lunedì 29 luglio 2013

LA SESIUS TAX. - Eugenio Benetazzo










Tutto ebbe inizio nel 1958 quando Angelina Merlin, ostile maestra padovana e senatrice socialista intollerante dell'ipocrisia cristiana che consentiva ai maschi dell'epoca la frequentazione delle case chiuse, forte della sua idilliaca vocazione nel difendere i soggetti più deboli (leggasi allora le donne), si fece portavoce ed autrice della infelice Legge Merlin per l'abolizione della prostituzione. 
Sono passati più di cinquant'anni e sono nel frattempo cambiati anche molti costumi e punti di riferimento per il nostro tessuto sociale, a distanza di così tanto tempo una riflessione è pertanto dovuta. Se l'obiettivo della legge e della senatrice era quello di scoraggiare il meretricio e i suoi potenziali clienti, allora possiamo dire che il fallimento legislativo è plateale. Sino a prima dell'arrivo della Merlin, in Italia, intesa come denominazione geografica, la prostituzione è sempre stata regolamentata e consentita, andando dall'Antica Roma sino al Regno delle Due Sicilie, quest'ultimo che con grande lungimiranza aveva addirittura previsto il rilascio di una patente o concessione reale per l'esercizio della professione, se così possiamo chiamarla.

Il fenomeno della prostituzione in Italia è ormai privo di qualsiasi controllo grazie ad una legge tanto obsoleta quanto ridicola per l'epoca in cui stiamo vivendo. 
Tanto per dare alcuni numeri in Italia si stimano essere operative oltre 70 mila prostitute, la maggior parte delle quali esercita in strada o in luoghi pubblici (65%). Circa 20 mila sono straniere, soprattutto di etnia africana e slava. Il parco clienti è stimato in nove milioni di maschi, il che significa che ai fini statistici quasi un maschio su due è un potenziale cliente, considerando una popolazione maschile tra i 15 ed i 65 anni di quasi 20 milioni. Il dato che pochi invece soppesano adeguatamente è la percentuale di donne vittima del racket della prostituzione, vale a dire il 10%, questo significa che la quasi totalità (il restante 90%) sceglie liberamente di prostituirsi per i più vari motivi. Uno di questi probabilmente è rappresentato dalle aspettative di reddito, che può andare dai 3.000 agli oltre 10.000 euro mensili. Tax free naturalmente.  In Italia, infatti, non è considerato reato la vendita del proprio corpo, mentre lo è lo sfruttamento del corpo altrui anche se in ambiente organizzato. Questa assurdo quadro legislativo ha permesso proprio la mercificazione corporale nelle strade oltre che nelle case, tuttavia in piena clandestinità.

Eppure la prostituzIone non è illegale in gran parte dell'Europa,  ogni singolo stato cerca invece di punire le varie forme di sfruttamento, favoreggiamento ed induzione, nella speranza che questo renda più difficile il prostituirsi. L'era dei social network con tutte le loro potenzialità, unita alle risorse tecnologiche degli smart phone, ha letteralmente creato un effetto over boost all'intero settore del sesso a pagamento. Oggi infatti non vengono considerati e nemmeno normati severamente fenomeni di nuova generazione come il sexting (l'invio di immagini sessuali esplicite, principalmente tramite dispositivi di telefonia mobile, ma anche tramite altri mezzi informatici) che rappresentano nuove forme di microprostituzione. Le foto ed i video servono per pure finalità di marketing nell'intento di adescare nuovi potenziali clienti a cui erogare successivamente prestazioni sessuali complete. Deve fare rabbrividire per chi è un giovane padre sapere che l'ambiente in cui si svolgono tali incontri è nella stragrande maggioranza dei casi la scuola pubblica. Personalmente ho in più occasioni esplicitato la necessità di istituzionalizzare e tassare la prostituzione, stimando ungettito fiscale compreso tra i 10 e i 15 miliardi annui.

