mercoledì 26 giugno 2013

Rc auto, Autorità contro il caro tariffe.



Consumatori, nel 2013 aumenti di 35 euro.

ROMA - "L'amplissimo divario" fra i livelli delle tariffe Rc auto "prevalenti in Italia e quelli molto più bassi di altri paesi" Ue è un fenomeno che "sta assumendo una connotazione di ingiustizia grave". Lo afferma il presidente dell'Ivass Salvatore Rossi nella Relazione, aggiungendo che "le tariffe possono e debbono scendere".
Il presidente dell'Ivass ha spiegato il fenomeno dell'elevato livello delle tariffe Rc auto "sta assumendo una connotazione di ingiustizia grave nella fase di difficoltà in cui molte famiglie italiane versano per effetto della crisi che investe il Paese. Ne è un pericoloso segnale - ha aggiunto - il numero crescente di veicoli che circolano sprovvisti di assicurazione". "Nell'interesse dei consumatori onesti e dell'intero sistema é necessario individuare soluzioni rapide e durature", ha sottolineato Rossi indicando che le tariffe "possono e devono scendere, senza pregiudicare la solvibilità delle compagnie, se vengono messi in campo gli opportuni presidi. L'Ivass - ha aggiunto - si adopererà perché questo obiettivo si realizzi". Rossi ha spiegato che le misure introdotte lo scorso anno dai decreti 'liberalizzazioni' e 'sviluppo bis' "già consentono progressi" e l'Ivass "sta redigendo i numerosi regolamenti attuativi, sta collaborando con i Ministeri competenti a predisporne altri, sta realizzando le previste infrastrutture tecnologiche. Dobbiamo procedere speditamente, pur con la limitazione delle risorse imposta dalla legge".
L'Ivass intende avviare con l'Antitrust una "iniziativa comune" in tema di tariffe Rc Auto, ha aggiunto Rossi, precisando che lui stesso tornerà "più diffusamente" a parlarne in occasione dell'Assemblea annuale dell'Ania del 2 luglio prossimo, dando conto anche di questa iniziativa
A pesare sugli alti livelli dell'Rc auto in Italia "vi possono essere scarca concorrenza; inefficienze delle imprese, anche nella liquidazione dei sinistri; costi indebiti legati a comportamenti fraudolenti degli assicurati nel richiedere indennizzi sui sinistri, talvolta con l'intervento della criminalità organizzata". E "quest'ultima patologia produce forti distorisioni del mercato, acute in alcune aree del Mezzogionro".
CONSUMATORI - "Finalmente anche l'Ivass si accorge di come le tariffe rc auto rappresentino un 'flagello' per gli assicurati italiani". Così il Codacons commenta le dichiarazioni del presidente dell'Ivass Salvatore Rossi, che ha parlato oggi di "ingiustizia grave" riferendosi al divario tra le tariffe praticate in Italia e all'estero. "In Italia non solo i costi delle polizze rc auto sono i più alti d'Europa - aggiunge il Codacons - ma i rincari che hanno colpito negli ultimi anni le tariffe sono i più elevati del mondo, raggiungendo in meno di 20 anni quota +250%. Se da un lato cresce il divario tra il nostro paese e il resto del mondo, dall'altro si verifica un altro fenomeno altamente dannoso per gli automobilisti: aumentano le differenze tra Nord e Sud Italia, con i cittadini residenti nelle città del mezzogiorno costretti a subire tariffe stellari e aumenti annui a due cifre. Basti pensare che un neopatentato residente nel sud può arrivare a pagare una polizza rc auto fino ad 8.000 euro in più rispetto ad un neopatentato che vive al nord", conclude il Codacons.
Negli ultimi 18 anni (1994-2012), i costi medi delle tariffe rc auto sono più che triplicati, passando da 391 euro del a 1.350 euro. Anche per il 2013, nonostante il crollo del mercato automobilistico e dell'utilizzo dell'auto, sono previsti ulteriori rincari di 35 euro che faranno salire il costo di una polizza per una media cilindrata (max. 1.800 c.c.) a quota 1.385 euro. E' quanto calcolano Adusbef e Federconsumatori, giudicando "positiva" l'iniziativa comune Ivass-Antitrust. Quella dell'rc auto, proseguono, è infatti "una situazione insostenibile, che non ha pari in Europa". Ma il divario non interessa solo il confronto tra l'Italia e gli altri paesi europei: "negli ultimi anni si è fatta sempre più marcata la differenza tra i costi dell'rc auto al Nord ed al Sud Italia, aggravata dall'atteggiamento al limite della legalità adottato da molte compagnie che, soprattutto al Sud, operano disdette strumentali, per poi riproporre una nuova polizza con prezzi elevatissimi (nel migliore dei casi con un aggravio del 50%). Un comportamento che - concludono - si configura in piena violazione della legge dell'obbligo a contrarre".

