiva minatoria a chi si rivolge? A Vendola forse?
DARIO: Ma no, per carità! E’ un personaggio siciliano naturalmente, rappresentante del Partito Democratico, si chiama Rosario Crocetta, che ha assunto il ruolo di Presidente della Regione Sicilia e che, oltretutto, in compagnia e grazie alle sollecitazioni dei consiglieri eletti fra i Cinque Stelle sta ottenendo un successo mai raggiunto da nessun altra amministrazione nella storia d’Italia.

GIUSEPPINA: Evidentemente quel successo è qualcosa che irrita terribilmente Cosa Nostra, soprattutto perché è di esempio nefasto verso la popolazione, che così può rendersi conto che anche in una regione manovrata dalla criminalità più potente d’Europa, se si posseggono le volontà e gli adeguati progetti si può addirittura gestire la vita di un’isola così vasta e difficile.
DARIO: Sì sì, certo è straordinario che il successo elettorale dei grillini abbia addirittura mosso l’attenzione della mafia. A parte il segnale deleterio di fondo che esprime: con un po’ di cinismo questa attenzione si può anche leggere come una manifestazione di stima.

GIUSEPPINA: Già, lo stesso compiacimento che sicuramente prova un agnello vedendosi ammirato da un branco di lupi che lo osservano con la bava alla bocca... Nonostante tutto quello che è successo, continuano a considerarlo un despota.
DARIO: Beh, speriamo che Beppe non si monti la testa. D’altra parte ad attenzioni del genere lui c’è abbastanza abituato. Basta leggere i commenti di quasi tutti i giornali della penisola ogni volta che esprime un giudizio o dichiara il proprio programma. 

GIUSEPPINA: E’ vero, il complimento più comune è sempre quello di essere un despota, un tiranno, il capo supremo di una confraternita di semplici che della politica sanno solo per sentito dire.
DARIO: Poi, soprattutto ci sono i maître à penser che tracciano elogi davvero magniloquenti sull’intelligenza e sulla cultura dei due associati Casaleggio e Grillo da produrre subito un attacco di dissenteria spernacchiosa aritmica.

GIUSEPPINA: Dobbiamo però ammettere che Grillo ha fatto l’impossibile per far levitare un interesse addirittura morboso verso il suo personaggio e il movimento tutto. Quel rifiutare la presenza delle televisioni nazionali durante i suoi comizi, il nascondersi durante le visite delle troupe della RAI e di Mediaset, il negare la partecipazione ai talk show ai suoi seguaci e, soprattutto, gli insulti elargiti in una smoderata sequenza alla volta di giornalisti, uomini politici, commentatori e opinionisti vari di gran fama...
DARIO: Adesso poi che anche la mafia si interessa a lui, chi può più arrestare la sua popolarità? Sarebbe esaltante vederlo protetto da truppe armate dello Stato arrivare sistemato dentro un carro armato dal quale spunta solo la sua testa coperta da un casco guerresco.

GIUSEPPINA: Ci manca solo che il Papa in persona da San Pietro mandi un saluto affettuoso al caro fratello Beppe il genovese.
DARIO: No, meglio ancora, sarebbe di maggior valore se Papa Francesco lo paragonasse al Santo di Assisi dicendo: “Non io son degno di portare quel nome, ma Beppe, solo lui, il nostro giullare più amato. Anzi, mi rivolgo a voi miei fedeli per indicarvelo come l’unico degno di salire al Colle del Quirinale per assumere l’incarico di Presidente della Repubblica del nostro paese!” 

GIUSEPPINA: Beh mi pare che qui si stia un po’ esagerando...
DARIO: E allora eleggiamolo almeno Presidente del Consiglio, è il minimo che possiamo accettare.
A proposito di mafia: fra tutti i giornali usciti in Italia in questi giorni le minacce di morte ai giudici, agli omosessuali nonché ai comici – leggi Grillo – sono state riportate solo da tre giornali: il Fatto Quotidiano, il Corriere e La Repubblica in testa. Per quanto riguarda invece i telegiornali ben pochi hanno dato la notizia e sempre accennandola a malapena. Siamo arrivati proprio alla barbarie informativa più smaccata.Infatti nessun’autorità di Stato e di governo pronuncia un monosillabo per dare solidarietà e sostegno ai magistrati nel mirino, “non parliamo ai froci e ai comici”. Come commenta giustamente Travaglio: “Immaginate se la lettera [mafiosa] dicesse ‘non vogliamo al governo il PD’ o ‘Monti’ o ‘Berlusconi’, sarebbe il titolo di apertura di tutti i giornali e tg”. Ma nel nostro caso la regola è il silenzio.
GIUSEPPINA: In compenso quasi tutti i giornali hanno riportato la notizia che il PG della Cassazione Gianfranco Ciani ha appena promosso un’azione disciplinare contro Di Matteo - proprio il giudice che ha ricevuto la minaccia di morte da Cosa Nostra - e la Ministra della Giustizia Paola Severino ha inviato al Procuratore Generale un elogio per l’azione prodotta, per altre ragioni ma legate all’insabbiamento della trattativa Stato-mafia.
DARIO: Ad ogni modo fa impressione il tempismo con cui ci si getta contro personaggi caduti sotto le attenzioni della mafia. Ha quasi il sapore di un biglietto di condoglianze in anticipo. Se succedesse il disastro se la caverebbero tutti a tempo debito con una bella corona di fiori di Stato e Amen.


Infine, il commento del giornalista Andrea Scanzi su Facebook: 

Mi fa paura la lettera mafiosa (ritenuta attendibile) al PM Di Matteo contro il "governo di comici e froci". Mi fa paura che Beppe Grillo non accetti la scorta. Mi fa paura che nessuno ne parli, o quasi, tranne Il Fatto Quotidiano. Mi fa paura, soprattutto, che ora come nel 1992 la politica stia vivendo un cambiamenti drastico. E la mafia, si sa, non ama gli tsunami. Guai ad abbassare la guardia. Guai.