La mia personale proposta è la S.E.S.I.U.S. Tax intesa come acronomo di Soggetti Erogatori di Servizi di Intrattenimento e di Utilità Sociale, riferendosi tanto a chi si prostituisce (maschi e femmine) in modalità convenzionale quanto a chi si rivolge a un pubblico dedicato o di nicchia pensiamo ad esempio alle escort di lusso. La Sesius Tax è concepita come una licenza amministrativa che prevede, a pagamento, un rinnovo annuo in base alla tipologia di attività di intrattenimento sessuale che si desidera esercitare: in questo modo eventuali fenomeni di repressione o l'attività sanzionatoria diventano di  facile ed intuibile implementazione. I vantaggi e benefici per la collettività si possono identificare su tre diversi steps: monitoraggio sanitario (ogni intestatario di licenza deve effettuare periodicamente accurati controlli medici),sicurezza pubblica (chi decide di esercitare sulla strada può stazionare solo in prossimità di un parchimetro come è già stato introdotto ad esempio nella città di Bonn) ed infine un aumento del gettito fiscale grazie agli introiti provenienti dai rinnovi annui. Il vantaggio della licenza al posto dell'obbligo di rilascio di una ricevuta fiscale per ogni prestazione ha lo scopo di evitare fenomeni di evasione fiscale più che altro dovuti a motivazioni di privacy della clientela.

http://www.eugeniobenetazzo.com/licenza-di-prostituirsi.htm






Andrea Scanzi.



L'attesa per domani è in buona parte ipocrita, perché Silvio Berlusconi è stato già condannato in primo grado e in appello. La Corte Suprema di Cassazione non entra nel merito della sentenza, limitandosi a valutare rispetto delle norme e procedure.
Berlusconi è già stato condannato a quattro anni per evasione fiscale e a cinque anni di interdizione dai pubblici uffici. In qualsiasi altro paese non farebbe più politica. Oltretutto ha molti altri processi pendenti. Eppure sta sempre lì. Da vent'anni. Grazie agli italiani che lo votano e grazie al Pd (e predecessori: que viva Violante) che lo ha sempre tenuto in vita. Anzitutto adesso.
Nel centrodestra sono sicuri del rinvio di un mese. Anche ammesso che venisse confermata la condanna, sono certi che il governicchio Letta andrebbe avanti (come ha ordinato Berlusconi nella solita intervista rilasciata a Libero e poi smentita) e che in qualche modo Napolitano e centrosinistra organizzerebbero una sorta di amnistia ad personam.
Nel caso peggiore, molto poco probabile, Berlusconi è pronto ad affidarsi alla figlia Marina come megafono e portavoce.
E nel Pd? L'attesa è vissuta con grande nervosismo. Ciò che più innervosisce è proprio la conferma della condanna: "Il Pd non reggerebbe l'urto e salterebbe come un birillo", dice Ugo Sposetti. Gli unici a "sperare" in una conferma della condanna sono quelli di Occupy Pd: "Alle volte è difficile non dare ragione a Grillo. Pd sveglia".
Santanché promette guerriglia, Biancofiore promette guerriglia. E Letta, beato lui, è "sereno".
Berlusconi non andrà comunque in galera. Glielo impediscono - toh, che coincidenza - le norme che escludono la detenzione in carcere per gli ultrasettantenni. In caso di condanna definitiva, la prospettiva sarebbe quella dell'affidamento in prova ai servizi sociali. Se li rifiutasse, rischierebbe al massimo gli arresti domiciliari.
La Sezione Feriale della Cassazione che deciderà domani il suo futuro può scegliere tra il rinvio di un mese (con rischio prescrizione); la condanna, l'assoluzione e l'annullamento del procedimento con nuovo processo (e prescrizione certa). Berlusconi non ha troppi motivi di essere pessimista. Nessuno dei cinque giudici è una toga rossa. Al contrario, è una Sezione fortemente e dichiaratamente conservatrice. Il relatore sarà Amedeo Franco, il presidente Antonio Esposito (padre del Pm Ferdinando, noto anche per le cene private con Nicole Minetti). Non è "rosso" nemmeno il rappresentante della Procura della Cassazione, Antonio Mura, braccio destro del procuratore generale Gianfranco Ciani e uomo di punta di Magistratura Indipendente, la corrente di destra delle toghe (di cui è stato anche presidente). E non sono "rossi" gli altri tre giudici a latere: Claudio D'Isa, Ercole Aprile e Giuseppe De Marzo.
La sensazione è che il Partito Unico vincerà anche stavolta, domani o tra un mese, e l'Italia perderà un altro treno per raggiungere un livello minimo di decenza.
Buona catastrofe.


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sabato 27 luglio 2013

L'acqua santa...



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Ecco dove può arrivare l'indifferenza dell'uomo!



E non venitemi a parlare di religione!