Industria, sei ragioni del declino italiano. Tra queste il costo del lavoro. - Salvatore Cannavò


L’austerità, la competizione sul costo del lavoro, imprese piccole e poco innovative, la corruzione. Ecco come si smantella l’Italia produttiva. L’ultima tabella dei tavoli di crisi presso il ministero dello Sviluppo economico (fonte Cisl) descrive 136 situazioni di sofferenza per 160.024 lavoratori coinvolti. Ma è un dato che si riferisce solo alle grandi imprese.

I segnali del declino industriale italiano sono sotto gli occhi di tutti. L’ultima tabella dei tavoli di crisi presso il ministero dello Sviluppo economico (fonte Cisl) descrive 136 situazioni di sofferenza per 160.024 lavoratori coinvolti. Ma è un dato che si riferisce solo alle grandi imprese. Grandi marchi come IndesitNatuzziCandyBridgestone oppure la spina dorsale dell’Italia industriale: Ast Terni, Fin-cantieri, Ansaldo Breda, Alcatel, Menarini. Solo nella settimana tra il 3 e il 9 giugno la Cgil ha conteggiato circa 10 mila posti di lavoro a rischio.
Anche i dati del Centro studi Confindustria sono impietosi: tra il 2007 e il 2013, tutti i settori, tranne il farmaceutico, sono andati in crisi, “autoveicoli” in testa (-45%). Seguiti dal “legno” a -42, tessile (-34%), metallurgia (-29), mobili (-26) chimica (-20), o pellame (19,4%). Per capire le cause di un tale disastro occorre risalire a più ragioni.
RECESSIONE - La prima riguarda l’austerità. Grazie al rigore finanziario nel 2012 la spesa delle famiglie si è ridotta del 4,3% e la flessione degli investimenti fissi lordi è stata del 10% circa (fonte Banca d’Italia). La flessione viene da lontano, almeno dal 2007, inizio della crisi. In questo intervallo si sono perse 55 mila aziende manifatturiere e il saldo tra quelle cessate e quelle neonate, è stato per 10mila unità.
CONCORRENZA - Per un paese in cui la manifattura ha il 50% del proprio valore aggiunto nell’export, la crescita dei paesi emergenti è stata micidiale. L’Italia è stata spiazzata dalla globalizzazione: se nel 1991-‘92 la Cina occupava il 4% nella produzione manifatturiera, oggi è arrivata al 21,4%; gli Usa sono passati, nello stesso periodo, dal 21,8 al 15,4%; la Germania dal 9,1 al 6,1 e l’Italia dal 5,5 al 3,1%. “La posizione relativa raggiunta da economie demograficamente piccole come quelle europee negli anni 70 va considerata storicamente irripetibile” dice Confindustria. La Cina morde alla nuca di un occidente che resta sviluppato (l’Italia è al quinto posto nelle esportazioni manifatturiere) ma potrebbe non essere più il ponte di comando assoluto. In questo quadro, tutti i Paesi, soprattutto gli emergenti, puntano sulla “concentrazione settoriale”. Cioè, la specializzazione. Dove l’Italia perde terreno. Lo dimostra il dato di “complessità dell’export”, misurato dal CsC che misura la differenziazione dei prodotti e la loro esclusività: l’Italia è arretrata dall’1,7 del 1995 all’1,3 del 2008. I paesi emergenti, però, crescono e si rafforzano spalleggiati da un ruolo attivo dello Stato e dell’intervento pubblico. L’Italia sembra, invece, aver abbandonato qualsiasi politica industriale.
DIMENSIONE -  Il ritardo deriva anche dalla dimensione troppo piccola dell’impresa italiana garantita, un tempo, da alcuni colossi in regime di monopolio e sovvenzionati dallo Stato e oggi costretta a fare da sola. Ma, come rileva la Relazione annuale della Banca d’Italia, la ridotta dimensione aziendale “influisce negativamente ” e frena la capacità di competizione internazionale. Secondo i dati Eurostat relativi al 2010, “le imprese manifatturiere italiane hanno un numero medio di addetti di 9,4, il 12 per cento in meno della Spagna, poco più della metà che in Francia e meno di un terzo che in Germania. Le imprese con meno di 20 addetti sono quasi il 93 per cento del totale, quelle con almeno 250 addetti lo 0,3 per cento.
COSTO DEL LAVORO - Le imprese lamentano la scarsa produttività e, di conseguenza, l’alto costo del lavoro per unità di prodotto (Clup). Il sindacato sostiene però che per produrre di più serve un livello di tecnologia migliore. La produttività è un parametro scivoloso: il suo livello dipende anche dalla stagnazione della produzione. Scende in tempi di recessione e sale, ad esempio, se aumenta la disoccupazione. Per quanto riguarda il Clup, poi, nel confronto con la Germania, l’Italia ha perso, tra il 2007 e oggi, solo il 2%. Il grosso dello svantaggio, -15%, deriva dagli anni 2000, quando la Germania ha siglato un patto sociale molto vantaggioso per le imprese. Il ritardo, però, non è facilmente colmabile. A meno di scommettere sulla delocalizzazione come ha fatto la Fiat o la Bridgestone. E come si appresta a fare la Brembo di Alberto Bombassei.
INNOVAZIONE -  A garantire la tenuta dovrebbe essere l’innovazione tecnologica, propedeutica alla specializzazione e alla concorrenzialità intra-europea. Ma “l’incidenza della spesa in R&S sul Pil in Italia nel 2011 era dell’1,3% rispetto all’1,9 della media Ue e al 2,8 della Germania”. L’Italia spende poco, soprattutto nel settore privato, grazie anche a imprese troppo piccole e a conduzione familiare.
SISTEMA-PAESE - L’Italia ha, infine, una burocrazia elevata, tempi lunghi della giustizia civile, carenze infrastrutturali. Secondo la Banca d’Italia, negli ultimi due anni si sono fatti degli sforzi, ma non abbastanza. Per la Banca mondiale la corruzione equivale a circa il 3% del Pil mondiale. La Corte europea l’ha stimata al-l’1% del Pil europeo. Con questi parametri il costo per l’Italia dovrebbe oscillare tra i 15 e i 45 miliardi. Ma non esistono stime ufficiali. Nella classifica sull’indice di corruzione percepita nel mondo, però, l’Italia è al 72° posto. Al primo, a pari merito, ci sono Finlandia, Danimarca e Nuova Zelanda. Agli ultimi tre, Afghanistan, Corea del Nord e Somalia. Siamo nel mezzo. In tutti i sensi.