Leggi anche:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/04/05/mafia-fo-non-vuole-comici-e-froci-al-governo-intende-grillo-e-crocetta/553242/

Ha, ha, ha...



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Via libera all'articolo 37 dello Statuto siciliano. Le tasse delle imprese resteranno nell'Isola. - Accursio Sabella

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Via libera all'applicazione dell'articolo 37 dello Statuto speciale siciliano sulla base del quale spettano alla Sicilia le imposte pagate dalle imprese con stabilimenti nell'Isola ma con sede legale altrove. Il governatore Crocetta: "Passaggio storico, da oggi inizia una nuova era per la nostra terra".

PALERMO - "Da oggi le imprese che operano in Sicilia pagheranno le tasse nell'Isola". Ad annunciarlo sono il presidente della Regione Rosario Crocetta e l'assessore all'Economia Luca Bianchi che spiegano: "Uno dei sogni dei padri dello Statuto siciliano e degli autonomisti trova attuazione su proposta della regione siciliana". Dunque è arrivato il via libera all'applicazione dell'articolo 37 dello Statuto speciale siciliano sulla base del quale spettano alla Sicilia le imposte pagate dalle imprese con stabilimenti nell'Isola ma con sede legale altrove.

"Il governo nazionale - aggiunge Crocetta - ha approvato all'unanimità il provvedimento sulla base delle buone prassi di bilancio che il governo siciliano ha avviato, attraverso le azioni di spending review, i tagli delle province, delle partecipate, la revisione di spesa per gli assessorati, il taglio del salario accessorio, la chiarezza dei conti, quindi, sulla base dell'azione di buon governo che la Sicilia sta portando avanti. Il governo siciliano e i siciliani tutti - prosegue la nota del governatore - ringraziano il governo nazionale per il riconoscimento di un diritto. Utilizzeremo nel miglior modo possibile la fiducia che ci viene data, portando avanti con giustizia le politiche di rigore senza massacro sociale, sostenendo le imprese e i poveri".

Il presidente sottolinea l'importanza storica di una battaglia storica che la politica siciliana porta avanti da anni: "Da oggi inizia una pagina nuova per la Sicilia, la sfida di cominciare a farcela da soli, con l'orgoglio di essere siciliani, mettendo a posto i conti e sviluppando l'economia. La Sicilia - continua Crocetta - non vuole vivere di assistenzialismo e parassitismo, vuole vivere con le proprie risorse e questo cambia la prospettiva totale e inverte la tendenza politica di oltre 50 anni. Siamo orgogliosi, felici, insieme a tutti i siciliani, di festeggiare una rivoluzione che continua e che è in corso in Sicilia. Questo è merito di tutti i siciliani. Ce la faremo a fare divenire la nostra regione, una delle più sviluppate d'Europa, ma anche una regione che diventa un simbolo sul piano dei diritti civili, della lotta alla mafia, della trasparenza, dando impulso a una rivoluzione culturale che mette al centro anche i soggetti deboli. Un grazie sentito al presidente del Consiglio e a tutti i ministri ed in particolare al ministro Grilli ed al dirigente Fabrizia La Pecorella. Grazie al ministro Barca per il decreto sui fondi Fas approvato nella seduta di Governo di oggi".


http://livesicilia.it/2013/04/06/via-libera-allarticolo-37-dello-statuto-siciliano-le-tasse-delle-imprese-resteranno-nellisola_293013/

Finalmente!

Emma Bonino - Marco Travaglio



Oggi, 6 aprile, su "il Fatto Quotidiano, Marco Travaglio analizza, ripercorrendola, la carriera politica di Emma Bonino, in vista di una possibile candidatura al Quirinale. Riportiamo di seguito alcuni estratti: 

Da sempre radicale, si è poi candidata nel '94 con Forza Italia fondata da Berlusconi, Dell'Utri, Previti & C., e col centrodestra berlusconiano è rimasta alleata, fra alti e bassi, fino alla rottura del 2006, quando è passata al centrosinistra. Ha ricoperto le più svariate cariche: deputata, senatrice, europarlamentare, commissario europeo, vicepresidente del Senato, ministro per gli Affari europei nel governo Prodi.

Nel '94, quando si candidò per la prima volta con B., partecipò con lui e la Parenti a un comizio a Palermo contro le indagini su mafia e politica. Poi, appena eletta, fu indicata dal Cavaliere assieme a Monti come commissario europeo. Il che non le impedì di seguitare l'attività politica in Italia, nelle varie reincarnazioni dei radicali: Lista Sgarbi-Pannella, Riformatori, Lista Pannella, Lista Bonino. Nel '99 B. la sponsorizzò per il Quirinale, anche se poi confluì su Ciampi. Ancora nel 2005, alla vigilia della rottura, la Bonino dichiarava di "apprezzare ciò che Berlusconi sta facendo come premier" (una legge ad personam dopo l'altra, dalla Gasparri alla Frattini, dal lodo Schifani al falso in bilancio, dalla Cirami alle rogatorie alla Cirielli) e cercava disperatamente un accordo con lui.

Alle meritorie campagne contro il finanziamento pubblico dei partiti, fa da contrappunto la contraddizione dei soldi pubblici sempre chiesti e incassati per Radio Radicale. Nel 2010 poi la Bonino fece da sponda all'editto di B. contro Annozero : il voto radicale in Vigilanza fu decisivo per chiudere i talk e abolire l'informazione tv prima delle elezioni. Con tutto il rispetto per la persona, di questi errori politici è forse il caso di tenere e chiedere conto. 


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