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Sferracavallo, Isola delle Femmine. Tramonto




Tesi, discorsi e programmi copiati: esiste il software anti plagio. - Loredana Di Cesare

Studenti Università


Il programma dal nome Turing è stato reso operativo all'università Bocconi di Milano nel 2011 e permette di verificare che l'autenticità delle tesi di laurea. Un sistema che se applicato anche per i politici rivelerebbe i numerosi "prestiti".

Se uno studente copia la tesi, rischia la sospensione dall’università. Se un ministro copia un discorso o una relazione programmatica, invece, nessun problema: Governo e Parlamento non hanno nulla da rimproverargli. Nessuna sanzione, nessuna censura. Eppure il software anti plagio – il suo nome è Turing – è stato reso operativo, nell’università Bocconi di Milano, dal 2011: nello stesso anno, il suo ex rettore, Mario Monti, che lasciò l’ateneo milanese per assumere la guida del Governo, copiò alcuni passaggi del programma fiscale dalle relazioni di Bankitalia, senza citarne la fonte. Un retroscena rivelato dal quotidiano Libero che non ci risulta sia stato smentito.
Ciò accadeva mentre la sua Bocconi – dov’è rientrato da un mese in qualità di presidente del consiglio di amministrazione dell’Università – sperimentava gli effetti pratici del software “Turing” sugli studenti. Risultato della sperimentazione: negli ultimi 18 mesi, un laureando è stato sospeso e allontanato dall’università perché aveva copiato la tesi di un suo collega. Tra i comportamenti sanzionabili – si legge nel codice etico (honor code) dell’istituto milanese – c’è appunto quello di “appropriarsi di idee, concetti, presentazioni, dati e di ogni altra informazione elaborata o riportata in scritti o in interventi orali altrui senza espressamente e correttamente indicarne le fonti”.
Ma da quando è stato “lanciato il programma anti plagio, e gli studenti sono a conoscenza della possibilità di essere scoperti, si è messo in moto un meccanismo virtuoso e un regime di deterrenza per cui ogni possibilità di plagio è impedita sul nascere – precisa Roberto Grassi, dirigente responsabile divisione didattica e componente della commissione disciplinare della Bocconi. Infatti, un solo caso di copiatura, in un anno e mezzo, è stato scoperto. “Nel momento in cui viene individuato un plagio – spiega Grassi – la tesi è annullata, lo studente deve riscriverla, è sottoposto a un provvedimento disciplinare e scatta la sanzione, legata a quelle previste dal ministero dell’Istruzione: sospensione da sei mesi a tre anni e allontanamento dalla vita universitaria”. In sintesi, a uno studente che copia, viene bloccata la carriera eritardato l’accesso nel mondo del lavoro. “Possiamo soltanto sospendere e non espellere lo studente – dice Grassi – fatto che avviene per esempio negli Stati uniti, perché l’espulsione non è prevista dalla normativa italiana”. Ai 13 mila bocconiani, l’università manda ogni anno una lettera con tutte le tipologie di provvedimenti disciplinari con equivalente sanzione.
“Ciò che ci caratterizza – continua Grassi – è che noi abbiamo inserito questo software anti plagio in automatico, quindi tutti i lavori di laurea, una volta completati, passano al vaglio del sistema Turing. Il docente, dunque, riceve insieme alla copia della tesi anche la copia del report anti plagio”. Insomma, la chiave del successo, è un prodotto made in Bocconi, che verifica l’autenticità di un elaborato, in pochi minuti, incrociando le informazioni pubblicate sul web e quelle presenti nella base dati della Bocconi.
Usato in chiave politica, il software sarebbe stato utile per scoprire che l’ex premier Monti era stato “ispirato” dal giuslavorista Pietro Ichino per esprimere le idee della sua agenda. Nessuna smentita dal professore e Ichino intervistato da Radio 24 ha dichiarato che il suo documento era online da mesi. Bastava confrontare l’agenda Monti sulla rete e il saccheggio sarebbe stato scoperto. Invece nessuno ha fiatato. Il Turing avrebbe funzionato anche per la neo ministra della Salute Beatrice Lorenzin che, al primo esordio ufficiale a un congresso di medici, ha presentato un programma con parti interamente copiate dal Libro bianco dell’ex ministro, Maurizio Sacconi. Anche in questo caso, la fonte non è stata indicata. Tutt’altra storia in Germania dove, per il copia e incolla della tesi di dottorato, il ministro della Difesa, Karl Theodor zu Guttemberg, nel 2011, ha dovuto dimettersi. E pensare che non c’è stato neanche bisogno del sistema elaborato dalla Bocconi.