martedì 25 giugno 2013

Boccia, l'economista (?????) su twitter...

Gli F35? Secondo Francesco Boccia (Pd) sono elicotteri

in sostanza cara @crialicata non si tratta di fare guerre,con gli elicotteri si spengono incendi,trasportano malati, salvano vite umane #F35
— Francesco Boccia (@F_Boccia) June 25, 2013

lunedì 24 giugno 2013

Ruby, Berlusconi condannato a sette anni Interdizione per sempre dai pubblici uffici.

Berlusconi condannato a 7 anni e interdetto da pubblici uffici


Il pm aveva chiesto 6 anni per concussione per induzione e prostituzione minorile. Ghedini: fuori da ogni logica, faremo appello. Condanna 'breaking news' nel mondo.

Silvio Berlusconi, imputato  a Milano per il caso Ruby, è stato condannato a sette anni per entrambi i reati contestati: concussione per costrizione e prostituzione minorile. Il Cavaliere e' stato anche interdetto a vita dai pubblici uffici. Lo hanno deciso i giudici con la sentenza di oggi, stabilendo per lui anche l'interdizione legale per la durata della condanna. 
Il tribunale di Milano ha inflitto a Silvio Berlusconi una pena più alta di quella richiesta dal pubblico ministero Boccassini: sette anni, contro i sei richiesti dall'accusa. I giudici hanno disposto la confisca dei beni già sequestrati in passato a Ruby e al suo compagno Luca Rizzo.
I giudici hanno disposto la trasmissione degli atti alla Procura affinché valuti le presunte false testimonianze rese da alcuni testimoni nel corso del dibattimento.
Kharima el Maroug, in arte Ruby, sarebbe partita per il Messico con il compagno Luca Risso in vacanza. Secondo quanto appreso, la coppia sarebbe già dovuta partire una settimana fa ma ha dovuto procrastinare la partenza per motivi legati al volo.
SENTENZA E' 'BREAKING NEWS' NEL MONDO - "L'ex premier Berlusconi condannato a 7 anni di prigione per lo scandalo Rubygate". Così la sentenza a carico di Silvio Berlusconi irrompe come 'breaking news' sui media di tutto il mondo, dai britannici Bbc e Financial Times, dal Wall Street Journal allo spagnolo El Mundo fino al tabloid tedesco Bild e al francese Le Figaro.
WSJ, SENTENZA MINACCIA STABILITA' FRAGILE GOVERNO - "Una sentenza che minaccia di stabilizzare il fragile governo di coalizione in Italia": così il Wall Street Journal sulla condanna di Silvio Berlusconi nel processo che in America è stato ribattezzato 'Ruby heart-stealer', la cui notizia è apparsa immediatamente sulla homepage del sito del giornale americano. "La sentenza fa seguito a un clamoroso processo che ha gettato luce sulla controversa vita privata dell'ex primo ministro italiano", scrive il Wsj.
ALFANO CHIAMA CAV, TIENI DURO ANDIAMO AVANTI - "Ho chiamato il presidente Berlusconi per manifestargli la più profonda amarezza e l'immenso dolore di tutto il Popolo della Libertà, per una sentenza contraria al comune senso di Giustizia, al buon senso e peggiore di ogni peggiore aspettativa. L'ho invitato a tenere duro e ad andare avanti". Lo afferma Angelino Alfano.
GHEDINI, SENTENZA FUORI DA OGNI LOGICA - La condanna di Silvio Berlusconi a sette anni di carcere per il caso Ruby è "fuori da ogni logica". Lo ha detto l'avvocato Niccolò Ghedini, facendo notare come "addirittura i giudici siano andati al di là delle richieste dei pm". "Lo diciamo da due anni e mezzo, tre anni, che qua, a Milano, questo processo non si poteva fare". Lo ha affermato l'avvocato Niccolò Ghedini commentando con i cronisti i sette anni di carcere per Berlusconi per il caso Ruby. "E una sentenza larghissimamente attesa. Faremo appello nei termini di quaranta giorni, dopo che verranno depositate le motivazioni tra novanta giorni", ha aggiunto Ghedini.
SANTANCHE', VERGOGNA, E' UNA SENTENZA POLITICA - "E' una vergogna, è una sentenza politica che con la giustizia non ha niente a che fare". Lo ha detto l'esponente del Pdl Daniela Santanché uscendo dal Palazzo di Giustizia. Santanché ha negato che possano esserci ripercussioni sul Governo. "La giustizia e il Governo sono cose diverse - ha spiegato - se il Governo fa le cose che servono il nostro sostegno è senza se e senza ma". Santanché ha negato anche l'ipotesi che la sentenza possa essere la fine dell'esperienza di Berlusconi politico.
MARYSTELL POLANCO, SONO SCIOCCATA HO DETTO VERITA' - "Sono scioccata non mi hanno creduto, non ci hanno creduto, io ho detto la verità e se mi chiamano di nuovo ripeterò quello che ho sempre raccontato". Lo ha detto all'ANSA Marysthelle Polanco, una delle 'olgettine' più vicine a Silvio Berlusconi, che ha sempre difeso. Polanco é uno dei testimoni per i quali è stata disposta la trasmissione degli atti alla Procura affinché valuti la presunta falsa testimonianza resa durante il dibattimento.
GRUPPO DI MANIFESTANTI ESULTA PER LA CONDANNA - Un piccolo gruppo, composto da una decina di manifestanti, radunato davanti al Palazzo di Giustizia di Milano, ha accolto con applausi e grida di esultanza la notizia della condanna di Silvio Berlusconi. Alcuni di loro hanno intonato l'inno d'Italia. L'esponente del Pdl Daniela Santanché è stata accolta da fischi e insulti da parte dei manifestanti davanti al Palazzo di Giustizia, che hanno gridato "vergogna" quando è uscita dal tribunale. Davanti al Palazzo di Giustizia si sono radunati anche alcuni esponenti del Movimento Cinque Stelle, che hanno esposto la bandiera della forza politica.
BOCCASSINI ASSENTE, IN AULA BRUTI LIBERATI: E' POLEMICA - Era già programmata da tempo la presenza nell'aula del processo Ruby del Procuratore della Repubblica di Milano Edmondo Bruti Liberati per la lettura della sentenza nei confronti di Silvio Berlusconi. Da tempo, inoltre, il procuratore aggiunto Ilda Boccassini, assente, aveva programmato un periodo di ferie. E' questo il motivo, spiegano dal Palazzo Di Giustizia, per cui a fianco del pm Antonio Sangermano non c'era, come sempre, Ilda Boccassini, ma Bruti Liberati. Infatti, il procuratore capo, quando il 6 aprile 2011 cominciò il dibattimento, era venuto in aula per esprimere la condivisione dell'ufficio con il lavoro dei due pm e, per la stessa ragione, aveva già previsto di essere presente il giorno del verdetto. Solo che allora, poiché già i due pm erano in toga, Bruti aveva abiti 'civili'. Oggi invece, mancando Ilda Boccassini, ha messo la toga."Qual è il significato della presenza del Procuratore Capo Bruti Liberati nell'aula del tribunale di Milano? E' infatti inusuale e molto singolare quanto sta accadendo: lo dobbiamo interpretare come un 'segnale' al collegio giudicante? Se così fosse, sarebbe un preoccupante. Finora il procuratore Bruti Liberati non ha partecipato alle udienze dibattimentali e solo oggi sceglie di essere in aula. Non crediamo alle coincidenze". Lo afferma il capogruppo del Pdl in Commissione Giustizia alla Camera, Enrico Costa."Ci sono fatti che hanno una forte valenza simbolica, nei confronti dei cittadini, dei media, e soprattutto di chi si prepara a giudicare. Come mai, oggi e proprio oggi, il procuratore capo Bruti Liberati, nell'imminenza della sentenza, ha ritenuto di essere presente in Aula?". Lo afferma Daniele Capezzone, Presidente della Commissione Finanze della Camera e Coordinatore dei dipartimenti Pdl.