Caso Ablyazov, il tribunale accusa la polizia: “Omissioni e fretta insolita”.

Figlia Mukhtar Ablyazov


Il magistrato di Roma, Mario Bresciano, dopo la richiesta di verifiche da parte del ministro della giustizia Annamaria Cancellieri, assolve il giudice di Pace Stefania Lavore e punta il dito contro le forze dell'ordine: "Nel lavoro della collega nessuna irregolarità. Non altrettanto si può dire di chi ha effettuato la procedura di espulsione".

Il giudice di pace Stefania Lavore “è stato tratto in inganno dalla polizia”. L’accusa arriva dal presidente del tribunale di Roma Mario Bresciano, che in merito al caso Ablyazov e all’espulsione di figlia e moglie del dissidente, assolve le colpe della collega, ma punta il dito contro la polizia. Il magistrato sollecita l’apertura di un’indagine e dopo la richiesta di verifiche da parte del ministro della giustizia Annamaria Cancellieri commenta: “Nel lavoro della dottoressa Stefania Lavore non ho riscontrato alcuna irregolarità, anzi. Non posso negare che al suo posto un togato con maggiore esperienza avrebbe potuto accorgersi delle tante stranezze, ma questo non inficia assolutamente quanto è stato fatto. Il comportamento della giudice è stato ineccepibile. L’ho scritto nella relazione che ho trasmesso al ministro”. Il problema dunque, riguarda il comportamento delle forze dell’ordine: “Non altrettanto si può dire della polizia che certamente ha agito con una fretta insolita e anomala. Ma soprattutto ha tenuto per sé delle informazioni preziose»
”La nota dell’ambasciata kazaka non mi è mai stata data”. Stefania Lavore, giudice di pace che ha convalidato il trattenimento di Alma Shalabayeva nel Cie di Ponte Galeria, ha dichiarato di non avere mai visto il documento del 30 maggio, indirizzato all’Ufficio immigrazione della Questura che fornisce indicazioni sulle generalità della Shabalayeva, con la data di nascita della donna e il riferimento a due passaporti nazionali del Kazakistan. Proprio su questo documento e sul perché il giudice non lo avesse visionato, il ministro della Giustizia aveva disposto verifiche tramite l’ispettorato. E gli accertamenti preliminari sono partiti subito. Stefania Levore, infatti, è stata sentita dal presidente del tribunale di Roma, Marco Bresciano, quale organo di vigilanza rispetto al giudice di pace, al quale ho consegnato una relazione scritta.
Se il giudice di pace avesse avuto quella nota, il corso della vicenda avrebbe potuto essere diverso? Di certo, il giudice avrebbe potuto porsi una domanda centrale, e cioè se la donna di cui stava convalidando il trattenimento nel Cie fosse Alma Ayan, in base all’identità da lei stessa fornita, o Alma Shalabayeva, come indicava la nota. I legali di Alma hanno sempre sostenuto che la moglie di Mukthar Alyazov, dissidente kazako, non abbia voluto dire chi realmente fosse temendo ritorsioni per sé e la figlia. Ma certo, il verbale di convalida di trattenimento firmato da Stefania Lavore dopo un’udienza durata circa 40 minuti, fa riferimento ad Alma Ayan.
“Io ho solo applicato la legge – ha spiegato Lavore, rappresentata dall’avvocato Lorenzo Contrada – Sulla base della documentazione fornita dal Prefetto ho convalidato il trattenimento della signora, non certo l’espulsione che non rientra nella mia competenza e che spetta, eventualmente, all’autorità di polizia. Gli unici documenti posti alla mia attenzione sono stati quelli della difesa: si tratta di dichiarazioni della Repubblica Centrafricana secondo cui la donna era un soggetto da loro conosciuto con il nome di Alma Ayan, lo stesso che per il prefetto era presente su documentazione contraffatta e falsa. Con queste carte non avrei potuto adottare decisione diversa da quella che ho preso”.
Il giudice di pace ha preso posizione anche su un altro punto: “Nessuna richiesta di asilo politico mi è stata avanzata dalle parti in quella sede”. Semmai la scelta di trattenere la donna era “finalizzata proprio ad accertare la sua reale identità e non certo ad agevolarne l’espulsione”. Impossibile, a partire da qui, “immaginare cosa sarebbe successo dopo”. “Se mi avesse detto che era in pericolo – ammette Lavore, interpellata telefonicamente – forse le cose sarebbero andate diversamente”.