Un clochard benefattore



Arrivato al 98esimo anno di età Dobri Dobrev,è un uomo che ha perso l'udito durante la seconda guerra mondiale. Ogni giorno se ne va a 10 km dal suo villaggio con i suoi vestiti fatti in casa e le scarpe di cuoio per la città di Sofia, dove trascorre la giornata chiedendo soldi.

Anche se è molto famoso in città , ben noto da tutti per le sue prostrazioni di grazie a tutti quelli che gli regalano qualcosa, è stato solo di recente scoperto che egli ha donato ogni centesimo che ha raccolto - oltre 40.000 euro - per il ripristino degli orfanotrofi in bulgaria e per pagargli le bollette!!!!per lui tiene solamente gli 80euro della pensione statale...

possiamo definirlo un vero UOMO ...


https://www.facebook.com/photo.php?fbid=635189476492486&set=a.601268016551299.1073741827.601254293219338&type=1&theater

domenica 23 giugno 2013

VITA DA PARLAMENTARE.



Lei è la deputata PDL Gabriella Giammanco. L'altro giorno, avvertita di una imminente seduta mattutina alla Camera, ha esclamato: "Ma mi devono montare lo scaldabagno."

https://www.facebook.com/photo.php?fbid=597292796970302&set=a.299496286749956.75296.172736606092592&type=1&theater

Debbono averle detto che fare la parlamentare del Pdl non le avrebbe comportato alcun impegno e che era come aver ottenuto un posto a tempo determinato e a part time molto ben remunerato.

Finmeccanica usava la mafia. - Lirio Abbate e Paolo Biondani



Per vendere i suoi elicotteri in Africa, il colosso statale italiano si rivolgeva a un potente tesoriere di Cosa Nostra, Vito Roberto Palazzolo, che faceva da 'mediatore' con i governi locali. E' la nuova pista dei pm.

Mafia, armi, tangenti, faccendieri italiani e politici africani. C'è una nuova istruttoria che scotta sugli affari internazionali di Finmeccanica e che potrebbe creare presto problemi per la vecchia gestione del colosso degli armamenti. La procura di Palermo infatti ha trasmesso altri atti ai pm di Napoli ed insieme stanno indagando sui contratti ottenuti dal colosso statale dell'aeronautica nel Continente nero. Ora nell'occhio del ciclone c'è un manager che fino a pochi mesi fa rappresentava Finmeccanica in tutta l'Africa sub-sahariana. Ed è pure sospettato di essersi fatto sponsorizzare da uno dei più ricchi e potenti riciclatori di Cosa nostra: Vito Roberto Palazzolo, grande tesoriere della mafia siciliana diventato un magnate in Sud Africa nonostante le condanne. 

La svolta nell'African Connection è arrivata dalle dichiarazioni di un nuovo testimone, un manager italiano di una società mista che produce aerei, creata da Finmeccanica con un gruppo straniero. Anche lui afferma di aver incontrato Palazzolo a un vertice d'affari, probabilmente in Angola, con due dirigenti di Finmeccanica. «Ce lo ha presentato Chabrat», gli dissero i due colleghi, spiegando che fu lo stesso superiore a farli viaggiare insieme a quello strano «collaboratore del gruppo per l'Africa del Sud». Presentandosi, il signor Von Palace gli lasciò un biglietto da visita, con annotazioni scritte di suo pugno. E ora il testimone ha consegnato tutto agli inquirenti, mettendoli in grado di riscontrare il suo racconto anche con una perizia grafica.

Di qui la svolta. La procura di Palermo comincia a indagare direttamente su Chabrat, che dal 2000 è il fiduciario in Africa di Luigi Orsi, a lungo numero uno di Agusta e poi amministratore delegato di tutta Finmeccanica, fino all'arresto per le presunte tangenti sulla vendita di elicotteri all'India. Dagli accertamenti degli inquirenti sono emersi nuovi elementi, considerati pesanti. Chabrat ora viene accusato di aver parlato apertamente di fondi neri da creare attraverso triangolazioni societarie all'estero: soldi necessari a pagare «ministri africani». Insomma, un altro giro di tangenti milionarie gestite da Finmeccanica, una nuova accusa che chiama in causa un manager legato a Orsi. 


L'inchiesta è un calderone di veleni. Chabrat è sospettato tra l'altro di essere l'ispiratore di una serie di minacce che hanno spaventato il secondo manager italiano: quando ancora nessuno sapeva che fosse un testimone d'accusa, si è sentito dire che, per salvarsi la vita, gli sarebbe servito un bel «programma di protezione». Dopo l'arresto di Orsi, Chabrat è stato allontanato per volontà del nuovo numero uno di Finmeccanica, Alessandro Pansa. 

Ora a Palermo gli inquirenti attendono soprattutto di poter tornare a interrogare Palazzolo, il custode di mille segreti economici di Cosa nostra, che in Thailandia ha già ammesso senza esitazione di conoscere bene Chabrat. Il miliardario mafioso è stato arrestato il 30 marzo 2012 all'aeroporto di Bangkok: tradito da un viaggio d'affari, da una soffiata e da incauti messaggi su Facebook. Certo, a differenza dei normali detenuti ristretti in camerate da 20 persone, Palazzolo ha una stanza singola nell'infermeria del carcere. Ma la Corte suprema thailandese ha già autorizzato l'estradizione in Italia: la difesa ha tentato un estremo ricorso, che dovrebbe decidersi entro sei mesi. 

Appena arrestato in Thailandia, Palazzolo si era detto pronto a farsi interrogare «sui fatti fino al 1984». I pm di Palermo non vogliono porre limiti. Sembrava un principio di collaborazione, in cambio di una "permanenza" agiata nei penitenziari italiani, senza essere sottoposto al 41 bis, il carcere duro. Ma quando gli è stato chiesto dei suoi rapporti con Finmeccanica si è chiuso a riccio. Ha ritirato la sua velata collaborazione e non ha più aperto bocca.


http://espresso.repubblica.it/dettaglio/finmeccanica-usava-la-mafia/2209532